Giovanni Medina

Roma, 25 aprile 1944

Il treno su cui viaggiavano Giada e Luciana arrivò a Roma verso sera, ma il viaggio fu piuttosto strano: quando si fermò alla Stazione di Milano Centrale, cominciò a salire della gente dall'aria cupa, preoccupata; uno strano malumore iniziò a serpeggiare tra i passeggeri, un malumore che alla giovane Spinelli non passò inosservato: temendo che si trattasse di qualcosa legato alla guerra o alla loro incolumità, decise di scoprire di cosa si trattava.
Approfittò che Luciana si fosse addormentata, uscì nel corridoio e notò che diversa gente aveva lasciato il proprio vagone per parlare concitatamente.
Giada si avvicinò a loro, curiosa di capire quale fosse l'argomento.
<< Buonasera, signori. Posso chiedervi di cosa state parlando? >> domandò.
<< Ma come, non ha saputo? Tutti i passeggeri ne parlano... >> le rispose una signora.
<< Cosa avrei dovuto sapere? >> li incalzò la Spinelli.
<< C'è stata un'esplosione, all'altezza della Stazione di Latina. Era un treno che partiva da Napoli, oggi pomeriggio >> aggiunse un signore.
Quando sentì le parole "esplosione" e "Latina", la Spinelli sbiancò: il treno che Enrico aveva preso partiva proprio da Napoli, e lui l'aveva preso a Terracina nel tardo pomeriggio.
<< Un'esplosione? >> chiese con un filo di voce.
<< Sì, esatto. Probabilmente è stato un ordine dei Tedeschi >> rispose una ragazza dell'età di Giada.
<< Grazie dell'informazione... >> disse velocemente quest'ultima, tornando nel suo vagone con le gambe che le tremavano.
Luciana ancora dormiva e pensò che questo fosse un bene: non ce la faceva a parlare con lei di quel terribile dubbio riguardante proprio suo cugino.
L'arrivo alla Stazione Termini di Roma fu per lei una manna dal cielo: doveva assolutamente telefonare ai Cantieri Navali Belmonte, possibilmente non facendosi sentire da Luciana, che svegliò con tono calmo, mascherando tutto il suo terrore.
Quando scesero dal treno, Luciana notò che l'amica era un po' pallida.
<< Sei sicura di stare bene? Se non vuoi tornare a casa puoi restare da noi... >> la invitò.
<< Non ti preoccupare, tu vai. Io faccio una telefonata e poi vado a casa. Non posso rimanere in guerra coi miei genitori per una questione così antica... >> la dissuase questa, sperando di rimanere da sola.
Si salutarono, poi Giada aspettò che Luciana si fosse allontanata abbastanza per andare in direzione di Castel Sant'Angelo, dove scorse una cabina telefonica.
Compose il numero dei cantieri navali con mano tremante, e appena sentì gli squilli il cuore le andò in gola.
<< Pronto? >> rispose il ragionier Olivieri.
<< Ragioniere, sono Giada Spinelli. Il dottor Belmonte è ai cantieri navali? >> domandò lei.
<< No, non c'è. È partito qualche ora fa. Ha preso il treno per Roma, dovrebbe essere arrivato >> rispose lui.
Quelle parole furono peggio di una conferma. Rimase in silenzio per qualche minuto.
<< Signorina, va tutto bene? >> chiese Olivieri.
<< Tutto bene. Grazie, ragioniere >> replicò la Spinelli, attaccando la cornetta.
Sentì il respiro mancarle, come se non avesse più aria nei polmoni: Enrico viaggiava sul convoglio che era stato fatto esplodere dai Tedeschi, e c'era montato perché lei glielo aveva chiesto.
Non poteva prevedere tutto ciò, ma la testa le diceva che il giovane Belmonte era morto per colpa sua.
Con lo stomaco sottosopra, corse fino al ponte sul Lungotevere, si sporse dal parapetto e vomitò tutta la sua disperazione, fregandosene se qualcuno stesse passando lì sotto.
Dopodiché, allo stremo delle forze, si incamminò verso la pensione di fronte, la stessa dove aveva giaciuto con Enrico tre anni prima.
Entrò nell'atrio, dove non c'era quasi nessuno.
<< Giada! >> esclamò una voce a lei nota.
La ragazza si girò: un ragazzo con corti capelli ricci e grandi occhi celesti la guardava con un sorriso sornione a trentadue denti. Era Giovanni Medina, il suo fidanzato.
<< Giovanni! Che ci fai qui? >> domandò, venendogli incontro.
<< I ragazzi di Via Panisperna hanno chiesto il mio aiuto, e poi dalla tua ultima lettera mi parevi abbattuta >> spiegò il chimico.
<< Oh, Giovanni... Se dovessi raccontarti tutto adesso, impiegherei due o tre giorni! >> fece lei, prendendogli le mani.
<< Mi sono sempre piaciute le storie lunghe. Ma sei stanca, hai bisogno di riposare. Anzi, abbiamo bisogno >> puntualizzò lui, dirigendosi verso la reception per prendere una camera matrimoniale.
Quando chiusero la porta a chiave dietro di loro, si guardarono negli occhi e lasciarono cadere a terra i rispettivi bagagli, baciandosi appassionatamente.
Poi Giovanni si sfilò la giacca e Giada si sbottonò la camicetta: il giovane Medina aveva avuto altre donne a Parigi, e immaginava che anche la sua fidanzata avesse fatto qualche esperienza con altri uomini; era sempre stato quello il loro patto segreto: sarebbero ovviamente diventati marito e moglie, ma prima avrebbero vissuto senza problemi le rispettive vite.
Perciò, quando entrò dentro di lei e scoprì che non era vergine, rimase piacevolmente stupito: la sua fidanzata era diventata una donna, coraggiosa e fiera del suo uomo.
Si addormentarono abbracciati, come se il destino non li avesse mai divisi.

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