Ad alta quota
Roma, 6 marzo 1944
Il treno che Iris e Tiberio avevano preso da Terracina a Roma si era fermato alla Stazione Termini: alla Cataldo sembrò un secolo da quand'era andata via dalla Capitale, anche se si trattava solo di un mese e qualche giorno.
I due giovani si erano alzati all'alba, avevano salutato Irene Cataldo ed Enrico, prima di trovare un passaggio da San Felice Circeo; si erano lasciati alle spalle il paese natale e non lo avrebbero rivisto per diverso tempo.
Dal finestrino del treno attraversarono tutti i luoghi delle provincie di Latina e Roma: le campagne baciate dal sole sarebbero state un lontano ricordo, dato che in Inghilterra il tempo era quasi sempre pessimo.
<< Sei pronta? >> domandò Tiberio ad Iris, mentre la aiutava a scendere, dandole una mano con i bagagli.
<< E se durante il viaggio in aereo incontriamo quella cosa che hai detto che lo fa traballare? >> si agitò questa, fermandosi all'improvviso.
<< Intendi una perturbazione? Non accadrà, ho sentito la radio ieri pomeriggio e le condizioni meteorologiche sono ottime >> la tranquillizzò il giovane.
<< Potrebbero cambiare... >> insistette la ragazza.
Belmonte le prese le mani e la guardò negli occhi.
<< Andrà tutto bene... Ti fidi di me? >> le disse.
La Cataldo rispose allo sguardo di quest'ultimo.
<< Sì... >> fece un po' titubante.
Una volta lasciata la banchina si diressero all'interno della stazione ferroviaria per rifocillarsi un poco: non avevano fatto colazione pur di arrivare in tempo a Roma, per questo la fame fece divorare tutto ciò che i camerieri portavano loro.
<< E pensare che nelle città c'è il razionamento... >> osservò Iris, mentre addentava un croissant ripieno di calda marmellata alle fragole.
<< Per chi se lo può permettere non esiste tessera annonaria >> le spiegò Tiberio, intingendo una bomba zuccherata al cioccolato dentro il latte.
Dopo aver mangiato andarono alla biglietteria per acquistare due biglietti per il treno che da Roma li avrebbe condotti fino a Ciampino, dove c'era l'aeroporto.
Non appena arrivarono Iris, affacciandosi al finestrino, si accorse di alcuni aerei che decollavano e li fissò a bocca aperta; Tiberio sorrise teneramente, pensando che l'avrebbe difesa contro tutto e tutti.
Scesero proprio in prossimità dei veicoli, cercando quale di questi fosse diretto a Londra; la Cataldo fissava con curiosità le persone che lavoravano in quell'universo così internazionale, sebbene il regime fascista avesse sempre promulgato l'autarchia: hostess, steward, camerieri, donne delle pulizie, sembravano appartenere ad un altro mondo, lontano dall'esistenza della ragazza anni luce.
Finalmente trovarono il loro volo, che sarebbe partito a mezz'ora dal loro arrivo; mostrarono i biglietti, e lasciarono che gli addetti riponessero i loro bagagli nella stiva.
Viaggiarono in classe economica, sebbene non fosse usuale che due migranti italiani prendessero l'aereo piuttosto che il traghetto che dalla Francia avrebbe passato la Manica per dirigersi nel Regno Unito.
Non appena partì il rombo del motore, Iris cercò la mano di Tiberio e lui gliela strinse: il cuore di lei accelerò al momento del decollo, e per la paura chiuse gli occhi.
<< Iris... >> la chiamò Belmonte, poco dopo.
<< Stiamo volando già? >> domandò la Cataldo con voce tremante.
<< Apri gli occhi... >> la invitò l'uno e l'altra ubbidì: si girò e non appena vide le nuvole bianche e il cielo blu al di fuori del finestrino, sorrise di gioia.
Non le importava quasi più ciò che sarebbe successo a Londra: quel momento la stava rendendo immensamente felice.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top