42.

Camminavano protagonisti di un paesaggio innevato, il parco assomiglia a una sposa, rivestito di neve e impronte. I fili d'erba tentavano di cogliere fiato ed emergere dalla massa di bianco, ogni passo compiuto regalava un piacevole rumore croccante, quasi simile alla crosta del pane.
Una bimba sostava sotto un albero da cui un ramo pendeva una goccia, quando essa precipitava, finiva sulla lingua della piccola, sollazzandola di gioia.
E mentre lei trovava piacere in questo, i suoi coetanei si divertivano a dare vita a pupazzi e a colpirsi con palle di neve.

Si respiravano varierà di profumi, dalle pigne a terra ai motori delle auto, dal pane sfornato e all'acqua stagnante.
Il cielo era come il volto di una donna cosparsa di borotalco, non abitava nessuna nuvola.
Era semplicemente pallido, chiaro e freddo.

Loris si era portato con sé gli utensili da disegno, oramai parte di lui, voleva poter racchiudere il parco nella propria tela, affinché potesse vederlo anche una volta a casa.
Si sedettero sopra una panchina risparmiata dalla neve benché stata già ripulita da chi si era seduto prima, William restò a fissare il padre questo aveva iniziato a dipingere.

Non aveva più desiderio di dipingere chiuso nel suo studio, l'aperto era il suo nuovo covo.

Mentre si godevano il calore del gelo, Gavriel, come un prode custode, li vegliava seduto da lontano.
Ovviamente si era recato al parco per vedere il suo beneamato Loris, era come un genitore che vegliava sul proprio figlio.
Lo guardava dipingere, estremamente concentrato in ciò che faceva.
Ma ben presto lo sguardo di Gavriel si fece così intenso, che Loris ne sentì il peso addosso.
Capì di essere osservato, sentiva una forte presenza accanto a lui, quasi celeste.
Erse gli occhi verso l'osservatore e incrociò lo sguardo con il suo.

Quando lo vide, venne leggermente soffiato da un ricordo remoto sepolto ma ora riemerso.
Quell'uomo che sedeva nella panchina in fondo, proprio dietro a un gruppetto di bambini, conquistò completamente l'attenzione di Loris.

«Papà? Che guardi?» chiese il figlio.
«Quell'uomo» disse il padre, confessando di averlo già visto, anzi, quasi vissuto.

Non era una persona qualsiasi, non si lasciava confondere con il resto, la presenza sua emergeva come un girasole in mezzo a papaveri.
Il corpo di Loris iniziò a reagire, riconoscendo che doveva in qualche maniera farsi vicino a quell'uomo.
Si sentì tale a un cucciolo il quale olfatto aveva riconosciuto la propria mamma.
Il suo cuore pure, iniziò a battere forte, uno stormo di farfalle sembrava agitarsi dentro di lui.

Non conosceva il nome di quel signore, eppure pendava dalle sue labbra.

Il figlio assistì a tutto quanto, vide come due sponde nonostante il fiume in mezzo, fossero capaci di riunirsi.
Ma Loris spezzò il loro unico contatto e si rivolse alla tela, riprendendo a dipingere.
Allora William decise di agire, si alzò dalla panchina avvertendo il genitore che si sarebbe fatto una passeggiata.
Un vero e proprio invito a Gavriel per sedersi accanto all'amato, infatti, quando il ragazzo si distò, l'uomo si alzò e si avvicinò a Loris.

Si sedette alla sua destra e restò ad ammirare la sua opera prendere vita.
Loris, sendendosi notevolmente osservato, si sentì un po' a disagio, tuttavia continuò a dipingere cercando di badare poco a Gavriel.

Così all'oscuro dei sentimenti che quest'ultimo meditava verso di lui, ignaro di essere stato presso le sue braccia numerose volte.
Lo guardava di tanto in tanto con la coda dell'occhio, senza minimamente immaginare di aver visto quel viso già da molto vicino.
Il cuor suo sobbalzò quasi via dal petto, sembrava aver riconosciuto il palpito a lui accanto.

"Chi è costui? E come mai il mio corpo agisce così in sua presenza?" si chiedeva confuso.
"È come se il mio spirito fosse soggiogato al suo, riesco a sentire il suo nome nella testa".

«È bellissimo, lei ha davvero un grande talento» disse Gavriel.

Loris cennò un sorriso e guardò il proprio disegno, convinto che in effetti fosse davvero molto bello per essere stato fatto da lui.
Riconosceva di possedere un dono, di conseguenza, gradì il complimento di Gavriel.
«Grazie, è solo un passatempo che ho ripreso a fare» rispose tergendo le setole sulla tavoletta.

Il parco stava prendendo vita all'interno della tela, i bambini, il gazebo e i giochi, tutti erano stati catturati dall'occhio dell'artista.
Dettaglio alcuno gli era sfuggito, dal breve sbadiglio di una madre che spingeva la carrozzina del bimbo, a una bambina colpita dalla palla di neve lanciata da un rivale appostato dietro lo scivolo.
Dipinse ciascun fiocco di neve, a ognuno dedicando una particolare cura e attenzione a dove farlo giacere.
Gavriel, sebbene già stato testimone delle abilità artistiche di Loris, ne restò assai affascinato.
Quando il dipinto fu concluso, non esitò a complimentarsi.

«È bellissimo, ha una mano davvero molto buona, non ho mai visto nessuno disegnare così bene. Posso comprarlo?»
Loris si fece rosso di gratitudine, sorrise e cercò di non mostrarsi troppo fiero dell'opera, anche se in fondo lo era.

«No, non deve, tenga» disse consegnandogli la tela.
Gavriel accettò il suo regalo, e venne colto da una brillante idea.

«Grazie mille. Sa, stavo proprio cercando un artista che potesse dipingere per me» pronunciò.

Loris, per nulla convinto che lo avrebbe scelto come suo artista personale, scosse il capo e disse.
«Le auguro di trovarlo»
Gavriel ridette, posò la tela sulle gambe e la guardò. Poi erse lo sguardo al pittore, lo guardò con dolcezza ed estrema amminirazione.
Solo all'ora Loris venne investito di brividi, il suo petto si scaldò e le sue gambe si fecero tiepide.
Il verde degli occhi di Gavriel, anziché fargli ricordare le pianure e lo smeraldo, gli fece vivere una strana ms piacevole sensazione sulla pelle.

Non ne conosceva nome e origine, eppure, ogni angolo della sua carne era certa di conoscerlo.

«Le andrebbe di disegnare su commissione?» domandò.

Il pittore restò di stucco davanti a quella offerta, non si considerava all'altezza di un ruolo tale prestigioso.
L'uomo dinanzi a lui sembrava fornirsi di che vestire presso un vestiario reale, aveva il viso morbido e liscio e assente di sforzo e lavoro.

«Ehm, certo, sì va bene, potrei accettare» balbettò.

«Sarà il mio artista personale, la pagherò a ogni disegno che realizzerà» dichiarò Gavriel, entusiasta all'idea che l'amato sarebbe tornato a dipingere per lui.

A quel punto Loris tese la mano verso l'uomo, scoprì il palmo e disse.

«Io sono Loris, e lei?»

Chiese, inconsapevole di quante volte la sua bocca avesse già pronunciato quel nome. Lo aveva detto con sfinimento, gioia, dolore e tristezza. Quello era il nome che lo accompagnava la notte, che li svegliava al mattino e che provocava il lui grande delirio.

Gavriel strinse la mano dell'artista, la tense stretta nel suo guanto in pelle e si presentò.

«Heinrich Gavriel, piacere di fare la sua conoscenza»

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