35.
Loris si trovava a dentro una bottiglia in mezzo a impetuosi mari profondi, non aveva rotte, il cielo era privo di stelle e nessun angelo lo avrebbe tratto in salvo.
Senza il suo amato, egli si sentiva simile a un fiore senza chioma, a una spiaggia fredda e senza impronte. Gavriel dimorava nei suoi sogni, la sua voce lo seguiva ovunque. Non pensare un solo istante a lui, era come cessare di respirare.
Ogni cosa su cui posava gli occhi gli faceva ricordare di loro e di quello che avevano avuto, serbava invidia verso coloro che in quel mese avevano trovato l'amore, inzuppava fazzoletti e si coricava piangendo.
Smarrì il desiderio di compiere qualsiasi cosa, cessò di cucinare, di disegnare e persino di accompagnare il figlio a scuola. William assistì alla morte di suo padre, lo guardava come un fiore a cui mancava acqua, egli appassiva ogni giorno sempre di più.
Sedeva senza vita sulla poltrona in soggiorno, fissava lo schermo segnale del televisore, intrattenuto dal suo blu profondo.
William si avvicinò a lui cautamente e lo punzecchiò sulla spalla.
«Papà, puoi andare a fare la spesa? Ho fame» disse.
Ma l'uomo non rispose.
«Non c'è nulla da mangiare» diceva scuotendolo.
Loris allora sollevò debolmente il dito e indicò il suo portafoglio posato sopra il mobile nel corridoio d'ingresso.
«Prendi e comprati quello che vuoi» disse.
William prese il portafoglio e lo aprì, al suo interno erano presenti alcune banconote, sufficienti per comprarsi qualcosa da mangiare.
«Vieni con me?» domandò.
Ma l'uomo scosse lentamente il capo e si alzò dalla poltrona per potersi stendere lungo il divano.
Lasciò il televisore acceso, tenne il telecomando stretto a sé e si accucciò per bene.
William si era abituato a vederlo così oramai, ma gli si spezzava il cuore ogni volta che lo vedeva ritirarsi in un angolo di tristezza.
«Vado a fare la spesa»
Camminava un po' infreddolito lungo il marciapiede, curiosando un po' dentro il portafoglio del genitore.
Prima di allora gli era stato sempre proibito metterci le mani, e se non per le circostanze, suo padre non gli avrebbe mai permesso di andare al supermercato da solo.
Gli fece piacere potersi sentire per la prima volta grande, finalmente sapeva come ci si sentiva a compiere una faccenda da adulto, avanzava quasi a passo allegro.
Mentre procedeva gioioso, distratto anche dal portafoglio del genitore, scontrò di spalla con un passante.
«Attento!» avvertì puntualmente l'uomo.
William barcollò e domandò scusa, il portafogli del padre cadde a terra e scivolarono fuori alcune carte.
Sussultò spaventato, con il timore che presto qualcuno sarebbe giunto per sottrargli tutto quanto, si chinò e si apprestò a raccogliere.
Le banconote erano salve, così come i documenti. Tra le carte trovò anche il foglietto con il numero e l'indirizzo del signor Heinrich, egli lo aveva dato a Loris al loro primo incontro.
Tirò un sospiro di sollievo e condusse il portafoglio sopra il suo rullante petto.
"Accidenti Will, sii più attento" si disse.
Si rialzò da terra e decise di metterlo in tasca, dove sarebbe stato più al sicuro.
Prese nuovamente a camminare, il supermercato si trovava ancora a qualche metro, se si fosse lasciato nuovamente distrarre da qualcosa, sarebbe giunto all'orario di chiusura.
Perciò affrettò il passo e dopo qualche minuto e mezzo, arrivò al supermercato.
Entrò, e fu accolto con una folata di calore che lo costrinse a sbottonarsi il giubbetto.
Sospirò, controllò di avere ancora il portafoglio con sé, e proseguì.
Non era molto familiare con il posto, era sempre stato il padre a sapere dove dirigersi, conosceva le corsie come i palmi delle sue mani.
William invece, a malapena sapeva dove si trovava il latte.
Confuso e troppo timido per domandare ai dipendenti occupati a sistemare gli scaffali, decise di cavarsela da solo, dopotutto era un adulto ormai.
Si procurò un carrello e camminò in ciascuna corsia alla ricerca di tutto ciò che gli piaceva mangiare, alimenti come frutta, paste e salse non era nella lista. Il ragazzo colmò il carrello con merendine, lasagne surgelate, scatole di yogurt e gelato, barrette di cioccolata, cereali e biscotti.
Tutto ciò che alla vista poteva far venire le carie ai denti o persino il diabete, ma incurante dei suoi denti e della sua salute, il ragazzo continuò ad acquistare varietà di alimenti malsani.
Salumi, formaggi, caramelle, patatine e le bibite gassate che suo padre gli vietava di bere.
Il sapore della libertà era delizioso, non immaginava che poter comprare quanto voleva fosse così bello.
Arrivò alla cassa e pagò tutto quel che stava in carrello, fiero di sentirsi guardato da chi si lasciava impressionare da tutti i prodotti scelti.
«Sono trentadue e cinquanta, signore» disse la giovane cassiera una volta imbustati tutti gli alimenti.
William si rallegrò, nessuno gli aveva mai dato del signore.
«Ecco a lei, e si tenga pure il resto» disse consegnando le banconote, orgoglioso di aver imitato il genitore. Anche Loris diceva spesso di tenere il resto, William lo trovava affascinante ed era contento di poterlo fare.
Prese le due buste e uscì dal supermercato.
«Finalmente posso mangiare quello che voglio» disse.
Si sedette sopra un dissuasore di cemento presente in parcheggio, prese una delle bibite gassate, l'aprì e ne bevve qualche sorso.
Il sapore dolce, le bollicine e del gas sollazzarono la sua lingua. Era come aver scoperto il fuoco, s'innamorò della bevanda e fece altri sorsi.
La sensazione di gonfiamento gli piaceva, ridacchiava a ogni flato emesso.
"Ecco perché nei cartoni animati ruttano una volta bevuta una lattina, è veramente piena di gas come diceva papà" pensava.
Mentre si godeva la bevanda, accanto a lui parcheggiò una piccola auto verde da cui poi scesero due donne.
Ciò che colpì William di loro, era che fossero entrambi molto graziose e belle, indossavano un abbigliamento elegante, quasi eccessivo solo per recarsi al supermercato.
Una di loro portava un paio di stivaletti in pelle, l'altra invece aveva preferito restare comoda in un paio di derby brillanti.
Camminavano una affianco all'altra, tenendosi teneramente per mano.
William le guardò passare ed entrare nel supermercato, riconoscendo che le due donne fossero una coppia innamorata, esattamente come lo erano lui e Adric.
Il pensiero di loro due insieme lo fece sorridere, pensò che più tardi avrebbe potuto invitarlo a casa propria, consapevole del fatto che suo padre non avrebbe reagito.
Sulla via di ritorno decise di chiamare il compagno, quest'ultimo rispose e anche se indaffarato con la pulizia della stanza, dedicò del tempo all'amato.
«Non ci crederai mai, ma ho appena fatto la spesa da solo e ho bevuto una bevanda gassosa» disse con tono quasi trionfante.
«Qualcuno qui è nella sua fase di ribellione» ridette il compagno.
«Tuo padre?» domandò.
William gli narrò di come il genitore fosse tanto depresso, la rottura con il compagno lo aveva lasciato molto leso, ma era convinto che si sarebbe ripreso.
«Tuo padre aveva una relazione? E perché non hanno più continuato?» chiese Adric.
«Beh lo sai, non poteva funzionare» rispose William, consapevole di essere la ragione per cui i due non si trovavano più assieme.
«Peccato, a tuo padre sarebbe servito per voltare pagina» proseguì.
«Perché? È già andato avanti, non ha bisogno di un uomo nella sua vita» ribatté William.
«E tu cosa ne puoi sapere? Prima che io ti chiedessi di uscire, tu sembravi una scialuppa senza funi e remi. Non dico che tuo padre debba rimettersi con qualcuno per forza, però lo aiuterebbe molto»
L'opinione dell'amato fece riflettere William, ciononostante, l'idea che Gavriel sarebbe poi diventato suo padre lo disturbava. Salutò il compagno e riattaccò, non era interessato più a sentire ciò che ne pensava, alla fine chi ne viveva le conseguenze sarebbe stato lui stesso.
Non voleva due papà nella sua vita, inoltre, nessuno era degna del ruolo di sua madre.
Fece ritorno a casa, posò il portafogli sullo stesso mobile e camminò in cucina dove depositare la spesa.
Il genitore si trovava ancora sul divano, si era appisolato durante la sua assenza.
"Dorme di già?" si chiese il ragazzo, avanzando lentamente con i sacchi in mano.
Portò tutto quanto in cucina, disfò quanto comprato e portò con sé le bevande gassate e le barrette. Se suo padre le avesse viste lo avrebbe sicuramente rimproverato, ma ora che si trovava in uno stato quasi monotono e impassibile, pensò che forse avrebbe chiuso un occhio.
Dopotutto lo aveva appena mandato a fare la spesa da solo.
Lo amareggiava sapere che fosse triste, ma non gli dispiaceva assaggiare un pizzico di libertà in più.
Si recò in camera sua dove iniziò a consumare quanto comprato, provò così tanta gioia che finì il litro in breve tempo. Tra un flato e l'altro, William fu quasi incapace di alzarsi, sentiva lo stomaco pieno ma la sensazione gli piaceva.
Era come aver assaggiato dal frutto proibito, dolce quanto vietato.
Si fece sera, il ragazzo e suo padre non incrociarono passo.
William restò tutto il tempo presso la sua camera da letto, mentre Loris si aggirava come uno spettro per il piano di sotto. Triste come un'ombra che si allungava, preparava la cena sia per lui che per il figlio. Si arrangiò con quello che riuscì a trovare nel frigorifero, con quattro uova, due zucchine e un filetto di salmone; riuscì a creare qualcosa.
Presto la stanza profumò di delizia, l'aroma si fece via per tutta la casa tranne che per la stanza del figlio, poiché chiusa.
Loris apparecchiò la tavola, impiattò la frittata e posò giù le posate.
La cena era pronta e servita, non gli restava che chiamare il figlio e intimarlo a scendere.
Ma al suo primo richiamo, William non si fece udire. Perciò tentò di nuovo, ma anche questa volta il ragazzo pareva trovarsi in un'altra casa.
Decise allora di salire al piano di sopra, si sarebbe presentato in camera sua.
Non si meravigliò quando trovò la porta chiusa, comprese la ragione per cui non gli avesse risposto prima. Si avvicinò e abbassò la maniglia, entrando inaspettatamente nella stanza.
Una volta varcata la soglia, l'uomo fece per avvertire il figlio della cena, quando il resto della frase venne consumato dal grazioso abito aderente al corpo magro del figlio. Scarlatto come il rossetto sulle sue labbra, corto e privo di spallucce. Regalava molta pelle, soprattutto quella delle gambe, le quali godevano di mostra visibilità.
Loris si sentì privato di parole e respiro, guardò suo figlio con disincanto e per nulla conquistato. Provò subito repulsione e disagio, non immaginava che anche dopo quel severo rimprovero, il ragazzo avrebbe nuovamente trovato piacere e coraggio nel conciarsi in quella maniera.
William restò pietrificato a fissare con timore lo sgomento sul volto del genitore, trepidante che presto lo avrebbe percosso.
«Io, io volevo solo vedere come mi stavano» balbettò.
Loris sospirò e si pose il palmo sulla fronte, esausto di dover sempre ripetere quanto già detto in passato. La bacchetta non aveva dato il suo frutto, i rimproveri nemmeno.
Dunque si trascinò alle parole, maniera più antica ed estranea che conosceva.
«Siediti, parliamo» disse sedendosi sopra il letto, il figlio lo raggiunse titubante, e si sedette al fianco suo.
«Ti voglio bene, ma ti rammento che io ho messo al mondo un maschio, non una femmina. Ogni atto immorale non lo tollererò, mi hai capito?» domandò.
Il figlio restò con il capo chinato e lo sguardo ovunque fuorché verso quello del padre.
«Guardami in faccia e rispondi» disse.
Il ragazzo perciò lo guardò negli occhi e rispose.
«Ma papà, io mi piaccio davvero molto, mi sento felice con addosso i vestiti di mamma»
«Perché la senti più vicino a te, o perché ti vuoi sentire come lei?» chiese.
William si guardò, si amava in quell'abito, si sentiva a proprio agio e credeva di essere ancora più bello.
«Questo sono io» dichiarò fiero, ma il padre non condivise la sua stessa ammirazione verso sé stesso.
«No, questo non sei tu, mio figlio non è una donna» marcò.
«Ma io resto maschio, resto sempre William, tuo figlio. Non cambio»
Tale parole fecero alterare lo stomaco di Loris, non comprendeva la fantasia perversa del giovane, si convinse che fosse solo l'opera del diavolo.
«Togliti di dosso tutto quanto, struccati e rimetti i vestiti da dove li hai presi» disse alzandosi, immaginando che il figlio si sarebbe spogliato una volta visto lui andarsene. Ma giunto all'uscio si voltò, e realizzò che il ragazzo non si era mosso di un muscolo.
«William» chiamò, ma il figlio restò seduto in quell'abito rosso.
Tornò indietro e si pose di fronte a lui, lo guardò severo aggravando la voce e mostrando il palmo della mano, minacciando di colpirlo da un momento all'altro.
«Non sarò dell'umore, ma ciò non ti dà la libertà di fare il cazzo che ti pare. Okay? Mi hai sentito, signorino?»
mostrò per bene al figlio il proprio palmo, scoperto e pronto a sferrarlo. Il ragazzo lo guardò e quasi rabbrividì, ne udì già lo schiocco e il fischio all'orecchio, non voleva accogliere alcun dolore, così si fece umile e abbassò l'orgoglio.
«Si» disse annuendo.
L'uomo lo guardò frustrato, e non se ne andò dalla stanza senza prima accertarsi che si fosse spogliato.
William si calò l'abito, rivelando la biancheria che indossava sotto.
Loris ne fu imbarazzato, risentito di trovarsi di fronte a un figlio corrotto.
Le guance di William, malgrado non avesse ricevuto quello schiaffo, si fecero rosse come il rossetto, andando violentemente in contrasto con il fulgore latteo della sua pelle a digiuno del sole.
Loris non riuscì più a restare a guardare, così decise di abbandonare la stanza e attendere il figlio di sotto, avvertendo che la cena era pronta a tavola.
Il ragazzo finì di togliersi di dosso tutti gl'indumenti della madre, li rispose al loro posto, dopodiché si struccò e mise su i propri abiti.
Lo detestava, avevano colori spenti e piatti, simili a pennellate di grigio.
Camminò al piano di sotto facendo udire i propri passi, marcando quanto fosse frustrato.
Loris non disse nulla, attese che il figlio si sedesse a tavola prima di cominciare a mangiare.
William adorava la frittata, ma benché arrabbiato, celò il proprio entusiasmo e non omaggiò il padre in alcuna maniera.
Iniziò a mangiare e al primo boccone si limitò solo ad alzare le spalle, dichiarando che tutto sommato era discreto.
Ma Loris non si aspettava elogi, aveva semplicemente messo assieme quello ch'era riuscito a trovare nel frigorifero. Presto il cibo in casa sarebbe terminato, aveva bisogno di fare la spesa e di provvedere con ciò che gli era rimasto nel conto. Ma ora che aveva chiuso con Gavriel, non doveva più aspettarsi una dovizia di denaro.
Il figlio sembrò comprendere quello che stava tormentando il genitore, di conseguenza si preoccupò di chiedere.
«Che cosa farai ora che non lavori più per Gevriel?»
Loris si passò le mani sul viso e soffiò.
«Cercherò qualcosa» disse.
«Del tipo?» domandò William.
«William, non lo so, non adesso» mugugnò stressato, non aveva idea di come avrebbe fatto, fin'ora era sempre stato mantenuto con i numerosi assegni del compagno, così sfamato e viziato che aveva dimenticato com'era cavarsela da solo.
Immaginò che senza di lui non ci sarebbe riuscito, non sarebbe riuscito a compiere nulla. Gli era già arduo alzarsi il mattino e accettare di non essere più al suo fianco, ora come ora lo immaginava alla destra di Hui, quell'affacinante giovane uomo la cui bellezza faceva grattare.
Aveva fatto tutto questo con le proprie mani, istigato dal suo credo e dall'amore del figlio.
Tornare indietro sarebbe stato come dichiarare che il suo amore era nullo, non sufficiente. Desiderava fare la cosa giusta, camminare nella retta via, ma senza il suo Gavriel si sentiva morire.
«Papà?» esitò il ragazzo, Loris senza rendersene conto, si era messo a piangere. Una lacrima gli rigò la guancia, finì sul mento e cascò sopra il piatto.
«Vado al bagno» singhiozzò alzandosi dalla tavola, si diresse verso le scale e raggiunse il piano di sopra.
Il figlio lo seguì preoccupato, temendo che il genitore avesse intenzione di farsi del male per opprimere il dolore.
«Lasciami solo» ordinò Loris entrando nel bagno, girò la chiave e si chiuse dentro.
«Vuoi che chiami la nonna?» chiese il figlio.
Loris si accasciò con le spalle rivolte alla porta, singhiozzò con entrambe le mani sopra il petto, soffiò fili d'aria per riuscire a placarsi. Ma poiché assalito dai ricordi condivisi con Gavriel, si abbatté, e sfociò in un mare di lacrime.
Strinse i denti straziato dal dolore, raccolse le ginocchia e nascose il volto. Il figlio restò dall'altra parte della porta a udire il pianto del genitore, così spiacente e pentito, che si sedette e rimase lì a un passo da lui.
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