27.

Era giunta la domenica, giorno di riposo e preghiera. Loris si trovava in chiesa, sedeva alle prime file come sempre, ma quella mattina era particolarmente distratto dal sermone. I suoi pensieri erano rivolti verso il figlio e il suo compagno, Adric.
Guardava la croce posta dietro l'altare e si sentiva colpevole, dopotutto, egli si era contaminato con il peccato, aveva ceduto le proprie membra a un altro uomo con cui aveva compiuto atti efferati e vergognosi.
Ma la sua non era berlina, bensì tristezza.
Amava il signor Heinrich, se n'era innamorato e lo voleva suo, ma desiderava anche esser favorito agli occhi di Dio, il quale condannava ogni atto omosessuale, ma non quello sentimentale. Amare Gavriel non era peccato, fare l'amore con lui lo era...

Ma si toccava le mani e rimembrava quei momenti di passione, le carezze date e ricevute da quelle sottili labbra rosee. Riusciva ancora a sentirlo dentro di lui, si muoveva, lo coccolava calorosamente e sembrava guarirlo da ogni dolore.

Egli era come vino, al primo sorso era impossibile farne a meno...

Ma la pressione della sua religione lo strozzava, gli rammentava le bastonature del padre, le leggi recitate, i digiuni e gli olocausti.
Come avrebbe potuto rendere tutto ciò fatuo? Non poteva dare in pasto al niente la sua intera dottrina.

Aveva rimproverato il figlio, lo aveva castigato per essersi comportato come un abitante di Sodoma, eppure lui stesso aveva commesso lo stesso peccato.
Aveva tolto la sabbia dagli occhi del ragazzo quando lui ne aveva di più, ma nel suo caso nessuno avrebbe potuto punirlo, nessuno poteva tirargli l'orecchio. L'unico capace di farlo sarebbe stato il Padre, e il suo castigo sarebbe stato eterno.

Loris nutriva grande paura per l'inferno, non ci voleva andare, temeva lo stagno di fuoco e le urla dei dannati. Voleva accedere al paradiso come tutti quelli che trovavano favore agli occhi di Dio, ma proprio come la prima donna sulla terra, egli era assai tentato dal frutto offerto dalla serpe.

Gli occhi seducenti di Gavriel, il suo fisico impeccabile, la sua tenera voce cullante, le sue doti tra le coperte e le sue parole; erano un cocktail di gran piacere.

"Aiutami Signore, perché sono debole" pregava, senza rendersi conto che il servizio fosse oramai già concluso. Avevano già recitato il salmo e ognuno stava andando in pace verso le porte, Loris era rimasto sulla panca, seduto con il capo chinato e le dita intrecciate.

Il pastore lo vide e si avvicinò, attese che il fedele finisse di pregare prima d'interrogarlo.

«Loris, non vai a casa?» domandò.
Loris alzò il capo e si guardò attorno, si accorse che la chiesa si stava svuotando ed egli era l'unico rimasto seduto.

«Dov'è tuo figlio?» chiese Daniel, pensando che si fosse assentato per non vederlo.
Loris titubante, cercò una scusa da dare, formulò con malavoglia una innocente bugia.
«Lui non si sente molto bene...»
Daniel annuì, convinto che il malessere fosse dovuto al rapporto avuto con lui giorni fa.

«Pastore, dimmi...» disse Loris.

«E se trovassi di nuovo l'amore? Anche dove non dovrei? Dio ci dice di amare, no?»
Daniel erse le sopracciglia e leggermente le spalle, incerto su quello che dire.

«Dio è amore» recitò.

«Eppure non ne approva tutte le forme» sottolineò Loris, consapevole della punizione riservata per coloro che commettevano oscenità come l'omosessualità.
Daniel si sedette alla sua destra e lo guardò, riconoscendo che c'era polvere sotto quella innocua domanda.

«Dove vuoi andare? C'è qualche sorella della chiesa che ha catturato la attenzione? Sei innamorato di una donna sposata?» chiese, ma Loris negò subito, dichiarò che non si sarebbe mai permesso di guardare la donna di un altro uomo. Andava contro la sua moralità, e poiché tradito di sua volta dalla moglie, sapeva il dolore provocato dal tradimento.

«Dunque, in chi hai trovato l'amore?» domandò il pastore, i suoi pensieri non si avvicinarono nemmeno di poco alla verità, non poteva minimamente immaginare che Loris fosse innamorato di un altro uomo. Tutti nella comunità lo conoscevano come un uomo retto e fedele, estraneo al peccato e a ciò che il mondo dava. Era ben voluto e ammirato, esempio di molti, il padre modello che ogni figlio desiderava.
L'immagine sua era puerile come del morbido cotone, immacolato e assente di macchie.

«Io... credo di averlo trovato in qualcuno che non teme la parola di Dio e...» ma la legge non vietava d'intraprendere rapporti con un ateo, e Daniel lo sapeva.
Ma Loris non voleva confessare come stavano veramente le cose, se ne vergognava troppo e temeva che sarebbe stato fin troppo scandaloso rivelarlo.
Così si contenne, si alzò dalla panca e dichiarò di dover fare ritorno a casa dal figlio malato.

Daniel non lo trattenne, dopotutto aveva creduto a quella bugia, lasciò Loris andare senza approfondire la cosa. Gli augurò solamente di andare in pace e di prendersi cura del figlio, affinché si sarebbe potuto riprendere presto e presentarsi così alle attività della chiesa.

Loris annuì, dopodiché uscì dalla Chiesa, uscì dalla casa del Signore, solo per ritrovarsi tra le braccia di Gavriel.

Respirava con pesante affanno sulla sua pelle, lo stringeva come se timoroso di perderlo da un momento all'altro.
Aggressivamente, ma con tenerezza, spinto con la schiena contro la parete della stanza di Gavriel.
Mentre generosamente penetrato dal suo amato, Loris osservava con cura la stanza, allontanando i propri pensieri dal piacere del momento.
Pensava a quante volte avessero fatto sesso, e a tutti i luoghi in cui l'avevano fatto.
In bagno dentro la vasca tra le bolle di sapone e il profumo di cocco, sul letto tra le lenzuola e il morbido tatto del cotone.
Nella piscina in giardino, tra i flutti d'acqua e l'odore di erba e fiori.
Nella macchina, nella scomodità e l'odore di pelle e polvere.

Aveva peccato numerose volte, sentiva gli occhi di Dio addosso.

«Ieri ho fatto un sogno...» farfugliò Gavriel.
Loris lo guardò, e gli chiese di raccontargli il sogno.
«Non me lo ricordo molto bene, ma eravamo in treno, in questa enorme stazione. Tu avevi questi biglietti in mano ma ti lamentavi che il treno era troppo pieno. C'era anche tuo figlio, ma non ha detto parola nel sogno. Siamo saliti in questo treno ed era strettissimo. Che significa secondo te?»
Loris scosse leggermente il capo, poiché stordito dalla quantità di piacere che stava provando. Sentiva il corpo fremere, e la schiena percossa di brividi.

Mugugnò addentandosi le labbra ed erse lo sguardo verso in alto, scoprendo così il proprio collo. Gavriel ne approfittò per baciarlo e lambirlo lì, lasciandogli tracce di baci e dei denti.

«Non ne ho idea...» rispose, seguito subito da un gemito.
«Uff, Gavri sei bravissimo, continua così ti supplico...»

La sua voce sottile e stretta dalla delizia, fece impazzire Gavriel.
Amava vederlo in quello stato, con gli occhi persi, la pelle sudata e i capezzoli rigidi.
Ne strizzò uno, consapevole che Loris fosse molto sensibile in quel punto, difatti, quest'ultimo reagì sussultando come se toccato da un cubo di ghiaccio lungo la schiena.

«Ah Gavri, sì, sì lì ti prego!»

Gavriel esaudì ancor di più il desiderio dell'amato, si leccò le labbra e succhiò dal suo capezzolo.
Loris perse completamente tutte le forze, si lasciò trasportare lasciandosi sfuggire dalle labbra un lungo ed intenso gemito.

Sentiva la lingua di Gavriel circolare attorno al capezzolo, lo sentiva succhiare e mordere.
In tutto ciò lo stava anche penetrando, perciò il piacere era traboccante.

Non ci volle molto prima che venì.

Il suo corpo tremava tutto come una foglia, aveva la pelle coperta di brividi e gli occhi lucidi di passione.

«Ahh...ah...» sospirava esausto, seguito da Gavriel, anch'egli esaudito.

«Adoro fare l'amore con te» confessò.
«Davvero...»

I due si coccolarono per un po', finché Gavriel non propose di uscire e fare una passeggiata.

Loris accettò, dopotutto il sole era ancora alto.




Camminavano uno affianco all'altro lungo il marciapiede, passando tra bar e negozi. Chiacchieravano un po', si soffermavano dinanzi varie vetrine per ammirare e lasciare commenti verso i capi in mostra.
Gavriel era sempre felice quando usciva con il compagno, e poiché uomo senza dottrine da rispettare, colse la mano di Loris nella sua e cercò di baciarlo sulla guancia solo per il piacere di farlo.
Ma Loris, allarmato, rifiutò il gesto e si distò.

«Come mai fai il timido con il tuo uomo?» chiese Gavriel sorridendo, convinto che il compagno fosse semplicemente un po' imbarazzato.

«Che?» Esclamò Loris.

Egli non si considerava suo amato, avevano fatto l'amore perché ciò era successo e basta, ma non credeva di essere una coppia ufficiale.
Quando sentì quella parola si scandalizzò, gli si sobbalzò il petto e sgranò gli occhi.
Eppure sapeva di piacere molto a Gavriel, sapeva di essere il centro dei suoi pensieri. Ma nessuno dei due si era mai fatto avanti con una vera e propria proposta, egli era convinto che il loro fosse un  puro civettare tra profondi amici.

«Uhm no, cioè, non davanti a tutti. Potrebbero essere presenti volti che conosco» balbettò scrutando ambedue i lati del marciapiede, tormentato dal pensiero che un membro della comunità avrebbe presto assistito a un loro bacio.

Gavriel si fece confuso e si lasciò offendere da quelle parole.
«Oh scusa, non credevo di essere un imbarazzo per te» pronunciò.

«No, non è così» disse Loris, ma il volto suo parlava molto chiaro.

Era come una donna di facili costumi, compiuti i suoi atti, usciva dall'edificio pulendosi i baffi e pretendendo di non aver commesso nulla. Si vergognava di stare con un uomo, si preoccupava di più della propria immagine e il pensiero di Dio piuttosto che dei sentimenti del compagno.

A quel punto Gavriel condusse l'uomo contro il muretto di un vicolo isolato dove poterlo confrontare. Non era la prima volta che i suoi baci venivano rifiutati, si era stancato di dover essere respinto in pubblico. Egli non aveva riguardo per il prossimo come Loris, lui amava senza confini, incurante dei pregiudizi e le leggi.

Loris si preoccupò, credeva che di lì a breve Gavriel lo avrebbe rimproverato o messo alla berlina di fronte a gente che nemmeno conosceva. Conosceva un po' Gavriel, era un uomo dolce e molto calmo, ma temibile quando arrabbiato od offeso. I suoi occhi verdi fumavano di frustrazione, non donavan più così tanta serenità, al contrario, minacciavano quelli di Loris.

«Lasciami, parliamone a casa» disse agitando i polsi, entrambi soggiogati dalle mani di Gavriel.

«Ti vergogni di stare con me?» chiese, ma Loris negò subito, scosse il capo e chiese ancora di essere lasciato andare.

«Ah no? Perché a me invece sembra proprio di sì. A casa ti strusci su di me come un colombo arrapato, ma appena metti i piedi fuori diventi un pezzo di marmo. Te l'ho già detto, non giocare con i miei sentimenti, Loris»

Il suo tono quando così grave e netto, faceva rabbrividire Loris. Non veniva mai rimproverato da qualcuno più grande di lui, aveva scordato com'era sentirsi soppresso dall'autorità altrui. Gavriel era maggiore di lui sia in età che altezza, inoltre possedeva quella capacità di non provare alcuna vergogna. Parlava deciso e senza fremere, quel che pronunciava usciva dritto e freddo, mentre Loris doveva pensarci e titubare prima di poter aprire bocca. Inoltre le sue dita tremavano, i suoi occhi lottavano per non incontrarsi con quelli di Gavriel e cercò nuovamente in vano di liberarsi.

«Gavriel tu mi piaci, davvero, mi piaci» sospirò.
«Ottimo, allora dimostramelo» disse Gavriel.

Loris esitò e calò lo sguardo a terra, incerto su quel che dire e fare.

"Dimostrarlo? Come? Dovrei prenderlo e baciarlo come mio sposo davanti a tutta Toronto? Desidera che mi metta sulle ginocchia per lui, e che gli faccia un fellatio con i fiocchi?"

Pensava, ma Loris non voleva perdere né Dio né Gavriel, amava entrambi ed era impossibile per lui scegliere chi amare di più.
Doveva dare a Cesare quel che era di Cesare? E a Dio quel che era di Dio?
Non lo sapeva, sarebbe stato come giocarsi il posto in paradiso, scommetterlo per amore.

Una vita senza Gavriel era triste, ma una senza Dio era inaccettabile.

«Mi dispiace ma... sto avendo dei ripensamenti. Mi dispiace davvero...» farfugliò, il conflitto dentro di lui era riflesso nei suoi occhi e nella sua voce.
Il suo cuore voleva unirsi e palpitare assieme a quello di Gavriel, ma sua testa si trovava sul piatto opposto della bilancia.

«Anche a me dispiace, dispiace di starmi facendo prendere in giro dall'uomo che amo. Perciò per te esisto solo quando hai voglia di fare sesso a porte chiuse, dove viviamo? Nel medioevo? Mi stai usando?» domandò irrequieto, incurante di star attirando i pochi passanti che camminavano di lì.

«Assolutamente no, non è così, davvero. E non devi neanche pensarlo, io non ti userei mai» disse Loris, Gavriel lo scosse bruscamente premendolo ancora di più contro il muretto.

«Loris devi decidere, o me o la tua religione. Amore, sai che rispetterò entrambe le scelte che farai, ma me lo devi dire. Smettila di trattarmi come un pupazzo, anch'io ho un cuore»

Loris cominciò a piangere, il suo cuore non si era mai diviso così tanto a metà.

«Ascoltami. Io non posso comprendere l'amore che tu hai per Dio, non ho fede alcuna riposta in lui, ma vedo come voi cristiani ne siate innamorati, molti di voi in passato sono stati perseguitati e uccisi a motivo di questo» disse Gavriel, e proseguì asciugando le lacrime dal volto dell'amato.
«Ma se questo vostro Dio è amore, allora perché non permettere a due uomini di amarsi? Non è così che egli vuole? L'amore tra fratelli piuttosto che la guerra e la contesa?
Io con il mio amore per te non ho mai ferito nessuno, ma tu, con l'amore che hai per me, ti stai facendo male. Hai paura di finire all'inferno?»

«Uff, non funziona così e sì, ho paura di finire all'inferno, io non ci voglio andare. E sinceramente, non vorrei che nemmeno tu ci andassi. Vorrei poter stare con te in paradiso, Gavriel. Essere gratido da Dio amandoti come un fratello...» balbettò in lacrime.

«Io sarò quello che avrà l'onore di visitare sia il paradiso che l'inferno. Baciarti, fare l'amore con te, sposarti e invecchiare al tuo fianco; sarà il paradiso prima di scendere all'inferno. Se davvero esiste»

Poi condusse la mano alla guancia del compagno e l'accarezzò dolcemente.

«Loris, io ti amo alla follia, come te lo devo dire? Non so che cosa tu abbia, ma fin dal primo giorno che ti ho visto il mio cuore si è come aperto. Ma qualsiasi sarà la tua scelta, io la rispetterò. Non posso costringerti ad amarmi, non sarebbe amore, posso dartelo ma devi scegliere poi tu se riceverlo o meno. Anche se mi stai facendo capire, che tu il mio amore non lo vuoi...»

Loris in realtà, era genuinamente innamorato di Gavriel, aveva iniziato a provare affetto verso di lui grazie alle amabili parole che gli diceva sempre. Si sentiva così benedetto quando venerato di elogi, nessuno lo guardava come Gavriel faceva, nessuno lo ricopriva di così tanti omaggi e nessuno poteva ora toccarlo come lui.
Ciononostante, anche se sapeva di piacergli alla follia, non comprendeva perché proprio lui aveva deciso di osannare. Gavriel era bello e ricco, lui invece si riteneva nessuno senza il suo talento artistico.

«Gavriel, nessuno mi ha mai detto queste cose... perché io? Perché mi ami? Non ho niente da darti, sono solo io. C'è una ragione se mia moglie mi ha tradito con mio fratello, c'è una ragione se non piaccio nemmeno a mio figlio. Non sono bello, non sono famoso, non sono nessuno. Io sono solo sbagliato» disse.
Gavriel gli lasciò andare i polsi e prese a coccolarlo.

«Non devi essere perfetto, non ti sto chiedendo di essere giusto ai miei occhi. Io ti voglio per ciò che sei, Loris, io ti amo e basta» disse.

Loris colse la sua mano e se la strinse tra le sue, così grande e calda, essa aveva toccato ogni parte del suo corpo.

«Ti concedo del tempo per pensarci, non voglio costringerti a scegliere me» disse.


I due restarono a guardarsi a lungo, Loris non si era mai sentito così tanto indeciso in vita sua. Si trovava al centro di un ponte, le cui entrambi vie erano occupate da due persone diverse.
Alla sua destra c'era la vita che aveva sempre condotto, quella gradita dal Signore e del padre defunto. A sinistra invece, lo attendeva Gavriel, suo futuro sposo. Ambedue gli regalavano amore e sicurezza, sia Dio che Gavriel erano potenti e in grado di soddisfarlo in ogni circostanza. Dio gli rallegrava lo spirito, Gavriel invece la carne.

Tuttavia, la scelta di uno avrebbe cancellato l'altro.

"Oh Gavriel, io non posso camminare con Dio, e correre con il diavolo. Non posso pregare per lui la mattina, e coricarmi la sera sul tuo petto..." Pensava.

«Per ogni cosa, chiamami»


Gavriel se ne andò, concedendo a Loris di riflettere su quello che fare.
"Non può veramente scegliere la sua religione a me, io sono la sua nuova dottrina. Egli mi ha dimostrato di amarmi varie volte, ha permesso a me di conoscerlo come nessuno era mai riuscito. Mi ha evitato così a lungo ma alla fine mi ha accolto tra le sue braccia" pensava Gavriel, camminando tristemente gobbo tra la gente, rifiutandosi di voltarsi indietro e guardare.
Era un uomo rispettoso, voleva permettere a Loris di decidere, non spettava a lui porsi in mezzo e scegliere al posto suo.
Poteva fargli la corte come un casca morto, ricoprirlo di doni ed elogi, ma non poteva costringerlo ad amarlo.

Loris lo guardò scomparire in mezzo alla folla, curioso di sapere se si sarebbe presto voltato verso di lui o meno.

Ma non lo fece.

Il compagno proseguì e non lasciò alcuna traccia, abbandonando Loris sulla schiena del ponte a riflettere.

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