26.

Il giovane William pedalava lesto verso la casa dell'amato, ignaro del suo improvviso arrivo.
Avanzava contro la brezza che gli graffiava il viso intriso di lacrime, le sue guance bagnate eran fresche e rosse come le luci della segnaletica a cui non aveva prestato attenzione.
Guidava imprudente, rischiando talvolta d'investire qualche innocente passante.
Singhiozzava, passava il polso sotto il naso e si schiariva la vista strizzando le palpebre.
Non vedeva altro che laghi di lacrime dinanzi a sé, luci traballanti e strade senza fine. Malediva in cuor suo il genitore, il pastore, e tutti coloro che lo avevano fatto sentire male.
Provò un immenso odio verso l'intero mondo, desiderava solo poter alterare la realtà, ricominciare da capo e cedere il proprio posto a un miserabile.

L'amato suo si trovava presso la casa sull'albero a studiare, la sua famiglia sedeva in soggiorno a guardarsi un film. Fu proprio durante i titoli di coda che William bussò alla loro porta, e quando il signor O'moore, padre di Adric aprì, si trovò dinanzi un disperato giovane ragazzo in lacrime.

«Ahimè, William che succede?» chiese.
Il ragazzo gli si gettò tra le braccia e lo inzuppò di lacrime, attirando l'attenzione dei vicini e dei passanti.
La famiglia si allarmò, la madre e i due figli si avvicinarono curiosi.

«Hai litigato con tuo papà?» domandò l'uomo accarezzando il ragazzo, quest'ultimo alzò il suo sguardo avvilito nutrito di amari mari e guardò con tenerezza il signore.

«Posso stare qui per un po'? Voglio stare con Adric, per favore» supplicò.
Il suo lamento giunse fin su la casa sull'albero, Adric scese giù per le scalette e si recò verso la porta di casa.
Quando William si accorse della sua presenza, il cuore gli si rallegrò e l'animo suo trovò una ragione per cui mettere il dispiacere da parte e gioire.

«Adric!» pronunciò il suo nome con amore, come se avesse il nettare sul palato. Così gaio di vederlo, lasciò le braccia dell'uomo e corse vivace addosso l'amato.

«William, che succede?» chiese Adric, confuso e preoccupato per il suo compagno.
William lo strinse fortemente a sé, si erse sulle punte e tentò quasi di farsi caricare in braccio. Desiderava il suo affetto, bramava il suo amore mancato come non mai. Lo benedì di un'abbondante pioggia di lacrime, gl'invase il viso di carezze e baci, incurante della presenza dei genitori. Ma questi erano fin troppo confusi per comprendere, si guardavano perplessi e si chiedevano se fosse il caso di chiamare il padre del ragazzo.

«Adric mi sei mancato, ti voglio bene, ti voglio tanto bene! Per favore fammi stare qui, non ci voglio tornare da mio papà, lo detesto, è così perfido! Non lo voglio più!»

Adric coccolò l'amato e lo rassicurò, guardò poi i suoi genitori e scuotendo il dito, intimò loro di non chiamare nessuno.
Sarebbe stato disposto a ospitare l'amato anche per sempre se possibile, tuttavia, non era la prima volta che William si lamentava del padre.

«Ma certo, certo che sì» gli disse, con un cenno di approvazione da entrambi i suoi genitori.
I fratelli suoi, Adelina e Adriano, erano a conoscenza della loro relazione, e poiché molto fedeli e rispettosi al fratello, non dissero nulla.

William venne accolto nella loro casa, oramai era considerato membro della famiglia, la madre di Adric e il padre di William si conoscevano molto bene. E se non per le differenti vie prese in giovane età, essi sarebbero di certo stati sposati.

«Su amore, non piangere, tieni» disse la signora O'moore porgendo al ragazzo un pacchetto di fazzoletti. Egli lo prese e lo aprì, tirò fuori un fazzoletto e vi ci soffiò il naso.
«Vuoi dell'acqua?» chiese, ma William scosse il capo.
Voleva solo stare il più vicino all'amato, difatti, non gli permise nemmeno la possibilità di distarsi di mezzo centimetro. Lo soggiogava a sé come un orsacchiotto, giaceva la propria testa sul suo braccio, quest'ultimo lo teneva stretto stretto tra le mani e avanzava ovunque conducesse i passi.
Pareva incapace di reggersi di forza propria, si rifiutava di accomodarsi in soggiorno e farsi servire.
Dopo tutta quella gran pedalata era esausto, voleva solo poter schiacciare un pisolino assieme il compagno.

«Adric, portalo a darsi una sciacquata al viso» disse il padre.
Il figlio annuì e condusse l'amato a seguirlo fino in bagno al piano di sopra.
La casa di Adric era piccola ma molto graziosa, William l'amava tanto, specialmente per i particolari gusti estetici della madre. Ella era affascinata da tutto ciò che era raffine e sofisticato alla vista, non giaceva granulo di polvere per terra, i pavimenti eran così lucidi che ci si poteva specchiare.
C'erano molti colori chiari e freddi, quelli caldi erano racchiusi tutti nella camera da letto di Adric, unico membro della famiglia ad avere uno stile completamente diverso, esattamente tale al padre.
Essi amavano la semplicità e la comodità, tutto ciò che poteva condurre presso una dolce casetta di legno tra le montagne innevate.

«Ci sono io qui, non piangere» diceva aprendo il rubinetto del lavabo, condusse il visetto rosso del compagno verso di esso e lo sciacquò con la mano.
«È normale litigare con i propri genitori, non è la fine del mondo, sta tranquillo»

Finito di lavarlo, lo asciugò con il proprio asciugamano.
«Hai già cenato? Vuoi che ti prepari un panino?» chiese, ma William dichiarò di non aver alcun appetito.

«Va bene»
Andarono poi in camera, dove la madre di Adric stava già preparando un materasso su cui William avrebbe potuto dormire.
«Ti lascio qui la lenzuola se vuoi, con questo caldo si muore con la coperta» ridacchiò, ma il suo tentativo di far sorridere William fallì, egli era troppo rammaricato per poter anche solo accennare un piccolo sorriso.

«Hai qui il pigiama?» chiese Adric.
«No, l'ho scordato» rispose William, era così furioso mentre gettava i panni nello zaino, che non aveva nemmeno messo il minino indispensabile, anzi, era pieno di abiti inutili, libri e cartacce.
Adric dunque gli prestò una delle sue magliette, poiché William era molto più basso e magro di lui, quell'indumento gli cascava addosso come un abito.
«Grazie» singhiozzò.

La madre abbandonò la stanza, dando la buonanotte a entrambi.

«Posso dormire con te piuttosto?» chiese William guardando il materasso stato messo apposta lì per lui
«Il mio è un letto singolo, non ci staremo» disse Adric, ma indebolito dagli occhi teneri del compagno, decise di accontentarlo comunque.
«Va bene, avanti sali»

William cercò inutilmente di celare il sorriso sul suo volto, salì sopra il letto del compagno occupandone già la metà. Adric soffiò, il giorno dopo sarebbe dovuto andare a scuola e desiderava poter dormire beatamente. Ma la presenza di William nel suo letto non glielo avrebbe permesso.
«Dai, vieni» disse il ragazzo facendo un misero spazio al compagno.
Adric salì sul letto e vi ci sdraiò, premendo leggermente William contro la parete.

«Come dovrei dormire io così?» borbottò, ma William non gli diede peso e gli si avvicinò.
«Ti amo» disse.
«Ti amo anche io» rispose Adric, cercando la posizione più comoda in cui mettersi.
«Tuo papà sa che sei qui?» chiese.
William prese a scorrere il dito contro la ruvida parete, dando così le spalle al compagno.
«Hm hm, sì lo sa» rispose.
«E c'è ancora quel tizio a casa vostra?» aggiunse.
«Si, papà ha detto di considerarlo come uno zio» disse William.

«Hm, mi fa piacere. Dai, adesso dormi»

William serrò entrambi gli occhi e cercò di prendere sonno nonostante il malumore, ciononostante, riuscì presto ad appisolarsi e a impadronirsi di quasi tutto il letto.
Scoccò la mezzanotte quando Adric si erse dalle lenzuola, esausto di dover lottare per mantenere il posto e non cascare giù. William era piccolo, eppure era stato capace di conquistare tutto il letto, lasciando ad Adric nient'altro che uno spaghetto di spazio, misero per la sua corporatura da quarterback.

Sbuffò è si strofinò il viso, era esausto e considerò l'idea di dormire lui sul materasso a terra.

"Che cazzo, si è preso tutto il letto" pensava guardandolo russare beato scompigliato attorno il lenzuolo e la bocca aperta al cuscino, era chiaro che fosse distrutto, aveva il viso scarnito e gli occhi gonfi per le centinaia di lacrime versate. Provò così tanto dispiacere, odiava vederlo piangere.

"Che vuoi che sia? È solo per questa notte, Adric" si consolò.

Ma poi quel pensiero altruista venne pervaso da quello perverso.
Guardò il corpo dell'amato con occhi di desiderio, realizzando di quanto tempo fosse effettivamente passato dall'ultima volta che avevano fatto l'amore.
Aveva trascorso settimane a praticare il vizio solitario, ora che non si trovava più solo, poteva finalmente appagare la propria carne con quella di qualcuno.

Si assicurò che la porta fosse chiusa, nondimeno, nessun membro della sua famiglia sarebbe entrato senza prima bussare.
Dunque si avvicinò al ragazzo e lo scoprì lentamente della lenzuola, ammirò le sue candide gambe e le accarezzò.
Gli sollevò la maglietta, scoprendogli così tutto quanto il petto.
Iniziò ad accarezzarlo, aveva la pelle calda e morbida. Le sue carezze provocarono il risveglio del ragazzo, che aprì gli occhi e venne subito colto da un soffio di piacere.

«Adric? Che fai?» mugugnò.

«Ti sei toccato in questi ultimi giorni?» chiese curiosamente, iniziando a praticare delle piacevoli movenze. William sussultò e si addentò il labbro.

«Shh» bisbigliò Adric.

William sorrise lieto, si sentiva rinfocolare ora che era caldo della presenza del compagno.
Adric poteva sentire le farfalle nello stomaco agitarsi, lo sguardo seducente e smanioso del compagno, era abbastanza sufficiente da farlo ammattire.
Lo cominciò a chiamare con teneri nomignoli sdolcinati, esattamente come a lui piaceva.

«Ho sognato tanto queste labbra» dichiarò sottolineandole con il dito, William comprese, colse la mano del compagno e accolse tutto in un sol boccone il suo dito dentro la propria bocca.

«Cazzo...» sospirò stupito dalla flessibilità della lingua del ragazzo.

Il suo dito ne uscì tutto quanto terso della saliva del compagno, il quale si dovette leccare i bordi delle labbra per pulirsi. Nel frattempo mugugnava e invitava il fidanzato a toccarlo ancora.

Mentre si guardavano negli occhi e si coccolavano, la parete venne leggermente percossa dall'altra parte.

«Io starei cercando di dormire» sussurrò il fratello di Adric, la quale camera si trovava esattamente affianco la loro.
«Scusa» ridacchiò Adric, poi guardò il compagno e lo baciò.

Ripresero quanto interrotto, fecero l'amore cercando di non disturbare il sonno del fratello nella stanza accanto. I loro cuori, così come i loro corpi si unirono.

Quando finirono il fiato e le forze, si ricomposero.

«Dormiamo, domani ho anche gli allenamenti» disse esausto.
«Bene, questo era il tuo riscaldamento» rispose William, e si coricò sul materasso a terra.
«Dormi lì?» chiese Adric.
«Sì, così dormirai meglio, e potrai allenarti per bene»

Il ragazzo si distese sul proprio letto, finalmente avrebbe potuto dormire godendosi tutto quanto lo spazio.
William si appisolò subito, anch'egli era tanto stanco.

Ma Adric tese il braccio e accarezzò i mossi capelli dell'amato.

«Ogni volta che stiamo insieme, penso a come ci stiamo sempre di più avvicinando all'inferno» bisbigliò.
Adric al contrario, non credeva in quel luogo, non credeva in quelle favole religiose scritte da uomini per disciplinare un popolo miscredente. Egli aveva fede solo in ciò che riusciva a vedere e toccare, aveva fiducia nella scienza e la filosofia. Tuttavia, rispettava le credenze del compagno, e non esprimeva mai il proprio parere. Ogni uomo era libero di credere in ciò che voleva, William pensava che tra i cieli esistesse un Dio, non vedeva come questo poteva mettere a rischio la loro relazione.

«Sono disposto anche a quello» disse.

«Preferisco passare cent'anni all'inferno con te, piuttosto che un solo giorno in paradiso. Tu sei il mio paradiso»

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