20.
«Mi dispiace tanto per Ash, il cugino riceve tutte le attenzioni che lui vorrebbe dal padre, e quest'ultimo pare non accorgersene nemmeno»
Commentò Gavriel.
Loris al contrario di lui, non serbava alcuna compassione per la piccola volpe, figlio di un protagonista scaltro e bizzarro.
«Non è colpa del cugino se lui non è abbastanza bravo, dovrebbe farsi valere di più» rispose.
Il due uomini si godevano il film come due bambini, commentavano le scene e ridevano alle battute.
«Questa è la scena preferita di mio figlio, molte volte quando la guarda, preme il tasto sul telecomando e la rimette indietro, fa così per almeno cinque o sei volte» dichiarò Loris.
Era la scena dove il signor volpe, a bordo della motocarrozzetta, notava la presenza di un lupo sopra la vetta di un colle. Non sapendo quale lingua parlasse, pronunciò alcune parole in latino.
Mentre i minuti si estendevano, e il finale si faceva man mano sempre più vicino, Gavriel tirò fuori dalla tasca una sigaretta.
Nel taschino anteriore della camicetta teneva invece uno zippo, il quale aprì e accese. Il suono metallico emesso catturò l'attenzione di Loris, e si stupì quando vide l'uomo fumare nel suo soggiorno.
Schiarì la voce e fulminò con lo sguardo quella sigaretta, Gavriel si voltò e si rese presto conto di aver commesso uno sbaglio.
«Scusa, abitudine. Ora vado a buttarla» disse tenendo tra il sorriso la sigaretta. Egli si sentiva così a suo agio, che si era dimenticato di trovarsi nel soggiorno di Loris.
Perciò si alzò e si diresse verso la cucina, dove poterla spegnere e gettare. Ne colse l'occasione di ammirare anche l'arredamento scelto per abbellire quelle tre pareti in cachi, i mobili erano fatti di un buon legno e il lampadario donava un tocco quasi vittoriano.
Si prese il lusso di dare una sbirciata tra i cassetti e alle foto e disegni appesi con il magnete sopra le porte del frigorifero, dovevano essere stati realizzati dal figlio in età molto giovane.
Uno dei disegni ritraeva il piccolo in mezzo ai due genitori, sovrapposti a una giornata di neve. In un altro c'era disegnato un cane di cui nome era ispirato a un frutto, e in un altro ancora William aveva cercato di fare un ritratto al papà.
Guardando quei disegni, Gavriel si accorse di come il colore rosso fosse usato spesso rispetto il resto. La caricatura delle matite era quasi aggressiva, tuttavia ciò che disegnava era carino.
Tornando in soggiorno, trovò Loris solcare tra i propri pensieri. Aveva lo sguardo perduto e una postura quasi rigida, per nulla rilassato.
Guardando quel film, a egli era sorto in mente la prima volta che il figlio lo guardò.
«Ho deciso che questo sarà il mio film preferito, quando sarò grande voglio rubare come il signor volpe» diceva indossando un manto e un passamontagna sulla testa, fingeva di sottrarre le galline dal pollaio, sgattaiolando in cucina e riempiendosi di mele gl'indumenti. Il suo complice in affari era niente meno che un pupazzo, lui lo chiamava Kylie, proprio come la talpa presente nel film. E quando finiva la sua impresa, fischiettava e schioccava la lingua, esattamente come il signor volpe.
Loris si ricordò inoltre, di come lui era costretto a ricoprire il ruolo di Franklin Bean, il farmiere. Ma si rifiutava sempre, non amava calarsi in sciocchi personaggi da cartoni animati. Ma oggi, se ne avesse avuto la possibilità, avrebbe indossato quei panni e fatto contento il figlio.
«A che pensi?» chiese Gavriel.
Loris si distaccò da ogni pensiero e rispose.
«A nulla, sono solo un po' stanco, tutto qui»
Gavriel non cascò per quella replica, il viso di Loris era un libro scoperto e raccontava altro dalla bocca.
Era chiaramente turbato da qualcosa, il corpo suo era seduto scomposto sul divano ma la sua testa si trovava lontana.
Così si avvicinò, si sedette al fianco suo e disse.
«Genna dice che pensare troppo stanca il corpo. Stenditi, ti faccio un messaggio»
Loris spalancò entrambi gli occhi e guardò il signor Heinrich farsi vicino, pronto, senza ancora aver ottenuto il consenso, di porgli le mani addosso.
«No, non si preoccupi» disse, entusiasta all'idea di poter lambire il corpo dell'amato. Avrebbe praticato un classico massaggio che la sua cameriera gli faceva quando stanco o tropo teso, il massaggio consisteva nel ridurre lo stress e rilassare i muscoli.
Ma Loris poiché imbarazzato e per nulla convinto, oppose una leggera resistenza, lieve, perché in fondo desiderava poter essere massaggiato.
Non era pungente, ma alla sua schiena avrebbe fatto molto comodo, e le sue spalle lo avrebbero ringraziato.
«Non mi spacchi le ossa» avvertì voltandosi e stendendosi di pancia lungo il divano. Gavriel gli diede la sua parola, lo aveva appreso da Genna, la quale era esperta.
Gavriel sollevò leggermente la maglietta di Loris e iniziò a scorrere i propri palmi lungo la sua pelle morbida e calda, un po' sudata, ma non lo disturbò.
Se si fosse unto di olio, la sensazione sarebbe stata maggiormente piacevole, ma man mano che procedeva, si accorse che era già tutto quanto più che compiacente.
Non c'era cosa più divina del toccare a mano nuda il corpo del suo amato, la pelle s'investì di brividi e il petto si accaldò. Cominciò a far fiorire scenari erotici nella sua mente innamorata, spremette scabrose fantasie e fantasticò s'una panoramica voluttuosa.
Sedeva sopra le cosce dell'amato con il cuore nella gola e gli occhi fissi sopra quei glutei accentati dentro un paio di pantaloni pericolosamente stretti in quella zona, una vera diafida per la sua moderazione, la sua carne iniziò a fervere come bollito e il respiro gli venne quasi proibito.
"Possiede una schiena così liscia, è come scorrere le mani nell'olio" pensava.
"Chissà che meraviglia potergli leggermente calare i pantaloni, giusto per scoprire la sua nudità e conoscerlo proprio qui, in questo momento tanto atteso"
Nel frattempo Loris mugugnava sotto i piacevoli movimenti eseguiti dalle abili mani dell'uomo, non si era mai sentito così tanto rilassato, il suo corpo si sentì condotto tra i cieli e la sua mente si deliberò da ogni pensiero.
«Hmm...» mormorava, e quando le mani d'oro di Gavriel si fecero vicine a un punto focale.
«Un po' più a destra» farneticò.
Gavriel tornò dunque sul punto di prima e pigiò leggermente.
«Così?» domandò con malizia.
Loris era così stordito dal piacere che fu incapace di rispondere.
Gavriel si calò lentamente all'orecchio di Loris e parlò con voce cullante e quasi tetra.
«Ti piace? Ti faccio sentire bene?» domandò.
Loris non fece caso al tono, non si accorse di come le mani avessero adoperato una movenza molto più suadente; e con queste anche il corpo di Gavriel aveva cominciato a muoversi dolcemente, si erse l'amore sotto la cinta e i desideri sognavano di diventare realtà.
«Sì, sì la prego non smetta» farfugliò con voce quasi angelica, senza opporsi a quel che si stava rivelando essere quell'innocuo massaggio scaccia pensieri. Non lo fece perché completamente rilassato, la sua guardia si era gravemente azzerata, lasciando spazio solo al godimento.
«Hmm, oh sì, così» la sua voce flebile fece impazzire Gavriel, combaciava con il testo scritto nello scenario presente nella sua fantasia.
A quel punto pensò che l'atmosfera fosse perfetta e la dinamica ben costruita, dunque colse in mano l'occasione e si lasciò andare all'appetito.
Loris gemette di piacere quando le mani dell'uomo si aggrapparono entrambe attorno le sue natiche, incrociò le gambe e la sua schiena si fece appena curva.
Gavriel lo interpretò come un invito ufficiale, così senza timore, avvicinò le labbra sulle due fossette lombari e le baciò.
Quello schiocco svegliò Loris dall'incanto, era come se fosse riuscito a svegliarsi da un lucido sogno. Si accorse che Gavriel lo stava smaniosamente baciando lungo la schiena, la cosa lo disgustò assai, e con gran ribrezzo tentò di divincolarsi.
«No, un momento» disse assistendo con la coda dell'occhio, ma Gavriel era così rapito dal momento, che non udì.
«No!» di conseguenza Loris reagì aggressivamente, si alzò improvvisamente scalciando senza proposito il viso di Gavriel.
«Depravato! Che cazzo sta facendo?» sbraitò isterico.
«Esca fuori! Ora!»
Gavriel, addolorato per il colpo ricevuto al naso, guardò Loris con dubbio e si chiese cosa mai gli fosse piombato nella testa.
Era convinto che fosse preso quanto lui, che gli stesse piacendo e che di lì a poco avrebbero fatto l'amore.
Ma ogni suo sogno andò in frantumi quando gli venne ordinato di lasciare la casa dal padrone stesso.
«Dunque queste erano le sue vere intenzioni sin dall'inizio di questa giornata? La colazione, le lusinghe e lo shopping. Tutta una grande scusa solo per portarmi a letto»
Disse, guardando con ribrezzo la reazione che aveva provocato al membro di Gavriel.
Ma le cose non stavano veramente così, e Gavriel tentò di dirglielo.
Loris purtroppo, non era interessato ad ascoltare e gli ripeté di andarsene.
L'uomo si alzò e camminò dritto alla porta, seguito dagli occhi chiari di Loris.
"Sono stato io a provocarlo? È eccitato a motivo di me? Come?"
Questo pensiero estraneo lo sfiorò di netto, cercò di restare saldo nel suo onore e di non cedere a pensieri immorali.
Ma le forze credettero quando quelle parole riemersero a galla nella testa.
Le guance si fecero rosse di lusinga e il petto si scaldò copiosamente, quello stormo d'ali riprese ad agitarsi dentro di lui e una farfalla volò fuori dal suo palato.
Nessuno dopo anni, lo aveva toccato così.
Se ripercorreva con la memoria le vie prese delle mani di Gavriel, il suo cuore si allargava e trepidava come mai aveva fatto.
Si stava sciogliendo, batteva traboccante di qualcosa a lui perduto.
Si sfiorò leggermente e si accorse di voler essere toccato, voleva sentire ancora quei baci sulla pelle e sentire le mani dell'uomo attorno il suo didietro come prima.
"Ahimè, ma a che sto pensando? Che mi succede? Sento il ventre esplodere"
Stava perdendo il controllo di tutto il suo corpo, la carne era in conflitto con lo spirito e ogni sforzo di opposizione risultava futile.
Sentì una grande pressione al ventre, era come se agitati torrenti stessero scorrendo per trovare una via e sfociare.
Tutto ciò lo spaventava, lo sorprendeva, e lo faceva sentire lievemente nuovo.
Guardò l'uomo, e i suoi occhi calarono verso i suoi glutei e le sue lunghe gambe. Gavriel aveva una corporatura ben scolpita, con due spalli larghe e dritte e una schiena perfetta.
"Oh Gesù..."
Loris cedette, si rovesciò e il suo desiderio represso fiorì.
«Signor Heinrich...»
Sussurrò nel suo bagno di berlina e terrore.
L'uomo si voltò indegno, con la mano avvolta sopra il naso.
«Che c'è?» ribatté.
Loris lo guardò e si scusò per averlo ferito.
«Fa niente, c'è altro?» domandò, egli era volenteroso di fare ritorno a casa e medicarsi. Ma c'era davvero dell'altro oltre a quelle scuse, solo che Loris non conosceva la lingua con cui dirlo.
Era un linguaggio a lui poco noto, non lo conosceva più molto bene e andava contro le moralità del Signore.
Era confuso, non sapeva che cosa volesse esattamente.
«Resti qui, per favore. Non se ne vada...» balbettava, ma poiché si era mangiato metà della frase, Gavriel non comprese.
Ciononostante, egli sapeva riconoscere uno sguardo perduto, ne aveva visti e respinti molti. Quello di Loris non era diverso da quelli.
Decise di tendergli il braccio e aiutarlo a scegliere, era evidente che fosse in lotta contro sé stesso, e non ce l'avrebbe fatta senza un intervento immediato.
«Perché? Che cosa vorresti fare?» Chiese Gavriel, interpretando lettera dopo lettera il volto di Loris.
"Questo dev'essere il diavolo stesso, bello quanto dannato, gustoso quanto proibito. Non mi lascerò sedurre dalla serpe, non permetterò che egli prevalga su di me. Io sono nel Cristo e il mio corpo è suo tempio... Ma diamine se è bello"
Gavriel tornò indietro e si pose dinanzi a Loris, mettendolo solo ancor più in difficoltà. Egli era come l'angelo mutato in serpente per ingannare Eva, anzi, il suo frutto sembrava mille volte più gustoso.
Loris calò lentamente lo sguardo alle lunghe gambe robuste dell'uomo, le venerò per la loro tonicità. Si lasciò deviare dalle sue generose misure e preda di un nuovo istinto e desiderio di conoscenza, per la prima volta dopo lunghi anni bui, si lasciò trasportare.
"Forse un assaggio me lo posso anche concedere, sì, giusto un po' per sapere, posso? " pensava, ma anche se il suo cuore voleva gettarsi, la sua mente gli ripeteva di respingere.
Non riusciva a dire di "no", e sapeva che se ne sarebbe pentito dopo.
Non c'era tempo per riflettere, Gavriel colse quel momento di fragilità per chinarsi e rapire un lungo e intenso bacio dalle sottili labbra di Loris.
Così in fretta che quest'ultimo non fu capace nemmeno di processare quanto accaduto, si ritrovò semplicemente con il volto schiacciato a quello del signor Heinrich.
"Mi sta baciando? Le sue labbra sono veramente posate sulle mie"
Quel bacio scatenò una fuga di pensieri, sprigionò miriadi di emozioni e diede vita a qualcosa che non sapeva di possedere.
Si baciarono a lungo, le loro lingue si conobbero per la prima volta e si piacquero immediatamente.
Gavriel, timoroso che presto Loris sarebbe stato colto dal suo buon senso, si affrettò cominciandolo a privare di tutto ciò che aveva addosso.
Gli alzò la maglietta e gli calò i pantaloni, lasciandolo solamente in biancheria.
Loris si guardò e si chiese se fosse gradito agli occhi verdi di Gavriel, non godeva di un fisico tonico da palestra.
Ma la verità era che fosse più che gradito, egli era follemente desiderato. Aveva un corpo atletico, perfettamente nutrito e delle spalle dritte e giustamente proporzionate.
Gavriel si sbottonò la camicia, rivelando la sua impeccabile complessione erculea.
Loris ne rimase ammaliato, non aveva mai visto un fisico simile in vita sua, era convinto di stare sognando.
Gavriel sollevò l'amato facendolo sedere a cavalcioni su di lui, riprese a baciarlo con passione, dopodiché gli sussurrò nell'orecchio di condurlo verso la sua camera da letto.
Loris gli narrò la via da prendere, mentre le sue mani fuggivano nomade sopra quel corpo divino.
Barcollarono uniti da quel bacio fino in camera, Gavriel fece stendere Loris lungo il materasso e cominciò a calargli anche l'intimo, lasciandolo completamente nudo.
Aveva atteso così a lungo, i suoi sogni stavano per avverarsi.
Si denudò di sua volta e salì sopra il suo amato, pronto per baciarlo, accarezzarlo e conoscerlo.
Ma quando provò ad avvicinarsi, Loris pose la mano sopra il suo petto e lo fermò.
«Aspetti...» sussultò.
Non aveva mai avuto rapporti con un uomo, si sentiva come un vergine nella camera matrimoniale, non aveva idea di come funzionasse e non s'era mai preoccupato di scoprirlo.
Si era svegliato il mattino convinto di essere un uomo etero, ora invece, si trovava nudo e sotto il corpo di un uomo.
Gavriel riconobbe quello sguardo di paura, sapeva che per Loris era la prima volta, e lo era anche per lui. Non aveva mai fatto l'amore con nessuno, mai aveva concesso a qualcuno le sue grazie. Ma poiché Loris era già ansioso, decise di atteggiarsi come se convinto di quello che stava facendo, solo per poterlo mettere a suo agio.
«Tranquillo, so che è la tua prima volta con un uomo. Io ho già avuto esperienze, perciò ti prometto che sarò molto cauto»
Intimò all'uomo di voltarsi e di issare il proprio didietro affinché gli fosse più facile calarsi dentro di lui. Loris fece come suggerito e si voltò, curioso di sapere che cosa sarebbe successo a breve.
"Questo è un sogno? Oppure è solo una mia fantasia? Come mai mi trovo presso di lui?"
«Hai qualcosa con cui potrei ungermi?» chiese, ma Loris non possedeva nulla che avrebbe reso quegli istanti più piacevole.
Era un momento unico per entrambi, nessuno dei due era mai stato a letto con un uomo.
L'unica esperienza che Gavriel aveva era quella appresa dalla lettura e i cortometraggi, Loris invece, considerava il sesso tra uomini un abominio, un atto osceno e peccaminoso.
Ci fu un breve momento di titubanza e riflessione, improvvisamente crederono di non essere poi così tanto pronti, Gavriel pensò di rivestirsi e fuggire da quella casa e Loris di seguire la retta via e rifiutare il frutto dall'albero proibito.
Gavriel si rese conto di come la realtà fosse ben diversa dai film, tutti quegli attori avevano avuto anni di esperienza per poter ricoprire quei ruoli, lui invece no.
Loris nel frattempo se ne stava disteso in attesa di essere anche solo toccato, ma non sentendo nulla, si voltò verso Gavriel e notò che egli era inerme a contemplare sul suo corpo.
"Perché è fermo? Non mi vuole più?"
Pensò.
Era da tempo che non si sentiva così eccitato, aveva persino dimenticato com'era avere la carne fervente.
«Signor Heinrich?» farfugliò.
L'uomo si riprese e tornò alla realtà.
«Scusa, hai un corpo così bello che ne sono rimasto scioccato» rispose.
Poiché non avevano alcun prodotto con cui ungersi, Gavriel rincorse a un metodo come si suol dire tradizionale .
Terse le dita sulla punta della lingua e inumidì l'orifizio del compagno, ciò provocò per entrambi una sensazione di freddo e tensione.
Dopodiché mise da parte la paura e iniziò lentamente a calarsi.
La mente di Loris venne pervasa di pensieri, ma nessun ripensamento. Si fletté un momento e strinse le lenzuola, lasciandosi fuggire un singhiozzo.
«Ti devi rilassare» sussurrò Gavriel, premendogli leggermente la schiena, affinché assumesse la perfetta postura. E quando questa era correttamente arcuata, con il didietro generosamente innalzato, Gavriel iniziò dolcemente a spingersi nella calda e integra carnalità dell'amato.
«Scheiße, du bist so eng…» lamentò Gavriel, che cercava di conoscere l'amato con gentilezza.
Loris sussultò dolente, soggiogò i denti e strizzò gli occhi, ma ben presto accolse il dolore e lo mutò in piacere.
E quando le sue membra si fecero tenue e conosciute, Gavriel poté finalmente acquistare maggiore libertà nelle movenze. Spostò i lunghi capelli di Loris per scoprirgli la schiena e ammirarla mentre muoveva i propri fianchi.
Tra un impeto e l'altro, le labbra di Loris portarono il nome dell'uomo, lo masticava con goduria mentre le sue dita strozzavano i lembi della federa. Posò il mento sul morbido cuscino e si godette appieno ciascuna spinta regalata con generosità dagli allenati fianchi di Gavriel, ondeggiando come la cresta di una pianura accarezzata dal forte vento. Essudava come un nomade sotto il sole cocente, mugugnava tra i denti, poiché ogni singolo gemito gli sembrava proibito tra quelle pareti.
Gavriel si spingeva in lui con fermezza, indifferente verso il lieve e petulante cigolio emesso dalle assi del letto, e dei piccoli lamenti che le sue labbra si lasciavan sfuggire.
«Heinrich...» farfugliò stordito Loris, così percosso da tutto quell'ardore che lo travolgeva, che le lenti degli occhiali quasi si appannarono, e fu costretto a levarseli.
Investito d'amore, la vista gli si annebbiò di lacrime e dalla sua pelle stillarono abbondanti scie di sudore.
La stanza si saziò dei gemiti e i plausi delle loro pelli che s'incontravano, evocavano il nome di uno e l'altro a fiato corto.
Loris non sentiva più alcuna doglia, al contrario, credeva di star per morire.
Gli era mancata quella sensazione, quel calore e quell'arsura provocata dalla ebbrezza.
Il letto vacillava impetuoso, sembrava che il tempo avesse cessato di proseguire, tutto attorno a Loris scomparve quando i suoi occhi chiari fecero capolino sotto le palpebre.
I suoi lunghi capelli finirono nel pugno di Gavriel come una briglia, esercitando maggiore padronanza su di Loris e sul suo intero corpo.
Sentiva gli arti cedere, il dolore al collo veniva represso e presto dimenticato dalla delizia del momento. Percepiva Gavriel farsi via con voluttà in ogni margine di lui, lo inteneriva man mano che lo copulava tra un singhiozzo e l'altro.
Lamentava di tanto in tanto per il dolore, ma ogni suo lamento, cantato come piacere, deliziava le orecchie di Gavriel.
«Hmm» mugugnava serrando le labbra. Tutto il suo corpo stava reagendo, si stava svegliando, nasceva.
Sentiva che presto avrebbe toccato il cielo, poteva udire la voce dell'universo sussurrargli. La pelle fremeva, il sangue bolliva e il respiro si appesantiva.
Non poteva domarlo, era solo un uomo, così sprigionò un fragoroso gemito dalle umide labbra. Ciò fece assai piacere a Gavriel, era prova che stava svolgendo un ottimo lavoro.
Loris non si preoccupò più di tacere, era troppo da contenere.
«Oh Heinrich, sì, sì così non si fermi» diceva con affanno.
«Non si fermi la prego»
Proprio quando credeva che per lui fosse troppo tardi per tornare a ricevere di nuovo l'amore carnale, ecco che il seme di Gavriel abbondò in lui, vivificando quel suo corpo scarno di affezione, rendendolo simile a un fertile terreno rinfrescato dalla pioggia. Loris si sentì estremamente benedetto, gioioso, sorpreso di star provando sulla propria pelle così tanta goduria.
Gridò il nome del compagno con il poco fiato che gli era rimasto nel petto, terse le lenzuola di chiaro e il cuor suo traboccò nella franchezza.
Ma quel piacere si sciolse sulla lingua come una zolletta di zucchero, quando rimasero solo i granelli, il suo palato si fece gravemente amaro e il suo animo appassì.
Mentre lui sprofondava nella gola del pentimento, Gavriel restò a guardare giulivo l'opera sua compiuta stillare dal corpo del suo amato e desiderato Loris. Ora gli era concesso toccarlo, stringerlo e baciarlo. L'idea di aver finalmente ottenuto questa grande libertà e onore, lo fece sentire valido e propizio.
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