14.
«Mi dispiace! Mi dispiace tanto! Mi dispiace! Papà mi dispiace! Non lo farò più, non lo farò mai più!»
La voce rasa di sgomento del povero ragazzo attirò l'attenzione dei vicini, tra cui la signora Redshank, sia lei che il vicinato erano monotoni a sentire quei forti pianti. Curiosi, incuranti e poco preoccupati. Riconoscevano il signor Anderson come un padre modello a cui faceva piacere istruire il proprio figlio al meglio, quando lo sentivano urlare, si guardavano con gran compiacimento, convinti che avesse per forza combinato qualcosa per meritarselo.
Ma da come lo vedeva William, il padre quella notte avrebbe dato il peggio di sé, senza adoperare diligenza e sobrietà.
Si trovava immerso nella vasca del bagno, il vestito giaceva a terra assieme al paio di scarpe. Sia i bracciali che gli anelli erano andati persi durante la burrascosa camminata lungo il corridoio.
L'uomo sfregava con ferocia e fermezza la spugna sulla pallida pelle del figlio, per poterlo lavare da tutto il trucco e da ogni nefandezza compiuta in quella villa.
La pelle di William si era fatta calda e purpurea, pareva che della cera gli fosse colata addosso. Pregava al padre di porre fine a quel martirio e di lasciarlo andare, ma Loris continuava a proferire salmi e a versare quantità copiose di sapone addosso il ragazzo come acqua pura da varo. Lo lavava come un infante nel catino dopo la nascitura, quella era una interpretazione del battesimo, un lavaggio totale da ogni peccato che lo avrebbe reso nuovamente puro agli occhi del Signore.
«Mamma! Mamma!» gridava. Il pavimento era allagato, gli abiti di Loris completamente inzuppati e le grida del ragazzo tuonavano nella stanza come quelle di un dannato.
«Scotta! Scotta! Merda, papà fammi uscire ti prego, mi brucia tutto!»
Il suo viso era un bozzetto ramato, gonfio di tristezza e ferito dalle fibre della spugna che non cessavano di scalfire la sua morbida pelle.
«Che il Signore ti perdoni per i tuoi peccati e le tue efferatezze! Che il sangue di Cristo ti purifichi da ogni perversità e pensiero immondo!»
l'uomo aprì il rubinetto e sciacquò tutto quanto via il sapone, concedendo al figlio miseri secondi di tregua, ma una volta finito riprese la spugna in mano per ricominciare a strofinare.
«No! No! Basta, devi smetterla!» arava con forza la schiena del ragazzo oramai pulsante e sfasciata di sfregi.
«Che ti liberi da ogni male, e che abbi pietà di te e tutti quei depravati figli del diavolo, che hanno preso parte alla liturgia!»
Sciacquò ancora il figlio, segnandogli sulla fronte con la punta del dito, tre volte il segno della croce.
«Voglio uscire, basta papà» pianse il ragazzo, ignaro che avevano appena terminato.
Finito di fare il bagno, Loris avvolse il giovane nell'accappatoio, lo asciugò, e lo condusse dritto in stanza di quest'ultimo. William si tense stretto al genitore, convinto che fosse tutto quanto finito. Ora lo avrebbe semplicemente rimproverato mentre gli pettinava i capelli, oppure si sarebbe dovuto solamente subire una decina di ciabattate sul didietro prima di andare a letto.
Ma entrambe le ipotesi si rivelarono presto sbagliate, la serata non si sarebbe conclusa con così tanta grazia.
«Vestiti e scendi di sotto» ordinò il padre, e William fece come ordinato.
Poiché non in vena di presentarsi puntuale, compieva ogni azione adagio, pregando che il tempo si sarebbe in qualche maniera esteso o addirittura fermato.
Non sapeva che cosa gli sarebbe successo di lì a breve, ma di certo nulla di buono. Temeva per la propria pelle, ferveva già per via del modo in cui il padre lo aveva lavato, se ora doveva anche subirsi le bacchettate, sarebbe stato un supplizio lacerante.
Bagnò il pigiama con le lacrime, si asciugò i capelli dinanzi lo specchio ma non fu capace di guardarsi mentre lo faceva. Il rumore dell'asciuga capelli soffocava la sua affiliazione, poteva percepire i passi di suo padre avanzare verso la credenza del caminetto su cui giaceva la dannata bacchetta.
Con il petto che trasaliva e il lamento alterato dal singhiozzo, scese cauto e lento giù per le scale per raggiungere il padre, il quale si fece trovare con in mano la lunga bachetta, esattamente come William temeva.
Il suo sguardo privo di magnanimità, assente e accecato dal bacio e il vestito rosa, ammorbava l'animo afflitto del castigato, il cui fiato era corto e la calma adulterata. Quando mai era riuscito a esser sereno innanzi a quella bacchetta? Ne conosceva il sapore, aveva visto i segni che lasciava. La detestava, il solo sguardo lo rabbrividiva.
Sulla tavola c'era aperta la Bibbia, la quale facciata era scoperta sulla lettera ai Romani. Era piuttosto evidente quel che il padre voleva fargli fare, dacché quei versetti narravano di salvezza mediante il Cristo ed erano la vera eredità di Paolo.
«Mani sulla tavola e leggi»
Disse armeggiando l'arnese, picchiettandone leggermente la punta sulla palma della mano sinistra.
Il ragazzo non volle arrendersi subito, si condusse sulle ginocchia e cominciò a chieder perdono in lacrime, pregava al padre di risparmiargli la verga, lo supplicò di avere pietà e di chiudere un occhio solo per quella volta, sostenendo che non si sarebbe mai più trovato costretto a impugnare quella bacchetta.
Ma il cuore amareggiato di Loris ribolliva ancora per quel bacio, ovunque giaceva lo sguardo, ecco che lo vedeva; ne udiva lo schiocco, il gusto e la costanza. Se lo era legato saldamente al dito, era incastrato alla gola, pungeva al cuore.
«Mettimi in castigo, impediscimi di fare tutto ciò che mi piace, tienimi chiuso in camera mia, costringimi a leggere tutto quanto l'Esodo! Ma ti prego, non mi picchiare, per favore non lo fare. Io non volevo farlo, non volevo fuggire di casa senza dirtelo, è stato un errore e lo riconosco, me ne pento amaramente...»
Ma tutte quelle lacrime non trovarono empatia nemmeno nelle pareti, anzi, Loris era molto più rigido di queste. Non riusciva a perdonare, la sua decisione era integra come le radici di una quercia. Non riconosceva il figlio, vedeva solo quella ragazza.
Recitò con fierezza le sacre scritture della Bibbia, le conosceva a memoria come tutti i nomi dati al figlio alla nascita, Anderson Isaac William.
William restò ad ascoltare con terrore quelle parole, impotente come un salice, non sembrava esserci miracolo in attesa alle porte.
«Non risparmiare la correzione al bambino, se lo batti con la verga, non ne morrà; lo batterai con la verga, ma lo salverai dal soggiorno dei morti»
Quelle frasi fecero girare il capo al ragazzo.
«Mio padre usava metodi molto più ardui, i suoi insegnamenti hanno fatto di me l'uomo che sono ora. Volevo risparmiarti da certe maniere, ma tu non mi hai lasciato altra scelta, William. Ora, poni subito le mani sulla tavola e inizia a leggere. Questa notte mi accerterò che piangerai fuori l'anima, mi accerterò che ogni singolo colpo ti lasci il segno nelle ossa. E non cesserò finché non vedrò quel demone immondo uscire da te»
William si oppose di nuovo, sperando che all'ultimo il padre avrebbe revocato la punizione. Ma Loris non considerava affatto di farlo, non gli avrebbe concesso tale privilegio nemmeno se sfiorato dalla tenerezza.
Così lo colpì dritto alla gamba con la bacchetta e lo esortò nuovamente ad avvicinarsi alla tavola.
Il ragazzo gemette per il dolore, non era mai stato colpito così tanto forte, e se quello era solo un avvertimento, non riusciva a immaginare come si sarebbe svolto il castigo.
Comunque ben presto lo avrebbe scoperto, si era arreso al fatto che non c'erano alternative, l'unica via per scappare era patire.
Posò i palmi delle mani sulla tavola, ma prima che potesse pronunciare la prima lettura, suo padre lo chiamò e gli ordinò di scoprirsi.
William precipitò e si voltò sconvolto verso il genitore, sperando dentro di sé di aver udito male. Ma suo padre lo guardò e disse «Calati i pantaloni»
Il figlio non riuscì a crederci, non gli aveva mai chiesto di farlo.
«Perché?» chiese, ma suo padre lo fulminò con lo sguardo, era certo che non gli avrebbe fornito alcuna risposta.
Dunque il figlio portò le mani attorno ai pantaloni del pigiama e cominciò leggermente a calarli, scoprì la propria pelle giusto un po', ma il padre gli fece cenno di proseguire.
Infastidito ma anche terrorizzato, il giovane continuò, ma si fermò nuovamente quando i pantaloni arrivarono all'altezza delle cosce.
«Papà, ti prego... mi dispiace, davvero mi dispiace» balbettò, ma c'era troppa collera nel cuore dell'uomo per poter accogliere delle scuse.
Con il didietro ora esposto, il ragazzo si sentiva molto più vulnerabile, fragile e condannato.
«Inizia a leggere»
William singhiozzò, si pulì le lacrime dagli occhi e cominciò a leggere le scritture segnate dal genitore.
«Perciò Dio li ha abbandonati a passioni infami: infatti le loro donne hanno cambiato l'uso naturale in quello che è contro natura; similmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono infiammati nella loro libidine gli uni per gli altri commettendo uomini con uomini atti infami...» mentre recitava parola dopo parola, si sorprese di non essere stato ancora percosso, era tentato di sbirciare e anticipare il colpo parandosi con la mano, ma sapeva che non gli era concesso farlo.
Tuttavia una volta finito il versetto, l'uomo lo colpì in maniera netta e precisa. William sprigionò un tremendo e disperato urlo, mentre colpito, il padre di tanto in tanto con la bacchetta lo conduceva a riassumere la posa, affinché il didietro potesse facilmente accogliere la raffica di bacchettate scagliate con ferocità.
La sua pelle, sempre stata candida e ignota al sole, era ora già di un acceso rosso fulvo fremente.
Strillava e scalciava, premeva il volto sul tavolo, si torceva e supplicava. Il dolore recepito era paragonabile allo schiocco di un elastico picchiato contro il polso per ripetute volte.
Allucinante, acuto e insopportabile.
Le natiche punite del ragazzo ardevano a ogni colpo, tremolava e singhiozzava tra un sussulto e l'altro accompagnando gli schiocchi della bacchetta, secchi e precisi.
«Da capo» disse Loris una volta finito.
Il figlio si piegò e tentò di riprendersi. Non poteva credere che qualla era la forza con cui sarebbe stato colpito, non sapeva quante volte era stato colpito, ma gli sembravano più di cento.
Boccheggiò esausto e deglutì, dopodiché, con gli occhi zuppi di lacrime, guardò il libro.
«Perciò Dio li ha abbandonati a passioni infami: infatti le loro donne hanno cambiato l'uso naturale in quello che è contro natura...»
Riprese a leggere il versetto dall'inizio, ma poiché svigorito dai primi colpi, la sua voce si era fatta flebile e tremolante, ardua da comprendere.
Loris allora sferrò l'ennesimo colpo sulla pelle del ragazzo, provocandogli un assurdo bruciore e un brivido lungo tutto il corpo. Fletté il capo e scacciò un urlo, incrociò le gambe e strizzò gli occhi.
«OUCH!»
Loris proseguì con altri colpi, ogni supplica del ragazzo veniva seguita da un netto colpo, non importava quanto cercasse di contrarsi o digrignare i denti, la doglia persisteva e il bruciore divampava aggressivo.
Osò pararsi con la mano, ma non fu molto saggio da parte sua, poiché come risultato, si ritrovò a patire dolore anche per il palmo.
«Leggi bene!» ordinò il padre.
Allora William, sebbene addolorato, colmò d'aria il petto e gridò ogni parola.
Quando finì il capitolo, si accasciò leggermente e sprigionò un grido di dolore. Il genitore intanto, voltò le pagine e gl'indicò il prossimo verso da leggere.
«Leggi a voce chiara e alta» disse.
William si irritò molto, provava molta rabbia dentro di sé.
«E come cazzo dovrei fare così? Maledizione!» Ribatté.
Ma le sue parole vennero letteralmente strozzate da una raffica di quindici colpi ben assestati.
Il dolore fu così estremo che cedette sulle ginocchia, tuttavia riuscì a mantenere entrambe le mani fisse sulla tavola.
«Uno...» l'uomo gli concesse solo cinque secondi per riprendersi, allo scadere del tempo, il ragazzo doveva riassumere la posa.
«Due...»
singhiozzò straziato, non poteva più reggerlo, il bruciore era mille volte più tremendo di quello del solito e anche senza tatto, poteva dedurre che la pelle fosse già riccamente variegata.
«Tre...»
tremava e soffiava con affanno, le ginocchia non volevano saperne di raddrizzarsi, i palmi erano più che sudati e la pelle ardeva bollente come non mai.
Scaddero i secondi e William era ancora accasciato, perciò l'uomo provvide a indurlo a ricomporsi il più presto per poter proseguire con la punizione.
Prese a colpirlo con violenza, il ragazzo a quel punto non aveva più un solo briciolo di forza nelle gambe e le mani lasciarono il tavolo.
Cadde sul pavimento e cercò disperatamente di proteggersi dalla furia del genitore e dalle moltitudine di bacchettate che lo colpivano senza alcuna pietà.
«No! Aspetta papà! Fammi rialzare! Papà per favore! Per favore!»
A ogni schiocco la sua vista si faceva sempre meno limpida, né braccia, né gambe né pancia, riuscirono a fuggire dalla brutalità dei colpi. Sentiva la pelle andare a fuoco, la testa sembrava voler esplodere dal dolore.
«Aspetta! Papà ti supplico! Ti supplico mi fa male!» Strillava a squarciagola, le lacrime agli occhi lo rendevano cieco ma non estraneo al dolore. Pensò che suo padre volesse ucciderlo, temeva che sarebbe morto dal dolore, non sentiva più alcun arto, i colpi giungevano da ogni parte senza alcuna tregua. Si strisciò verso l'angolo, pregando a suo padre di porre fine a quel supplizio. Sentiva ogni singolo colpo scavargli la palle, il bruciore lo stava uccidendo.
«Sto sanguinando! Papà basta! Papà! Papà! Papà!» Strillava, ma Loris non ascoltò, proseguì a colpirlo, lo percosse così forte, accecato dall'ira, che raggiunta la quarantina, la bacchetta cedette e si spezzò.
Quello per William doveva trattarsi di un miracolo, una buona occasione per fuggire una volta per tutte.
Ma Loris aveva intuito che sarebbe stato tentato a farlo, così lo sollevò da terra stringendolo per il braccio, costringendolo ad alzarsi nonostante non ne fosse più capace, per poi prendere posto sopra una delle sedie a tavola.
Con una mano gli soggiogò i polsi, con l'altra invece cominciò a colpirlo a sberle su ambedue le guance, alternando una dozzina su una e una piccola manciata sull'altra.
Non ci volle molto prima che il viso del ragazzo si gonfiò in un rosso fulvo, le dita del padre gli erano rimaste ben incise addosso e il bruciore causato era così allucinante che lo lasciò quasi stordito.
«Sei un maschio! Un fottuto maschio, per l'amor di Dio! Perché mi vuoi fare questo? Perché mi odi così tanto? Che cosa ti è entrato nella testa? Quale demonio ti tormenta? Non lo sai che sei nato maschio? Dio ti ha creato come un maschio, perché vuoi vestirti come una stracazzo di puttana?»
Ma William sapeva quello che voleva, sapeva di piacere ai suoi nuovi amici, piaceva pure ad Adric. Come poteva rinunciare a una parte di sé? Come poteva rinnegare la propria identità, il suo titolo e onore? Si riconosceva con addosso una gonna, il rossetto lo faceva a sentire a suo agio e lo avvicinava alla madre.
«Mi vuoi ammazzare? Eh?! Un genitore morto non è già abbastanza? Vuoi restare orfano?» Sbraitò furibondo.
"La mamma mi avrebbe capito, mi avrebbe amato e sostenuto. Perché mio padre non riesce a farlo? Perché non mi ama così?"
Pensava.
«Io mi piaccio, e piaccio molto anche a loro! Io voglio piacermi e piacere agli altri! E sono più che sicuro che la mamma mi avrebbe capito, lei mi avrebbe amato anche se con addosso i suoi vestiti!» farneticò con la voce spezzata di tristezza.
«Tua madre non ti avrebbe mai amato perché già non ti amava! Non amava nessuno di noi due! È un miracolo che lei sia morta, Dio l'ha punita secondo la sua condotta e il castigo del peccato è la morte! Sappiamo entrambi che cosa ha combinato quella troia, che cazzo di esempio ti dava? Io invece per te ci sono sempre stato, sono stato un padre impeccabile.
Quindi smetti di dire stronzate e ringraziami piuttosto!»
William non poteva credere alle parole del genitore, rifiutava di crederci, non stava parlando di sua madre. Egli anche se piccolo, se la ricordava bene e sapeva di essere amato. Al contrario di suo padre, per cui per tutta la vita aveva covato un sentimento di odio, paura e indifferenza. Era poco l'amore verso di lui, gli voleva bene solo perché non aveva nessun altro.
«Bastardo, non sei nient'altro che un odioso, insopportabile bastardo! Ringraziarti per cosa? Mi parli sempre dell'inferno e di com'è fatto, ma il vero inferno lo sto già vivendo con te! Tu ti credi tanto perfetto ma manchi in molte cose, sei un ipocrita bugiardo, un omofobo del cazzo, un cinico, un pazzo egoista depresso! Per questo mia madre si è fatta tuo fratello! Perché tu non sei nient'altro che merda! Dovevi morirci tu in quell'incidente e non lei! Lei non se lo meritava affatto! E sì, mi farebbe piacere essere orfano piuttosto che trascorrere un solo secondo in più a respirare la tua stessa schifosa aria! Ti detesto dal profondo del cuore! Mi fa male vedere la tua faccia ogni singolo giorno! Detesto Dio, lo detesto! Mi ha portato via mia madre, mi ha portato via un angelo e mi ha lasciato con un diavolo!
Fanculo a te! Fanculo alle tue regole! Fanculo al tuo pastore del cazzo e al tuo maledetto Dio!»
Loris lasciò il ragazzo e si distanziò da lui, timoroso che fosse stato impossessato da un demonio. Non poteva essere William, non era davvero suo figlio, non è così che lo aveva istruito. Lue labbra non proferivano atrocità, non poteva serbare tanto odio verso di lui.
Quelle parole lo falciarono a metà, lo privarono di fiato e lo lasciarono di stucco. Si sentì divorato, colpito alle spalle da una mano familiare.
William nel frattempo sentiva di aver fatto la cosa giusta, il suo diario faceva l'inno per lui. Ma si domandava quali provvedimenti avrebbe preso il padre, ora che era stato freddamente esposto alla cruda verità dei fatti. Lo avrebbe ingoiato e digerito? Avrebbe preteso di non aver sentito nulla? Oppure avrebbe cercato di capire dove aveva sbagliato.
Ma Loris non si era preparato per questo, non teneva alcun discorso pronto. Non immaginava che il figlio covasse tutto quell'odio e avversità contro lui e Dio, colui che lo aveva creato e protetto lungo tutti quegli anni. Se non era grato a una figura così celeste, Loris non aveva alcuna speranza.
La stanza calò nel più profondo silenzio, in una tomba fatta di pensieri e affanno. L'uomo si girò di spalle e pensò di andare a letto, sperando che si trattasse solo di uno strano incubo.
Ma William, vedendo il genitore allontanarsi verso le scale, pensò che stesse meditando di prendere una seconda bacchetta.
Era già tutto quanto indolenzito, non aveva più sensibilità al sedere, era come se il padre lo avesse costretto a sedersi sopra del calce bollente, le sue guance fremevano dolenti per via di tutti quelli schiaffi ricevuti, la guancia sinistra in particolare, era quella che ne aveva sofferto di più.
L'uomo intanto, si sedette sopra il quarto gradino e tirò fuori dalla tasca il telefono.
«Chi chiami?» domandò il figlio, convinto che il genitore fosse intenzionato a chiamare il riformatorio più vicino. Ma il padre non rispose, digitò un numero e pose il telefono all'orecchio.
L'attesa si mangiò il ragazzo, vacillava di paura, pianificò già un piano di fuga. Ma quando udì il padre parlare con la persona chiamata, egli si calmò e non pensò più al peggio.
«Scusa se ti chiamo a quest'ora, mamma. Ma vorrei chiederti un favore»
Tuttavia si chiese come mai stesse chiamando la nonna, che ruolo aveva lei in quella situazione?
«Sì, appena puoi, per favore. Grazie»
L'uomo riattaccò e appoggiò il telefono accanto a sé.
William si asciugò le lacrime e guardò il padre.
Loris restò muto seduto sulle scale, attendendo con pazienza l'arrivo di sua madre.
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