Capitolo 6 - A Mangiare
Elia si alzò improvvisamente, con forza (se è il termine giusto da usare, ma non me ne veniva nessun altro) nei suoi occhi. "Idea, si va a mangiare qualcosa! E intanto spieghiamo ad Edo tutto quello che ha da sapere!"
...
Cominciammo, in gruppo, come fossimo degli uccelli che migravano per la primavera (o l'autunno, dipende da quale è l'uccello preferito) ad incamminarci verso il posto dove avremmo dovuto fare la nostra "pausa". La chiamo così perchè è così che l'hanno definita, ma in pratica sono abbastanza sicuro che nessuno di noi avrebbe ricominciato a fare quello che facevamo prima. Più che una pausa, mi pare una fine, ma non discuterò, gli lascerò pensare che si tratti di una pausa.
Non ero sicuro di dove si trovasse questo "ristorante."
"Oh, è al centro paese. Non dovremmo neanche metterci tanto, stai tranquillo."
"Dobbiamo proprio andare a mangiare?"
"Perchè no? Tanto offre Elia, io sinceramente sono soddisfatta!" Esclamò Michelle, tutta contenta. Io sinceramente rimanevo abbastanza silenzioso. Mi avevano detto che mi avrebbero spiegato di più sulla squadra domani, anche perchè non mi immaginavo di andare a mangiare nel secondo giorno di amicizia. Mi fa quasi strano che Elia mi offra, mi dà un minimo di senso di colpa, ma.. suppongo che non ci possa davvero fare molto, no? Una parte di me diceva di approfittarne.
"Mah.. li batteremo domani, ne sono sicuro." Annunciò fiducioso Domenico, io sinceramente, non ero abbastanza d'accordo, e si vedeva dal mio volto. O almeno, compresi che si vedeva dal mio volto perchè me lo fecero notare.
"Non suoni molto convinto, Edo." Mi disse Elia, buttando la mia concentrazione su di lui.
"No... Non lo sono." Sinceramente non aveva affatto senso mentire, seriamente.
"E come mai?"
"Oh beh... Mi avete visto, no?"
"Non importa, ti assicuro che anche loro hanno le loro spine nel fianco!" Mi disse Dom, tirandomi una forte pacca sulla schiena. L'avrei anche presa come una rassicurazione, se non per il semplice fatto che mi aveva indirettamente chiamato una spina nel fianco.
Elia, Michelle e Dom continuavano a parlare e dialogare con una voce esageratamente alta (tanto che temevo che gli altri potessero commentare sulla cosa), mentre io, Olivia e Rosa rimanevamo zitti zitti. Mi sembrava un'ottima occasione per parlare con l'unica persona che mi pareva avere un minimo di sanità mentale rimasta al suo interno,e quindi mi cominciai a confrontare con Olivia (pensavo di poter mettere anche Elia nella sezione di persone sane di mente, ma suppongo che non si possa avere tutto quello che si vuole avere nella propria vita.. no?).
"Conosci questo ristorante?"
"Conosco ogni angolo di questo paesello."
"Compreso, compreso.. Com'è?"
"Buono. Economico. Affollato." Ottima descrizione, compresi subito di che tipo di luogo si trattava.
"Come mai ci tengono ad andare?"
"Fame?"
"Mangi?"
"No. Non ho molta fame, e poi non ho combinato molto come voi, ma neanche tu mi pari troppo entusiasta."
"Non lo so..."
"Preoccupato per domani? Stai tranquillo."
"Magari fosse così facile come dire "stai tranquillo.""
"Ma lo è."
"Dici?"
"Si. Non hai neanche giocato male, e poi è la prima volta, no?"
"In effetti."
Continuavamo a camminare, e improvvisamente mi sentii la sua mano sulla mia spalla, e mi buttò di nuovo uno dei suoi soliti sorrisi. "Non preoccuparti, in ogni caso, non è una questione così importante come la fanno sembrare. Stiamo giocando, no?"
"Ho solo paura."
"Di cosa?"
Non sapevo esattamente puntare il dito su che cosa, ma direi che era una miscela di cose, più che una cosa. La mia inabilità di giocare, il mio timore per la squadra di domani (principalmente causato dal semplice fatto che non avevo una singola idea di chi fossero) e poi per il semplice fatto che non volevo fare una brutta figura, in effetti mi conoscevano da poco e sarebbe stato terribile se questa fosse stata la prima figura fatta. Non sapevo come sputare tutto ciò, quindi diedi solo un misero sguardo. Lei rispose, prima di volto, dandomi un'espressione di compressione, come avesse compreso le mie difficoltà, e poi ne diede una di voce, rispondendomi. "Hai paura di fallire?"
"Circa. E' quello lo scopo della paura, credo.."
"La paura previene il fallimento?"
"Io... Penso..."
"Ti sbagli." Non le risposi, invece, le dedicai l'ennesimo misero sguardo. Al vederlo, lei continuo ad approfondire quello che iniziò qualche secondo fa.
"La paura non previene il fallimento, ma il successo." Non compresi molto dove voleva arrivare, e credo che lei ebbe compreso che non avevo capito essenzialmente niente, quindi rinuncio a spiegarmelo, e decise semplicemente di andare ad un approccio più diretto. "Se ti fai male, ti sostituisco io, chiaro?"
"Oh... non..."
"Dai, non fare il gentiluomo. Fino a ieri bruciavi dalla rabbia perchè ti ho ingannato a giocare."
"Eh..." Non aveva torto, ero ancora un minimo furioso per la cosa, anche se era più una finta rabbia, la realtà è che davvero non mi dava fastidio il fatto che dovessi giocare al posto suo più del semplice fatto che mi avesse ingannato e del suo semplice sguardo dispettoso. Anche se sinceramente, a pensarci, mi faceva piacere. Più di tutti, in questi due giorni, Olivia mi era sembrata la perfetta amica, ed ero davvero felice di spendere del tempo assieme a lei più di tutti gli altri. (Anche se avevo comunque voglia di starmene con gli altri.
"Non importa, nel caso in cui tu non possa... ti sostituisco io, ok? Non rimanere lì a pensarci per troppo tempo, o finirai per non goderti neanche questa uscita."
"Chiaro!" E' bello avere amici che ti coprono le spalle. E' da un po' che non sento una sensazione simile, e potevo proprio dire che sinceramente mi era mancata davvero tanto. Visto che ero di un umore più chiaro, potevo godermi di nuovo la conversazione senza riempirmi di inutili nuvole grigie.
Proprio nel momento in cui sembravo meno disturbato, ecco che venivo interpellato da i tre ragazzi davanti a me, che non potevano che parlare e parlare senza mai smettere.
"Quindi? Che mangi tu?"
"La cosa meno costosa."
"Wow, non approfitti proprio!" Mi sentivo in colpa a far pagare ad Elia, quindi avrei semplicemente preferito di non spendere troppo, ma sapevo che dire che non avrei mangiato nulla sarebbe stato abbastanza impossibile: probabilmente mi avrebbero premuto nel farlo.
Per l'ennesima volta, il pomeriggio si consumava davanti ai nostri occhi. Come se il sole avesse versato una ciotola di miele, decorava interamente quell'arancione cielo. Guardai direttamente verso il cielo, la vista era sinceramente davvero meravigliosa in quel momento, e mi chiedevo per quanto tempo avrei potuto godermi una vista talmente bella. L'estate è davvero meravigliosa a volte, ci penso spesso, eppure ti si sgretola nelle mani così rapidamente, brucia come fosse una candela, una candela con un lanciafiamme acceso sotto. E' per questo che l'estate è per me il picco delle memorie. E' il momento che passa più degli altri, una stagione che ci sfreccia davanti, dannata estate. Nonostante Lontrago fosse davvero piccola, mi pareva sempre di prendere un percorso nuovo, e la cosa mi straniva molto. Molto probabilmente doveva trattarsi del semplice fatto che non ero abituato ai percorsi che facevo. Mmh.. si, molto probabilmente doveva trattarsi di ciò, oppure chissà, Elia si ingegnava sempre di trovarci un nuovo percorso. Non lo so. Di base non facevo domande mentre li seguivo, anzi, me ne stavo zitto. Realizzai che davvero non ero mai io quello ad aprire la conversazione, se non con Olivia, e la cosa mi diede un pochino di dispiacere, chissà, magari facevo un minimo di pessima impressione. Temevo che non sarei parso come il più sociale, e questo terrore non faceva che diffondersi nel mio corpo. Poi ricordai le parole che avevo sentito fino a poco tempo fa, idiota io, che le stavo anche dimenticando.
"La paura non previene il fallimento, ma il successo."
La vita è vulnerabilità, è mettersi là fuori, ecco che è. Se mi fossi intimorito e non avessi mai incontrato Olivia, molto probabilmente non sarei qua. In questo giorno e mezzo (dai.. estendiamola a due giorni) non posso neanche descrivere quanto mi sia effettivamente divertito. E' stato tanto, eh!
Ci eravamo ormai introdotti all'interno del paese, tanto che ormai le stradine in cui viaggiavamo erano circondate da casone che parevano toccare il cielo, ed eravamo per fortuna coperti dal caldo bestiale dell'estate, che si stava però calmando durante l'avvento del tramonto.
Si faceva tutto più buio, fino a quando all'improvviso, tutte le luci di quel paesello si accesero, e quei palazzoni che ci coprivano di buio furono rapidamente sconfitti da tutti i padiglioni sparpagliati per la strada.
Camminavamo in una distorta fila indiana, Elia e Michelle se ne stavano davanti, a discutere e urlare tra loro come pappagalli.
"Comunque devi imparare a tirare." Elia buttò così casualmente un'aspra critica.
"Eh?! No. Sono brava, anche tu sei bravo! Siamo entrambi bravi."
"Tu meno di me."
"Cosa dici?!"
"Beh, se sono riuscita a pararla. Vuol dire che non sei brava in attacco."
"Ma che diavolo significa?! Se fossi riuscita a farla entrare quindi tu non saresti un buon portiere!"
"Appunto. Uno di noi due è più forte dell'altro, sarà sempre così, e pare che per ora quello sia io."
"Ma! Ma! E non hai messo in discussione che magari siamo uguali?"
"Non l'avrei parata sennò."
"Se non l'avessi parata, secondo la tua logica, saresti più scarso."
"Giusto... Ma l'ho parata, quindi..."
"LA TUA LOGICA NON HA SENSO!"
"SI INVECE!"
Direttamente dietro a loro era presente Dom, che sbucava ogni due per tre nella conversazione, per provocare, infastidire.
"Beh, non puoi mentire dicendo di essere la migliore. Se Elia la può parare così facilmente.."
"Giusto, ha ragione." Affermò Elia, contento per il temporaneo backup.
"Pure lui, che è di un livello così basso. Immagina un vero portiere."
"Hey!? Ma che diavolo! Non sono scarso!"
"Neanche io!"
"Beh, se non lo foste, non sareste in competizione a chi è più scarso. Tutti sanno che i più forti non parlano mai." teneva in faccia un sorrisetto vanitoso, per carità, sinceramente mi divertiva vederli.
Poi, continuando con la fila, c'eravamo io e Olivia, che discutevamo tra di noi. Per carità, forse era meglio così, e me lo diceva anche lei.
"Meglio non infilarsi nei loro litigi, sempre se puoi chiamarli così. Rimaniamo esterni, come spettatori." Era un ottimo consiglio. Rimanere estranei ai conflitti è sempre la migliore idea.
Infine rimaneva una persona dietro di noi, Rosa. Che se ne stava sola soletta dietro alla fila, senza dire una parola e fare niente. Era ad un livello in cui la sua mancata presenza non avrebbe in nessun modo afflitto il viaggio o la nostra banda, e quel silenzio che lei aveva, lo sentivo più di ogni parola. Era come se la sua aura dietro di me fosse abbastanza per mettermi a disagio, era così eh. Ed era come una miscela di paura, che per qualche sconosciuto motivo si formava dentro di me, e di dispiacere, perché non mi piaceva escluderla. Temevo si fosse ormai arrabbiata con me, per aver preso tutte le attenzioni, e per questo non mi giravo, perché ero consapevole che mi stesse guardando e allo stesso tempo ascoltando, ma per questa volta il mio timore riusciva a non trasparire, e nessuno mi fece nessuna domanda. Continuavo a camminare e discutere con Olivia, ma nel fondo del mio cuore, anche senza girarmi, sapevo che mi stava guardando, proprio e unicamente me.
Finalmente però, e fortuna per me, arrivammo al palazzo dove era presente il ristorante, e ci fermammo tutti quanti in gruppo.
La zona dove eravamo tutti arrivati era particolarmente.. urbana, per un paese come Lontrago, davanti a me si presentava un incrocio, con spessi marciapiedi accompagnati da casaccie tutte grigie e tutte grandi, senza un tetto però, semplicemente rettangolari: quei tristi appartamenti che si prende per disperazione. C'era un'esagerata quantità di cartelli pubblicitari proprio in quel punto specifico dove mi trovavo, e diciamo che anche la cosa forzava il sentimento, ma doveva essere una zona contenente molti edifici importanti nel paese, e proprio per questo non discutevo di questo particolare scelta di posizionamento.
Non potevo che osservare quel fatidico ristorante, che sedeva comodamente davanti a me, e che con la sua fredda ombra che mi copriva il volto.
Il ristorante non era nulla di particolare, consisteva bensì in un palazzetto di calcestruzzo bianco, che ormai afflitto dalle tormente del meteo e dalla mancanza di manutenzione si era ingrigito, proprio per questo (e per altri segni di cui ora parlerò) pareva dare un senso di decadenza. Era un palazzo circondato da finestre, con un portone proprio al centro che consisteva in una doppia porta di vetro. Il palazzo era leggermente vandalizzato, da qualche cretino che trovava simpatico scrivere il segno della propria combriccola sul muro di un ufficio. C'era un segno, logo del ristorante e il nome di esso, ma chissà perché non pareva proprio nelle migliori delle condizioni, e anche qui accuso ancora una volta la poca manutenzione. Di certo non dava la migliore impressione, ma non potevo di certo giudicare per la prima impressione qualcosa, non ne avevo il diritto. E poi ero lì per mangiare, non per valutare artisticamente un luogo. In ogni caso, la mia insicurezza si faceva vedere.
"Sicuri che..." presi l'iniziativa, in ogni caso supponevo non facesse male una volta ogni tanto. "Sicuri che si tratti di un ristorante?"
"Si, che ti fa pensare il contrario?" Mi domandò Elia, voltandosi direttamente dietro di me.
La mia espressione, per carità, urlava. "Tutto quanto in questo posto non mi convince che sia un ottimo ristorante."
"Niente, ma..."
Olivia mi prese le parole di bocca, e decise di farmi da ambasciatrice, mandando il mio messaggio. "E' da un po' che non lo sistemano. A prima vista in effetti, mi pare un po' fuori carriera." Definire un palazzo come fuori carriera pareva abbastanza strano, non volevo mentire a riguardo, ma era anche un modo simpatico di dirlo, e sinceramente complimentavo la comparazione.
"Vero..." affermò Michelle, era piú calma di prima, quando stava "litigando" (anche se non era proprio una litigata) con Elia.
"Non importa, il cibo e' comunque buono!" Potevo vedere la mancanza di pazienza in Dom e a potevo anche io capire, avevo fame. "Possiamo non lamentarci e mangiare!"
Alla fine fu inevitabile, non potevamo lamentarci in eterno, e quella strada non l'avevamo fatta per nulla, no?
Cominciammo quindi ad incamminarci all'interno del luogo. Rimasi abbastanza curioso di vedere come pareva all'interno, poiché il palazzo fuori non appariva abbastanza confortevole. Entrammo immediatamente per la porta principale, ed ebbi il privilegio di avere una vista del luogo.
Da dentro, dovevo dire che il luogo pareva decisamente più confortevole. Il pavimento era tutto uniformemente coperto da un tappeto nero, i muri erano decorati da un pattern creativo e con diversi quadri (moderni e classici buttati lì). Pareva spaventosamente... amichevole. La stanza in cui ero entrato era rettangolare, ed era talmente piccola e misera da passare facilmente per una sala d'attesa di un medico, alcuni tavolini e sedie sparse con qualche rivista di scandalo o gossip buttata qua e là (quanto le odio, e' illeggibile quella roba). I tavoli disponibili si potevano contare sulle dita. Mi pareva un luogo bizzarro, troppo per essere definito un ristorante. Per di piú... mi sembrava un bar.
Rapidamente eravamo riusciti a guadagnarci uno dei posti, specificatamente all'angolo del luogo. Nonostante fosse davvero piccolo come luogo, non potevo negare che era inevitabilmente pieno di gente, e quindi avevamo dovuto fare un minimo di ricerca per riuscire a trovare dei posti disponibili, ma inevitabilmente fummo in grado di trovarli. Ci sedemmo, e cominciammo a discutere.
"Quindi..." aprì il discorso Elia, con tono drammatico.
"Quindi." Seguimmo un po' tutti, curiosi dell'argomento che mirava di dirci
"Quindi tu non sai niente di Lontrago est. Giusto?"
"Uh... no."
"Perfetto. Permettimi allora di spiegare un po'..." rimanemmo tutti silenziosi, o almeno, non tutti, Olivia pareva esterna al tutto. Come ho già detto, dava la sensazione di una madre che guardava i figli giocare. Quindi inevitabilmente esterna a tutti i sentimenti sentiti da noi. Anche io mi sentivo abbastanza esterno, non volevo mentire sulla cosa, ma inevitabilmente mi impegnavo ad integrarmi nei crudi sentimenti sentiti, che nonostante fossero troppo forti per la mia espressione, erano abbastanza da permettermi di immaginarle.
Rimanemmo tutti ad ascoltare, come davanti ad un fuoco, ad ascoltare storie dell'orrore. Solo che non era una storia dell'orrore, piú una di grandi rivalità.
"Loro, da quello che avrai capito, sono i nostri piú grandi nemici!" C'era molta enfasi in questa affermazione, come se ne portasse gloria. "Non solo, sono molti piú di noi, ma pochi di loro giocano effettivamente a calcio. E ancora meno di loro giocano effettivamente bene! Ma, per nostra grande sfortuna, le loro stelle sono abbastanza da giocare in squadre da 4. Sfortunatamente per noi! Ma non deve essere un deterrente, siamo piú forti." Ciò però non mi diceva davvero molto, anzi, mi diceva tutto quello che so.
"Vivono dall'altra parte del paese. E sono.. uff.. mi riempiono di furia. Sono un branco di vanitosi! Non sono gentili come noi ad Ovest." Se son peggio di voi in gentilezza allora sinceramente temo molto. "Pensano di essere forti, ma non lo sono, te lo dico io. Si credono piú di quel che sono. Che fastidio la gente così, lo dico io, che fastidio! Ora, ascoltami. Per carità, non mi aspetto molto da te, ma... dobbiamo batterli, mettici tutto quel che puoi. Non ti perdonerò se non lo fa, siamo in chiaro?!"
Compreso, compreso. Ma diciamo che avrebbe anche potuto istruirmi in un modo meno.. aggressivo, no? Feci un cenno per dire di sì, non me la sentivo di parlare, temevo di interromperlo ed ero consapevole che sarebbe inevitabilmente andato avanti. Pareva aver lasciato un discorso anche abbastanza aperto, e quindi era essenzialmente forzato a completarlo.
"In ogni caso, tra tutti loro, ne hanno una di giocatrice, che detesto piú che mai." Strinse i denti, e mi feci curioso, perché volevo capire di chi si trattasse. "Chi e'?"
"Mmh.. penso che sia meglio che tu la conosca direttamente. In ogni caso, accadrà presto, quindi non aspetterai per tanto tempo.
Non so se la cosa mi confortava o dava fastidio, sinceramente dovevo ancora deciderlo. Improvvisamente il nostro discutere tra di noi, o almeno, il mio ascoltare i racconti di Elia, che sinceramente manco mi aveva detto molto, si fermarono.
"Vi ho preso qualcosa, perché eravate troppo distratti a parlare per ordinare." Ci annunciò, stranamente intrattenuta, Olivia.
"Hey, non ne avrei bisogno!" Esclamò Elia.
"Avere fatto aspettare, tentava di chiamarvi."
"Oh. Uh... beh, non e' colpa nostra. Eravamo nella storia."
"Ah, compreso, se vuoi continuare..."
Io non parevo tanto convinto, lo si leggeva in volto, e di conseguenza Elia, guardandomi in faccia, realizzò che era meglio smetterla.
"Ti ho già detto abbastanza Edo. Credo che il resto tu debba solo sperimentarlo! Comunque, cosa hai preso?"
"Niente, la cosa più economica." Che strano, era la mia stessa idea, quella di prendere la cosa più economica.
"Eeeh?! Quindi hai preso la piú brutta?!"
"Economica non significa brutta.."
"Si invece!"
Ritornarono a discutere, o almeno, mi pareva piú una discussione monolaterale, perché Olivia non pareva scossa molto dalla cosa, principalmente rimaneva con risposte brevi e stoiche.
Alla fine non era di terribile, era solo un panino, ma sinceramente era abbastanza per me, ed era comunque la cosa che pianificavo di prendere dall'inizio. Non mi concentrai sul cibo né sulle discussioni degli altri, finché qualcuno non mi interpellava, potevo starmene lì zitto zitto. Consumai tutto abbastanza rapidamente, ed ero uno che mangiava lentamente, quindi gli altri molto probabilmente avevano già finito, e così diceva, così avevo ragione, perché quando mi voltai avevano già finito di mangiare, e anche litigare.
Mi voltai verso di loro, il gruppo in generale, e sinceramente pareva che ognuno di loro fosse stanco al proprio modo.
"Abbiamo finito." L'annuncio era freddo. Secco, per qualche motivo. Pareva la chiusura di una lezione, non mi confortava più, il divertimento di prima pareva.. essere svanito. Non c'era più molta gente nel ristorante, anzi, era quasi desolato, in effetti si stava facendo abbastanza tardi.
Ci alzammo tutti, Elia pagò il conto e ci inoltrammo silenziosamente fuori dal luogo.
"Sono stanco," ironicamente fu Dom a rompere il ghiaccio, "me ne torno a casa. Ci vediamo domani!"
Fatto ciò, era come se avesse attivato un sistema di migrazione, ed ognuno di loro seguì, come foglie spinte dal vento, ad incamminarsi verso casa loro.
Olivia rimase per qualche minuto in più, per parlare con me.
"E' tutto apposto?" Mi domandò, con un pizzico di curiosità.
"Oh... sì. Piuttosto... voi?"
"Ovvio."
"Come mai così silenziosi...?"
"Da stanchi non si parla tanto, e di solito il cibo stanca."
"In effetti..."
"Anche io sono stanca."
"Oh." Non sapevo le implicazioni della cosa.
"Non posso accompagnarti oggi, scusami."
"No, tranquilla, e' tutto apposto. La prossima volta ti accompagno io." Non mi sentivo oggi, era già troppo tardi.
"Va bene, compreso." Mi buttò addosso il suo sorriso stampato, come un marchio di fabbrica.
"Andrai bene domani. Tranquillo."
"Se... lo dici tu, ci credo allora." Forse mi fidavo troppo, ma non importa, non credo faccia male in nessun modo.
Detto ciò, ci salutammo a miseri gesti, e lei si allontanò e allontanò, fino a sparire nell'orizzonte.
Il momento in cui sparì dalla mia vista, sentii di nuovo quella sensazione. Quella sensazione spinosa, quella sensazione in cui mi sentivo osservato, giudicato. Quella sensazione che mi dava... mi voltai improvvisamente, e la vidi, la vidi osservarmi.
Io e Rosa eravamo paralleli, ad almeno cinque metri di distanza. Non c'era nessuno attorno a noi, era troppo tardi per uscire per chiunque. Era la notte, io e lei. E continuava fissarmi. Cominciai a sentirmi a disagio, ma non mi muovevo, mi sforzai a tentare di capire, di capire perché stesse facendo questo. Piú mi continuava a guardare, e piú mi sentivo a disagio, ed era come se non mi stesse guardando solo con gli occhi, no, in qualche modo, anche voltandomi, riuscivo a percepire che mi stesse guardando, era un senso primitivo, un istinto nascosto, aveva risvegliato la mia risposta di lotta o fuga.
Rimase fissa, finché non mi stancai di attendere, comincia ad impanicarmi.
"H-hey! Hey!"
Rimase zitta.
"Cosa c'è?! Perché mi guardi così?!"
Rimase zitta. Mi stavo cominciando ad arrabbiare.
"Rispondi!"
Rimase zitta.
"C-cosa... cosa diavolo ti ho fatto?! E' da tutto il tempo che tento di diventare tuo amico, ma fai di tutto per non parlarmi, e ora non mi rispondi nemmeno! Perché diavolo mi stai fissando?! Che cosa c'è?!"
Ero inspiegabilmente nervoso, senza motivo, stavo sudando. Normalmente mi avrebbe solo stranito, ma non riuscivo a muovermi, era come se Rosa mi tenesse fermo, mi sentivo un nodo alla gola.
"Perché vuoi essere mio amico?" Sentirla parlare mi accese l'ansia che già avevo.
"E-eh...?"
"Perché vuoi essere mio amico? Cosa ti fa insistere?"
"Beh... sono amico di tutti, e tu sei loro amica, q-quindi...
Improvvisamente, mi sentii stringere il nodo alla gola, tutto si fece buio, ed era come se le spine prodotte dal suo sguardo mi infilzarono di più, e lei stavolta mi pareva piú vicina di prima, e mi guardava direttamente negli occhi.
"Non sono miei amici."
"Eh...?"
"Non sono neanche i tuoi."
Rimasi zitto.
"Non hai amici qua, randagio. Vattene via, e' un avvertimento."
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