Capitolo X

Il campo era silenzioso e in esso aleggiava un odore di morte.

Alcuni soldati erano periti in quello scontro e tra quelli pareva esserci anche il sovrano del regno.

Aveva gli occhi chiusi ed era sdraiato con il volto rivolto verso il terreno umido e scuro.

Era immobile, nemmeno un muscolo si muoveva e gli uomini che erano sopravvissuti speravano davvero che il loro sovrano non fosse morto.

Si avvicinarono a lui e due dei suoi soldati più fidati, dopo essersi tolti l' elmo ed averlo posato a terra, si abbassarono e con cautela lo girarono.

Si accorsero subito che per fortuna era ancora vivo e respirava, anche se debolmente.

Quando lo avevano girato lui aveva emesso un basso gemito ed ancora ad occhi chiusi aveva portato una mano alla spalla, dove il tessuto della sua uniforme era scuro ed impregnato di un liquido viscoso, che pareva proprio sangue.

-Mio sovrano, come state?- domandò uno dei soldati, aiutandolo a sollevarsi ed appoggiarsi ad un tronco poco lontano.

-Un po' ammaccato, ma va tutto bene.ora però non è il momento di preoccuparsi di me ma della mia sposa. Dobbiamo andare a prenderla.- rispose lui, passando si una delle grosse mani sul viso stanco e provato.

-Mio sovrano, non sappiamo chi è stato ad attaccarci, non abbiamo il minimo indizio- intervenne desolato un altro dei suoi uomini, mentre si toglieva anch'esso l'elmo.

-Maledizione- imprecò Sten sottovoce, sbattendo un pugno sul terreno umido sotto di lui.

Nella sua testa continuavano a frullare una miriade di pensieri che tornavano tutti sempre in uno stesso punto.

Dove era finita la sua amata moglie?

Un po tutti se lo stavano chiedendo.

Chi poteva essere tanto crudele e meschino da compiere un atto come quello del rapimento e di attentare alla vita del proprio re?

-Suggerirei di ritornare a palazzo Sire. Li potrete medicarvi e riposarvi e solo dopo potrete pensare più lucidamente alla questione- parlò un soldato, abbassandosi alla sua altezza.

-Non essere ridicolo. Mia moglie e prigioniera di chissà quale pazzo ed io non posso permettermi un momento di distrazione. La devo ritrovare al più presto, prima che sia troppo tardi.- ansimò il sovrano, colto da un dolore improvviso alla spalla.

-Vostra maestà, mi permetto di insistere. Non potete cercare la vostra sposa in queste condizioni. Non sapete nemmeno dove l' abbiano portata.- insisté di nuovo il soldato, beccandosi un occhiata raggelante da parte del suo signore.

-Dovrei farti punire per tanta insolenza nei miei confronti, ma forse hai ragione.- sibilò il re, osservando si la macchia scura sull' uniforme, che stava diventando sempre più scura.

Facendosi aiutare dai suoi soldati si issò in piedi e dopo aver osservato con riluttanza un suo sottoposto che lo invitava a salire sulla sua cavalcatura, accettò di montare ergendosi dritto e fiero come solo un reale sapeva fare, ignorando la ferita che gli stava provocando atroci fitte.

Quando rientrarono a palazzo, decisero di fare il loro ingresso dalle scuderie, onde evitare che tutto il castello sapesse cosa fosse successo.

-Sarà comunque inevitabile- pensò Sten, smontando a fatica dal cavallo -oggi non avverrà nessuna incoronazione e di certo tutti se ne chiederanno il motivo-

A lui comunque non interessava.

La sua prima priorità era quella di ritrovare la sua adorata principessa.

Così non appena fu nelle sue stanze, si spogliò velocemente, facendosi preparare un bagno per lavarsi la spalla ed il corpo dal sangue e dalla terra che lo impregnavano.

Il suo valletto lo aiutò a lavarsi, sfiorando delicatamente la ferita per pulirla.

Era incrostata di sangue e quello fresco che ancora scendeva rendeva più difficile il lavoro.

-Sua Maestà, temo che questa ferita avrà assoluto bisogno di punti. Dopo il bagno vi asciugherò per bene la pelle, dopodiché avrò bisogno di ago e filo.- gli disse il suo cameriere, osservando critico quel lungo squarcio.

A quelle parole il biondo impallidì.

Aveva sempre odiato ferirsi.

Le ferite infatti richiedevano quasi sempre di essere disinfettate per benino e l' ago e il filo.

Aveva sempre provato un gran dolore e da bambino si era sempre morso le labbra fino a farle sanguinare per non gridare quando le cameriere compivano quel lavoro.

Col tempo non era di certo cambiato e la sua pelle dura non aveva fatto che complicare quel compito.

Tuttavia non poteva di certo mettersi a gridare come una femminuccia.

Doveva mettersi buono buono e sopportare quel dolore finché non fosse passato.

Quando uscì dalla vasca di stagno, numerose goccioline gli colarono giù dalle punte dei capelli, scivolando su tutto il suo corpo nudo e sulla ferita ancora aperta.

Chiuse gli occhi non appena sentì quella sensazione fredda scorrergli sulla carne calda e pulsante.

-Mio sovrano, se volete accomodarvi- il valletto gli avvolse l' asciugamano di lino intorno ai fianchi, dopodiché lo fece accomodare su uno sgabello poco distante dalla vasca.

Prese ago e filo da una scatoletta di legno che aveva appena preso dalla stanza adiacente e dopo aver preso ago e filo si mise al lavoro.

Quando ebbe finito il viso di Sten era contratto, nonostante la sua espressione rimanesse impassibile.

Il sangue aveva smesso di uscire e quello che già di era seccato era stato completamente pulito.

La ferita era stata coperta da una garza che era stata fissata sul petto con l' altra estremità.

Sopra di essa il re aveva di nuovo indossato una camicia bianca e sopra di esso la giacca dell' uniforme.

Era stato aiutato ad infilarsi in pantaloni e le scarpe, impossibilitato a piegarsi per le fitte che ancora gli provocava quel grosso taglio.

Non appena fu pronto raggiunse i soldati che lo avevano accompagnato nella foresta e con loro si rinchiuse all' interno della sala delle udienze, mettendo due di loro a fare la guardia davanti al grosso portone di legno.

-Mio sovrano- intervenì uno degli uomini, quando furono sicuri che nessuno li stesse ascoltando.

-Nessuno di noi sa chi è stato ad attaccarci, ma molti di noi sono convinti che sia stato qualcuno del castello a tradirvi. Solo chi abita qui dentro sa cosa sarebbe successo precisamente questa mattina e come avreste raggiunto il luogo dell' incoronazione.- continuò quello e molti di loro assentirono a quelle parole.

-Dite così dunque, ma come potete esserne sicuri?- domandò loro Sten, osservandoli uno per uno.

Poteva credere alle loro parole ma prima doveva avere delle prove concrete di ciò.

-Vostra maestà- parlò un altro di loro, ma prima che potesse continuare fu interrotto dallo spalancarsi delle porte da dove erano entrati.

Uno dei due soldati che era entrato, quello più corpulento e minaccioso, stringeva il gracile braccio di una delle cameriere del castello, completamente in lacrime.

Ella singhiozzava a dirotto, non preoccupandosi del decoro e del rumore che stava provocando.

Pareva non notare nemmeno le persone intorno a lei.

Sten la osservò.

Quei lunghi capelli ramati e quegli occhi chiari gli erano famigliari ma non riusciva a ricordare chi era.

Poi osservando gli abiti che indossava, maggiormente ricercati rispetto a quelli delle altre donne a servizio nel castello, gli sovvenne improvvisamente alla mente di chi si trattava.

Quella era la cameriera della sua amata moglie e a giudicare dalla sua espressione disperata e colpevole, doveva chiaramente avere a che fare con tutto quello che era successo.

-Dunque, cosa sta succedendo?- domandò Sten, sfilando davanti ai suoi uomini ed avvicinandosi ai soldati che ancora attendevano nella stessa posizione in cui si erano fermati poco prima.

-Abbiamo trovato questa cameriera nascosta poco lontano da questa sala con un altra cameriera che confabulavano tra di loro.- iniziò il soldato che la teneva per il braccio, incolpandola.

-Quando le siamo arrivati vicino e ci ha visto è scoppiata a piangere ed ha tentato di farsi scudo con l' altra ragazza. Per fortuna siamo riuscite a fermarle.
Quando l' abbiamo acciuffata ha iniziato a dimenarsi e nella lotta le è caduta questa- continuò lui mollando per un attimo la giovane ed estraendo dalla tasca una pergamena arrotolata su cui c'era ancora visibile il sigillo di chi l' aveva scritta.

Proprio mentre la stava porgendo al re la giovane si frappose tra di loro e dopo averla afferrata iniziò la sua folle corsa verso la porta e quindi verso l' esterno.

-Prendetela!- urlò Sten, incitando i suoi uomini a seguire la fuggiasca che pensava già di essere salva.

Lui stesso prese la porta opposta, correndo nel corridoio parallelo per cercare di renderle una trappola.

La spalla gli doleva, ma il suo amore e la sua temporanea disperazione erano più forti del dolore e di tutte quelle altre mille sensazioni.

Ringraziò mentalmente suo padre che da piccolo lo aveva fatto allenare per diventare agile nelle battaglie, in grado di contrastare ed aggirare qualsiasi ostacolo.

Sentiva le urla dei suoi sottoposti che si spandevano tra le mura del castello, che le facevano centuplicare e rimbombare.

Doveva raggiungere quella ragazza, quella pergamena pareva fondamentale e lui non aveva intenzione di farsela scappare.

Si ritrovò in un attimo all' angolo del corridoio e si fermò non appena sentì che dall' altra parte qualcuno stava ansimando.

Si sporse in poco, valutando di schivare qualsiasi colpo sarebbe potuto partire dalla persona che si celava li dietro.

Dopo aver preso un grosso respiro ed aver ponderato tutti i pro e i contro, si lanciò dall' altra parte.

Else era mezza inginocchiata per terra.
Aveva la testa bassa ed il respiro corto, la pergamena era intrappolata nella debole morsa della sua mano.

Non appena sentì una presenza accanto a lei sollevò i suoi occhi grigi e dopo aver riconosciuto di chi si trattava si lanciò su di lui, abbandonando la pergamena a terra.

Sten si ritrovò impreparato e colto alla sprovvista cadde all' indietro, battendo la spalla ferita sul duro marmo del pavimento.

Emise un gemito, chiudendo per qualche secondo gli occhi.

La giovane ne approfittò e dopo avergli sussurrato poche parole, si defilò attraverso il corridoio, verso le scuderie.

-Mi dispiace, non ho nulla contro di voi, ma non voglio perderlo-

Sten non aveva capito nulla di quella frase tanto enigmatica, ma almeno aveva la pergamena tra le mani.

Si sedette, gemendo ancora per il dolore che gli aveva provocato la caduta e stringendo i denti iniziò a srotolare la pergamena.

-Mio amato Petey,

Oggi è il gran giorno. È finalmente arrivato il giorno della nostra riscossa e dopo quel che succederà potremo vivere in pace, lasciandoci tutte queste vicende alle spalle.
Solo una cosa mi preoccupa e mi lascia un pó inquieta in tutta questa situazione.
Qualche giorno fa la principessa, mentre la stavo aiutando a prepararsi mi ha confessato qualcosa di davvero meraviglioso ed io per ciò mi sento un verme.
Petey, la principessa è in dolce attesa!
Cosa credi che farà Van Der Meer?

Tua
Else-

La principessa è in dolce attesa.

Van Der Meer.

La pergamena gli scivolò dalle mani e lui si ritrovò a fissare il vuoto che aveva davanti.

I suoi occhi erano vitrei eppure una ira f stava prendendo possesso del suo animo e del suo corpo.

Gliela avrebbe fatta pagare, molto cara.

Li avrebbe uccisi uno per uno, guardando le loro inutili e sudice vite che lasciavano i loro corpi.

Li avrebbe massacrati.

-Prendete i cavalli e le armi, andiamo a combattere- abbaiò rivolto ai suoi uomini, marciando verso le stalle.

Prima di montare a cavallo estrasse la sua spada e la osservò, era perfettamente affilata.

Partirono immediatamente al galoppo, producendo un tremendo fragore sui ciottoli del viale.

Sten aveva il fuoco negli occhi.

Si sarebbe vendicato per tutto quello che aveva dovuto passare la sua sposa.

-Te la farò pagare maledetto duca-

* * *

Quando arrivarono al palazzo del duca tutto era silenzioso.

Smontarono da cavallo, portando con se tutte le armi di cui disponevano.

Si incamminarono verso lo scalone che si estendeva davanti a loro, stando attenti a non fare troppo rumore.

Volevano cogliere di sorpresa quel maiale.

Proprio quando erano a metà della scalinata, un urlo agghiacciante li fece immobilizzare.

Dopo un momento di immobilità iniziarono tutti a correre, Sten in testa a tutti.

Varcarono la soglia in un baleno, ritrovandosi in un ampio corridoio.

Su di esso erano si aprivano diverse porte.

Era di nuovo tutto silenzioso.

Ripresero a camminare, stando ben attenti, pronti a scattare.

-Questa è la fine che ti meritavi, stupida ragazza- una voce sibilante e crudele si spanse tra le mura ed in quell' istante Sten seppe di aver centrato l' obbiettivo.

Corse più veloce che poteva fino all' ultima porta in fondo al corridoio.

Spalanco le ante e quello che si trovò davanti lo fece gelare.

La cameriera che aveva tentato di fermare nel suo palazzo era riversa a terra, in una posizione innaturale e sotto di lei, orrore degli orrori, c'era la sua Ilka, estremamente pallida, come una morta.










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Buonasera ragazzi.

Ora mancando solo due capitoli.

Vi è piaciuto questo capitolo?

Vi ricordo che le votazione per la prossima storia mia che vorreste leggere sono ancora aperte e si trovano nel capitolo che si chiama avviso.

Detto ciò, votate e commentate per il prossimo capitolo, perché lo farete, vero? 😜

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