Capitolo I (revisionato)
Aveva dovuto minacciare di diseredarla per convincerla a seguirlo in quel viaggio. Erano finalmente giunti in Danimarca, anche se Ilka si era espressa in numerosi pianti e proteste nelle settimane che avevano preceduto la partenza. Aveva addirittura minacciato di farla finita ma alla fine doveva aver capito che con suo padre non avrebbe retto più alcun capriccio, così si era rassegnata a partire.
Erano appena giunti nella capitale e Ilka aveva già maledetto almeno una decina di volte suo padre e il sovrano di quel paese. Faceva caldo, troppo caldo. Si sentiva spossata e l'abito che aveva deciso di indossare ora le si era incollato addosso, come una seconda pelle. Era umido del suo sudore e la gonna floscia, continuava a infilarlesi tra le gambe rendendole difficoltosi i movimenti. I piedi le dolevano, stretti nelle scarpe di raso rigide, le aveva infatti fatte preparare per il viaggio e le aveva indossate per la prima volta la mattina della partenza.
Nonostante ci fosse un lieve venticello, il clima era comunque indecente e i capelli che iniziavano a disfarsi dalla loro elaborata acconciatura le finivano i bocca e negli occhi.
Suo padre, invece, sembrava di tutt'altro avviso. Era sorridente e gioioso come non lo vedeva ormai da tempo e pareva non soffrire affatto il caldo. Si muoveva con agilità, parlando con il segretario che lo affiancava e continuando ad elogiare tutto ciò che vedeva. Diverse guardie armate lì precedevano, con il compito di scortarli fino alle carrozze che li avrebbero condotti a palazzo.
Dietro di loro, invece, li seguivano paggi, valletti e servitori giunti in gran numero per poter dare una mano alla delegazione straniera appena arrivata. I bauli da trasportare erano tanti ed erano uno più pensante dell'altro eppure quella gente sembrava non scoraggiarsi. Si davano una mano l'un l'altro, attirando gli sguardi delle persone che passeggiavano poco lontano.
In sottofondo a tutto quel caos Ilka poteva sentire il verso dei gabbiani che volavano sopra le loro teste, comunicando tra di loro. Il profumo del mare era intenso lì e Ilka avrebbe voluto abbandonare tutto e tutti per poterlo andare a vedere e osservare le barche che scivolavano sull' acqua.
Raggiunsero la carrozza che era stata loro destinata e il valletto, un uomo panciuto dai piccoli occhi porcini ed il volto rubizzo gli aprì lo sportello, prostrandosi in un inchino che gli fece quasi toccare terra con la punta del naso.
Un altro valletto, alto e allampanato con profondi occhi neri che parevano perennemente sgranati, lì aiutò a salire. Quando furono a bordo Andries batte un paio di volte con il palmo della mano tettuccio e la vettura partì.
Ilka sospirò, quando la frescura che aleggiava dentro la carrozza la avvolse. Per fortuna il sole non le batteva più sulla testa altrimenti nel giro di poco avrebbe iniziato ad impazzire.
-Finalmente- esordì suo padre, richiamando la sua attenzione - credevo che questo giorno non sarebbe più arrivato. Stai per conoscere il tuo sposo, quindi comportati bene, ragazza.- le disse, rivolgendole lo stesso sguardo duro che le aveva riservato la prima volta che le aveva comunicato la notizia.
Ilka sbuffò. Al momento non le interessava affatto di quell'uomo. Piuttosto voleva capire come mai suo padre fosse così felice. Troppo felice, per i suoi gusti.
-Non si può proprio farne a meno, eh?- chiese, come se fosse possibile che suo padre, arrivati a quel punto, le concedesse di fare dietro front e di tornare in Olanda e alla sua amata indipendenza.
-Figlia mia. Forse non ti è chiara la portata di quello che stai per fare. Non solo con questo matrimonio verranno uniti due regni ma verranno anche unite forze militari e politiche che permetteranno a noi sovrani di dettare gran parte delle regole. È tutta una questione di diplomazia e di alleanze che sono state studiate per tanto tempo e non permetterò che vengano messe a repentaglio per i tuoi capricci- le spiegò, illuminandola finalmente su tutta la faccenda.
Ilka sussultò a quelle parole ma del resto non si sarebbe aspettata nulla di diverso. Era così che funzionava il mondo. Gli uomini governavano e le donne erano pedine da spostare a piacimento su un enorme scacchiera.
-Inoltre, questa è una di quelle situazioni in cui si dice, prendere due piccioni con una fava.- aggiunse lui, prendendo il sigaro che aveva tra le mani e portandoselo alla bocca. - Non è un mistero per nessuno che tu sia sempre interessata al re, così abbiamo entrambi sfruttato la situazione. Un matrimonio per la sicurezza di due paesi.-
Mentre parlavano la sagoma del palazzo aumentava di dimensioni fino a divenire sempre più nitida è definita. Era uno stile classico che richiamava quello dei castelli di tutta Europa. Era scuro, color mattone e il tetto era di rame, verde. Aveva due torri e diverse guglie di diverse altezze. Davanti ad esso si estendeva una fontana che pareva essere più un lago. Era accesa e i numerosi rubinetti che la componevano creavano giochi d'acqua meravigliosi. Un immenso giardino circondava il palazzo, estendendosi per ettari, senza mai vederne la fine.
Ilka tentava di pensare ad altro, a concentrarsi sulla bellezza del paesaggio ma le parole del padre le vorticavano nella testa, senza sosta.
Quando la carrozza si fermò, il cuore di Ilka ebbe un sussulto.
Voleva scappare, voleva tornare a casa. Quello non era il suo posto e mai avrebbe voluto che lo fosse stato.
Suo padre parve intuire le sue intenzioni e quando furono scesi entrambi dalla carrozza, dopo che i due valletti ebbero aperto la portiera, suo padre la prese sotto braccio, stringendo la presa in modo tale che lei non potesse liberarsi.
Ilka fu fregata ancora prima di potere fare qualche mossa.
Due guardie, venute loro incontro per scortarli nella sala del trono, si inchinarono al loro cospetto, dopodiché si voltarono e si incamminarono. Quando furono in cima alle scale a quelle due se ne aggiunsero altre che si posizionarono dietro Ilka e suo padre, a protezione.
Quando entrarono a palazzo, Ilka ebbe modo di osservare quello che la circondava e ne rimase affascinata. Era tutto affrescato e grossi lampadari di cristallo illuminavano l'ambiente. Busti di marmo e statue a figura intera riempivano le arcate che erano state create nelle pareti. I pavimenti di marmo erano ricoperti da tappeti di squisita fattura che attutivano il rumore dei passi di chi li attraversava.
Mentre procedevano Ilka alzò lo sguardo più volte e si accorse che le statue erano state sostituite da decine e decine di ritratti che rappresentavano e raffiguravano coloro che erano stati i regnanti di quel paese nelle epoche passate.
Le guardie si fermarono davanti ad una porta a due ante, posizionandosi ognuna per lato. Una terza aprì loro la porta e lì fece accomodare.
-Vogliate attendere, Vostre Altezze- disse l'uomo, facendogli cenno di accomodarsi su un divano poco distante - il sovrano vi riceverà a breve.- la guardia si chiuse la porta alle spalle e padre e figlia rimasero soli.
Entrambi se ne stettero in silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri, finché una porta dal lato opposto della sala non venne spalancata e un numero imprecisato di guardie fece il suo ingresso. Al centro era facilmente intuibile la figura del sovrano, debitamente protetta dagli uomini che lo circondavano. Questi si diresse verso il trono, ben più vistoso di quello del padre di Ilka e ci si accomodò, poi si rivolse a loro.
-Venite avanti- i due si alzarono, mentre diverse guardie si posizionavano ai lati del sovrano.
-Vi do un caloroso benvenuto nella mia terra, Andries d'Olanda- parlò, chinando la testa in segno di rispetto - E anche a voi Ilka, mia promessa.- aggiunse, alzandosi e dirigendosi lentamente verso la ragazza.
Ilka indietreggiò, osservando il sovrano innalzarsi in tutta la sua possanza. Era alto, non c'era dubbio. Poteva avere all'incirca una decina di anni in più di lei. Aveva capelli biondo cenere e un sottile strato di barba gli copriva il viso. Occhi azzurri espressivi la fissavano con curiosità, mentre le sue mani grandi avvolgevano quelle più minute della principessa.
Aveva una leggera cicatrice sulla guancia, simbolo di qualche duello e le armi appese alla sua cintola lo identificavano come un guerriero.
Ilka ne era quasi spaventata, tuttavia quando stava per cedere e presentarsi educatamente, le tornarono alla mente le parole del padre.
Sollevò altezzosamente il mento e non rispose al suo saluto. Andries pensò che fosse il caso di lasciarli da soli, in modo che potessero parlarsi senza orecchie indiscrete ad ascoltarli.
Quando si fu allontanato, seguito dall'occhiata irritata della figlia, il re potè dedicarsi totalmente a lei.
-A noi due, ragazza e vedremo se sarete ancora così testarda dopo.-
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Sistemato, che ne pensate?
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