XXXVI. Dafne

Dottori e sacerdotesse mi costrinsero a restare a letto per più di un mese. Ciò che mi preoccupava di più in realtà, era Finnick. Non avevo avuto più notizie da parte sua e continuavo a chiedermi se avesse ormai raggiunto Alexa.

Il pensiero di lei si faceva più forte, ogni giorno. Era come se per un periodo nonostante tutto l'avessi quasi dimenticata, poi, da un giorno all'altro avevo sentito un dolore al petto ancora più forte di quello che avevo già provato sul pontile. I dottori mi avevano accerchiata, cercando di capire cosa mi stesse succedendo ma non avevano riscontrato nulla di strano. Forse credevano che semplicemente stessi impazzendo.

Il ricordo di lei si era fatto più intenso, giorno dopo giorno. Inspiegabilmente provavo un dolore ogni volta che la pensavo.
Del resto io sapevo benissimo che la colpa era solo ed esclusivamente sua se io ero in quelle condizioni.

E così mentre le giornate passavano e la bufera attorno al regno si era fatta più forte, d'un tratto sentii per i corridoi una voce impertinente e sottile che urlava:
- Vi ho detto che devo andare da Dayana! Non dovete intromettervi o lei si arrabbierà da morire, parola mia! - e intanto il ticchettio dei suoi tacchetti da ballo risuonava per tutto il castello.

Alzai gli occhi al cielo e mi preparai psicologicamente a vederla entrare teatralmente nella mia stanza, di fatto, così fu: entrò tenendo ben salde tra le mani, coperte da costosi guanti di pizzo, i lembi del suo abito tutto fronzoli argentei e sbandierando una delle sue strane e bizzarre acconciature orientali. I suoi occhi sorrisero appena posò lo sguardo su di me e si fiondò ad abbracciarmi con forza, senza darmi il tempo di reagire.

- Dayana! Dayana! Che spavento ho avuto! Pensavo fossi morta! Dicevano che fossi con un piede nella fossa ormai! - e intanto il suo profumo alle rose invadeva le mie narici fino a farmi star male.
- Gli piacerebbe... - risposi soltanto facendola ridere. Al ché cacciò i servitori con un gesto stizzito della mano e si sedette sul bordo del letto come se quella fosse casa sua.

- Come diavolo hai fatto ad arrivare fin qui con questa bufera? Non eri a Bezran? - domandai curiosa e lei sorrise.
- Per la mia cuginetta preferita avrei attraversato tutto il deserto se fosse stato necessario... E comunque arrivare a Dyronne non è stato complesso. È entrare a palazzo che lo è stato... Ho notato una cosa strana, cuginetta... E credo che tu ne sia responsabile. -

Aveva sempre quel sorrisetto smorfioso, tipico di una so tutto io. Lei, ultima di nove figli e senza alcuna speranza di ereditare una terra, si era sposata con un ricco uomo del sud ma praticamente non li avevo mai visti insieme e lei non aveva mai avuto un solo accenno di pancia, come se avere figli non fosse mai stato nei suoi piani.

- Che vuoi dire, Dafne? -

Si alzò divertita e iniziò a vagare per la stanza guardando i miei gioielli, le spazzole e tutto ciò che poteva attirare la sua attenzione mentre il suo vestito leggero ondeggiava di qua e di là.

- La bufera si sta stringendo sempre di più sul castello, Dayana. E per gli abitanti di Dyronne, discendenti di Dymeaka, sta diventando sempre più difficile allontanarsi da qui. Sono legati al castello ormai. È come se non si possa attraversare questo confine di vento e neve più di un paio di volte a testa. Gli stranieri che ci provano vengono spazzati via ed ogni giorno questa tempesta si fa più forte... Vuoi dirmi forse che non c'entri niente tu o quella strega dei fiori con cui parli costantemente? - chiese divertita sfiorando uno dei miei orecchini di rubini per poi lasciarlo lì sul mobile e sedersi sulla poltrona difronte al letto.

- È l'unica persona con cui io possa parlare liberamente, lo sai. Avrei continuato a consultarmi solo con te... -

- Prima che ci scoprissero e diffondessero lo scandalo e mi costringessero a sposarmi con un panzone amante della birra? Lo so lo so che ti manco, cuginetta. - finì lei, abbracciandomi dolcemente ed io ricambiai quell'abbraccio. Eravamo sempre state così diverse ma eravamo praticamente inseparabili, finché a quindici anni l'avevano costretta ad andarsene.

- Mi dispiace, lo sai... - mormorai io appoggiando il mento sulla sua spalla.
- Certo che lo so. Ma non fu colpa nostra, sai anche questo vero? - sorrise lei.

Non mi ero mai perdonata l'idea che fosse stata spedita così lontano, che fosse stata costretta a sposare uno sconosciuto senza potersi opporre.

- C'è stato qualche buon pretendente per te? - domanda a bruciapelo e io scuoto la testa.
- Sono tutti dei porci schifosi, lo so bene. Ma tuo padre non ti farà scegliere ancora per molto. Il meno peggio, ecco cosa devi scegliere. -

- Non voglio parlare di questo... Se ciò che hai detto sulla bufera è vero significa che tra qualche settimana si restringerà fino a far volare le mura del castello e a ucciderci tutti. -

Lei si staccò dall'abbraccio e si asciugò gli occhi verdi con un fazzoletto di pizzo, poi si alzò e andò a chiudere la porta a chiave. Si infilò sotto le coperte con ancora il suo vestito addosso, appoggiò la testa sul mio seno e mi strinse a sé.

- Sì, solo tu sai cosa ti ha detto quella strega. E solo tu sai cosa fare. Io sono stufa di starmene tutto il giorno lontana, mi mancavi lo sai. E non potevo certo lasciarti sola adesso. - sostiene lei. Annuisco.

È sempre stato così tra me e lei. Dafne è stata la prima ragazza a cui ho voluto bene. La prima con cui ho dormito tutta la notte. Ed ancora, ed ancora. Non le ho mai proibito di allungare le mani verso di me, né lei lo ha fatto con me.

- Ancora una volta? -
- Ancora una volta. -

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