XXIII. SenzaVita
Quella conversazione fu oltremodo frustrante. Non mi vedeva come una persona e non mi avrebbe mai considerata tale. Fu principalmente questo il motivo che mi spinse alla morte. Fu questo il preciso momento in cui dichiarai la mia fine, ma io ancora non lo sapevo.
Al termine di quella discussione mi recai presso il cortile per prendere un po' d'aria. La principessa stava organizzando uno dei banchetti più sontuosi dell'anno, quello che avrebbe dato inizio alla stagione. E fortunatamente mi chiese di fare la ronda all'interno del castello e di assicurarmi che tutto andasse per il verso giusto. Finché dovevo starle lontana andava tutto bene.
Dentro di me iniziava a crescere una rabbia che non aveva limite né confini, che prima o poi sarebbe esplosa e avrebbe causato tanta distruzione. Mi contenni finché ne ebbi la forza, almeno fino a quel pomeriggio.
Intravidi Finnick che stava sistemando la paglia da dare in pasto ai cavalli. Avevano costruito una stalla nuova di zecca in poco tempo, nello stesso esatto punto in cui quella che era andata al rogo era morta. Invece la torre a est era ancora in ricostruzione, ma c'erano stati alcuni problemi che non avevano risolto.
Il servo si girò e mi salutò con un cenno del capo e un sorriso.
- Cavaliere Myroud. Posso fare qualcosa? - aveva domandato, sempre mantenendo quella parvenza di distacco.
- No, sto solo facendo dei controlli. Vuoi una mano? Sembra faticoso. -
Era tutto affaticato e grondava sudore da ogni poro, persino la sua fronte era imperlata.
- No, è mio compito volgere a termine questo... - mormorò sollevando con la pala una grossa quantità di fieno e riversandola nella mangiatoia -...Incarico! - sospirò poi, appoggiandosi alla pala e sorridendo fiero.
- D'accordo, d'accordo. - affermai abbozzando un sorriso. Finnick era l'unico che in quel castello si mostrava un po' più umano, forse perché non apparteneva a quel regno o forse perché conosceva talmente tanto la disumanità della principessa che ci teneva a dimostrare quanto fosse diverso.
- Ma guarda guarda... allora avevo ragione! -
Alzai gli occhi al cielo quando vidi SenzaFondo avanzare come una cavalletta, per poi affiancarsi a me e guardare Finnick lavorare. O almeno era quello che pensavo volesse fare.
- Su cosa? - domandò ingenuamente il servo.
Lanciai un'occhiata cagnesca al giullare che però non parve intimorito.
- Sul suo lavoro. -
- Prova ad aprire ancora quella bocca e ti squarto dalle palle in su. - ringhiai.
Mi voltai, decisa ad andarmene e a lasciarlo parlare. Tanto cosa mai avrebbe potuto dire? Cosa mai avrebbe potuto fare? E cosa avrebbero pensato se avessi alzato le persone se mi avessero visto aggredire un giullare?
- Non ho più le palle, sono un eunuco. - ribadì lui con un sorriso. Finnick biascicò qualcosa incuriosito.
- Oh sì, mio caro amico... Noi giullari e menestrelli veniamo evirati prima del termine del nostro percorso artistico, accade molto presto, intorno ai quindici anni. Sì... Più o meno alla tua età. - mormorò.
Tentai con tutta me stessa di non voltarmi, di procedere a grandi passi e lasciar correre.
- E prima di questa aberrante operazione, ci concedono una sola scopata. In uno dei bordelli di più infima categoria... - continuò lui.
- Ed è proprio lì che ho conosciuto questa donna. -
Il gelo. Mi fischiarono le orecchie dalla rabbia, sentivo un dolore profondo al petto e non riuscii a contenermi: mi voltai di scatto e senza rifletterci su le mie dita si serrarono sulla sua gola, stringendolo con forza. Sentii la sua vita scorrere tra le mie dita, ma nonostante ciò continuò imperterrito a parlare.
- Pensavi che non ti avessi riconosciuta? - sussurrò a fatica, non riusciva in alcun modo a ribellarsi. Finnick urlò qualcosa e provò ad aggrapparsi a me, a tentare di salvarlo. Solo dopo avrei capito che era me che cercava disperatamente di salvare.
- Sei stata la miglior scopata della mia vita. - disse lui con un sorriso malizioso. Anche in un momento del genere un verme resta un verme.
- Avevo solo dieci anni. - ringhiai stringendo la morsa, tentando di soffocarlo.
- Ma eri già una bellissima troia... Ed è questo ciò che continui a fare. Anche con questo qui, no? - continuò lui.
- Alexa! Alexa! Mollalo... Mollalo! Finirai nei guai! Alexa... -
- Io mi ricordo ciò che abbiamo fatto... -
- Alexa! Togligli le mani di dosso! -
Continuavano a sovrapporsi quelle due voci e nella mia testa rimbombavano quelle parole con tanta di quella forza che mi sentivo morire. Ansimai a fatica e lo lasciai cadere, afferrai il pugnale che avevo alla cintola e glielo ficcai in gola fino a farlo uscire dall'altra parte del cranio. Mi morì tra le braccia, senza un lamento. Aveva parlato decisamente troppo.
Non mi fece impressione e non mi dispiacque.
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