XVII. Fuga

Cercavo di dimostrarmi utile, di fare qualcosa di utile ma non ci riuscivo. Nella mia testa si era fissata l'immagine della principessa che posava la sue labbra sulle mie. Era... così sbagliato.
Tirai un calcio più forte che potevo a un sassolino, spedendolo a schiantarsi contro un muretto. Avevo camminato in cerchio per ore, la principessa non era uscita dalla sua stanza e alla fine mi aveva comunicato che avrebbe dormito.

Ser Dyn venne a darmi il cambio. Non ci siamo mai parlati, si vedeva che voleva ammazzarmi ma non parlava mai e non esprimeva mai ciò che pensava. Anche se il suo viso pieno di rughe lasciava intendere che se ci fosse stata l'occasione mi avrebbe attaccata senza alcuna esitazione. Fece un cenno col capo e io annuì, ormai era quello il nostro modo di comunicare.

Quella sera però, non riuscivo a dormire. Poggiai il capo sul cuscino, lo spremetti per bene e lo presi a pugni. La mia stanza era isolata rispetto alle altre, quelle che spettavano alla servitù erano al piano inferiore mentre la mia era relativamente vicina a quella della principessa. E mentre chiudevo gli occhi e tentavo di svuotare la mente vedevo le labbra della principessa che si piazzavano all'improvviso sulle mie. Perché l'aveva fatto? E poi quelle parole "è per suggellare una promessa". Perché si era dimostrata all'improvviso così compassionevole? Così... Dolce? Non avrei mai definito la principessa dolce, perché si era sempre dimostrata molto crudele ma adesso mi era sembrata così dolce.

Mi voltai e mi addormentai per poco tempo. Ma feci un sogno angoscioso, uno di quelli che si ricordano anche a distanza di anni. Ebbi paura e mi svegliai col batticuore, tutta sudata.

Stolta! se quello che hai detto lo pensi davvero sei soltanto una stolta.

Dovevo andarmene. Più in fretta che potevo. Abbandonare la principessa, lasciare tutto alle mie spalle. Quello era l'unico modo.
Non so cosa mi spaventasse di più. L'idea che la principessa scoprisse il mio passato o il fatto che mi avesse baciata. Tutto questo non aveva un solo fottuto senso e io avevo bisogno di allontanarmi, anche solo per un po'. Presi un mantello nero e lo indossai, mi coprii il capo con il cappuccio e presi a correre all'interno del castello con la speranza di riuscire ad uscire. Ser Dyn, che doveva fare da piantone dinanzi alla porta, era mezzo addormentato, appoggiato ad una colonna.

Bel modo di fare la guardia.

Superai facilmente quel piantonamento fasullo e mi diressi verso le scuderie. Regnava un silenzio sovraumano interrotto soltanto dai versi dei rapaci notturni che coprivano persino il suono dei miei stivali che schiacciavano la neve e producevano un rumore fastidioso.
Anche la porta della scuderia cigolò in modo sinistro e qualcosa nell'ombra si mosse. Era uno spazio angusto, conteneva circa otto box con tanti cavalli e la puzza di merda la faceva da padrona.

Senza rifletterci più di tanto sfoderai la mia spada e la puntai verso il buio.
- Esci fuori, chiunque tu sia! - ringhiai a bassa voce. Non si vedeva un granché ma pian piano due mani si fecero avanti, innocentemente mi mostravano i palmi.
- Finnick? Che ci fai tu qui? - borbottai di scatto e lui avanzò spaventato. Indossava una tunica corta marroncina, sporca e logora e dei calzoncini corti. Doveva fargli parecchio freddo.

- Stavo espiando le mie colpe, cavaliere. - spiegò a bassa voce mentre uno dei cavalli emise un nitrito lento, come a fare intendere che lo stavano disturbando. Lui subito accarezzò il bestione nero che stava alla sua sinistra.
- In che senso? - e io abbassai la spada.
- Ho fatto cadere dei piatti a cena oggi, mi hanno punito facendomi dormire qui... - rispose lui per poi puntarmi il dito contro.
- Voi! Voi che ci fate qui? - ribatté a voce più alta.
- Shhhh! Non vorrai svegliare tutti! -
- State scappando? State cercando di andare via?! - domandò d'impeto sempre accarezzando il testone di quell'equino che pareva afflitto e sconsolato.
- Non sto scappando... Voglio solo fare due passi fuori. -
-

Non avete l'autorizzazione della principessa e della corte, quindi state scappando! - mi riprese lui preoccupato. - Se vi prendono vi ammazzeranno! Non fatelo vi prego! - mi esortò aggrappandosi alle mie vesti.
- Volete venire con me? Staremo fuori solo qualche ora e poi ritorneremo come se nulla fosse successo entro l'alba. - proposi mentre sceglievo il cavallo che mi sembrava più sveglio, un maschio pezzato con degli occhi scuri.

Quelle parole parvero colpirlo dentro, al che si portò una mano al petto e sgranò gli occhi.
- Siete folle! Se faccio una cosa del genere mi ammazzeranno... Oh no... E se voi non tornate entro l'alba e si accorgeranno della vostra assenza e del fatto che avete preso con voi un cavallo e io ero qui... Incolperanno me! No, no, mercenaria dovete restare qui! Non potete fare questa follia! - continuò lui. Tentava di non urlare ma la sua voce tradiva tutta l'agitazione che stava provando.

- Non potete impedirmi di fare ciò che voglio, lo sapete bene. - risposi mentre aprivo il box del cavallo che avevo scelto che a passo svelto uscì, felice di fare una bella passeggiata al chiaro di luna.
Finnick si mise davanti alla porta d'ingresso a braccia aperte.
- Non posso permetterlo! - ringhiò lui. I suoi occhi tradivano il terrore che provava.
- Non sei stanco di farti trattare come tappezzeria vecchia? Una notte sola, qualche ora da comune normale in mezzo alla gente normale. Niente di più. Non voglio farti del male Finnick, ma lo sai bene che se alzo la spada ti ritrovi tagliato dalla testa al cavallo. - stavo cercando di fare leva sul suo coraggio, ammesso che ne aveva un po'. Sospirò pesantemente e si fece da parte.
- Tornate presto... Vi prego. - mormorò. Mi fece una gran pena vederlo lì così.

Montai in groppa all'enorme cavallo che avevo scelto. Non l'avevo neppure sellato, gli avevo solo infilato le briglie. Diedi un colpetto con i talloni e il cavallo fu felice di prendere a trottare. Mentre superavamo Finnick che con aria sconsolata mi guardava, mormorai a me stessa che non era giusto e lo sollevai dal colletto trascinandolo in sella al cavallo. Lo caricai a mo' di sacco di patate dietro di me e oltre al suo quasi urlo di disapprovazione, non fece nulla. Risi nel vederlo così impacciato.

- Voi siete completamente pazza! - mormorò quando superammo il portone d'ingresso e si sedette composto dietro di me. Non era abituato a cavalcare, si notava.
- Ho pensato che mi aiuterai a ricordare quando è ora di tornare. Per adesso, goditi questo momento. -
- Io domani dovrò lavorare... Non facciamo troppo tardi, vi prego. - sussurrò lui, mentre io diedi un'ulteriore colpetto di redini al cavallo che prese a galoppare. Il servo si strinse a me, preoccupato di cadere.
- Devi smetterla di pregarmi. Per me sei una persona che merita rispetto tanto quanto la principessa, quindi smettila di comportarti da servo e goditi questa gitarella. - lui annuì.

Dopo venti minuti di cammino, eravamo quasi arrivati al villaggio. Era una zona che nonostante l'ora tarda brulicava di persone.

- Perché non sorvegliano adeguatamente il palazzo? - fu la domanda che mi venne più spontanea quando vidi dall'alto quel villaggio allegro, pieno di uomini mezzi ubriachi che cantavano a squarciagola e di donne di basso rango che mostravano lascivamente le caviglie.
- Perché Dyronne è un regno tranquillo. O per lo meno, lo era. Prima che arrivaste voi! - rispose. Tremava dal freddo.

- Aspetta qui, vado a fare una cosa e torno. - mormorai scendendo dal cavallo. Li avevo lasciati in una zona bene o male nascosta, nei pressi della radura e non ci misi molto a raggiungere la taverna più vicina. Era una bettola squallida, sporca e che puzzava di alcool.
Una decina di uomini mi fissarono appena entrai. Mi avvicinai al bancone dove una donna dal prorompente seno mi fissava incuriosita.

- Benvenuta, cara viandante, nella Taverna della strega! Cosa posso offrirvi? - domandò lei appoggiandosi al bancone e mettendo ancora più in mostra ciò che probabilmente offriva.
- Due birre, grandi. - ordinai. Il fatto che avesse subito inteso che fossi una donna, nonostante il mantello e il cappuccio, me lo aspettavo.
- Subito. Vuole accomodarsi a un tavolo? Vuole anche un pollo o una zuppa di farro? - domandò e io scossi il capo. Mi portò subito le due birre, poi mi fissò mentre ne bevevo una. Intanto il parlottio all'interno della taverna era ripreso, sempre più intenso. Il sapore amarognolo della birra mi deliziò il palato, era da tanto che non bevevo alcolici.

- Avete per caso un mantello da vendermi? - domandai alla donna che parve sorpresa di quella richiesta.
- Potrete comprarlo domani mattina se vi fermerete qui per una notte. Il prezzo è di quattro scellini. - rispose lei mentre puliva alcuni bicchieri con uno straccio sporco.
- Non posso dormire qui, ma vi pagherò comunque la stanza e il mantello se me ne darete uno. - ormai i soldi non erano più un problema, la principessa me ne dava tanti per i miei servigi ma io non avevo speso neppure uno scellino. Ero sempre al castello, con vitto alloggio e due pasti al giorno, cosa mai avrei potuto comprare?

La donna tornò poco tempo dopo con un mantello di cotone, di un marrone spento che doveva averne viste di ogni.
- Grazie. - risposi lasciandole ben dodici scellini.
- Nono... Grazie a voi... E tornate presto a trovarci! - urlò lei mentre io uscivo.

Diedi il mantello a Finnick che mi aveva aspettato buono buono accanto al cavallo.
- Voi sapete che avete rubato il cavallo di Ser Dyn, vero? -
- Glielo riporteremo domani mattina. Adesso andiamo a farci una passeggiata per le strade. - risposi prendendo le briglie del cavallo e guidando quei due all'interno delle stradine di quel villaggio.

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