XVI. "Vi ammiro"
Quando aprii la porta mi ritrovai dinanzi una di quelle scene che a primo impatto non capii. Alexa, il mio cavaliere, la mia protettrice più fidata, stava puntando un pugnale alla gola del nuovo giullare.
- Alexa! Che sta succedendo qui?! - domandai di scatto e lei si voltò piano verso di me, con gli occhi iniettati di sangue. Fu la prima volta che temetti sul serio la sua rabbia. Non era comune ira, no. Era istinto omicida.
- Questo bastardo dovrebbe imparare a misurare le sue sporche parole. - sbraitò contro l'ometto che se ne stava appiattito con la schiena contro il muro, tremante e nonostante ciò continuava a sorridere da bravo imbecille. Mi fece pena, lo ammetto.
Mi schiarii la voce e feci un passo indietro, assumendo la posizione più austera e seria di cui fossi capace.
- Adesso posa quel pugnale e indietreggia. - ordinai con voce ferma e lei senza troppe gentilezze, lasciò cadere SenzaFondo a terra.
- Grazie vostra altezza... - bisbigliò l'ometto rialzandosi in fretta e furia e sistemandosi con le mani i vestiti ormai sgualciti.
Gli feci cenno di andare e poi guardai Alexa.
Non me la contava giusta. Tutto quel mistero intorno alla sua malattia e adesso stava quasi per uccidere un comune giullare. No, quella situazione puzzava di marcio.
- Entra. - ordinai facendola accomodare nella mia stanza. Si guardò intorno solo per un istante e poi mi guardò, con un'espressione colpevole.
- Vi chiedo perdono, vostra altezza. Mi sono lasciata prendere dalla rabbia. - ammise. Aveva sempre quell'aspetto in allerta, come se temesse che da un momento all'altro qualcuno spuntasse pronto ad ammazzarci. Lei era fatta così e io dovevo soltanto accettarlo.
- Ho capito cosa è successo. Anche io sono permalosa sotto questo punto di vista... Ho fatto tagliare la lingua a un menestrello una volta perché aveva osato commentare il mio vestito. - spiegai minimizzando. Non era di quello che volevo parlare.
- Togliti l'armatura. - ordinai.
Inclinò la testa come un cagnolino che non ha compreso un comando.
- Ho detto "togliti l'armatura". -
- Dobbiamo andare al tempio, ricordate? E dopo c'è la nostra passeggiata... - mormorò lei non capendo. Pensava che la stessi destituendo dal ruolo che le avevo con fatica affidato ma non era affatto così.
- No. Oggi resteremo qui. Tu non ti sei ancora ripresa dalla malattia e uscire potrebbe peggiorare la tua situazione. Resteremo qui e parleremo di tutto ciò che vogliamo. Per cui, adesso mettiti comoda. - e ciò dicendo mi tolsi i tacchi che indossavo e andai a sedermi sul letto, facendole cenno di accomodarsi sulla poltrona una volta finito.
Lei parve restia, ma eseguì ugualmente il mio ordine con un lungo sospiro. Si tolse prima i guanti d'arma, poi procedette a togliersi gli stivali poi la vidi un attimo impedita nel continuare la sua operazione.
- Perdonatemi, principessa. Di solito Finnick mi aiuta a togliere il resto. È difficile con questo tipo di armatura. - si pronunciò lei.
- Finnick? - chiesi inarcando le sopracciglia e alzandomi.
- Il servitore che si occupa di me. -
Annuii distratta e le andai incontro, mi misi dietro di lei e un po' goffamente la aiutai a liberarsi della corazza che le proteggeva il torace. Nel farlo le mie dita sfiorarono leggermente la pelle del suo collo e la vidi trasalire a quel minimo contatto.
- Perché volete che io mi spogli? - domandò a bassa voce, guardando la corazza che giaceva a terra. Al di sotto indossava una tonaca bianca corta, con una cintura a tenerla ferma in vita e al di sotto delle semplici braghe a vista.
- Perché io e te parliamo sempre nei nostri ruoli e in tutto questo tempo non penso di aver mai parlato apertamente con te. - mormorai e poi mi allontanai per andarmi a sedere ancora una volta.
- Perché volevi uccidere quell'uomo? -
Lei non ci rifletté su, neppure per un secondo.
- Perché ha infangato il mio nome. -
- I giullari sono fatti così, non hanno mai un freno e finiscono per dire tutto ciò che gli passa per la testa. Ma questo non è un buon motivo per ammazzarlo, almeno senza il mio consenso. -
Si accomodò sulla poltrona. Per una volta si concesse un momento di tranquillità.
- Lo so, ero nervosa. Non sto bene ultimamente. -
- Lo avevo inteso. Ti ho detto che non mi piace il tuo viso... Hai bisogno di un bagno caldo o di uno stufato. Te lo ricordi? Come quando ci siamo viste la prima volta... -
Lei annuì e sorrise.
- Come potrei dimenticarlo? È da lì che sono iniziati tutti i miei guai. -
Strizzai gli occhi a mo' di minaccia ma lei parve solo divertita da quel mio modo di fare. Poi però decisi di continuare quell' interrogatorio. Le parole della strega Sakhalla risuonavano nella mia testa, io e lei eravamo legate. Ma da cosa e soprattutto perché? L'unico modo per scoprirlo era starle accanto.
- Perché non mi racconti cosa ti ha detto di tanto scabroso quel giullare? Se fosse una cosa così terribile non esiterò a chiederti di portarmi la sua testa. -
- Non posso parlarvene. Vorrei, davvero. Ma non posso. - affermò lei abbassando lo sguardo e deglutendo.
- Perché non volete? -
- Perché cambierebbe la percezione che ha di me l'unica persona a cui tengo in questo regno. - borbottò lei ma io la sentii.
- E chi è l'unica persona a cui tieni? -
Non l'avevo mai vista assieme a nessun altro oltre me. Odiava mio padre, non parlava con nessuno a corte tranne... Finnick?
- Siete voi, vostra Altezza. - rispose di getto senza però guardarmi negli occhi. Con un sorriso che lasciava trasparire tutta la sua amarezza.
- I-io? -
Profumava di erba appena tagliata, aveva l'aspetto di una persona che aveva affrontato l'inferno tutta la vita ma in quel momento non mi importò. Ricordo solo che persi qualche battito a quelle parole e questo, non era affatto normale. Era solo fedeltà la sua, ma allora perché mi scaldavo tanto?
- Siete voi, che occupate i miei pensieri. Siete voi che rendete la mia permanenza qui meno terribile. Siete voi che mi avete dato la forza di combattere contro i leoni, i coccodrilli e quegli uomini. Siete voi la principessa a cui ho giurato la mia fedeltà e se voi ascoltasse ciò che dice quel... eunuco, perdereste la fiducia che avete in me. Non credereste più a una singola mia parola. Ma io... io vi...-
Non respirai per tutto il suo discorso, lo ricordo bene. Avevo il fiato corto e nonostante fossi seduta mi sentivo sprofondare mentre lei parlava con il cuore in mano. Era ferita, dolorante e io non l'avevo capito.
- Io vi ammiro, principessa. Siete terribilmente testarda e cocciuta, avete le vostre idee e siete perfida quando volete. Ma io vi ammiro. E se lui distruggesse l'idea che vi siete fatta di me io non potrei sopportarlo. -
Quasi non mi accorsi che mentre parlava era finita col sedersi accanto a me. Aveva le labbra più belle che io avessi mai visto. Tremai a quelle parole e presa dall'istinto le afferrai le mani e le strinsi forte.
- Non ascolterò le parole di quell'uomo, di qualsiasi tipologia di calunnia ti accusi. Non mi importa cosa dirà sul tuo stile di combattimento, sul tuo onore. Io so che tu sei la persona più fidata che conosco e ti prometto che quell'uomo non dirà più nulla sul tuo conto. - mormorai io. Non mi resi neppure conto che la mia voce si era abbassata ed era diventata quasi un sussurro mentre le facevo quella promessa.
La vidi annuire, mordendosi impercettibilmente il labbro. Non so cosa mi prese, non so perché lo feci.
Le misi una mano dietro il capo e posai le mie labbra sulle sue, con forza e lei non oppose resistenza. Furono pochi secondi e quando ci staccammo da quel bacio a stampo, io dovetti pensare a una scusa da rifilarle, qualcosa di immediato perché neanche io sapevo spiegarmi cosa diavolo avessi fatto.
- Ma? -
- Si usa per suggellare le promesse. - mentii spudoratamente. Mi augurai con tutta me stessa di non essere arrossita, di non aver combinato alcun guaio. Mi fissò in silenzio e annuì ma mi parve che prima si concentrò anche lei a guardarmi le labbra. Mi alzai di tutta fretta e le dissi che volevo riposare, lei si rivestì più in fretta che poté e scappò da quella stanza lasciandomi sola a rimuginare su quel bacio che non sarebbe mai dovuto avvenire.
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