XV. Senza cautela

La rabbia mi pervase. Fui invasa da un senso di sopraffazione e sebbene tentassi di non darlo a vedere quello spettacolo mi diede il voltastomaco.
Guardai la principessa che applaudiva, assieme a tutte le persone presenti e mi sforzai di non dare a vedere la mia rabbia. Mi morsi con forza l'interno della guancia, fino a farmela sanguinare.
- Con permesso, Vostra Altezza. - mormorai prima di dileguarmi con passo scaltro in mezzo alla folla e raggiungere il cortile.

Sfoderai la mia spada e la brandii con tutto l'ardore che avevo in corpo, contro un povero albero che colpe non ne aveva.

Dopo una decina di affondi mi fermai, con i capelli arruffati che mi ricadevano sul viso e il sudore che iniziava a colare.

Mi aveva sorriso. Quel fottuto bastardo mi aveva sorriso.

Strizzai gli occhi e diedi un ultimo colpo all'albero che ormai aveva incisi sulla corteccia tutto il dolore che gli avevo inferto. Poi, stremata, mi appoggiai a lui con la schiena e mi sedetti sui talloni a pensare.
Nessuno doveva saperlo. Nessuno.

Cosa potevo fare? Ammazzarlo? Minacciarlo? Questa scelta mi pareva più sensata. Mi aveva riconosciuta, questo era ormai certo. Non mi feci vedere per tutta la giornata, tanto che la principessa mandò Finnick a cercarmi nelle mie stanze.

- Cavaliere, la principessa Dayana la sta cercando. - aveva detto lui, quando era entrato nella mia stanza e mi aveva fissato interdetto. - Cosa succede? - domandò rompendo tutte le formalità che era solito rispettare.
- Non mi sento molto bene. - mentire era l'unica scelta. Non potevo guardarla negli occhi, non potevo vedere neppure lui.
- Informo subito la principessa allora. Volete fare un bagno? - domandò premuroso.

Finnick non era una cattiva persona, anzi. Era solo molto codardo e non voleva mettersi nei guai. Ma i suoi occhi, che dovevano averle viste di ogni, tradivano una certa lealtà. Non era un farabutto, né un approfittatore. Lentamente si stava affezionando a me e io lo avevo capito.

- Non ho bisogno di niente, Finnick. Ti ringrazio... Ma voglio solo riposare. - conclusi e lui annuì pensieroso. Non se l'era bevuta e io lo capii, ma decise di non discutere e andò a informare la principessa. Mi aspettavo che arrivasse da un momento all'altro, ma non arrivò. Scoprii più tardi che non poteva avvicinarsi a persone ritenute "malate", perché avrei potuto metterla in pericolo.

In cambio, arrivò un dottore. Era un uomo strano, che non mi ispirava alcuna fiducia.

- Sentite dolore qui? - domandò premendo sul fianco e io annuii.
- E qui? - domandò ancora, premendo più forte stavolta sulla gamba.
- Sì. Ogni volta che mi alzo in piedi ho dei giramenti di testa e credo che sverrò. -

Il dottore annuii pensoso e mi disse che aveva una cura perfetta per me. Mi servì uno strano liquido violaceo e mi chiese di berlo tutto d'un fiato. Lo annusai e sentii una puzza pertinenziale, ma decisi lo stesso di reggere quel teatrino che ormai avevo allestito e continuare a fingere di essere terribilmente malata. Bevvi e quel cocktail fu praticamente una bomba, per tutta la notte vomitai e andai di corpo, con una frequenza tale che temevo di morire. Due giorni dopo il dottore mi dichiarò "guarita" anche se credo con tutto il cuore che fu lui a farmi ammalare sul serio.

- Ti senti meglio Alexa? - domandò il giorno dopo la principessa, mettendo le sue mani sul mio viso e guardandomi preoccupata.
- Hai una brutta cera... Sei sicura di voler tornare a lavoro così presto? Posso concederti qualche altro giorno...- mormorò.
- No principessa, il dottore è stato chiaro. Non sono mai stata meglio di così. - riferii. Avrei voluto restare qualche altro giorno a riposo ma avevo paura che quel medico da strapazzo mi prescrivesse qualche altro strano intruglio, il mio stomaco ancora ne risente.

Dayana mi sorrise docilmente.
- Ti sei ammalata all'improvviso... Non pensavo fossi così debole di costituzione. - rifletté lei.
- È il tempo, altezza. Sono abituata a temperature più calde. -
- Farò accendere più camini all'interno del castello e tu dovrai coprirti di più allora. - rispose fermando di scatto una nobildonna che passava di lì per caso e brusca come non mai le tolse il foulard e me lo mise al collo.
- Non è proprio corretto... -
- Sta zitta. - mi rimproverò lei con un'occhiolino. Non so come dovevo sembrare agli occhi altrui, nella mia fiera armatura azzurra con un foulard verde al collo. Ridicola.

Non incontrai quel dannato giullare per pochi giorni finché all'improvviso me lo ritrovai di fronte. Stavo aspettando fuori dalle stanze della principessa, mentre lei si sistemava io ero lì a fare da piantone.
Lui spuntò da dietro il colonnato con un sorriso a trentadue denti.

- Vi siete data per malata pur di non affrontarmi... Che beltà! - rise lui. Divenni rossa di rabbia, sfoderai il pugnale che portavo al cinto e glielo puntai alla gola.
- Oh oh oh... Così fate male! - mi rimproverò lui, che si reggeva sulla punta dei piedi e con le mani si aggrappava alle mie braccia pur di non finire decapitato.
- Non dovevate farlo. - ringhiai.

- Allora siete proprio voi... Pensavo che le somigliavate, ma i vostri occhi. Oh no, quelli sono inconfondibili. E voi? Vi ricordate di me? - domandò con un sorriso. Mi stava provocando, doveva avere un qualche tipo di asso nella manica se osava così tanto. O forse era semplicemente stupido.

- No che non mi ricordo di voi. Chi si ricorderebbe di un insignificante eunuco? - domandai affondando di poco la lama nella carne.
- Una meretrice. -

Non avrei più risposto delle mie azioni. Dovevo ammazzarlo. Dovevo a tutti i costi distruggerlo.

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