XIII. Abbaia

L'investitura ufficiale che avvenne qualche giorno dopo fu qualcosa di singolare; le persone si aspettavano che mi avessero condannata a morte, volevano probabilmente vedermi senza testa. Invece ascoltarono in silenzio le parole del re e infine, applaudirono tutti quando la principessa sollevò con fatica la spada e la posò sulla mia spalla.
Temevo che avrebbe finito per tagliarmi, ma nonostante si poteva intendere che non aveva mai usato una spada in vita sua, fu gentile in quei movimenti.

E passò solo una settimana, perché poi iniziammo a parlare sul serio.

- Alexa? Quante volte ti ho detto che a quest'ora devi già essere qui e mi devi accompagnare al tempio, dall'altra parte della città? - domandò lei furiosa appena misi piede nella sua cella. L'armatura nuova di zecca che mi era stata rifilata era difficile da indossare e ogni giorno impiegavo troppo tempo a metterla.

- Me lo avete detto solo ieri. Ho bisogno di tempo per prepararmi, principessa. - risposi, mettendo le mani dietro la schiena e aspettandola ben eretta come lei mi aveva imposto.

- Forse tu non hai capito! Tu vivi in funzione di me. Dunque farai bene a imparare le mie attività quotidiane e a esserci. Ti ho fatta assumere perché tu possa essermi affianco in ogni momento. -

Quelle parole mi fecero storcere il naso ma feci finta di non ascoltare e la vidi stirarsi con le mani l'abito pregiato che indossava: verde smeraldo con piccole perle ad adornare il corsetto e la seta che cadeva morbida per coprire le sue gambe.

- Sembrerebbe quasi che la mia presenza vi piaccia. - osai e la vidi arrossire.
- Sei un cavaliere ora, non puoi più permetterti determinate parole. Fa attenzione a ciò che dici. E adesso abbaia. - ordinò lei.

Aggrottai le sopracciglia.
- Siete seria? -

- Ho detto "abbaia". - ripeté lei con un sorrisino di sfida sulle labbra.

- Non ho mai visto un cane in vita mia, né voglio vederli o ascoltarli. Per cui, non so quale sia il verso del cane. - mentii spudoratamente e lei strabuzzò gli occhi.
- Come? Non sai che il cane fa "bau bau"? - domandò lei e poi si mise le mani davanti alla bocca.

Questa è la storia di come ho ingannato la principessa e l'ho "costretta" ad abbaiare. Sì, davvero una bella storia. Peccato che quando se ne rese conto mi assestò un pugno con tutta la forza che aveva sul braccio.

- Perfida... maligna... malefica donna! - mi rimproverò lei prima di darmi un altro schiaffo sul braccio, ma io proprio non riuscivo a smettere di ridere. Ero riuscita a far "abbaiare" una principessa così viziata e viziosa e adesso lei continuava a colpirmi con i suoi schiaffi che avrebbero potuto nuocere solo a un bambino.
- Non vi ho detto nulla, Vostra Altezza - risi io e lei incrociò le braccia al petto e mise il broncio. Rimase così per gran parte del tempo, anche quando entrammo nella carrozza che ci condusse al tempio che si trovava nella zona più a sud di Dyronne.

Fu come riprendere a respirare. Era da quel giorno che avevo messo piede nel castello che non ne ero più uscita, se non per combattere all'arena. Avrei respirato un'aria di libertà soltanto se avessi valicato le soglie dell'enorme conta muraria che proteggeva e separava il regno da tutto ciò che vi era al di fuori. In ogni caso non mi dispiacque dare un'occhiata fuori e notare le casette in pietra che si estendevano per chilometri; tutte di forme e dimensioni diverse, con colori diversi e persone che vi abitavano diverse. Però non vidi sofferenza, né persone piangere. Erano tutti molto allegri e quando videro la carrozza reale passare di lì, salutarono tutti quanti e mandarono baci, inchini e fiori.

Sorrisi.

- Ti piace il nostro regno? - chiese lei interrompendo i miei pensieri.
- È molto allegro, Vostra Maestà. Non ho ancora visto orfani piangere, né guardie minacciare il popolo. Come fate a vivere in modo così armonioso? -
- So dove vuoi andare a parare... Vuoi che ti racconti di Dymeaka. Ma scommetto che te ne avranno già parlato a corte e io non credo alle leggende. - disse lei.

Si era seduta composta e sembrava a disagio, al ché afferrò il suo ventaglio e lo mosse davanti al viso. Cosa che rese quel contesto ancora più divertente, perché al di fuori c'era ancora la neve.

- Una principessa che scommette non mi era mai capitata. -

- Probabilmente hai conosciuto solo delle bislacche e viziate principessine di basso rango... - commentò distogliendo lo sguardo.

- Beh, anche voi siete viziata. -

Voltò la testa verso di me a rallentatore e iniettò la sua rabbia con tale furore da farmi raggelare.

- Viziata? Io? E voi siete... siete... Terribile! - ringhiò lei passandosi una mano sul petto, come a volermi fare capire che l'avevo davvero ferita con quel commento.

- Sono così terribile che avete scommesso contro vostro padre per avermi come cavaliere. E adesso mi sopporterete, con tutte le mie battute e i miei commenti. -

- Non dimenticare che sono la principessa, la tua principessa. -

- E io sono più grande di voi, con più esperienza e sicuramente più matura e ho tutto il diritto di dire che siete una principessa viziata. E lo conferma il fatto che abbiate fatto di tutto per avermi qui con voi, ergo non accettate di perdere qualcosa. -

Scosse la testa piano ma poi scoppiò a ridere divertita da quella conversazione.

- Da quando l'età vale più dello status sociale? - domandò trattenendo una risata.

Aveva già riso in mia presenza, ma adesso lo faceva di pancia. Senza pensarci più di tanto.

- Non lo so, ma immagino sia così. -
- Immaginate male. -

Chiudemmo quella conversazione così perché la carrozza si fermò, i cavalli nitrirono e io scesi e feci strada alla principessa. Il sentiero lastricato era stato appena pulito e brillava sotto al sole. Mi chiedevo come fosse possibile che tutta quella neve non si sciogliesse, eppure il sole continuava a battere forte.

- Non pensavo foste così tanto devota, principessa. - commentai guardando il tempio. In una settimana eravamo già andate lì tre volte, lei aveva parlato con i sacerdoti e aveva pregato assieme a loro, io ero rimasta ferma a fare la guardia e poi era tornata come se nulla fosse.
- Non lo sono. Ma ricordati che uno dei più grandi nemici della corona è la chiesa. Sembra così strano, no? Due realtà così simili e nettamente diverse. - commentò lei incamminandosi.

- Non dovreste passare il vostro tempo cercando un mari...- non riuscii a finire la frase perché lei mi interruppe.
- E questo chi te lo ha detto? Mio padre? Lascialo perdere. Io non mi sposerò mai. - e continuò a camminare verso quella struttura antica che si reggeva su enormi colonne portanti e si innalzava verso gli dei.

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