VIII. Strega Sakhalla
Gli avvenimenti degli ultimi giorni mi avevano sconvolta. Quando avevo visto la mercenaria tirarsi indietro alla cerimonia di investitura, lasciare tutte le armi a terra e andarsene mentre stavo ancora parlando avevo avuto un mezzo attacco d'ira.
Mio padre rise quando vide quella scena, consapevole che un tale gesto comportava la pena di morte e quella stupida incosciente aveva rischiato così tanto pur di non starmi accanto. Avevo avuto modo di pensare in quei due giorni di attesa e la mia cameriera Rika aveva sopportato i miei repentini cambiamenti d'umore con molta pazienza.
- Altezza, forse dovreste lasciare perdere. È un ingrata... una vera idiota se non accetta un simile onore! - aveva sostenuto lei, quando mi aveva vista crollare sul letto e stringere forte il cuscino. Era l'unica che aveva visto anche la parte più fragile di me, quella che nessuno doveva vedere. Perché una principessa non deve mostrarsi debole, indecisa né mai confusa. Deve essere sempre perfetta in tutto e Rika, che è la cameriera che mi serve da quindici anni, ha visto esattamente tutto quello che nessuno dovrebbe mai vedere.
- Forse ho sbagliato modi? Perché le fa tanto schifo l'idea di farmi da cavaliere? La disgusto? - mi ritrovai a farfugliare.
- Siete andata a trovarla dopo... beh, quello che è successo? - chiese mentre sistemava le ultime cose per la mia stanza.
- Sì. Ha accettato ma non sembra convinta. Credo che alla prima occasione proverà a scappare, a lasciarmi sola. - sostenni e la vidi indietreggiare con alcuni vestiti stretti tra le mani.
Era una ragazza paffuta, di poco più grande di me e un sorriso sempre amichevole e affabile. Disponibile a scambiare qualche chiacchiera anche nei momenti più tristi.
- Se dovesse accadere... Oh cielo... Vostro padre le farà la pelle. Dovete assicurarvi che non faccia mai una cosa del genere... sarebbe una vera disgrazia! Perché avete questa fissazione per lei? Se non vi vuole servire mandatela al patibolo, no? - aveva detto la donna mentre si accingeva a chiudere le tende in raso.
Mi passai le mani tra i capelli, inorridita da quella domanda. Le feci cenno di uscire e lei dopo un piccolo inchino, uscì fuori dalla mia camera.
Non poteva certo sapere il perché. E una comune serva, per quanto onorevole, non può intromettersi in affari che non la riguardano. Per questo Rika doveva restarne fuori e allo stesso tempo io dovevo avere delle risposte. Alla fine quella domanda me la ponevo anch'io.
Perché la profezia parla di lei? Parla davvero di lei?
Gli occhi della mercenaria combaciavano alla perfezione con ciò che mi aveva detto la strega Sakhalla qualche mese prima. Ed io avevo bisogno di parlare con lei. Ancora.
Ma Sakhalla era sfuggente quanto un ladro perennemente in fuga. Per avere un piccolo incontro con lei, bisognava evocarla bruciando il suo fiore preferito: la viola della neve.
Mi alzai velocemente dal letto e mi diressi verso la grande cassa dove custodisco gelosamente i miei averi più preziosi: anelli, collane, pietre preziose. Mi ci volle un po' per scovare ciò che stavo cercando, gettai all'aria anche un paio di tessuti che mi furono regalati da mio padre dopo un lungo viaggio. In fondo a tutto c'era una piccola cassettina azzurra che tirai fuori con delicatezza e aprii. C'era soltanto un'ultima viola della neve.
Quando ero solo un'adolescente avevo abusato dei poteri di quella strega, per tanto avevo girato in lungo e in largo. Prima raccoglievo quei fiori che crescevano spontaneamente nel cortile del castello, poi però quelli erano finiti e avevo assoldato degli uomini che li raccogliessero per me. Ma non mi rendevo conto che quei fiori fossero rari, che per crescere ci mettono anni.
Sospirai pesantemente all'idea che avrei dovuto spedire qualcuno a cercarne altri.
Il fiore dallo stelo leggero, aveva una corolla bianco argenteo e l'interno era di un rosso rubino.
Lo gettai nel braciere e aspettai che bruciasse. Mi preparai mentalmente a ciò che stava per avvenire: lo avevo fatto mille e più volte. Il fiore urlò. Era una voce sottile, come di un'anima pura colpita da una terribile ingiustizia.
Lasciai che il fiore urlasse ancora e iniziasse a sprigionare del fumo rosso che in poco si espande fino a diventare una nuvola.
- Ci rivediamo, principessa. - disse la voce gracchiante della strega, che comparsa dal nulla, aprì la bocca e inspirò tutto il fumo rosso che si era creato.
- Strega Sakhalla, bentornata. - risposi con un leggero cenno del capo e lei fece lo stesso.
- Cosa ti spinge stavolta a chiamarmi? - domandò corrugando la fronte. Sakhalla era una donna senza età, che pareva avere tutte le caratteristiche di una bambina, di una donna, di un'anziana e di un mostro assieme. Indossava un lungo vestito di un tessuto opaco e spento, di un nero che aveva perso lucentezza. I capelli acconciati in una lunga treccia adorata da piccole ossa di animali e fiori, cadevano pesantemente sulle larghe spalle della donna. Gli occhi severi della donna mi rimproverarono senza dir alcuna parola.
- L'ultima volta che ci siamo viste, mi hai lasciato una profezia. -
- Sì, me lo ricordo. - confermò lei guardando il braciere che ancora ardeva.
- È la mercenaria? Colei che non deve mai allontanarsi da me? -
Lei parve riflettere su ciò che stava per dire. Poi sorrise, si leccò le labbra un paio di volte e annuì.
- Perché? Che cosa accadrà se si allontanerà da me? Chi è quella donna davvero? -
Sakhalla camminò attorno al braciere, lanciando piccoli cristalli al suo interno che scoppiettarono al suo interno.
- La mercenaria è la chiave. Senza di lei tutto sarà perso. -
- Perché? Che significa?! Cosa andrà perso? - domandai ancora, alzando la voce.
- C'è un legame tra voi, una maledizione. È una sorta di catena invisibile che vi lega irrimediabilmente allo stesso destino. È come se qualcosa fosse cambiato nel flusso del tempo, come se la parete della vostra anima fosse stata sfondata. C'è un legame forte, che non deve essere spezzato o le conseguenze vi condurranno entrambe sul baratro. - mormorò lei andando avanti e dietro mentre dal braciere una nuvola prese le sembianze di due donne che avevano una catena a legarle assieme. I due capi legavano i cuori delle due.
- Chi mi ha maledetta? - domandai con un fil di voce.
- La domanda non è chi, è cosa. -
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