V. Il rituale
Non compresi cosa stesse accadendo. Avvertii un brivido lungo la schiena quando vidi alcuni servi che borbottavano tra loro, incerti e spaventati.
Mi misi sull'attenti e serrai la mascella. Dovevo tagliare la corda. Non so di cosa stavano parlando ma ero certa che si riferissero a me. Strinsi la presa sull'elsa della mia spada e mi ritrovai tutti quegli uomini e quelle donne addosso.
- Che diavolo...- borbottai. Non volevo fargli del male, ma ho sempre odiato il contatto fisico e averli così vicini mi stava urtando. Tentai di dimenarmi, ma qualcuno si prostrò alle mie gambe. D'un tratto tutti si inginocchiarono, con le mani giunte. Una ventina di uomini e di donne, tutti inginocchio difronte a me con il capo basso che bisbigliavano parole incomprensibili. Aggrottai le sopracciglia. Mi stavano pregando? Pregando per cosa?
- Oh? Ehm... Io... Devo andare. - sibilai tentando di scostarmi, ma due di loro mi avevano afferrato le gambe e pregavano abbarbicati a me. La repulsione era tale che avrei voluto tagliargli la testa, ma mi contenni. Non dovevo spargere sangue in quella città, da ospite. Ero già sventurata di mio.
- Lasciali perdere, stanno soltanto pregando. È il loro rituale per la buona fortuna. - mormorò una voce alle mie spalle, che fu semplice da riconoscere. La sua supponenza e saccenza erano così vividi nella voce dolce e calda che ostentava. Mi voltai e incontrai i suoi occhi, che mi scrutavano. Non sorrideva.
- Perché mi pregano? - domandai osservando quella marmaglia di servi, che ancora continuava a sussurrare frasi in una lingua che non mi sembrava conoscere.
- Il re ha deciso di testare le tue abilità, quindi combatterai nell'arena. E loro non vogliono che tu muoia. Sono sempre molto emotivi. - spiegò, come se fosse la cosa più scontata di questo mondo. Si appoggiò al muro con la schiena e sorrise. Non ci trovai nulla di divertente.
- E dopo mi lascerai andare? - sussurrai, forse con un po' di aggressività nella voce. Lo ammetto, iniziava davvero a stancarmi. Perché dovevo essere lì? Stavo rimpiangendo con tutto il mio cuore il fatto che io fossi arrivata in quel maledetto regno.
- Ammesso che tu sopravviva, ne parleremo dopo. - mormorò lei, facendo qualche passo in avanti. Tutti i servitori si alzarono, lasciandola passare e corsero avanti ed indietro. Avrei scoperto più tardi cosa dovevano fare.
- Sconfiggili tutti, Alexa. Mi dispiacerebbe vederti morire. E poi... ho scommesso contro mio padre, non deludermi. -
Aveva scommesso contro suo padre sulla mia vita? Diventai rossa dalla rabbia, la voglia di metterle una mano sulla gola e stringere si stava facendo sempre più forte. Mi costrinsi a tenere le mani dietro la schiena, ma il mio sguardo mi tradì.
- Non essere arrabbiata. Sono certa che sarà una passeggiata per te. Vado sugli spalti, ti guarderò e farò il tifo per te. - sussurrò accarezzandomi una ciocca di capelli, cosa che mi dava fastidio come poche cose al mondo. Valutai l'idea di radermi i capelli a zero, in modo tale che lei non lo potesse più toccare.
- Sei molto bella quando ti arrabbi. - sogghignò lei, prima di allontanarsi. Riabbassai lo sguardo un attimo.
La folla di servi tornò da me, con un'armatura azzurra. Quando la toccai scoprii che era gelida, come se fosse ghiaccio. Rabbrividii per quel contatto. Era un'armatura maschile, come la maggior parte di quelle che avevo indossato in vita mia, ma stranamente mi calzava a pennello. Anche l'elmo azzurro era freddo, così tanto che quando me lo misero addosso pensai che non sarei più riuscita a respirare.
Quando poi presero la mia spada e la riposero lontano, mi ribellai.
- Ehi! Ehi! La mia spada! No eh! La spada...- ma un servo mi si parò davanti. Sembrava un uomo che ne aveva viste di tutti i colori ed era determinato a sbarrarmi la strada, deviandomi verso una poltrona.
Era come se non fossero autorizzati a parlarmi direttamente, per questo si esprimevano con i gesti. Li guardai in un misto tra pietà e rabbia e acconsentii al loro gesto.
Cosa potevo fare? Darmela a gambe? Quell'armatura era pesante, mi copriva quasi del tutto e sembrava resistente. Ma chi avrei trovato all'uscita? Cos'avrei potuto fare se avessi scatenato l'ira di quella psicopatica egocentrica della principessa Dayana? Sprofondai su quella poltrona e alcuni servi mi diedero da bere, da mangiare e mi massaggiarono i piedi prima di rivestirli con dei pesanti stivali di cuoio.
La bevanda, rinfrescante come poche mi dissetò e la carne, di cui non sapevo la provenienza mi sfamò. Divorai tutto in pochi bocconi e mi ritrovai a riflettere; dovevo combattere. Avevo affrontato centinaia di battaglie, alcune volte mi era capitato di lottare nelle arene. Ma c'era qualcosa in quel regno che mi spaventava e non sapevo se fosse la presenza ossessiva della principessa che si era dimostrata morbosa oppure se fosse colpa dello strano atteggiamento dei suoi abitanti.
Dovevo lottare. Lo avevo sempre fatto. Uccidere era nella mia natura. Avevo imparato a farlo anni prima e non avevo mai smesso...
Quando riaprii gli occhi e fui risvegliata dalle urla di incitamento di migliaia di persone non seppi esattamente come reagire. Mi ritrovai nel bel mezzo di un campo di battaglia, circondata da spalti alti più di cinquanta metri con persone che sventolavano bandiere e urlavano. Tastai qualcosa sotto di me: era neve.
Qualcuno mi aveva spostata nell'arena e tutto ad un tratto mi tornò in mente quella bevanda e la carne che avevo mangiato. Mi ero addormentata. Sonnifero? Incantesimo? Non seppi dirlo, ma il frastuono delle urla mi fece venire un gran mal di testa.
- Ammazzali!- urlò qualcuno.
Stava nevicando, tutto intorno a me era ricoperto da quel velo bianco. Sentii dei passi affondare e mi resi conto che un uomo, alto circa due metri stava caricando contro di me.
- Oh porca... - le parole mi si fermarono in gola e in modo un po' goffo riuscii a evitarlo. La lama della sua spada mi sfiorò di poco la gamba, ma per fortuna non fu un taglio profondo.
- PRENDI LE ARMI! - urlò qualcun altro ed io mi ritrovai a girare il capo. Avanti a me, sul muro che delimitava la vita e la morte, c'era un vasto assortimento di armi di ogni tipo. Presi a correre, impacciata come non mai.
Odio la neve. Mormorai a me stessa constatando quanto mi rallentasse e il fatto che sentissi i piedi ormai ghiacciati. Formicolavano dal fastidio e sentivo i polmoni bruciarmi in petto.
Afferrai la prima spada che mi capitò sotto tiro, con una lama ricurva e affilata. Non ebbi tempo di esaminarla a dovere e scegliere.
L'uomo dietro di me tentò di attaccare ancora, ma io mi abbassai e lui finì spiaccicato contro il muro. Spinsi la lama sul suo collo, una delle parti che l'armatura non può coprire perché altrimenti non si potrebbe voltare il capo. Zampilli rossi di sangue colorarono la neve quando l'uomo cadde in ginocchio a terra, esanime.
Le urla di incitamento si fecero più forti, più eccitate. La loro brama di sangue era molto più forte della mia.
Non mi feci molte domande, ma ben presto mi resi conto che altri due uomini erano pronti ad attaccarmi. Si diressero verso di me assieme.
- Alexa! - urlò.
Quella voce ormai così familiare non riuscì a distrarmi, notai della preoccupazione ma decisa come non mai riuscii ad afferrare anche un'altra lama. Era un pugnale, corto e tozzo. Un passo dopo l'altro i due uomini che erano senz'altro più abituati di me a combattere sulla neve, si stagliarono contro di me ed io saltai conficcando le due armi nell'attaccatura delle braccia, all'altezza dell'ascella. Uno dei due urlò, l'altro invece partì al contrattacco voltandosi di scatto e affondando la lancia nella mia gamba. L'armatura si frantumò come vetro che cade, facendo un rumore infernale. La lama affilata della lancia si schiantò contro di essa e sobbalzò, tornando indietro. Era un dolore lancinante, aveva preso il polpaccio. Trattenni un gemito e rispedii l'arma al mittente, scagliandola con tutta la forza possibile. Essa trapassò l'elmo dell'uomo colpendolo nell'occhio e provocando un foro d'uscita.
Anche qui si levarono urla, qualcuno applaudì e delle trombe suonarono. Alzai il capo e vidi il re e la principessa che mi guardavano con un sorriso sul volto. La principessa avvolta in un vestito drappeggiato viola lanciò un fiore.
- Secondo round! - gridò qualcuno. E le porte ai lati si aprirono. Dei coccodrilli da destra e dei leoni da sinistra.
- Ma porca troia. -
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top