La Queen's Academy

Anna appuntò una spilla viola sulla sua camicetta e proseguì con un'aria visibilmente fiera, seguendo il flusso di ragazzi e ragazze che si dirigevano verso le rispettive aule. La spilla, su cui erano incise le iniziali Q.A., le era stata data dalla responsabile delle matricole alla Queen's Academy, una certa Miss Qualcosa - Anna era stata troppo presa dall'emozione del momento per prestare attenzione a mere formalità quali le presentazioni - la quale, insieme alle spille, aveva distribuito anche un foglio con le attività previste per il primo giorno di scuola.

"Oh Diana, ti prego leggilo tu" aveva implorato Anna, rivolta all'amica che le camminava di fianco. "Ho le mani che tremano e finirei per sgualcire questo splendido foglio... pensi sia carta di betulla?"

Diana si schiarì la voce, nella speranza di recuperare l'attenzione della sua interlocutrice, che quella mattina era più sfuggente del solito, e cominciò a leggere ad alta voce:
"Ore 9: Discorso di Benvenuto del Preside, aula magna..."

"...che dovrebbe essere questa" aggiunse Anna, fermandosi a pochi passi da una maestosa porta, che in quel momento era aperta. Decine e decine di studenti la stavano varcando. Anna esitò, non osando sporgersi nemmeno per dare un'occhiata veloce a quello che c'era dall'altra parte. Doveva trovare un modo per dare a quel momento la solennità che meritava, allorché appoggiò la mano sinistra sul petto, proprio sopra la spilla, e con la mano destra cercò quella di Diana. Le due amiche si scambiarono uno sguardo d'intesa. Stava succedendo veramente: erano alla Queen's - entrambe! - e stavano per scrivere le prime parole di questo nuovo capitolo della loro vita. Insieme, varcarono la porta, ritrovandosi in una stanza enorme e gremita di studenti, che uno dopo l'altro stavano occupando le file di sedie rivolte verso un piccolo podio centrale. Diana stava cercando due posti liberi, quando Anna notò una ragazza bionda che, seduta in una delle file centrali, si stava sbracciando per attirare la loro attenzione.

"Josie!" esclamò Anna. Diana seguì lo sguardo dell'amica e la vide anche lei.

"Guarda, ci sono anche Tillie, Jane e Ruby..."

"...e Moody" puntualizzò Diana, notando il ragazzo che, come ci si poteva aspettare, aveva preso posto proprio di fianco alla sua prediletta. "Povero Gilbert, ormai ha perso la sua occasione con Ruby!"

"Eh sì, povero Gilbert!" ammiccò Anna con un sorriso malizioso, che resistette solo pochi secondi prima di spegnersi in un'espressione più malinconica. Diana rivolse all'amica uno sguardo comprensivo.

"Ti manca, vero?"

Anna fece un respiro profondo, con lo sguardo perso nel vuoto. "Vorrei solo che Toronto non fosse così lontana..."

Una voce amica la destò dai suoi pensieri.
"Anna, Diana!"
Le ragazze seguirono la voce e individuarono Josie, che avevano ormai raggiunto. La ragazza dai boccoli dorati indicò i posti vuoti vicino a lei, facendo cenno di raggiungerla, così le ultime arrivate si fecero strada tra la folla, infilandosi nella fila dove erano sedute le loro compagne.

"Bentrovate amiche" esordì Diana.
"Moody" disse rivolta al vicino di Ruby, il quale ricambiò il saluto con uno dei suoi sorrisi amichevoli.

"Dove vi eravate cacciate?" chiese allora Ruby, che si accorse dall'arrivo di Anna e Diana, solo dopo che Moody le ebbe salutate. "Vi abbiamo perso di vista al punto di accoglienza."

"Già, eravamo convinte foste dietro di noi..." aggiunse Jane.

"Temo sia colpa mia, ragazze" ammise Anna con tono colpevole, "non riuscivo a scegliere il colore della mia spilla. Il viola e lo scarlatto sono ugualmente divini, non trovate?"

"Oh Anna, non cambierai mai..." sbuffò Josie, la quale però, notando la smorfia ferita di Anna, si affrettò ad aggiungere con il tono più gentile di cui fosse capace, "...e meno male!"

Anna sorrise, commossa da quel raro slancio da parte di Josie Pye. Quanta strada che avevano fatto, loro due. Se solo ripensava a tutte le incomprensioni, gli sguardi sprezzanti, le frecciatine... Mentre indugiava su simili pensieri, Anna iniziò inconsciamente a osservare le persone che la circondavano. Nell'aula, ormai quasi piena, confluivano studenti di ogni tipo: in gruppo, da soli, ancora assonnati, visibilmente agitati. I nuovi arrivati, come lei, erano facilmente riconoscibili: avevano tutti quell'espressione euforica adombrata da un cupo velo di spaesamento. I ragazzi più grandi, che erano la maggioranza, erano ben più a loro agio e si muovevano con la padronanza di chi, ormai, si sente a casa. Fino a poche settimane prima, Anna si era sentita esattamente come loro. La scuola di Avonlea era stata la sua seconda casa, dopo Green Gables naturalmente. Era abituata a trovarsi dalla parte dei "ragazzi grandi", quelli a cui bambini delle elementari guardavano con rispetto e ammirazione. Adesso, invece, la situazione si era capovolta, e Anna si sentiva di nuovo la piccola bimba intimorita di qualche anno prima. Gli studenti della Queen's, soprattutto quelli dell'ultimo anno, erano ormai giovani adulti, pronti a spiccare il volo nel mondo dei grandi. Anna non aveva ancora deciso se invidiarli o se pensare con terrore al giorno in cui sarebbe diventata come loro... combattuta da questo dubbio amletico, alla fine fu sopraffatta, come suo solito, da un turbinio di emozioni contrastanti. Ancora una volta, una voce interruppe il suo flusso di pensieri. Questa volta, però, non fu in grado di riconoscere da chi provenisse.

"Posso sedermi qui?"

Anna e le sue compagne sollevarono gli occhi verso il ragazzo che aveva parlato e rimasero a fissarlo in silenzio per una manciata di secondi. Persino Ruby, seppur per un solo istante, si dimenticò completamente della presenza di Moody al suo fianco. Il gruppo spostò lo sguardo dallo studente misterioso alla ragazza a cui questi aveva appena rivolto la sua domanda. Diana, agitata da tutta quell'attenzione improvvisa, dimenticò quanto le era stato chiesto e si ritrovò ad improvvisare, abbozzando un sorriso cordiale.

"Come prego?"

"Il posto affianco al vostro, è libero?"

Diana sembrava confusa e improvvisamente incapace di sostenere una conversazione tanto banale, proprio lei che era stata educata per essere una maestra del dialogo. Il silenzio che era calato stava ormai rasentando l'imbarazzo.

"Certamente" rispose Tillie al posto di Diana, impaziente di vincere la simpatia di un ragazzo così avvenente e visibilmente più grande di loro. Nonostante tali sforzi, lui a malapena udì le sue parole, per le quali espresse riconoscenza, senza mai però distogliere lo sguardo da Diana.

"Vi ringrazio. Il mio imperdonabile ritardo ha reso quasi impossibile la ricerca di un posto a sedere. Avete salvato la mia mattinata, signorina" e così dicendo si sistemò sulla sedia vuota, appoggiando sullo scrittoio integrato al bracciolo della sedia i libri che fino a quel momento aveva tenuto tra le braccia conserte. Il ragazzo non sembrò minimamente turbato dall'inflessibile silenzio di Diana, che aveva tenuto per tutto quel tempo lo sguardo fisso sul palco davanti a sé, con una freddezza a cui Anna lì per lì non seppe dare alcuna spiegazione.

"A proposito, voi siete la signorina...?"
La domanda fu posta con una curiosità sincera e priva di malizia, tale da conquistare la simpatia di Anna, la quale, dal canto suo, non poté impedire alle farfalle di iniziare a volare nel suo cuore al ricordo lontano e tanto caro che quel comune appellativo suscitava in lei.

"Diana" si intromise nuovamente Tillie, in un ultimo e disperato - nonché vano - tentativo. "Si chiama Diana."

"Signorina Barry" intervenne prontamente Diana, come improvvisamente ridestata dalla necessità di porre rimedio all'intervento inopportunamente confidenziale di Tillie. Per la prima volta dal suo arrivo, degnò il ragazzo di uno sguardo.

Anna si sentì ferita da quella risposta tanto brusca, come se fosse stata rivolta direttamente a lei. Proprio non riusciva a decifrare il comportamento della sua migliore amica. Trovò comunque fonte di consolazione notando che l'espressione sul viso del ragazzo era serena in misura eguale, se non maggiore, rispetto a pochi minuti prima.

"Ebbene, signorina Barry, Roy Gardner le porge i suoi migliori auguri per questo anno accademico" disse lui prima di rivolgere a sua volta completa attenzione al palco - dove nel frattempo si era sistemato quello che Anna intuì fosse il preside - mostrandosi rispettoso per la non troppo implicita volontà di Diana di mantenere una certa formalità, e rivelando al contempo una sottile vena ironica.
Ricevette un cortese quanto distaccato "altrettanto" come unica risposta.

Anna scrutò Diana nella speranza di capire cosa l'avesse turbata.
"Diana, va tutto bene?"
Le sue parole furono poco più di un sussurro, onde evitare che raggiungessero le orecchie del loro vicino. Diana eluse la domanda di cortesia e diede all'amica la risposta a cui stava effettivamente cercando di arrivare.

"Sono qui per la mia educazione, Anna, non per essere corteggiata."

"Ma lui non..."

"...non fa differenza. Ho lottato duramente per essere qua e non ho intenzione di concedermi distrazioni, men che meno spasimanti. Qui non siamo a Parigi."

"Sì, mi sembra piuttosto evidente..."

Ad Anna venne risparmiata un'occhiata implacabile solo grazie al canuto signore dall'aria distinta che prese finalmente la parola, introducendosi nel suo discorso.

"Cari studentesse e studenti della Queen's Academy, è con grande onore che do a tutti voi il benvenuto per questo nuovo anno scolastico!"

Anna sentì il cuore sobbalzarle nel petto, incapace di contenere l'emozione del momento. Quelle parole d'esordio, come una formula magica, spazzarono via ogni frivola preoccupazione, ridestando in lei l'incontenibile smania che l'aveva accompagnata nei giorni precedenti. Sarebbe stato un anno a dir poco grandioso, ne era fermamente certa.

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