TWENTY TWO
Liu trattenne il fiato con sgomento; il sottile ed appuntito frammento di ceramica sfiorava la sua pelle facendolo rabbrividire.
Jeff brandiva quell'arma improvvisata con un'espressione di follia disumana sul volto, ed era così euforico che le sue braccia tremavano come fosse in preda ad una serie di violente convulsioni.
-Jeff...- mormorò il castano, deglutendo a fatica. Era letteralmente paralizzato dalla paura; negli occhi del fratello leggeva che questa volta probabilmente non si sarebbe fermato.
La mano del killer aumentò l'intensità della stretta sul coccio, mentre iniziava a premerlo sul collo di Liu con una lentezza snervante. Allo stesso tempo iniziò a ridere in modo incontrollato, passando la lingua sulle labbra come se stesse già assaporando la consistenza e la dolcezza del suo sangue.
-Jeff, ti prego....torna in te- balbettò ancora il fratello maggiore, che incapace di reggere quella tensione chiuse gli occhi e strinse le palpebre più forte che poté, quasi come se in quel modo avesse potuto annullare ciò che gli stava accadendo.
In quel momento per qualche motivo Jeff riuscì a recuperare parzialmente il controllo di se; la sua risata folle ed incontrollata si placò in modo improvviso, e ritrasse la mano; una piccola ferita era già stata aperta sul collo del castano, ma non era nulla di grave.
"Ma cosa sto facendo" pensò il moro, guardando con aria confusa e disperata l'arma che reggeva ancora nella mano destra.
Stava per gettarla a terra, quando il suo sguardo si posò sulla piccola goccia di sangue rosso che adesso fuoriusciva dal collo di suo fratello.
Ed una nuova ondata di follia, più intensa della precedente, scosse il suo corpo e si impadronì ancora una volta della sua mente.
La sua fu una lotta straziante contro il mostro che si agitava nella sua coscienza; avrebbe fatto di tutto per impedirgli ancora di prendere il controllo, ma la sua volontà non fu sufficiente a batterlo neppure questa volta.
Tornò ad impugnare con forza quel frammento di ceramica appuntito, e con un movimento rapido e deciso lo conficcò nell'addome di Liu senza alcun tipo di esitazione.
Il castano emise un grido di dolore ed abbassò lo sguardo, laddove adesso il frammento di piatto era conficcato profondamente nella sua pelle.
In preda ad un dolore atroce sollevò ancora la testa, ed incrociò gli occhi chiari e vuoti del killer.
-Jeff... Ma cosa... Hai fatto...- mormorò con un filo di voce.
In quell'esatto momento l'espressione sul volto del moro tornò a cambiare una seconda volta; inevitabilmente un ghigno di terrore piegò il suo viso.
Guardò il coccio conficcato nell'addome del suo amato fratello, e sentì un'angoscia soffocante schiacciarlo come una formica sotto ad una scarpa, mentre con le mani tentava invano di estrarlo.
-Io...Io... Non lo so...- iniziò a balbettare, mentre un incontrollabile panico si faceva rapidamente strada nella sua mente.
Aveva colpito suo fratello.
Lo aveva fatto davvero.
-As..Aspetta- balbettò ancora, portando le mani sul busto dell'altro. -Siediti Liu, andrà tutto bene- mormorò.
Il castano si lasciò scivolare con la schiena lungo il muro adagiandosi poi a terra, con un gemito di dolore.
Le mani tremanti di Jeff raggiunsero l'oggetto di ceramica e lo afferrarono delicatamente. -Ci penso io... Sistemo tutto io- continuava a farfugliare.
Per la prima volta, Liu riusciva a vederlo realmente in preda al panico, del tutto spogliato di ogni suo meccanismo di difesa.
Jeff estrasse l'oggetto dal busto del fratello con un movimento secco e deciso, per poi lasciarlo cadere sul pavimento; poggiò poi entrambi i palmi sulla ferita aperta, per contenere la fuoriuscita di sangue.
*
Dagli ultimi gradini delle scale, con la bocca tappata da entrambe le mani e gli occhi sgranati, la mamma aveva assistito a tutta quanta quella raccapricciante scena.
*
-Scusami... Scusami, Liu, scusami- mormorò a voce bassa, scoppiando a piangere come un bambino.
Il castano si sforzò di fare un sorriso, nonostante il dolore e la tensione di quel momento. -È tutto ok, starò bene- gli disse, tra un rantolo di dolore e l'altro.
Ma Jeff, affogato nelle proprie lacrime, non riuscì neanche a sentire quella risposta. Continuava a premere le mani sulla ferita, sentendo la sua pelle bagnarsi di quella sostanza rossa e densa che fin troppo bene conosceva.
L'odore raggiunse le sue narici, ma non scatenò nessuna folle reazione nella sua mente malata.
Il suo corpo era ormai scosso da un susseguirsi di spasmi; era stroncato dalla paura di perdere la persona più importante della sua vita, e tormentato da un inevitabile senso di colpa che continuava a salire occupando uno spazio sempre maggiore nella sua mente.
Era così scosso che dapprima non percepì il contatto con la mano di Liu, quando essa si posò dolcemente sulle sue.
-Sto bene, Jeff. Non piangere-.
Quella frase giunse alle sue orecchie ovattata; Jeff aveva la vista appannata a causa del pianto che lo scuoteva come una bandiera al vento, tremava come una foglia e la sua mente era un groviglio di emozioni e pensieri ai quali non riusciva più a dare un senso.
Aveva distrutto tutto.
Ancora una volta.
-...Sono un mostro...- mormorò, abbassando la testa. Era tornato a sentire sulla sua pelle tutto il dolore e la disperazione che aveva provato anni prima, la maledetta sera in cui aveva perso la ragione.
Ogni emozione e debolezza che aveva nel tempo represso e nascosto, stava tornando a galla più forte ed invadente di prima.
-No che non lo sei, Jeff- rispose Liu, che nonostante tutto continuava a sorridere.
Il moro riuscì in quel momento a recuperare un po' di controllo; affogò i polmoni in una gran boccata d'aria e sollevò di colpo la testa.
-Tieni una mano sulla ferita- disse, annaspando. -Io chiamo i soccorsi!-.
Ma non appena si fu alzato in piedi, un suono per lui fin troppo familiare raggiunse le sue orecchie.
Era intenso, fastidioso, ripetitivo.
La sirena di una volante della polizia.
Istintivamente si avvicinò alla finestra poggiando la fronte contro al vetro; un automezzo aveva appena posteggiato dinnanzi all'ingresso della palazzina, e quattro agenti armati si affrettavano a scendere per poi correre in direzione dell'ingresso.
Jeff tornò a voltarsi indietro, con le palpebre spalancate ed i battiti accelerati. Incrociò con lo sguardo la figura di sua madre, adesso in piedi dietro alla porta.
La donna stringeva ancora nella mano destra il suo cellulare, e piangeva in modo incontrollato.
-Ho...Dovuto farlo- mormorò, incurante dello scorrere delle lacrime sul suo viso.
-Ho chiamato la polizia-.
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