TWENTY FIVE

Sei giorni dopo..

-Hai preso tutto?-.
Liu annuì debolmente, mentre sua madre si allontanava lungo il corridoio sterile dell'ospedale.
La seguì senza dire una singola parola, reggendo a fatica una valigia piena dei vestiti di ricambio che giorni prima la donna gli aveva portato.
Era stato dimesso dopo sei giorni di ricovero, visto il suo rapido recupero fisico e la rassicurante stabilità delle sue condizioni; ma con la raccomandazione di assumere con costanza i farmaci prescritti, e ripresentarsi presto per un controllo sulla guarigione della ferita.
-Cerca di sbrigarti- lo incoraggiò la donna, che nel frattempo aveva premuto il tasto di richiamo dell'ascensore. -L'appuntamento è tra mezzora-.
Erano stati convocati dal locale corpo di polizia penitenziaria per ricevere aggiornamenti riguardo alle sorti di Jeff; tuttavia papà aveva rifiutato di partecipare, accampando la scusa di essere impegnato con il lavoro.
Non appena si trovò fuori dall'ospedale, Liu affogò i suoi polmoni in un'abbondante boccata d'aria fresca; gli parvero passati secoli, dall'ultima volta che lo aveva fatto.
Salì in macchina con evidente fatica, a causa del dolore acuto che ancora gli causava la ferita sull'addome; ma la sua mente, in quel momento, era altrove.
La mamma si sistemò sul sedile ed avviò il motore, lanciandogli un rapido sguardo carico di preoccupazione; dopo ciò che era accaduto, non era più riuscita ad instaurare un dialogo con suo figlio.
Lui la evitava in tutti i modi che gli erano possibili; anche se non lo aveva detto apertamente, la accusava di aver distrutto per sempre la vita di Jeff.
E probabilmente aveva ragione.
-Metti la cintura, Liu- esclamò distrattamente la donna, abbandonando il parcheggio dell'ospedale per inoltrarsi nella tangenziale.
Durante tutta la durata del viaggio, il castano tenne lo sguardo fisso sul finestrino, perso nello scorrere del paesaggio cittadino attraverso di esso. La sua mente era in subbuglio, il suo cuore frantumato in troppe piccole parti.
Già sapeva che non vi sarebbe stata speranza per suo fratello; quel colloquio sarebbe stato solo l'ennesima pugnalata nel suo petto già devastato.
L'auto accostò al marciapiede, davanti alla sede locale della polizia penitenziaria.
Il castano aprì la portiera e scese, stingendo i denti nel momento in cui i punti sulla sua ferita andarono in tira punzecchiando la pelle lacerata.
Sollevò lo sguardo sulla struttura in mattoncini rossi che adesso si erigeva davanti a lui, e fu scosso da un brivido nel momento in cui la mano di sua madre si poggiò sulla sua spalla.
-Coraggio, Liu, supereremo anche questa-.
Il ragazzo si ritrasse. -Non toccarmi, per favore- ghignò, iniziando a salire le scale che conducevano al portone.
All'interno furono accolti da una guardia, che indicò loro in quale ufficio erano stati convocati; la porta era chiusa, avrebbero dovuto attendere.
Liu si mise stancamente a sedere nella sala d'aspetto, mentre sua madre lo osservava in silenzio con la schiena appoggiata al muro. Si chiedeva se vi sarebbe mai riuscita, a recuperare il rapporto che aveva con lui.
Dopo circa dieci minuti, l'attenzione di entrambi fu catturata dal repentino aprirsi della porta. Fece capolino un giovane poliziotto, che li osservò con la fronte aggrottata.
-Siete la famiglia Woods?- domandò.
La mamma si avvicinò per prima, con movimenti nervosi. - Sì, siamo noi...- mormorò.
L'agente annuì e fece cenno ad entrambi di entrare, per poi richiudere la porta del suo ufficio.
Si sistemò a sedere dietro ad una scrivania quasi del tutto sgombra, ed indicò agli altri due le poltroncine in pelle poste lì davanti.
-Accomodatevi-.
Liu si mise a sedere per primo, con lo sguardo perso sulle mattonelle rosse che calpestava con le suole delle scarpe.
-Chiaramente sapete già perché siete stati convocati- iniziò a dire, intrecciando le dita. -Vorremmo informarvi sulle procedure, che seguono l'arresto di Jeffrey Alan Woods-.
Il castano emise un lungo sospiro; non era per niente sicuro che avrebbe potuto sopportare quella conversazione, emotivamente parlando.
-Innanzitutto, voglio darvi una buona notizia... Se così può essere definita-. Fece un sorriso forzato. -La pena da scontare per i crimini commessi da Jeffrey è senza ombra di dubbio l'ergastolo ostativo, che rappresenta la pena massima prevista dal nostro ordinamento- spiegò. -In poche parole, si tratta di una reclusione a vita senza sconti o benefici-.
Liu trattenne il fiato, ed ebbe l'impressione di star sprofondando in quella poltrona. Era una cosa che già sapeva, ma sentirsela dire da un'ufficiale fu per lui un colpo davvero troppo duro da incassare.
-Tuttavia, Jeffrey Woods ha confessato ogni singolo crimine di cui è stato fin d'ora accusato- continuò a dire il poliziotto. -Non ha opposto alcun tipo di resistenza, ed ha anche fornito molti dettagli dei quali le forze dell'ordine erano sprovviste-.
-Quindi?- domandò a quel punto Liu, con un filo di voce.
-Quindi è molto probabile che l'ergastolo ostativo al quale è stato condannato, possa essere trasformato in un ergastolo semplice. Il che gli consentirebbe, in caso perdurante buona condotta, di ottenere un paio di permessi d'uscita per incontrare i familiari-. Si interruppe per grattarsi la barba.
-Ad ogni modo, potrà avere accesso a tale beneficio solo mantenendo una buona condotta a partire da ora per la durata di quindici anni-.
Nell'udire quella frase, Liu si sentì travolgere la una tremenda rabbia. Tentò in tutti i modi di reprimerla, ma crebbe d'impazzire se non l'avesse sfogata almeno in piccola parte.
-Quindici anni?- ripeté, con la voce che tremava. -Meraviglioso, in effetti è proprio una bella notizia-.
Lo sguardo dell'agente si fece improvvisamente più freddo. -Se consideriamo che stiamo parlando di un pluriomicida di fama internazionale, signor Woods, direi che questa concessione sarebbe praticamente una benedizione per suo fratello-.
Il castano abbassò la testa e tacque.
Non doveva lasciarsi cogliere dalle emozioni; non sarebbe servito a niente, se non a complicare maggiormente quella già spinosa situazione.
La madre lo guardò preoccupata, poi tornò a voltarsi in direzione dell'agente.
-Per caso possiamo... Parlare con l'avvocato che sta seguendo il caso di Jeff?- domandò, con una voce debole e stanca.
Il giovane poliziotto scosse la testa. -Signora Woods, suo figlio ha rifiutato l'aiuto di un avvocato- le disse. -In effetti ha esplicitamente detto di voler essere punito per i suoi reati, senza alcuno sconto-.
Gli occhi di Liu si riempirono di lacrime, ma non pianse.
-Possiamo...- farfugliò, distrutto.
-Possiamo vederlo?-.

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