ONE

"Mi manchi tantissimo... Ti prego Jeff, torna a casa".

La luna splendeva nel cielo notturno, dietro al vetro sottile della finestra. Metà faccia lucente, metà avvolta nel buio.
Liu la osservava disteso immobile sul suo letto, la testa poggiata al cuscino e lo sguardo fermo; una percepibile sofferenza trapelava dall'espressione del suo volto, ma è difficile immaginare che cosa stesse pensando.
Sospirò pesantemente, e si voltò lentamente dall'altro lato. Dalla finestra socchiusa entrava un lieve venticello, ed i rumori della strada; il debole canto di qualche uccello, il passaggio di qualche auto di tanto in tanto.
Liu aveva da poco compiuto ventitré anni, e la sua vita non era di certo andata per il verso che avrebbe sperato. Aveva lasciato gli studi, non riusciva a trovare uno straccio di lavoro, e doveva convivere con due genitori che, travolti da una disgrazia, non erano mai più tornati ad essere quelli di prima.
Non era di certo questo che avrebbe sperato, quando da piccolo fantasticava sul suo futuro immaginando tutto quello che avrebbe potuto fare e sarebbe potuto diventare.
E pensare che era sempre stato un ragazzo intelligente, bravo a scuola ed entusiasta di imparare. Forse sarebbe davvero diventato una persona di successo, se solo quella disgrazia non fosse accaduta; quell'evento indimenticabile che, come un treno in piena corsa, aveva investito le loro vive sfracellandole in mille pezzi. Troppi per essere ricomposti.
"Mamma piange sempre. Papà a volte non rientra neanche a casa".
Il ragazzo si girò tra le lenzuola più e più volte, ma la sua mente non smetteva di galoppare tra i ricordi ed alla fine, esausto, fu costretto ad alzarsi. La sua psiche sembrava padrona di sé stessa ormai; quando decideva di voler torturarsi con i ricordi, quando voleva ossessionarsi e riempirsi di rimpianti e sensi di colpa, proprio non c'era modo di fermarla.
E non c'era cosa più dolorosa, per Liu, dei ricordi.
Poggiò entrambi i palmi sul materasso e chinò la testa; una ciocca di capelli scese giù celando, almeno in parte, le cicatrici che deturpavano il suo volto.
Quei segni sulle sue guance non avevano inciso soltanto il suo viso, ma anche il suo cuore: erano l'ultimo ricordo che aveva di suo fratello, come una brutta foto di famiglia, storta e sfocata, ma che a te pare ugualmente bellissima. Non tanto per ciò che è, ma per quello che rappresenta per te.
E lui quella foto l'avrebbe portata addosso per tutta la vita. Ogni volta che rivolgeva lo sguardo allo specchio lei era lì, a ricordargli quello che era successo, a sussurrare che suo fratello non c'era più.
Due grossi solchi biancastri, sulle guance e su naso, incisi dalla lama di un coltello da cucina.
Si lasciò cadere giù di schiena, e si ritrovò a fissare il soffitto bianco sopra di sé. La stanza era silenziosa, ma poteva udire il ticchettare di piatti e pentole al piano di sotto; mamma stava preparando la cena.
Contò mentalmente fino a dieci, respirando lentamente, poi si sollevò un'altra volta, questa volta mettendosi in piedi. Prese il telefono dal comodino, e scese al piano inferiore.
-Liu, dammi una mano. Ho bruciato il pane-.

.....

Ora della cena, tutti e tre seduti al tavolo della cucina. Liu osservava il cibo nel suo piatto, mentre con la coda dell'occhio scrutava anche il padre, intento a giocare con un app sul telefono come niente fosse. Il piatto fumante proprio davanti a lui, leggermente spostato a sinistra per fare spazio al braccio con cui reggeva l'apparecchio elettronico. Papà era incurante di ciò che gli accadeva intorno, era sempre incurante di tutto; cercava sempre di distrarsi, di portare i suoi pensieri altrove per non vedere e non pensare a quella realtà che per lui era diventata priva di significato. E così non parlava mai; leggeva, guardava video, si lasciava imbambolare dalla tv e spesso usciva per fare lunghissime passeggiate, o almeno così diceva lui. In realtà, probabilmente, andava a bruciare parte dello stipendio seduto allo stupido bancone di un bar.
-Se non mangiate si fredda- esclamò la mamma.
Liu annuì ed afferrò la forchetta; il silenzio nella stanza era interrotto unicamente dalla musichetta allegra proveniente dal telefono di papà, chissà a che cosa stava giocando, pensò. Il ragazzo sollevò ancora lo sguardo e cercò di distinguere le immagini sullo schermo, per verificare se per caso fosse un gioco di sua conoscenza; assottigliò lo sguardo, ma non riuscì a vedere quasi nulla a causa del riflesso della finestra che si proiettava sullo schermo.
-Parlo con voi due!- gridò ancora mamma, sbattendo i pugni sulla tovaglia.
Liu scosse la testa nervosamente, e questa volta si mise davvero a mangiare; mentre il padre continuò a giocare per un altro minuto almeno, per poi decidersi a spegnere quell'aggeggio e concentrarsi finalmente sul piatto anche lui.
-Io non so più che cosa devo fare...-. Mamma era esausta, esausta della loro disperata situazione, esausta di soffrire inghiottita dai ricordi e dai rimpianti. La loro famiglia era distrutta per sempre, irrecuperabile.
Un figlio caduto in depressione.
Un marito ormai completamente assente.
Ed un altro figlio che... Aveva perso per sempre.
Tutto quello che i genitori di Liu avevano costruito nei loro quindici anni di matrimonio era andato in frantumi, e ciò che restava era solo una squallida esistenza che ognuno di loro, a modo suo, rifiutava.
Vivevano in un piccolo condominio di periferia, costruito in blocco assieme a molti altri, tutti identici, tutti affacciati sulla stessa via. Era un luogo abbastanza tranquillo, confinante con un parco giochi per bambini ed un piccolo fiumiciattolo; lì, avevano pensato mamma e papà, i loro due bambini sarebbero cresciuti in un ambiente sicuro e tranquillo.
E così era stato, in effetti.
Tuttavia adesso, quel modesto appartamento che era stato il loro nido sicuro, aveva del tutto perso la sua magia. Ogni muro, ogni mobile, ogni oggetto ricordava tante cose belle, ma tutto si ricollegava inevitabilmente a quel giorno.
Il giorno in cui ogni cosa cambiò.
È come vivere dentro ad un incubo, intrappolati in una casa che non senti più tua, in una vita che non senti più tua.
Ed ogni volta che Liu entrava nel bagno, e si avvicinava allo specchio per lavarsi la faccia, sempre la stessa immagine appariva violentemente nella sua mente.
Il fratello Jeff, in piedi davanti al lavabo, con il coltello in mano e quell'orrendo sorriso inciso sulle sue guance; schizzi di sangue rosso coprivano parte del suo riflesso in quello specchio.

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