NINETEEN

Jeff si sistemò a sedere sul letto, inarcando la schiena per avvolgere le braccia attorno alle ginocchia.
Iniziò a dondolarsi lentamente, generando un lieve fruscio causato dal contatto dei suoi pantaloni son le lenzuola.
Come d'altronde aveva previsto, la sua sete di sangue non tardò a farsi viva.
Sentì crescere lentamente il desiderio dentro di se; dapprima fu solo un pensiero, che si faceva man mano più insistente fino a diventare a tutti gli effetti una necessità. 
Chiuse gli occhi e premette con forza la testa contro alle ginocchia, nel tentativo di recuperare il controllo della sua volontà prima che fosse troppo tardi.
Rimase immobile in quella posizione per diversi minuti finché, percependo un fastidioso dolore alla schiena, dovette sollevare la testa e poggiare i piedi nudi sul tappeto posto affianco al letto.
Più volte delle immagini apparvero nella sua mente; cadaveri, sangue, riusciva quasi a sentire persino il suolo stridulo di alcune grida.
Poggiò i gomiti sulle gambe ed emise un lunghissimo sospiro, cercando di recuperare la calma.
Ma non funzionò affatto; poco dopo, il suo cuore aumentò i battiti e lui iniziò ad annaspare alla ricerca d'aria.
La sua sete di sangue aveva raggiunto un livello troppo alto per essere ignorato; nonostante questo, almeno per il momento Jeff aveva ancora il controllo delle sue azioni.
Riprese a dondolarsi lentamente, tenendo le labbra strette e gli occhi puntanti sul pavimento.
All'improvviso però, il suo muoversi ossessivamente avanti e indietro cessò improvvisamente.
Il killer rimase immobile per una lunga manciata di secondi, poi alzò lo sguardo puntandolo dritto in direzione della porta.  Sulle sua guance si allargò un enorme sadico sorriso, che adesso decorava un volto fregiato dall'espressione malsana.
Stava cedendo; ormai la parte più folle di se aveva preso il comando.
Balzò in piedi e piegò la testa di lato, osservando la serratura della porta che sapeva esser stata chiusa a chiave.
Vi si avvicinò a passo lento, fermandosi proprio davanti.
Ed iniziò a bussare.
Bussò più volte, dapprima colpendo la superficie con delicatezza, poi aumentando l'intensità fino quasi a spaccarsi le nocche.
-Liu! Dove sei, Liu?-.
La sua voce, in quel momento, era irriconoscibile. 
Il castano, che si era già svegliato per via del rumore, stava salendo i gradini che portavano al piano superiore con il cuore in gola.
-So che ci sei, fratellone...- esclamò ancora il killer, lasciandosi scappare una breve risatina che presagiva nulla di buono. -Dai, su, aprimi. Non ti farò del male-.
Liu si fermò davanti alla porta, con i pugni stretti ed un'espressione preoccupata sul volto.
Non riusciva a capacitarsi di come la personalità di Jeff potesse variare in quel modo; nei momenti in cui veniva colto dalla sua follia sembrava a tutti gli effetti un'altra persona.
-Non ti ucciderò, Liu, se mi liberi adesso- ghignò ancora la voce minacciosa del moro, che adesso parlava spiando dall'altro lato attraverso il foro della chiave.
-Ma se non mi apri, Liu, stai pur certo che uscirò comunque... E appena mi sarò liberato, ti sgozzerò come un maiale-.
Sbatté ancora il pugno contro alla porta, così forte da farla tremare.
-Jeff ti prego... Smettila- mormorò Liu dall'altro lato, deglutendo saliva.
Quel suo pregarlo non fece che accrescere il folle entusiasmo del moro, che scoppiò in una risata.
-Apri la porta fratellone- ghignò, estremamente divertito da quella situazione. -Fallo prima che io perda la pazienza-.
I suoi pugni si scontrarono ancora innumerevoli volte contro alla superficie liscia della porta, finché tutto ad un tratto il fracasso generato da quelle botte non cessò improvvisamente.
Liu sollevò la testa, terrorizzato da quell'improvviso silenzio.
Che cosa stava accadendo?
Quasi quasi, si disse, avrebbe preferito continuare a sentire quei maledetti colpi sulla porta.
Non poter vedere quello che stava accadendo nella stanza era per lui un vero tormento.
-..Jeff?- farfugliò con estrema incertezza.
Dall'altro lato della porta però, l'ambiente era avvolto da un assordante silenzio.
-Jeff, sei ancora lì?-.
All'improvviso, un rumore diverso dai precedenti rimbalzò sulle pareti, facendo raggelare il sangue nelle vene di Liu.
Un colpo sordo, generato da qualcosa che adesso stava colpendo il muro in modo intermittente.
Uno, due, tre.
Smise poco dopo di contarli.
-Jeff?-.
Il castano strinse nella sua mano la chiave e trattenne il respiro; sapeva bene che Jeff gli aveva imposto di non aprire quella porta per nessuna ragione al mondo, ma era così preoccupato che proprio non riuscì a trattenere l'impulso.
Infilò la chiave nella serratura e rimase in ascolto, prima di far girare il meccanismo; anche quel rumore era adesso cessato.
Spinse la porta con la mano che tremava visibilmente, e non appena il suo sguardo poté penetrare all'interno della camera sentì il cuore mancare un battito.
Jeff, in piedi davanti al muro, teneva le mani affondate nelle tasche e la fronte appoggiata stancamente contro alla parete.
Sentendo la porta aprirsi si voltò, facendo scivolare di lato i suoi capelli e mettendo in luce una fronte ricolma di sangue.
Una macchia rossa era presente sul muro, nel punto in cui il ragazzo doveva aver sbattuto ripetutamente la testa.
-Jeff...- farfugliò Liu mentre avanzava di un passo all'interno della stanza.
Ma il moro indietreggiò, come fosse spaventato da qualcosa. L'espressione sul suo volto era tornata a cambiare; non vi era più traccia della sua follia, ma la sua espressione lasciava trapelare un'intensa sofferenza.
-Stai lontano da me..- balbettò in preda al panico, indietreggiando fino a sbattere la schiena contro alla scrivania vuota.
-Sono pericoloso, stai lontano!- gridò.
Ma il castano continuava ad avanzare, incurante di quella raccomandazione.
-Non posso lasciare che ti spacchi la testa contro al muro, ti pare?- mugolò, assumendo un'espressione preoccupata ed indicando la raccapricciante chiazza che si era formata sulla parete.
Il killer deglutì e sollevò entrambe le mani avvolgendole attorno alla testa, per poi comprimere con forza le tempie.
-Esci e richiudi la porta, Liu. Ora!-.
Il castano tuttavia parve non udire quelle parole; restò a guardarlo immobile. Non sembrava essere aggressivo, in quel momento Jeff era tutt'altro che pericoloso.
Al contrario, sembrava aver un disperato bisogno di essere consolato.
Non poteva lasciarlo da solo in quella tremenda agonia.
Non poteva lasciare che dovesse combattere da solo i demoni che possedevano la sua mente.

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