FOUR

Un attimo di silenzio fece fermare il tempo. Liu guardava Jeff. Jeff guardava Liu.
E il coltello, stretto nel pugno del moro, rifletteva la luce del sole all'esterno.
Poi di colpo qualcosa cambiò; Jeff fece un passo avanti, senza esitare un solo istante, e puntò la lama in direzione del fratello. -Piacere di rivederti- disse, con un tono che Liu non riuscì a comprendere se fosse ironico o meno. -Mettiti comodo, su- esclamò ancora.
Il fratello maggiore restò immobile a guardarlo, confuso ed incredulo. Non riusciva a capire che cosa stesse accadendo, ed era paralizzato, incantato come un orologio.
Purtroppo questo non fece che aumentare la rabbia in Jeff. -Siediti ho detto!- esclamò, agitando la lama a mezz'aria senza però colpirlo; quello era solo un avvertimento, ma probabilmente all'occasione successiva non lo sarebbe stato.
Liu si guardò intorno per un secondo, con gli occhi spalancati, poi fece come l'altro aveva chiesto: si mise seduto sul divano, proprio accanto alla gatta.
-Bene- disse il moro, ridacchiando -La mamma è in casa?-.
Fece giusto in tempo a finire quella frase, che lei arrivò, insospettita dai rumori che aveva percepito dalla cucina. Aveva ancora il mestolo in mano, ma lo lasciò cadere senza neanche rendersene conto non appena il suo sguardo incrociò quello del figlio minore.
La sua bocca si spalancò, sia per la gioia, sia per il terrore. -J..Jeff? Sei... Tu?- esclamò. -O mio dio....-. Notò soltanto dopo il coltello che il ragazzo stringeva in pugno, e il fatto che sembrava aver costretto il fratello a fare silenzio.
-Mamma- esclamò. Non vi era alcuna gioia, tuttavia, nella sua voce. Al contrario era fredda, priva di emozioni, quasi meccanica. Rivolse il suo sguardo alla donna, e muovendo un braccio le indicò il divano. -Perché non ti metti seduta anche tu? Qui, sul divano, accanto a tuo figlio-.
La donna non riuscì ad impedire la discesa di alcune lacrime, sulle sue guance. -Anche tu sei mio f....-.
-Siediti!- gridò infine Jeff, frustrato dalla sua continua indecisione.
Lei, tuttavia, era troppo confusa e troppo spaventata per rendersi conto di quanto fosse realmente pericolosa la situazione. Non mosse un solo muscolo, rimase ferma immobile sulla stessa mattonella. -Jeff... Che cosa ti è successo... Dove sei stato tutto questo tempo-.
Liu stringeva i pugni, fermo su quel divano. Al contrario della madre lui sì che si era accorto della pericolosità del fratello, e stava soltanto sperando che lei la smettesse di parlare e si sedesse al suo fianco, così come Jeff chiedeva.
E invece, non fu così che andarono le cose.
-Jeff... Mio dio... Perché non tornavi più?-.
Accadde tutto in poco più di un istante. -Mi hai stufato- esclamò il moro, con la voce che tremava dalla rabbia. Fece un balzo in avanti e le puntò il coltello alla gola, bloccandola nel frattempo con il braccio sinistro.
-No! Ti prego no!- gridò d'istinto Liu, alzandosi in piedi. Il tempo si fermò di nuovo; la lama affilatissima poggiata sulla carne tenera, il volto della madre pieno di lacrime e gli occhi spalancati dal terrore. -Jeff lasciala, ti prego- farfugliò.
Il coltello tremava sulla carne, ed una goccia di sangue rosso aveva già impegnato la lama; un piccolo graffio superficiale, nulla di grave, ma la vista del sangue avrebbe potuto scatenare nel ragazzo una relazione spropositata. Fu per questo che la lama venne ritratta, e la donna spinta con forza verso il divano. -Siediti- esclamò di nuovo -Sedetevi tutti e due, vorrei evitare di farvi per forza del male-.
Liu afferrò la mano della mamma e la strinse forte, per cercare di farla calmare; aveva iniziato a tremare come una foglia, e sembrava non capire neanche più dove si trovasse. Non che lui fosse molto più lucido, comunque.
Il moro iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza, guardandosi intorno. -Bello il nuovo arredamento- esclamò, facendo una breve risata che non contagiò nessuno. -Ma veniamo a noi-.
Si avvicinò al fratello ed alla madre, seduti l'uno accanto all'altro, con gli sguardi terrorizzati. Il gatto, nel frattempo, se l'era svignata scappando in qualche altra stanza.
-Si ritiene necessario che mi sia offerto asilo- esclamò. Fermo davanti a loro, parlava lentamente mentre giocherellava con il coltello passandolo tra le dita. -Sono tuo figlio- disse rivolgendosi alla madre, poi voltò di pochi centimetri lo sguardo -E sono anche tuo fratello. Quindi verrò per un po' di tempo a vivere con voi-.
Tutti tacquero, seppur nelle loro menti ci fosse una valanga di domande e affermazioni che avrebbero voluto pronunciare.
Cosa significava tutto questo? E perché stava accendo solo adesso? Perché non prima?
-Ma avrei delle richieste specifiche- continuò a spiegare il moro. -Prima di tutto, nessuno e dico nessuno dovrà sapere che io sono qui. In secondo luogo, sarà meglio che anche voi facciate finta che io non ci sia. Non sono in cerca di affetto, comprensione, dialogo o stronzate varie, mi serve solo un tetto sulla testa e io voglio questo tetto-.
Piegò le ginocchia e puntò i palmi delle mani a terra, per posizionare il proprio volto ad un'altezza più simile a quella degli altri due, ancora seduti.
-Non ho nessuna altra richiesta, solo queste due. Ma vorrei davvero che fossero esaudite, altrimenti mi costringerete a farvi del male e non è questo che voglio al momento. Tutto chiaro?-.
Liu deglutì saliva, e annuì in modo appena percettibile. Suo fratello si era trasformato in un folle, e come tale era probabilmente pericoloso; quindi capì fin da subito che la cosa migliore in quel frangente era assecondarlo.
-Bene- esclamò Jeff soddisfatto -Felice che ci siamo capiti. Papà quando torna?-.
-Alle 8- rispose il fratello.
-Io devo riposare- continuò -Spero che il mio letto sia ancora al suo posto-. Senza aggiungere altro, salì le scale e se ne andò al piano di sopra, mentre Liu abbracciava la madre, travolta da una crisi di pianto.
Il moro si fermò nel corridoio, davanti alla porta. La guardò, e ci mise un po' ad aprirla; troppi ricordi erano imprigionati nel legno di quella porta.
Oltre, vi era la stanza di Liu, quella che era stata la mia loro stanza. Scoprì che il suo letto non era stato rimosso, ma soltanto spostato infondo contro al muro, e ricoperto di cianfrusaglie inutili. Vi si avvicinò, e alzando la coperta gettò tutto a terra; poi, senza pensarci troppo, si lasciò cadere sul materasso a peso morto.
Era stanco, molto stanco, e non si preoccupò affatto di essere sporco e di indossare ancora le scarpe.
Affondò la testa nel cuscino morbido e ne riconobbe il profumo.
Finalmente era a casa.

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