FIVE

Il cinguettio degli ultimi uccelli, posati sui fili sopra alla strada.
Un lieve venticello che entrava dalla finestra socchiusa.
E il profumo delle lenzuola pulite, il loro delicato tocco sul collo e nei palmi delle mani.
Questa è la mia casa.
Questa è la mia famiglia.
Questo è il mio letto.
Un pacifico silenzio dominava quella stanza, mentre al piano di sotto la mamma non faceva che tremare e piangere. Reggeva nelle mani una tazza di the che si era freddato ancora prima che lei riuscisse ad assaggiarlo; i suoi occhi erano gonfi di lacrime, le pupille dilatate, i contorni arrossati dal continuo sfregare delle sue dita sulla faccia. Se ne stava seduta al tavolo della cucina con lo sguardo perso nel vuoto, mentre Liu le accarezzava lentamente la testa; non aveva smesso di farlo per un solo attimo.
Anche lui tremava, anche se riusciva a nasconderlo bene.
-Dovremmo chiamare... La polizia?- farfugliò la donna, avvolgendo le dita attorno alla tazza bianca come volesse stritolarla.
Il ragazzo ci pensò un attimo, poi scosse la testa. -Non sappiamo quello che sta succedendo... Forse è megl..-.
-Ma Liu- lo interruppe lei -Mi ha puntato quel... Coltello... E voleva...-.
-Mamma, aspettiamo. Forse è solo spaventato... Noi non.... Non sappiamo cosa gli è successo in questo ultimo anno-. La sua voce era flebile, traballante. -Forse è solo..-.
-Liu... Ho paura. Voglio che vada via-.
Il ragazzo la afferrò per le spalle e la scosse più e più volte, finché lei non alzò lo sguardo. -Mamma. Mamma!-.
-Dannazione, smettila, mi fai male-.
-Jeff è tornato. Quanto abbiamo pregato per questo momento, eh? Andrà tutto bene, vedrai- le disse. Subito dopo aver concluso la frase, le avvolse le braccia attorno alla schiena e la strinse forte, per darle il coraggio. Quello stesso coraggio che, nel frattempo, stava cercando anche in sé stesso.
-Adesso chiamo papà... Lo avverto- disse poi.
-Sì, bravo- disse lei, annuendo energicamente -Digli quello che è successo e vedrai che torna a casa subito... Chiederà un permesso a lavoro o qualcosa del genere-.
-Sì... Certo-.
Afferrò il cellulare che aveva riposto sul tavolo, aprì la rubrica e toccò con la punta del dito il contatto nominato "Il papà". Si portò poi l'apparecchio vicino all'orecchio, emettendo un lungo e silenzioso sospiro. Quella situazione era così assurda e surreale che iniziava ad temere di star impazzendo.
La voce del padre, dall'altro campo, fu udibile poco dopo. -Liu, che c'è? Sto lavorando-.
Il ragazzo si portò una mano alla fronte, cercando le parole più adatte. -Sì, ehm, lo so... Papà, c'è un urgenza a casa, puoi tornare subito?-.
-Urgenza? Che urgenza?- domandò l'uomo; capire quello che diceva risultava piuttosto difficoltoso, a causa della quantità di suoni e voci di sottofondo che rendevano le sue parole a malapena percepibili.
-Papà, è davvero importante- disse Liu; poi, abbassando il tono della voce, aggiunse: -Jeff è tornato, è qui a casa... Ma è strano, ci ha minacciati con un coltello, io e la mamma siamo in cucina e lui è nella mia stanza... Devi tornare subito, ti prego-.
A quel punto dall'altra parte si udì nient'altro che le voci per una discreta manciata di secondi, lui si era zittito, era rimasto senza parole, o forse stava aspettando una risata divertita dall'altro lato la quale però non arrivò. Dopo diversi secondi, cambiando completamente tono di voce, l'uomo rispose: -Jeff?... Ma cosa stai dicendo? Liu, stai bene?-.
-No, non sto bene cazzo!- esclamò lui d'impulso -Papà devi tornare subito, torna subito a casa-.
-Ok, ok Liu... Arrivo. Non vi muovete da lì-.

....

Papà arrivò spalancando la porta di colpo, aveva la giacca aperta e la camicia mezza dentro e mezza fuori dai pantaloni. I capelli scompigliati mettevano in risalto le sue rughe, e qualche goccia di sudore scendeva dalla sua fronte. Pareva aver appena corso una maratona, e forse in un certo senso era così.
Entrò in salotto senza esitare e si diresse subito verso la cucina, dove la moglie ed il figlio maggiore lo aspettavano in ansia.
-State bene? Cosa sta succedendo?- esclamò osservando la moglie, china sul tavolo con la faccia nascosta dietro alle mani.
-Papà- rispose Liu, guardandolo dritto negli occhi -Te l'ho detto- abbassò la voce un pò, prima di concludere la frase: -Jeff è tornato-.
A quel punto la mamma trovò la forza di alzarsi in piedi e voltarsi verso il marito; era così traballante da sembrare ubriaca. -Lui è.... Qui... Ma ci ha minacciati, voleva uccidermi, mi ha spaventata a morte e...-. Si interruppe, forse perché non trovava più altre parole; ma fece un balzo in avanti ed avvolse le braccia attorno al marito, stringendolo forte a sé, mentre scoppiava nell'ennesima crisi di pianto. L'uomo ricambiò l'abbraccio prontamente, e proprio allora si rese conto che non era stato mai così vicino a sua moglie negli ultimi mesi, che si erano comportanti sempre come due conoscenti e non come una coppia, da quando quel disastro aveva colpito la loro famiglia.
-Liu- disse il padre, senza sciogliere l'abbraccio -Sei stato bravo a supportare tua madre finora... Tu come stai?-.
Il ragazzo fece spallucce -Io sto bene- ripose -Ma... Sono preoccupato. E non so che cosa dovremmo fare ora perché..-.
-Okay, stai tranquillo. Lui è nella stanza?-.
-Sì-.
-Adesso salgo io- concluse l'uomo -Ci parlo, andrà tutto bene. Conosco mio figlio-.
-Ma... Papà- borbottò Liu -Ci ha minacciati con un coltello, capito? E non era lui. Non era lui, cazzo! È completamente diverso da quando se n'è andato quindi..-.
-Sarò prudente- aggiunse l'altro, sciogliendo l'abbraccio con l'amata moglie. Fece l'occhiolino a Liu, per rassicurarlo, ed iniziò a salire le scale. Ma il figlio, troppo preoccupato per quello che sarebbe potuto accadere, decise di seguirlo.
Salirono insieme, in silenzio, fino a raggiungere la porta socchiusa della camera di Liu.
Il padre posò un palmo sulla maniglia e la spinse lentamente senza girarla, lasciando che continuasse ad aprirsi da sola. Entrò con evidente titubanza, sporgendosi fino a che non gli fu possibile vedere il vecchio letto di Jeff, contro al muro infondo alla stanza.
Era vuoto.

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