ELEVEN

Liu rimase immobile con il fiato sospeso e la fronte corrucciata, ad ascoltare quel rumore appena percettibile che rompeva il silenzio.
Sì, non c'erano dubbi. Quello era un pianto.
Il ragazzo si guardò intorno vagando con gli occhi nell'oscurità della stanza, poi si fermò ad osservare il fascio di luce proveniente dalla finestra. Illuminava la stanza quel poco che serviva a permettergli di individuare la posizione del letto di Jeff.
Senza pensarci troppo a lungo Liu si alzò in piedi, scivolando giù dal letto senza far rumore, e fece i primi passi in direzione del fratello, seguendo il suono del suo pianto che ora si era fatto più intenso, ed i profili appena visibili degli oggetti nella stanza.
Non dovrei farlo.
Ha un coltello.
Mi farà del male.
Il castano metteva un piede avanti all'altro con lentezza snervante, travolto da una miriade di sensazioni alle quali non sapeva dare un nome. Sapeva soltanto di essere spaventato a morte, ma di non poter sopportare il suono triste di quel pianto sconsolato.
Mi taglierà la gola.
Ormai giunto dinnanzi al letto, Liu si mise in ginocchio molto lentamente, avvicinandosi al fratello disteso sul letto, con entrambe le mani a coprire la sua faccia come tentasse di nascondere il suono dei suoi singhiozzi.
-Jeff... - farfugliò il fratello, con la voce che tremava. Ma non attese risposta, si sporse in avanti ed aprì le braccia.
Mi darà una coltellata sulla schiena.
Timidamente, avvolse in un abbraccio il corpo di Jeff, chiuso su sé stesso in posizione fetale come fosse un bambino. Chiuse gli occhi e strinse forte le palpebre, aspettando di sentire il dolore di una coltellata che però non arrivò mai.
Il moro non mosse un singolo muscolo: lasciò che il fratello lo stringesse forte a sé ma non disse una singola parola né compì un movimento. Ciò che fece fu inalare il profumo di suo fratello, quel profumo che avrebbe riconosciuto tra mille altri odori, e cessare progressivamente quel suo pianto.
I due rimasero abbracciati in quel buio per un tempo indefinito, cullandosi ognuno con il respiro dell'altro, finché Jeff non fu tornato del tutto calmo; solo allora si mosse, ritraendosi.
Liu lasciò la presa immediatamente e si ritrasse a sua volta; non voleva invadere il suo spazio più di quanto non avesse già fatto.
Il moro sollevò le braccia ed asciugò le lacrime che stavano bagnando le sue guance pallide, poi tornò a sprofondare la testa nel cuscino.
-Vattene- esclamò, freddo -Lasciami in pace-.
Liu fu sorpreso da quel repentino cambio di posizione, ma non si fece domande e non volle replicare. Si alzò in piedi in totale silenzio e tornò a distendersi nel suo letto.
Chiuse gli occhi e strinse i pugni di entrambe le mani così forte da sentire dolore. Jeff stava soffrendo, era evidente: aveva costruito un'armatura, una corazza che lo proteggeva da tutto ciò che all'esterno poteva farlo soffrire. Ma quella corazza dura e fredda non era lui: il vero Jeff era rinchiuso li dentro, e stava gridando disperatamente aiuto.

.......

Passarono ore prima che Liu riuscisse a cadere nel sonno, ma alla fine la stanchezza ebbe la meglio. Passò una brutta nottata, svegliandosi spesso con il timore di sentire ancora quel pianto: ed ogni volta, non sentendo alcun rumore, tornava ad addormentarsi.
Erano le sette del mattino quando il ragazzo si svegliò ancora, disturbato dalla luce del sole mattutino. Sollevò la schiena e si stiracchiò, notificando solo in un secondo momento che il letto di suo fratello era vuoto.
Le coperte erano aggrovigliate, sul cuscino di era ancora l'impronta della sua testa; ma lui non era lì.
Liu si guardò intorno confuso, poi si alzò dal letto e si diresse verso l'uscita. Scendendo le scale, percepì la voce di sua madre che stava canticchiando qualcosa nel salotto. La raggiunse; era sola.
-Mamma? - esclamò il ragazzo.
Lei si voltò e gli fece un piccolo stanco sorriso.
-Hai visto Jeff? -.
A seguito di quella domanda, il volto della donna si incupì. - Ma come, non era in camera a dormire con te? -.
A quel punto fu facile per Liu capire che doveva essersene andato quella notte, forse scendendo dalla finestra. - Dev'essere uscito stanotte... Credo-.
La mamma spalancò gli occhi. - Stanotte? Ma... Tornerà? -.
Il ragazzo annuì vagamente. - Io... Credo di sì. Fino ad ora è sempre tornato, no? -. Più che convincere la donna di questo, avrebbe voluto convincere se stesso.
Quella notte Jeff aveva pianto, si era comportato in modo diverso rispetto alle alte volte e questa sua sparizione non lasciava presagire niente di buono.
Ma che avrebbe potuto fare, mettersi a cercarlo per tutta la città?
Non poteva far altro che aspettare, e pregare che tutto fosse ancora apposto.
Oppure...
-Mamma, forse so dov'è - annunciò Liu con decisione.
La donna lo osservò con aria pensierosa. Il suo volto era pieno di rughe, scavate dalla sofferenza di quella tragedia che aveva colpito la sua famiglia.
-Vado a cercarlo. Stai tranquilla, torno presto- annunciò.
Corse in camera e si infilò una maglietta ed un paio di jeans in fretta e furia; indossò poi un paio d scarpe e corse giù per le scale.
-Fai attenzione, Liu- si raccomandò la madre, che preoccupata lo guardava varcare la soglia.
-Stai tranquilla- la rassicurò lui, allargando un breve e timido sorriso. Richiuse la porta dietro alle sue spalle e fece un lungo sospiro.
Il fiume. Quella sera, prima che Jeff scoppiasse in lacrime, lui gli aveva chiesto se si ricordasse le loro avventure al fiume, quando erano ancora dei bambini.
Non sapeva spiegarsi perché fosse così sicuro che lo avrebbe trovato lì, ma decise di dare credito a quella sensazione e si incamminò subito, a testa bassa.

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