Capitolo terzo
Era sera quando tornò al dormitorio. Okay, magari sera non era preciso. Erano le undici e mezza passate e beh dai suoi ricordi degli anni passati in nazionale a quell'ora si era già a letto. Non ci provò neppure a bussare, per il semplice fatto che quasi sicuramente stavano già tutti dormendo. E questo era un casino, perché la porta era chiusa (aveva controllato) e lui non aveva né le chiavi né un altro posto dove andare a dormire. Come se non bastasse, aveva anche fame. Si sedette sugli scalini dell'ingresso, maledicendo qualunque Dio avesse deciso che lui quel giorno dovesse avere una giornata così di merda. Era da non crederci che appena quella mattina si era svegliato nel letto di casa sua per andare al processo e ora non aveva un posto dove dormire. Quello era il tipico esempio di giornata infinita. E sembrava proprio destinata a non finire mai. Era quasi riuscito ad assopirsi, in fin dei conti un tempo era famoso per riuscire ad addormentarsi ovunque, quando uno stridore di freni lo obbligò ad aprire gli occhi. Nel parcheggio davanti al dormitorio, o meglio, esattamente davanti a lui c'era una decapottabile rossa. E okay, questo sì che era inaspettato. A bordo, seduto al posto del conducente con una mano sul volante e l'altro braccio a penzoloni del finestrino, c'era Harry. Quello che avrebbe dovuto essere il suo allenatore solo che lui non si sarebbe allenato. E lo stava anche guardando, molto attentamente avrebbe potuto aggiungere. Sembrava gli stesse facendo i raggi x.
《Sei bagnato.》
E okay, scoperta del secolo. Era stato fuori per ore intere e aveva smesso di piovere appena un'ora prima. Era ovvio che fosse spolto. In ogni caso non disse nulla, limitandosi a guardare il riccio in attesa di qualcos'altro.
《Sali.》
Non si sale in macchina con gli sconosciuti. Gli aveano sempre insegnato quello. Ma Harry alla fine non era un vero e proprio sconosciuto. E gli avevano anche detto che non si deve obbligare qualcuno a fare cose che non vuole. Eppure eccolo lì, la prova vivente della coerenza dei suoi genitori. Ormai troppo stanco anche solo per controbattere salì su quella macchina davvero poco visibile. Si sedette nel posto di fianco a quello del conducente e allacciò la cintura. Che ovviamente dovette slacciare appena due minuti dopo quando Harry gli comunicò che aveva preso dei vestiti per lui e che erano sul sedile posteriore e Louis scoprì di non arrivarci.
《Cosa devo farci?》
Probabilmente era stupido da chiedere, ma quei vestiti erano semplicemente giganteschi.
Il riccio lo guardò di sbieco mentre guidava sulla superstrada.
《Cambiarti no?》ridacchiò sommessamente vedendo con la coda dell'occhio il liscio scrutare perplesso la felpa e il paio di pantaloni che gli aveva portato.
《...Harry》 sussurrò incerto 《è la divisa della nazionale americana.》
Di fianco a lui il ragazzo ghignò vittorioso ma non disse comunque nulla.
《Non posso indossarla. Era la tua divisa.》
Harry sorrise leggermente.
《Ne ho altre cento. Lo sai anche tu che te ne davano così tante che te ne potevi mettere una diversa ogni giorno dell'anno.》
Già, Louis lo sapeva. In nazionale c'era stato anche lui, forse anche per più tempo di Harry. Per uno (o forse erano due?) anni si erano allenati insieme. Anche se non si erano mai parlati molto. Louis era la giovane stalla nascente della sbarra alta e del corpo libero, mentre Harry del cavallo a maniglie e degli anelli. Per il liscio l'altro era solo uno dei tanti compagni di squadra. E poi l'infortuneo del riccio durante un allenamento cadendo dalla sbarra alta. Louis c'era. Era sera tardi ed erano rimasti in pochi in palestra. Appena altre due o tre persone oltre a loro. Harry aveva sbagliato una presa. Il più piccolo era proprio lì, di fianco all'attrezzo, aspettando che l'altro finisse il suo esercizio per provare anche lui la sua routine. Era stato un salto Thatcher a segnare la fine della sua carriera agonistica. Aveva staccato le mani troppo tardi. Louis se n'era accorto. Ma era troppo tardi per rimediare quell'errore. Anche Harry doveva essersene accorto. Probabilmente si era fatto prendere dalla paura, aveva lasciato che delle emozioni influenzassero il suo esercizio. Aveva sbagliato la presa. Era caduto, appoggiando tutto il peso del corpo sul braccio e sulla caviglia. E Louis era lì, ad aiutarlo ad alzarsi e a chiamare un'autoambulanza. Dopo una frattura composta è possibile ricominciare. Lo fanno tutti. Ma Harry non era più riuscito a rimettere piede in palestra. O quanto meno non come atleta. L'amore per la ginnastica era troppo grande e aveva deciso di diventare allenatore. Magari per evitare che qualcun'altro finisse come lui. Ma mai più sopra un attrezzo.
《Non sono più in nazionale.》
《Se resti ancora un po' con quei vestiti fradici ti verrà una broncopolmonite.》
《Non vedo il problema.》
Harry lo guardò di sbieco.
《E io non vedo il problema nel mettersi una tuta.》
Louis lo guardò contrario.
《Qui?》
Il riccio annuì e l'altro emise un verso indefinito.
《Non sono uno spogliarellista e tu hai una fottuta decapottabile.》
L'altro non disse nulla e fanculo a lui, Louis si tolse la felpa che aveva addosso per indossare quella della nazionale. Harry strinse le mani sul volante, cercando di prestare attenzione alla strada (per altro deserta) e non al ragazzo che di fianco a lui era rimasto in boxer.
《Scortese a non portarmi la biancheria intima. È piovuto tanto oggi.》
Qualunque Dio avesse deciso di fargli dimenticare nel suo appartamento i boxer e i calzini andava ringraziato. Dopo qualche minuto di silenzio Harry si concesse un'occhiata al ragazzo di fianco a lui. Si era messo la sua tuta e gli stava dannatamente gigante. In quel momento stava arrotolando le estremità dei pantaloni in modo da non calpestarli. Si era tirato su il cappuccio della felpa chiusa. Sembrava ancora più piccolo del solito. Guidò altri cinque minuti con il solo sottofondo di Hotel California degli Eagles che erano riprodotti proprio in quel momento alla radio accesa da Louis.
Louis iniziava a chiedersi se il riccio lo stesse rapendo. Era sequestro di persona quello! Alla fine però Harry arrestò la sua maledetta decapottabile nel parcheggio di un qualunque fast food lungo la strada. Stacco le chiavi e aprì la portiera per scendere dalla vettura.
《Spiegami cosa ci facciamo in questo posto.》
Harry si appoggiò al cofano guardando l'altro confuso.
《Non dirmi che tu non hai fame.》
Louis sbuffò scendendo anche lui dall'auto.
《Non ci credo manco morto che tu mangerai del grasso e poco sano cibo di un qualunque fast food lungo una superstrada.》
Il più grande ghignò prima di avviarsi verso la porta della tavola calda.
《Neanche tu se è per questo.》
Il ragazzo boccheggio, senza trovare le parole adatte.
《Stai scherzando vero?》
Il riccio ridacchiò, con un gigantesco ghigno sul volto.
《Fino a prova contraria io sono il tuo allenatore e ti posso assicurare che la tua dieta non comprenderà più cibo del genere.》
Non si stupì quando sentì l'altro borbottare che lui non era il suo allenatore perché lui non si sarebbe allenato. Iniziava a diventare abbastanza scontato il ragazzo. Quando furono dentro il ristorante si andarono a sedere in un tavolo un poco appartato. Louis non potette fare a meno di pensare che fosse lontano da orecchie indiscrete. Ordinò Harry per entrambi, non lasciando al ragazzo la possibilità di ribattere. Dopo una giornata così lunga gli toccava mangiare solo una misera insalata con del salutare pollo. Non chiedeva tanto, gli bastava anche solo un milk-shake, ma non un'insalata. Rimasero entrambi in silenzio fino a quando non gli fu portato in loro ordine.
《Perché siamo qui?》
Harry si portò la forchetta alla bocca, masticando lentamente l'insalata e i pezzi di pollo, continuando a scrutare il ragazzo seduto di fronte a lui come faceva ormai da dieci minuti buoni. Dal canto suo Louis stava giocando nervosamente con le sue mani. Aveva ansia per quello che il più grande gli poteva voler dire e aveva lo stomaco troppo chiuso anche solo per mangiare quella misera cena. O forse era meglio chiamarlo spuntino di mezzanotte dato l'orario.
《Dimmelo tu. Cosa ci fai qui Louis Tomlinson?》
Il ragazzo lo guardò confuso.
《In che senso cosa ci faccio qui?》chiese.
《Cosa ci fai qui alla VGA?》specificò Harry, prendendo un'altra forchetta di insalata.
Louis strinse forti le mani tra loro, desiderando potersi nascondere per evitare di rispondere a quella domanda.
《Evito il carcere minorile.》sussurrò sconfitto. Il riccio lo guardò con gli occhi sbarrati.
《Come scusa?》
Louis sbuffò prima di spiegarsi.
《Ho avuto qualche problemino con la polizia una o due volte...》minimalizzò muovendo la mano 《nulla di che. Gentilmente mi hanno fatto scegliere tra il carcere minorile, i marines e la VGA. Ovviamente io avevo scelto l'accademia militare. Ma mio padre non era d'accordo. Sai....sono troppo debole per diventare un soldato》rise amaramente《quindi eccomi qui.》
Harry appoggiò la forchetta sul piatto.
《Che...che tipo di problemi con la giustizia?》
Non seppe neppure lui perché si mise a ridere. Forse per il fatto che erano tutti così falsamente interessati a lui. Era così da sempre. Tutti sempre lì pronti a puntare il dito quando faceva qualcosa di sbagliato e a fingere di non vedere quando vinceva. Deglutì continuando a stringere in modo convulsivo le maniche della felpa.
《Tranquillo niente droga o prostituzione》storse il naso《giusto qualche invasione di proprietà privata e qualche rissa.》
Harry annuì, concentrato.
《E perché hai iniziato a fare cose così?》
《Perché ogni tanto non si ha più voglia di essere perfetti. E sai, io lo ero stato per troppo tempo. Ho passato tutta la mia vita a obbedire a persone che dicevano continuamente "tendi le punte dei piedi. Spalle dritte. Gambe tese" e a essere etichettato dai miei genitori come il figlio modello da esporre a ogni fottuta cena. Ho passato anni a dare ragione a critiche insensate dei giudici nella disperata ricerca della perfezione. Sono stato perfetto per sedici anni della mia vita e se né accorto qualcuno? Quando invece per una volta sono tornato a essere un essere umano sono automaticamente diventato uno scandalo nazionale. E ormai non aveva più senso essere perfetti.》
Il riccio ascoltò in silenzio lo sfogo del ragazzo, concentrato sulle sue parole.
《Puoi sempre rendere la ginnastica meno perfetta se vuoi. Nessuno ti obbliga a ritornare il Louis di una volta.》
Il liscio rise in faccia a quelle parole, scuotendo la testa.
《Cos'è, adesso salterai fuori dicendo che certo nessuno mi può obbligare, ma sarebbe meglio se io tornassi a essere l'obbediente ragazzino che ero? Quello che ha buttato nel cesso uno dei talenti più grandi per la ginnastica artistica che si fosse mai visto sulla faccia della terra. Perché sai Harry, tu non puoi dirmi di tornare a essere quella persona, perché tu non sai cos'ho dovuto passare.》respirò profondamente 《Tu non sai fino a che punto io odi quel mondo. Fino a che punto me l'abbiano fatto odiare. Quindi se il tuo scopo di questa sera era convincermi a tornare ad allenarmi la risposta è negativa.》
Dannato ragazzo testardo. Si portò alla bocca l'ultima forchettata prima di poggiare i gomiti sul tavolo, le mani incrociate.
《Ma tu della vita non vuoi farci nulla? Cristo. La vita ti ha offerto di tutto e tu hai buttato ogni cosa nel cesso.》
Louis sbuffò in disaccordo con le parole dell'altro.
《La vita mi ha offerto solo cose che odio.》
《Perché tu ti sei imputato sul fatto che le vuoi odiare. Hai mai dato veramente una possibilità alla ginnastica? È mai stato qualcosa che hai fatto perché era quello che avresti voluto fare nella tua vita? Quella cosa a cui pensi in ogni momento della giornata in cui non ti stai allenando. O mi sbaglio? È sempre stato qualcosa che facevi perché dovevi. E che ora odi perché in fin dei conti non l'hai mai amata. Giusto?》
Louis tornò a guardarsi le mani, abbassando lo sguardo, quasi avesse paura che i suoi occhi potessero rispecchiare una verità scomoda.
《Come posso aver investito così tanto tempo in qualcosa che non mi piaceva?》chiese.
《Vedi. Non l'hai mai amata. Si capisce da come parli. Per te la ginnastica è stata un investimento. Non qualcosa che amavi fare.》
Il liscio strinse le mani, torturandole.
《Sai cosa amavo Harry? Amavo essere perfetto, sapere di avere degli occhi ammaliati fissi su di me. Amavo vincere, essere il migliore e compiacere gli altri. E sorpresa sorpresa, sfruttando troppo alcune di queste mie ossessioni sono riusciti a farmi odiare tutto quello per cui avevo continuato a fare ginnastica.》
《Sai Louis, non si smette mai di amare qualcosa. Anzi, se possibile col passare del tempo se ne diventa ancora più dipendenti.》
Il ragazzo si morse il labbro. Era turbato dalle parole dell'altro.
《Non dirmi che non ti è piaciuto constatare che sapevi fare ancora le cose come una volta.》
Louis alzò lo sguardo.
《L'ho detestato. Volevo cambiare e invece sono sempre lo stesso.》
《Quindi hai ancora le stesse ossessioni.》ghignò Harry, vittorioso.
《Non era perfetto l'esercizio di questo pomeriggio. Gli arrivi non erano perfetti, le rincorse lente e l'altezza dei salti mediocre.》
Chi capiva quel ragazzo era bravo. Un attimo prima piangeva e diceva di odiare la ginnastica artistica, l'attimo dopo commentava le imprecisioni della sua routine.
《Tu ricerchi ancora la perfezione. Tu vuoi ancora essere perfetto.》
《L'hai detto tu. Le persone non cambiano mai. Anche se dovrò trovare qualcosa di nuovo in cui ricercare la perfezione. Perché io non tornerò ad allenarmi.》
Harry lo guardò, sorpreso. Alcune volte gli veniva da chiedergli quale fosse la reale ragione per cui lui odiava quello sport. Ma sapeva che probabilmente non avrebbe mai ottenuto la verità.
《E cosa farai, Louis Tomlinson?》chiese con una punta di sarcasmo nel tono《Cosa farai quando l'unica cosa in cui riesci è la ginnastica artistica?》
Il più piccolo si alzò di scatto, quasi rovesciando il suo piatto ancora mezzo pieno.
《Non venirmi a dire questo Harry Styles. Perché non sei per niente originale. Non hai idea di quante persone mi abbiano fatto il tuo stesso discorso. Tu vivi per questo sport, sai fare solo questo. Solo questo e...》 mandò giù a fatica della saliva, mentre sentiva delle lacrime di rabbia pizzicargli gli occhi《lascia stare. Non era importante.》
Harry non la pensava allo stesso modo. Quindi era davvero successo qualcosa.
《Senti, mettiamola così. A te servono dei soldi per potertene andare di casa. Perché sono i tuoi genitori gran parte del problema, giusto? L'anno prossimo sarai maggiorenne e in ogni caso potresti già chiedere l'emancipazione. Non ti ci vuole tanto. Ti torni ad allenare e vinci delle gare e i soldi in palio. Un anno e sarà tutto finito. Avrai abbastanza fondi per andare a fare quello che vorrai. Magari non Yale, ma riusciresti sempre ad affittare un appartamento e a trovarti un lavoro. Tu torna ad allenarti e nell'esatto momento in cui compirai diciotto anni te ne potrai andare e nessuno ti dirà nulla.》
Louis scosse la testa, uscendo dal locale seguito da Harry che gettò qualche banconota sul tavolo per pagare la cena. Il più piccolo stava per aprire la portiera della macchina, quando una mano lo bloccò.
《Penso che una bella passeggiata ti possa aiutare a riflettere.》
《Magari domani.》
Il riccio scosse il capo.
《Ah ha. No. Forse non hai capito Louis. Ci ho provato a farti ragionare sai, ma nulla. Immagino di dover passare alle maniere forti. O tu ti torni ad allenare o non hai più un posto dove stare. A te la scelta.》decretò andandosi a sedere al posto del guidatore.
《Aspetta. Casa mia è dall'altra parte della costa. Non saprei dove andare.》
Harry annuì, mettendo in moto la decapottabile.
《Dritto per otto chilometri e poi a destra. In ogni caso ci sono i cartelli. Buona passeggiata Louis.》
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