5. Il mondo è nel caos:

Gennaio 2017

" Capodanno con ritorno di fiamma. Uno scatto bollente quello con le due star sorprese in atteggiamenti intimi"

"Il nuovo anno ha fatto rispuntare coppie che si credevano sepolte per sempre. Fonti vicino ai due cantanti hanno rivelato che erano tornati a frequentarsi già da qualche tempo, ma avevano voluto mantenere un certo riserbo fino all'altra notte..."

"Nessuna dichiarazione social da parte dei protagonisti, ma i fan della coppia sono in trepidante attesa della conferma..."

Alla tenue luce che attraversava gli spazi tra le stecche delle persiane, Mauro osservò il vuoto al suo fianco e deglutì. Bloccò il cellulare e lo ripose sull'angolo del comodino, con uno sbuffo. Passò la mano tra i capelli e si strofinò la cute fino alla nuca. Scostò il piumino e appoggiò i piedi nudi sul granito. Si alzò e avanzò nello spazio silenzioso. Milano non sembrava la solita città laboriosa. Nessun clacson a rimbombare tra i palazzi o forse i suoi timpani ottusi non collaboravano ancora con la materia grigia, intontita dall'abuso dell'alcool nella notte precedente.

Camminò barcollando fino al bagno. Le pareti parevano intenzionate a stringerlo in uno strano abbraccio, poco entusiasmante per lo stomaco. Esplicò i propri bisogni sorreggendosi con una mano alle piastrelle in marmo. Aveva bevuto troppo. Se la sarebbe cavata con un caffè al limone, ma nulla poteva fare contro l'angoscia per quel letto già freddo. Un fantasma sarebbe stato meno zelante nello smaterializzarsi.

Varcò la soglia a vetri della doccia senza attendere che l'acqua fosse calda. Il peso che aveva alla testa era niente rispetto a quello sul petto.

***

Carrie raggiunse Andrea all'aeroporto di Orio al Serio. Erano poche le persone in procinto di viaggiare in quella tarda mattinata di inizio anno. Passeggiare tra i duty free, senza body guard, non era mai stato tanto facile. Peccato fossero chiusi.

«Mangiamo qualcosa prima di partire?» Andrea gettò uno sguardo al nuovo orologio con il vistoso cinturino in cuoio. «Il pasto freddo in aereo non mi basterà fino a sera.»

Carrie annuì.

«Non parlare troppo, mi raccomando! Risparmia la voce per la registrazione», la canzonò.

Carrie lo fulminò con un'occhiata che avrebbe tagliato un iceberg in due. Andrea si risistemò gli occhiali scuri sul naso con un dito, mentre con la mano nascondeva le labbra ripiegate in un sorriso.

«Dimmi quando hai finito...»

Il giovane sollevò le sopracciglia e abbassò i lati delle labbra con fare innocente. «Non sono io quello che ha una faccia da fine del mondo e che costringe gli altri a camminare sui vetri».

«Camminare sui vetri?» Carrie sollevò lo sguardo al soffitto. «Si nota lontano un miglio che vorresti dire la tua. Meglio se stai zitto, va'...»

«Come vuole lei signorina so tutto io, ma la stai mettendo giù più dura di quanto non sia». Scosse la testa e continuò: «lo sapevo già che sarebbe finita così. Te l'avevo detto. Non ce la fai proprio a farti una semplice scopata».

Carrie strinse la mascella e scattò. Si allontanò dalla vetrina e si fiondó verso la zona ristorazione.

Andrea la inseguì.

«Carrie! Carrie! Aspettami!»

Appena le fu vicino, l'afferrò per l'avambraccio ma lei dimenandosi, gli fece rovinare gli occhiali a terra e proseguì imperterrita.

Stava completando l'ordinazione al bar, quando Andrea la raggiunse. Non gli chiese nulla. Non ce n'era bisogno. Erano l'uno l'ombra dell'altro. Se avesse sbagliato gusti, sarebbe stato per rivalsa, ma non era quel genere di persona. Con il pranzo in due sacchetti di carta, presero posto a uno striminzito tavolino tondo.

«Mi dispiace...» sussurrò Andrea, con un tono poco convincente e lo sguardo rivolto altrove. Sbuffò.

Carrie addentò il panino pur di non rispondere. Il boccone era insapore. Difficile deglutirlo. Non voleva discutere con Andrea. Non voleva pensarci e basta. Ci rimuginava già abbastanza senza il suo aiuto. Non era come lui. Non era capace di girare pagina come niente fosse, chiudere la copertina e riporre il libro. Ogni cambiamento era una fase di vita. Vi perdeva una parte di sè. Volutamente. Si lasciava indietro ciò che era stata e che non sarebbe stata più. Era l'unico modo che conosceva per sopravvivere e andare avanti.

Ma questa ricaduta era la prova che una mutilazione imposta, stentava a rimarginarsi più di una scelta.

Andrea appoggiò la michetta sul tavolo. Estrasse un pacchetto di sigarette dalla tasca del cappotto e lo portò alle labbra per prelevarne una. La cameriera, che stava ritirando una tazza di caffè, lo squadrò scandalizzata. Allora afferrò la sigaretta tra l'indice e il pollice e l'appoggiò sul tavolo. Si dondolò sulla sedia come incapace di trovare una posizione comoda. Con una gamba che saltellava senza controllo, incrociò le braccia e si chinò in avanti verso Carrie.

«È solo una notte in più. Se la dimenticherà presto. È adulto. Lo sa anche lui che queste cose succedono e non significano niente.»

Carrie portò di nuovo il panino alle labbra, dopo averlo stritolato tra le dita con un crocchio secco. Staccò un piccolo boccone che roteò fra i denti a lungo prima di ingoiare.

Quella notte, non era stata solo una in più. Era stata una debolezza che non avrebbe dovuto manifestare.
Aveva fallito al primo incontro. Tutti i muri eretti, in quei tre mesi di distanza, si erano inceneriti alla fiamma del suo sguardo.

Andrea si abbandonò allo schienale e infilò il panino, ancora tiepido, nella tasca della giacca.

Nell'aria, ne era rimasto il profumo, invitante e semplice. Per la maggioranza delle persone ricordava il tepore di casa, a lei ricordava più la fame e l'ansia di terminare la preghiera alla mensa delle suore.

Il ragazzo gonfiò la cassa toracica e ne fece uscire un lungo, rassegnato respiro. Lasciò ricadere le spalle e si riprese la sigaretta abbandonata, picchiettandola sul tavolo.

Carrie abbandonò il resto del proprio pranzo e vagò con lo sguardo in cerca di un segnale che indicasse l'area fumatori.

***

Avevano lavorato tutto il pomeriggio senza raggiungere i risultati sperati. La stanchezza per la notte precedente e la poca armonia con il nuovo staff avevano avuto la meglio.

«Ricomincerete domani. Meglio nel pomeriggio.» Il produttore del disco strinse la mano ad Andrea per congedarsi. «Ci vediamo a cena».

Carrie gli sorrise, attraverso i vetri dello studio di registrazione. Si era attardata a sistemare il microfono sull'asta e a ricontrollare alcuni accordi dello spartito sul leggio.

«Andiamo?» disse Andrea affacciandosi al vano aperto.

Carrie annuì. C'era un accogliente silenzio tra i pannelli fonoassorbenti in gomma piuma che ricoprivano anche il soffitto. Il solo respiro pareva riempire la stanza, ma con un suono caldo, ovattato, quasi intimo. Era come stare all'interno di se stessi e ascoltarsi da lì.

«Al buffet ci sarà anche Denis.»
Andrea la raggiunse.
Le sollevò il mento. Fece scorrere l'indice e il pollice sulle sue guance, stirandole le labbra verso l'alto: «Servirà un poco di questo».

Carrie si riattivò e simulò un sorriso così forzato da esibire grinze sconosciute sul volto.

«Come sempre. Non rovinerò il business a nessuno.»

***

Il buffet nella Art Gallery Colnaghi a St. James era all'altezza delle aspettative.

Carrie si era vestita di pazienza e, in un tailleur pantaloni di raso beige, affiancò Denis Ferrari, il loro manager. Dispensò sorrisi e strette di mani. Fronteggiò occhiate insolenti e doppisensi imbarazzanti. Ci aveva fatto il callo. Andrea riuscì a resistere quasi venti minuti, prima di infilarsi nella terrazza fumatori. Lei lo raggiunse con una scusa.

«Potevi continuare. Stavi andando alla grande», sbottò Andrea tra uno sbuffo di fumo e l'altro, a ripetizione.

Carrie ne osservò i tatuaggi sulle falangi della mano sinistra: un cuore per il medio e una "C" per l'anulare. Sorrise. «L'unico che non se la cava mi pare Denis...»

«Quel sottosviluppato di manager non porterà a casa un bel niente stasera. Senza la moglie è un incapace.»

«Peccato che quando se ne accorgerà sarà troppo tardi» commentò Carrie. «Chissà cosa le donne ci trovano in lui.»

«Basta un rolex al polso, tesoro, per non rientrare soli la sera.»

A Carrie sfuggì un sorriso. Conosceva la poca stima che Andrea aveva di Denis. Lo considerava un idiota, ma la sua inadeguatezza permetteva loro di crescere quasi indipendenti. Erano artisti indie, non amavano essere prodotti pre-impacchettati.

Si girò e appoggiò la schiena alla balconata in ferro battuto. Era fredda e dura. L'aria le trapassò i vestiti troppo leggeri. Rabbrividì e rivolse lo sguardo alla sala illuminata. Denis era in vista al centro, con un completo scuro, la camicia azzurra e la riga dei pantaloni affilata. Era un monotono insieme di macchie castane, dai capelli ai baffi.

«Io torno dentro. Vado a fare rappresentanza».

«Quale spirito di abnegazione! Sarà l'effetto della nobiltà inglese ad ispirarti?» la provocò Andrea, per poi mitigare l'affermazione acida con un'offerta di pace. «Mi trovi in giro, se hai bisogno».

Carrie proseguì il suo viaggio tra i grandi saloni aperti e le pareti discontinue. Per una volta i faretti non erano rivolti a lei, ma alle opere d'arte appese con catene al soffitto. Si fermò a osservare un uomo, agghindato con una vestaglia porpora e un cane da caccia, che pareva fissarla con gli occhi sbarrati. Era inquietante, costretto in quella posa plastica da secoli. Mancava l'ossigeno tra tutti quegli eccellenti ospiti in sala, che brillavano quanto l'oro dipinto sulle cornici dei quadri esposti.

Un giovane dall'aspetto curato le si avvicinò con un sorriso navigato e un piatto di mini-quiches alla mano.
«Ho pensato ne volessi ancora», sussurrò a bassa voce. «Prima che finiscano».

Carrie lo osservò. Nonostante i suoi toni confidenziali, era certa di non averlo mai conosciuto. Il fisico scolpito dentro la camicia slim di una taglia troppo piccola e il nauseabondo profumo di colonia, parlavano per lui.
Un modello, lo classificò subito.
Nonostante la sua aberrazione per la perfezione, sorrise alla cortesia e accettò.
L'uomo non perse tempo: «Sei Carrie. Io sono Manuel Del Vescovo».

Qualche attimo di silenzio ad effetto, accompagnò la breve presentazione. Carrie perplessa allungò la mano per prima.
Con una leggera ruga al centro delle sopracciglia, l'uomo continuò.

«Cosa ti ha portata a Londra in una serata tanto scialba?»

Distratto, si volse in cerca di un cameriere e, quando lo ebbe individuato, gli fece un cenno.

«Im-pegni di lavoro... », farfugliò Carrie. Ma era interessato alla risposta? Si chiese confusa dalle sue maniere.

«Troppo lento.»

«Come scusa?», domandò smarrita.

«Mi riferivo al cameriere.» Lanciò uno sguardo stizzito all'indirizzo del malcapitato. Appena gli fu vicino, abbandonò il proprio piatto sull'angolo del vassoio d'argento e afferrò due flûte di chardonnay.

«Prego», disse porgendogliene uno e, sollevando il proprio in un brindisi, declamò: «Al tuo successo e al nuovo anno: che possa stupirti!»

Carrie ricambiò il brindisi. Era a disagio. Le sue funzioni celebrali erano tutte concentrate su di lui. Si erano già conosciuti? Iniziò a pensare che qualcosa non funzionasse più nella sua memoria.

«Party accettabile per essere il primo dell'anno, non trovi?»

«Sì, è una bella location.» Rigirò il bicchiere tra le mani senza portarlo alle labbra.

«All'inizio non sapevo cosa affittare, se puntare al moderno o all'old English style.»

Ma certo! La sua mente ebbe un guizzo: Manuel Del Vescovo, il rampollo dell'alta società, che rimbalzava più sulle copertine rosa che sui giornali finanziari. Quindi, era stata la sua società di eventi a curare il party.

«Non pensavo operassi anche all'estero...» Carrie smise di guardarsi attorno. Di colpo, i corridoi di luci soffuse e quadri a tinte fosche, senza panorami, non la esaltavano più.

«L'Italia è un posto divertente, ma il mondo è grande. Conosci qualcuno che, ad averne l'occasione, rinuncerebbe a conquistarlo?».

Accompagnò quell'affermazione con un occhiolino e uno schiocco, che le fecero storcere le labbra d'indignazione.

«Vuoi fare un giro con me? Questo non è propriamente il top della festa». Manuel le allungò una mano.

Carrie sgranò gli occhi e indietreggiò.

«Non ti mangio!» Affermò canzonatorio con una luce sinistra nello sguardo. «Pensavo ti stessi chiedendo dove fosse finito Andrea».

La resistenza di Carrie si sciolse, ma non i suoi lineamenti. Manuel si incamminò. Lei lo seguì. Entrarono in uno studiolo, con le pareti coperte di libri fino al soffitto. Sul fondo, un tavolo di legno, primi novecento con due sedie alle estremità, ostruiva il passaggio a una doppia porta bianca liscia che si confondeva con la parete. Si avvicinarono e, a fatica, entrarono. La porta conduceva a un'ampia scala a chiocciola in cemento. Il salone sottostante, con il pavimento a disegni geometrici in contrasto tra bianchi e neri, le luci psichedeliche e la musica elettronica di fondo, le fecero girare la testa. Non era difficile intuire come quell'angolo del ricevimento avesse tutt'altro sapore.

Il suo sguardo corse veloce, lungo le pareti bianche e i divanetti neri, fino a scovare Andrea. Trattenne il fiato osservandone ogni movimento, ogni minimo tremore. Quindi, si fiondò nella sua direzione, coprendolo alla vista dei presenti con il proprio corpo.

«Cosa fai?»

«Mi diverto.» Un filo di sudore brillava sopra le labbra sottili.

«Andiamo via!» gli ingiunse Carrie.

«Per così poco?» Andrea aprì una mano e mostrò una sigaretta appena arrotolata.

Carrie inclinò la testa in una supplica. Si guardò attorno cercando di individuare sul tavolino a specchio alle sue spalle, una ragione più rilevante.

«Non conosciamo nessuno qui. Basta una fotografia che ci inchiodano a una croce.»

Andrea si passò la lingua sulle labbra e se le ripulì con il dorso delle mani. Tirò su con il naso e se lo strinse tra le dita, poi infilò la sigaretta dietro all' orecchio e con un sorriso sornione accennò un inchino:

«Dopo di lei, miss...»

Carrie avanzò fino alla scala a chiocciola. Manuel del Vescovo la fermò poggiando una mano sulla sua, sopra il corrimano.

«Ci rivediamo? Magari in Italia?». Le sollevò le dita, allungandosi abbastanza per simulare un bacio sul dorso e completò con un: «è stato un piacere».

Carrie rispose con un cenno del capo. Quel ragazzo era troppo ambiguo per ispirarle fiducia.

«Grazie...» sussurrò infine e indusse Andrea a precederla.

***

Carrie si lasciò crollare sul letto dell'albergo. Era stato un giorno molto intenso, dopo una notte d'amore quasi insonne. Chiudendo gli occhi, riusciva a percepire ancora il respiro caldo di Mauro sul collo e i suoi gemiti di piacere. Un brivido le accarezzò la pelle fino a raggiungere la parte più intima. Strinse le cosce per accentuare quella sensazione e trattennerla in sè, ma poi riaprì gli occhi, e suo malgrado, la lasciò andare via.

Si passò la lingua sulle labbra. La sera precedente era stata una follia che non si doveva ripetere. Ne era cosciente.

Andrea aveva ragione: una notte in più non avrebbe cambiato nulla. Mauro doveva pensarla allo stesso modo infatti, ricontrollò il cellulare, non le aveva inviato neanche un messaggio.

Spense la luce e rotolò sul fianco. Concentrata a rifuggire i pensieri, perse il sonno. Le pareva che la stanza risuonasse di rumori incomprensibili e spaventosi. Odiava il buio. Odiava quando la mente la spingeva ad avanzare nelle tenebre come dentro una palude Dantesca.

Si alzò e si accostò alla porta che la separava dalla stanza comunicante. «Andrea? Andrea dormi?»

Un grugnito famigliare le rispose.

«Sei solo?»

Dopo qualche secondo, le giunse la risposta: «Sì».

«Posso venire da te?»

«Vieni.»

Aprì la porta e, di corsa, si tuffò nel letto a due piazze. Andrea si sollevò per coprirsi con una maglietta. Carrie si girò di lato e accostò la schiena al suo petto. Si rannicchiò in posizione fetale. Lui la circondò con un braccio e la ricoprì con la coperta.

Andrea aveva ancora addosso un profumo troppo dolce per appartenergli, ma il calore di quel corpo e la regolarità del suo respiro bastarono a cullarla in un repentino riposo.

***

A notte inoltrata, un telefono trillò nella suite di un hotel londinese.

«Niente di nuovo sul fronte occidentale?», bofonchiò l'uomo all'altro capo.

«Qualche immagine del peccatore nella sala degli specchi del Bianconiglio» rispose il giovane.

«Ho bisogno di peccati d'altro genere, qualcosa di più strappalacrime.»

«Non ti facevo un sentimentale.»

«Solo quando serve.»

«E io cosa ci guadagno?»

«La mia gratitudine...»

«Oppure? Un servizio su misura, mi sembra qualcosa di troppo organizzato anche per te. Quanto vale tutta questa faccenda?»

«Qualche soldo più del tuo solito prezzo.»

«E se il solito non mi bastasse? Se ne volessi una parte?»

L'uomo panciuto sorrise soddisfatto tra i folti baffi e tornò a riaccostare il ricevitore alle labbra.

«Liberami la fanciulla dalla torre e la imbuco a Hollywood.»

«A Hollywood? Addirittura???»

«Mi è giunto uno spiffero» sollevò l'indice ingiallito dal fumo a carezzarsi il collo: «proprio qui vicino all'orecchio e mi ha indicato una strada dorata per la Silicon Valley». La voce si fece grave: «Ti porterei con me ma, onestamente amico, non credo che tu disponga dei fondi necessari».

Il respiro del giovane risuonò ingigantito dal microfono.

«Stai dimenticando l'impresa di famiglia.»

Gli occhi del sessantenne brillarono di soddisfazione.

«In questo caso... potremmo parlarne. Nel frattempo, devi darmi quello che ti ho chiesto: uno scandaletto semplice, da copertina lucida. Mi serve e in fretta.»

«Consideralo già fatto.»

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