23: Tutto quello che non ti ho mai detto:
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Luglio 2017
Carrie si posizionò in uscita. Si lisciò il corto tubino di paillette e cristalli Swarovski, come tanti frammenti dello stesso specchio. Si guardò le punte degli stivali bianchi, sperando di non inciampare, e si portò l'indice all'orecchio per verificare che gli orecchini a pendenti non si incastrassero negli auricolari.
Trasse un lungo e profondo respiro. Si lasciò superare dai musicisti e da Andrea, che le strizzò un occhio passandole accanto con la Stratocaster già infilata. Dopodiché, alzò lo sguardo.
C'era sempre un corridoio da percorrere per andare o tornare da un palco, pensò. Era come morire e rinascere. Rifare ogni cosa daccapo e cercare di superarsi, in cerca di una redenzione agli errori precedenti.
"Ecco il boato" si disse, "hanno appena abbassato le luci in sala". Chiuse gli occhi per immaginarsi ogni passo. "Avanzerai e, nel tratto finale, ti sembrerà di non toccare terra. È come un ponte, che ti traghetterà in un'altra dimensione. Seguirai i led di cortesia, percepirai l'agonia dei tecnici e i loro occhi su di te, ma non sentirai altro che l'apertura in cuffia. Ti sintonizzerai con i subwoofer. Percorrerai gli ultimi metri ed uscirai. Sola. Centrando quella nota che conosci a memoria senza margine di errore, mentre il cuore ti pomperà a ritmo e la vita ti pulserà nelle vene del collo. Le luci ti accecheranno, ma per pochi secondi, giusto per l'attacco e, poi, li vedrai e sarà amore a prima vista. Perché saranno lì, tutti per te. Migliaia di bocche urlanti adrenalina. Una folla eterogenea, multicolore, senza sesso, razza o età, che vive, che ride, che soffre, che si emoziona per la tua stessa unica ragione: la musica, la tua musica. Tanti fili rossi intrecciati che terrai nelle tue mani per un'intera notte."
Riaprì le palpebre. Era carica. Pronta a tuffarsi nel bagno di folla. Poteva giocarselo come voleva. Poteva urlare e piangere fino alle lacrime. Poteva ridere e sudare fino a splendere. E poi, senza timori, accogliere l'approvazione sconfinata e incondizionata dei suoi fans.
Così, partì fiduciosa, aggrappandosi al microfono come un pellegrino al rosario. Per otto date, il miracolo si sarebbe ripetuto. Avrebbe respirato, felice, libera, e come in un limbo, il resto sarebbe rimasto fuori.
«The show must go on», sussurrò con un sorriso a fior di labbra quando, giunta al backstage, intravide la scaletta di salita al palco.
***
Carrie uscì dalla doccia. Fuori, l'aspettava Andrea, che era stato più veloce.
«A posto? Ultima notte in camper. Stellina mia, si torna a casa.»
«Hai visto lo striscione sul secondo anello? Pazzesco! Era enorme.»
«Sì, mi ha detto la Fraudi che lo hanno ripreso. Lo metteranno nel video live», rispose Carlo, il batterista.
«Lo staff rilascerà un ringraziamento ufficiale sulla pagina del fan club spagnolo. È stato un tour incredibile. Il pubblico è così vivo e caldo, mi sono divertita tantissimo. Poi lo slang mi fa impazzire! Adoro questo paese, è così accogliente.»
«Perché non ti cerchi un fidanzato qui?»
Louis Martinez le sorrise con le labbra e con gli occhi. Stava accanto a Denis, come fosse un vecchio amico e gongolava, come avesse vinto al Super Enalotto.
Carrie guardò Andrea con aria interrogativa. Che cosa era venuto a fare? Lui scosse il capo e aggrottò la fronte.
«Andate, andate pure al rinfresco», li incitò. «Vi aspettano per cominciare. Sono passato solo a salutare.»
L'uomo diede loro le spalle e strinse la destra a Denis, rafforzando la presa con la sinistra.
Andrea e Carrie si incamminarono in direzione opposta ma, dopo pochi passi, il chitarrista si voltò:
«Facciamo due parole, Gonzalez?», disse con aria innocente.
«Io e te? Che avremmo da dirci?», ribatté il manager con fare beffardo, per poi aggiungere: «Carrie, tu che ne pensi? Sei d'accordo? Temo voglia parlare di affari che non lo riguardano.»
La donna, ancora legata al braccio dell'amico, chinò la testa: «No.»
Indispettito, Andrea se la scrollò di dosso e imboccò il corridoio. Lei lo inseguì, alterata.
«Aspetta, aspettami! Andy!»
Louis, con una grassa risata e un'alzata di spalle, li lasciò soli.
Dopo un paio di metri, Andrea si piantò sul posto e si girò.
«Vi date del tu, adesso?»
Si piegò verso la donna e, puntandosi le dita al centro del petto, la redarguì.
«Stai facendo il doppio gioco con me? Con me?» Ripeté, spalancando lo sguardo, mentre la voce saliva in un crescendo degno di un teatro drammatico.
«Andy non è così. Fammi spiegare.»
Il ragazzo si mise le mani sui fianchi.
«Avevi detto che mi avresti ascoltato.»
Carrie corrugò la fronte.
«Sì, ma...»
«Ma?» Alzò le sopracciglia, gonfiò il petto e sbuffò. «Quando dico una cosa, quella è.»
La giovane rifletté un attimo e poi provò a ribattere.
«Ma, si tratta di me, della mia vita» scandì, mentre il tono scendeva sotto le scarpe e le parole le morivano in gola.
L'uomo si fece torvo, gli occhi stretti come due fessure. Poteva quasi udirne il battito cardiaco. Una vena rigonfia, ramificata come un albero, gli apparì al centro della fronte.
La ragazza si sentì piccola al confronto e si chiuse a riccio, in attesa dell'esplosione. Conosceva tutti i segnali e l'elettricità nell'aria che precede uno scontro. Il labbro inferiore la tradì e prese a tremare. L'uomo parve accorgersene e il respiro, che gli gonfiava il petto, rallentò.
Non disse nulla. Si guardò alle spalle. Dal fondo del corridoio giungevano schiamazzi, musica e risate. Rimase immobile per attimi che le parvero infiniti.
Poi tornò a squadrarla con il volto freddo, ma arreso.
«Andiamo al buffet. Ci aspetta un party. Ho fame.»
Carrie si fece forza. Buttò tutto quanto alle spalle e indossò un sorriso smagliante. In fondo al corridoio, tra i flash e le coppe di champagne, c'era un altro tipo di palco.
***
Il viaggio di ritorno lo fecero in camper sino a Barcellona e poi in aereo per Milano. Si congedarono dai musicisti che era già mattina inoltrata. Fuori dall'aeroporto, Andrea si occupò di infilarle il trolley dentro il baule dell'auto privata. Girò intorno al veicolo e appoggiò i gomiti al finestrino abbassato.
«Domani pomeriggio. Casa tua. Passo io. Non prepararti discorsi. Tanto, ti leggo nel pensiero.»
Infilò la testa nell'abitacolo e le sfiorò la guancia con un bacio.
Carrie, le mani giunte tra le cosce, accennò un sorriso e annuì a testa bassa.
***
Agosto 2017
Il giorno dopo, Andrea e Carrie erano sdraiati su di una coperta di Hermès, nel parco della Rocca Militare della Città Alta di Bergamo. Il vento soffiava gentile, tra gli alberi secolari e i monumenti al valore, per via della posizione elevata sul colle.
«Agosto è il mese migliore dell'anno», sosteneva Andrea. «L'unico in cui, anche noi, sventurata gente di spettacolo, possiamo fare tutto quello che fanno gli altri.»
Carrie sorrise. I lunghi capelli castani erano liberi e sparpagliati, mentre la scollatura della maglietta mostrava un'abbronzatura invidiabile.
«Stare al sole in un parco anziché su uno yacht privato in mezzo al mare? Pochi capirebbero il tuo punto di vista.»
«È che la gente è complicata, non sa apprezzare le cose semplici.» Il ragazzo rafforzò il tono ironico, gesticolando con le mani dinanzi al viso.
«Il sole è lo stesso sia qui che su una barca. Se stai sdraiata ad abbronzarti a occhi chiusi che cambia? Potresti immaginare di essere ovunque. Quello che è insostituibile invece...», e la indicò come un presentatore tivù avrebbe indicato un ospite: «è una buona compagnia». Carrie gongolò finché quel tono cambiò e divenne quello di un padre.
«Comincio io. Perché non mi hai detto di aver parlato con Martinez?»
Carrie si posizionò meglio gli occhiali da sole, spingendoli verso l'alto con un dito.
«È complicato.»
Non voleva confessare di averlo fatto per comprendere il senso delle accuse che Mauro le aveva rivolto, senza alimentare la discordia tra Andrea e l'ex. Non poteva sbarazzarsi dell'immagine virtuosa che aveva di lui, solo per una notte storta.
«È stato lo stronzo a cercarti?»
«No, è stato Denis. Mi ha organizzato una call, dopo le prime due tappe del tour.
«Quasi un mese fa» commentò, passandosi una mano sul volto in modo così vigoroso che Carrie avvertì un brivido, quando giunse sui peli ispidi della barba appena accennata.
«Visto che sai tutto, partiamo dalle interazioni.»
Carrie esordì a macchinetta. Quella era la parte facile.
«Denis guadagnerà sul mio ingaggio, sulla pubblicità e le interviste, Manuel collaborerà agli eventi di promozione e alla presentazione dell'anteprima in Italia, il gruppo bancario di famiglia finanzierà le spese di produzione. Louis sarà pagato senza avere nessun incarico ufficiale. Quanto? Non credo lo sapremo mai.»
«E tu?»
«Sono la carota per l'asinello. Testimonio la mia esistenza e, se faccio la brava, avrò il mio guadagno.» Le sfuggì un ghigno, prima di finire: «Visibilità come attrice, oltre a un ottimo trattamento economico.»
«E farai la brava?»
Carrie ruotò il capo e contemplò Andrea al proprio fianco. Aveva gli occhi chiusi e stava disteso con gli avambracci incrociati sotto la testa. I lunghi ciuffi biondi, che solitamente gli incorniciavano il volto, erano ricaduti all'indietro rivelando una fronte alta e spaziosa. Da qualche parte aveva letto che fosse un segno di grande intelletto. Tornò a guardare il cielo, azzurro e terso. Doveva tentare.
«Non posso fare altrimenti.»
«Perché?»
«Perché farei del male a qualcuno.»
«A chi?»
Esitò. Intorno a loro, le api svolazzavano attratte dalle bouganville accanto ai muri della fortezza e dai fiori spontanei che nascevano dalla poca terra fertile infiltratasi tra le feritoie.
«Il figlio del dottor Cohen è mancato tempo fa. Un tumore. Un padre ha diritto a conservarne un bel ricordo. Non credi?»
«Che ti ha fatto?»
«Louis mi ha convinta così. In questo modo, dice che solo lui sarà il cattivo della storia.»
«E vorresti farmi credere che, se il dottor Cohen ti chiedesse personalmente spiegazioni, tu gli racconteresti una versione zuccherosa della stessa cosa per cui lo stanno ricattando e funzionerebbe? E questo, per cosa? Perché improvvisamente vuoi fare l'attrice?»
Andrea ruotò sul fianco e scivolò sul plaid per infilarle la testa nell'incavo tra il collo e la spalla.
«Puoi parlare» mormorò, «sono io.»
Non era riuscita a ingannarlo nemmeno per una frazione di secondo.
«Non ti piacerà... » La voce le tremò un poco e poi si fece rauca. Andrea le cinse la vita.
«Non hai mai voluto conoscere la fine di tua madre... »
Andrea la strinse ancora più forte. Sul collo avvertiva condensarsi, caldo e regolare, il suo respiro. Non si sarebbe tirato indietro. Questa volta voleva andare fino in fondo.
***
Maggio 2004
Quando Andrea era stato arrestato e trascinato via dai carabinieri, Carrie era rimasta in quella casa aperta con la madre di lui: un'alcolista tossicodipendente, che manteneva i propri vizi con il più vecchio tra i mestieri del mondo.
Carrie aveva solo tredici anni e una paura fottuta. Camminava rasente i muri, pur di frequentare la scuola di quartiere, con il bene tacito delle suore che le davano il necessario e un pranzo in mensa, l'unico del giorno.
Indossava abiti dismessi, parlava appena e dormiva con un occhio aperto.
Un giorno, rientrando a casa, aveva atteso inutilmente che quella donna uscisse dalla camera, ma poi, il silenzio continuo, a notte fonda, le aveva dato il coraggio di affacciarsi alla soglia. Nella luce della lampada del comodino, non aveva capito bene la situazione, aveva visto solo una donna molto magra, riversa sul letto e diverse bottiglie sparse a terra. Temendone l'ira al risveglio, si era ritirata.
Il giorno seguente, la situazione si era ripetuta e Carrie si era affacciata appena aveva fatto buio. Da subito, aveva notato che non era cambiato nulla: la donna era stesa nella stessa posizione e sul pavimento c'erano le stesse bottiglie. Soverchiata di timore e di istinto primordiale, era entrata. Un olezzo di urina e di morte aveva trafitto i suoi sensi.
La donna aveva gli occhi aperti rivolti al soffitto e un sorriso beffardo, quasi felice, sul volto, ma un particolare l'aveva gelata. Il braccio destro, abbandonato disteso, aveva un colore livido sopra il gomito, in corrispondenza della stretta del laccio emostatico. Una siringa era rotolata tra le lenzuola macchiate di sangue scuro, quasi bruno, ormai rappreso.
Colta da conati di vomito, si era coperta la bocca con le mani e solo per quel motivo non aveva urlato ai quattro venti la propria paura.
Era corsa fuori. Non aveva un vero legame affettivo con quella donna, che non si era mai curata di lei, ma era una bambina e anche un cane alla catena prova affetto per il padrone.
Era rientrata, solo per spegnere la luce, come se il buio avesse potuto inghiottire tutto quanto. Da quel giorno, non era più riuscita a dormire senza un barlume qualsiasi, accanto.
Per qualche giorno, era andata avanti facendo le stesse solite cose, in balia del destino, che non si era fatto attendere.
Una notte senza stelle, erano giunti degli uomini grezzi, dalle scarpe grosse e pesanti, a cercare una preziosa borsa di buste bianche. Prima di uscire, uno di loro l'aveva notata, rannicchiata sotto il tavolo in cucina.
«Sarà la figlia della mignotta», aveva detto.
«Prendila! Ci ha visto», aveva risposto l'altro.
«È una bambina non voglio frigne.»
«Se la madre era una puttana, buon sangue non mente.»
L'uomo si era piegato in ginocchio e aveva steso la mano per afferrarla dai capelli, come un coniglio dalle orecchie.
«Vieni piccola farò di te una donna», era stato il commento.
Così, Caroline aveva conosciuto il suo aguzzino.
Tremava, la notte in cui aveva toccato il fondo e conosciuto quanto male può fare la vita a chi non nasce sotto la stella giusta.
Aveva smesso di parlare, ma non di credere in un Dio antico e vendicativo. Covando i più infimi pensieri, aveva pregato, come le suore le avevano insegnato, che si ricordasse di lei.
Per quasi un anno, ogni notte, aveva atteso di avere la forza e il coraggio in egual misura, fino a quando era giunto quel momento in cui morire non faceva più paura di vivere. Aveva estratto un coltello, da sotto il materasso di un putrido letto e aveva colpito l'uomo che aveva fatto di lei una donna piena di rancore. I ricordi erano offuscati; non rammentava quanti colpi e neanche dove li avesse inflitti, ma aveva lasciato tutto lì, in quella misera stanza, mentre correva fuori in strada e a stenti riconosceva come sua, la voce acuta che spaziava libera nel vuoto.
Aveva corso, corso e corso. Forte di tutte le volte in cui aveva provato a fuggire senza successo, ma aveva attraversato la tangenziale sotto la pioggia senza avvedersi dei fari di un'automobile dai finestrini neri.
Dentro, stava l'uomo che le aveva cambiato il destino. Lui era sceso e l'aveva raccolta, come avesse investito una volpe in una riserva.
Ora Carrie sapeva perchè si erano intesi subito: era un attore, figlio di un produttore cinematografico, abituato per mestiere a studiare le espressioni umane. Con un solo sguardo, aveva colto l'entità del pericolo da cui fuggiva.
Così, se l'era portata con sé, senza che si dicessero una parola, per l'impedimento linguistico. Aveva volato su di un jet privato senza essere dichiarata e, dopo ore, stava nel nuovo mondo, affidata alle cure di un ricovero mensa per indigenti e profughi illegali, con qualche soldo in tasca e nessun sogno.
***
Andrea si staccò dal suo fianco. Supino, distese le braccia oltre la testa e con le dita afferrò qualche filo d'erba. Senza pensarci troppo, la tirò per strapparla. Alcuni fili si ruppero subito, altri gli tagliarono la pelle ferendolo in profondità. L'erba spontanea era più resiliente di quella seminata, aveva imparato a sopravvivere alle avversità del clima estivo.
Quei ricordi l'avevano riportato a una vita che avrebbe voluto cancellare e in parte ci era riuscito. I suoi occhi erano aridi. Aveva sperimentato in carcere quanto fosse inutile piangere. Aveva immaginato che dietro la fuga di Carrie dal quartiere, ci fosse qualcosa di così terribile da averla spinta a milioni di chilometri di distanza, ma si era illuso per anni che infossare il passato, avrebbe aiutato entrambi a estinguerlo dai ricordi. Si alzò in piedi e iniziò a cercare il pacchetto di sigarette nella tasca posteriore. Una forza oscura li stava manovrando, scavando a fondo nelle loro anime e costringendoli a guardarsi dentro.
«Quanto credi che Mr. Cohen sappia?» Trovò ciò che cercava e se lo ripassò tra le mani: «Se te lo chiedesse, gli racconteresti tutto quanto?»
Lei annuì.
«Quindi il figlio è stato l'eroe della tua storia?»
Lei annuì di nuovo. Andrea si incupì. Avrebbe dovuto essere lui il salvatore e invece l'aveva lasciata sola.
«Ma Louis Martinez lo ricatta. Favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Giusto? Un reato federale.»
Carrie si mise seduta e portò le ginocchia al petto.
«Probabilmente sa già ogni cosa. Te ne rendi conto, vero? Perché non rinunci e ti tiri fuori? E non dirmi che passare per una delle ex di Manuel del Vescovo ti preoccupa ancora.»
La ragazza sollevò lo sguardo. Solo le sopracciglia corrugate spuntavano dalla montatura cromata.
«Se Louis diffondesse quella vecchia storia, che ne sarebbe della mia carriera? Tutti vorrebbero sapere perché sono salita su quell'aereo. I giornalisti calerebbero come corvi. Sono un'assassina, proprio come te. Cosa non capisci?»
Andrea non batté ciglio. Per lui, la feccia andava eliminata. Non aveva dubbi, né ripensamenti. Non credeva nella giustizia.
«Non capisco perché deve metterti sul set. Va bene, ti ha usata, ma chiudiamola qua, Cristo Santo! Gonzalez non compare in nessun libro paga, a differenza tua. A lui che cambierebbe?»
«È il dottor Cohen a volermi. Una specie di polizza assicurativa. Se crollo io, crolla tutto. Lui accetterà il ricatto, ma devo farlo anche io. Io so che lui sa. Io non parlo, lui non parla, nessuno parla.»
«Un mondo di muti. Fantastico!»
«Ecco perché devo fare di tutto per convincerlo che suo figlio è stato il mio prode salvatore e che ne rispetterò la memoria. Così, finita questa storia, non avrò un nemico pericoloso alle calcagna.»
«Come ha fatto Louis a scoprire tutto questo?»
Carrie scosse la testa. «Non lo so, proprio non lo so.»
«Hai guardato in Internet e non risultava che il produttore avesse un figlio. Chi ti dice non sia tutta una montatura e che ti stiano fottendo in qualche altro modo?»
Carrie si morse il labbro prima di rispondere. L'uomo notò il gesto e si fece ancora più attento. Sollevò un sopracciglio e tese le orecchie. Il nemico invisibile che tanto temeva, poteva essersi infiltrato anche tra di loro? Quella era la sua più grande paura. Solo in lei riponeva la propria fiducia e non poteva essere altrimenti. Questo solo lo teneva in piedi.
«Pare si fosse allontanato da casa appena maggiorenne e avesse adottato un nome d'arte per crearsi una carriera indipendente. Viveva in Europa, lontano dalla famiglia. Me l'ha detto Louis. Non credo avessero buoni rapporti, ma non è un segreto che fossero parenti», rispose.
Andrea finì di giocare con l'accendino e si accese la bionda. Le diede le spalle e si avvicinò al muretto che affacciava sul precipizio, oltre le mura venete. Il vento gli scompigliava i capelli che ricordavano il colore delle foglie del mais maturo. Aveva sempre impedito a Carrie di raccontargli i particolari della morte di sua madre, perché non voleva provare pena per lei. Preferiva continuare a odiarla e a ritenerla colpevole di averlo esasperato, a tal punto, da indurlo a ferirne a morte il protettore. Come avrebbe potuto altrimenti, far convivere dentro di sé due sentimenti tanto opposti come affetto e odio?
Carrie si rizzò e lo raggiunse. Gli accarezzò i fianchi e incrociò le braccia attorno al suo ventre. Andrea ne avvertì la guancia, aderire alle vertebre della colonna. Fece un tiro di sigaretta, mentre lo sguardo coglieva il verde al fondo dello strapiombo su cui poggiava la rocca militare.
Come i fili d'erba di un prato, si erano piegati al vento e alla pioggia, pensò. Erano stati solo fili d'erba in un mondo distratto che li aveva calpestati. Avevano cercato, a modo proprio, un raggio di sole per crescere. Pochi, li avrebbero compresi, la maggioranza li avrebbe giudicati.
Colpevole!
Quella sentenza risuonava nei suoi incubi, forte e chiara, quanto il rinculo del colpo della semi-automatica che gli aveva rubato otto anni di vita.
«Ti accompagno a casa.»
Andrea gettò la sigaretta nel vuoto. Aveva bisogno di cambiare aria.
Carrie annuì. Era stato troppo per entrambi. Il mondo non sarebbe finito in un giorno, avrebbe continuato a girare loro attorno.
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