22. Il ricatto (parte 1):

Giugno 2017

Mauro era ancora seduto a terra, intontito dal mal di testa e dal sonno, quando avvertì il beep. Cercò il telefono che gli era scivolato tra le ginocchia. Fece un respiro profondo, controllò l'ora: erano le sei. Carrie non aveva letto nessuno dei suoi messaggi, ma Andrea gli aveva scritto. Era per lui se si era risvegliato. Lesse in fretta: "È con me". Un messaggio davvero conciso, tipico di Andrea. Non lasciava porte aperte a una conversazione.

Aggrottò la fronte, si trascinò fin sopra il letto, si avvolse nella trapunta e si sdraiò.
Questa volta, aveva fatto il suo gioco, gli aveva reso fin troppo facile escluderlo dal loro cerchio. Il labbro superiore salì verso l'alto da un lato solo. Un sorriso storto, come un pugnale nel collo.

Rotolò sul fianco, fino a rimirare il cuscino accanto, dove lei aveva lasciato il solco della propria testa. Era rimasto solo il peso del suo passaggio.

***

Carrie si svegliò dopo mezzogiorno, più stanca di quando si era addormentata.

«Ti aspettavo, dormigliona!»

Andrea era seduto sul poggiolo del divano, i piedi scalzi incrociati sul tavolino. Allungò una mano a raggiungere il cartone che stava ancora a terra e ne estrasse un pezzo di cornicione di pizza che si infilò tra le labbra, come fosse una sigaretta.

«Ho fame. Andiamo a farci un brunch? C'è un piccolo locale vicino ai giardini di Montanelli. È lunedì mattina, non ci noterà nessuno.»

«Sono senza forze. Stesa sotto un treno. Io passo.»

«Effetti collaterali di una notte brava.»

Andrea rimise a posto il pezzetto di pizza mangiucchiato. Si alzò e buttò tutto quanto, poi tornò con due liste colorate e tempestate di immagini.

«Ordiniamo a domicilio, stress» le disse, girandogliene una, tutto pimpante. «Offro io.»

Mangiarono sul divano, davanti al televisore acceso. Ogni tanto, si scambiavano qualche commento alle notizie di cronaca del telegiornale.

«Dammi qua», le disse Andrea infine, ripulendo il tavolino dagli avanzi e ritirando i vassoi in carta.

Carrie sapeva che si aspettava delle spiegazioni. Così non lo fece attendere e partì da ciò che le pareva più facile.

«Mauro mi ha detto una cosa ieri sera», attaccò.

«Cosa?» Andrea si fermò a guardarla.

«Mi ha detto che dietro il servizio giornalistico a Los Angeles ci sarebbe la mano di Louis Gonzales.»

«Ehm e poi?»

«Cose senza senso.»

«Magari anche questa non ha senso. Magari l'ha detta così, tanto per dire, per gettare fango.» Si avviò verso la cucina per avere le mani libere.

«No, è vera.» Carrie alzò la voce per farsi udire. «Sapeva che Manuel mi aveva consegnato la memory card senza che io glielo avessi detto. Anna avrebbe fatto da corriere.» Fece una pausa per portarsi il pollice alle labbra cercando di staccare un'unghia in gel dalla radice. «Non avrebbe fatto il suo nome, se non fosse stato vero.»

Andrea ricomparve. Si appoggiò allo stipite della porta e incrociò le braccia. Le mani sotto gli avambracci esaltavano i muscoli tesi nella maglietta leggera a mezze maniche. Un cuore nero, come quello sulla copertina del loro primo Lp, stretto tra le pesanti maglie di due catene incrociate, pareva esplodere sul bicipite destro.

Entrambi sapevano che Mauro era affezionato a quella donna e non l'avrebbe mai coinvolta senza motivo.

«Non capisco perché Louis si sarebbe scomodato tanto.»

«Non lo so.»

Andrea sollevò un sopracciglio. «Per vendetta verso Mauro e la sua sfuriata pubblica?» Si accarezzò il mento. «Troppo infantile come motivazione. E poi, Manuel che interesse avrebbe a prestarsi a questo gioco? Quattro spiccioli in più non fanno uno yacht a Cipro.»

Carrie cercò di concentrarsi, ma voleva evitare di fare quell'altro nome. Le cose non potevano essere correlate. In fondo, come aveva già detto a Mauro, New York non era in Florida.

«Ripartirei da Denis», suggerì. «C'era anche lui a Los Angeles e non ci aveva detto una sola parola su Manuel e sul perché fosse lì.»

«Sono d'accordo. È tempo di spiegazioni.» Andrea si raddrizzò e le puntò gli occhi verdi, addosso. Non aveva bisogno di parlare, Carrie aveva compreso il doppio senso di quella frase, ma decise di ignorarlo. Non gli avrebbe raccontato di come Mauro l'aveva umiliata paragonandola a una sorta di escort o a un'arrampicatrice sociale. Non avrebbe fomentato nessuna guerra, non avrebbe dato fuoco a nessuna miccia.

«Ti prego, chiama subito Denis, altrimenti impazzisco!» La voce le uscì sgraziata. Distolse in fretta il proprio sguardo, per non trovarsi più ad affrontare il suo. Andrea, con un grugnito, andò in camera a cercare il cellulare.

Carrie fulminea prese il proprio e l'accese. Dalla notte precedente, c'erano almeno una quarantina di messaggi tutti uguali:

"Dove sei?"

Aveva sperato di trovare qualcosa che non fosse il vuoto totale, ma di fronte all'evidenza di quella ricerca ossessiva, sentiva la bile risalirle nell'esofago. Mauro aveva esagerato e lo sapeva, altrimenti non l'avrebbe cercata tanto a lungo. Non si capacitava di come, dopo aver sublimato in lei l'idea stessa dell'Amore, avesse potuto coprirla di insulti come qualsiasi altro uomo al mondo avrebbe potuto fare.

Era riuscito a riaprire una profonda ferita. L'onta di un peccato arcaico che non era riuscita a strapparsi dalla pelle con nessuna spugna o sapone. Mauro non aveva capito, non avrebbe capito. Nessuno mai, l'avrebbe fatto. Solo Andrea poteva.

L'uomo tornò nel salotto. Tra le mani aveva il suo zaino. Glielo lanciò a terra, tra i piedi.

«Preparati!»

Carrie lo guardò con l'espressione tirata.

«Andiamo a prendere il toro per le corna.»

«Che succede?»

«Denis mi ha appena detto che hai ottenuto la parte nel film. Voleva sotterrare la merda con la bella notizia, ma guarda qua ...»

Carrie fece per allungare il collo, quando il suo cellulare iniziò a vibrare. Aggrottò la fronte in un'espressione interrogativa.

«Maledizione!» imprecò Andrea, «la notizia si sta già diffondendo. Ti chiamano per congratularsi.»

«Ma... ma come? Non ho ancora firmato niente.»

«Infatti, stavo proprio per mostrarti il tweet di Vipspia che ha già dato la soffiata. Assurdo vero? Chi potrebbe aver spifferato se Denis era al telefono con me quando ha ricevuto la proposta di contratto?»

«Qualcuno sicuro al cento per cento che sarebbe arrivata oggi e l'avrei accettata: Manuel!»

«Ma chi manovra meglio le notizie se non Louis?» Andrea sollevò lo sguardo dal telefono con un sopracciglio alzato. «Ma la vera domanda è: chi ci guadagna?»

Carrie agguantò lo zainetto e andò a prepararsi in bagno.

***

Erano appena passate le tre pomeridiane quando giunsero alla Dvd Record. La segretaria all'ingresso aveva riferito loro di attendere qualche minuto. La sala d'attesa era ordinaria. Tinteggiata di un verde pastello, il colore della tacita attesa. Qualche disco di platino appeso alla parete, sciatte copie degli originali, faceva da specchio per le allodole.

Denis andò a riceverli in un completo gessato blu Armani e li scortò al proprio ufficio. I suoi modi, adulatori, erano alquanto sospetti.

«Arriviamo al sodo», esordì Carrie appena la porta si richiuse alle loro spalle. Si infilò le mani nelle tasche dei jeans e soffiò con il labbro storto per spostare un ciuffo di capelli dalla fronte. «Perché avrei ottenuto la parte?»

«Ma che domanda. Perché sei brava», rispose Denis Ferrari, mostrando loro le spalle, mentre raggiungeva la scrivania per appoggiarvi una sola coscia.

«Non basta. Avrei dovuto fare almeno altri due o tre provini di scrematura. Così è troppo facile.»

«Cercavano un volto nuovo, ma già noto», affermò sfregandosi le mani e ostentando una certa sicurezza. «E poi il produttore si è informato e ha saputo che ti sei diplomata alla Juilliard di New York. A quel punto, non ha avuto dubbi sulle tue potenzialità.»

Carrie scoppiò in una risata nervosa. La voce divenne un poco tremula.

«Impossibile.»

«Ma guarda che lo fanno. Credimi! Sai quanti talenti prendono dalle scuole?»

«Forse per le comparse. Ma non è questo il caso. E poi...» La ragazza si sedette a fianco di Andrea di fronte alla scrivania e con la mano cercò la sua. «Io non mi sono mai diplomata.»

«Ma quell'uomo era sicuro del fatto suo. Ho fatto la figura dell'imbecille, al confronto. Non ne sapevo niente.»

La cantante puntò i piedi a terra, portò le mani alle ginocchia e si sporse in avanti sulla sedia.

«Perché non c'era niente da sapere.»

Andrea tornò a stringerle forte la mano e intervenne: «Quale uomo?»

«Ma il dottor Cohen, in persona.» Denis saltava da un volto all'altro, guardandoli con le sopracciglia sollevate al centro e un'espressione angelica.

«Ha mentito!»

Carrie non riuscì a tacere, nonostante ci avesse provato mordendosi l'interno del labbro inferiore. Avrebbe voluto tapparsi le orecchie, zittirlo all'istante e per sempre. Andrea le lanciò uno sguardo gelido e severo.
Lei scosse le spalle vinta da un brivido nervoso e piegò il collo a destra e a sinistra per scaricare la tensione.

«Ma mi ha mostrato un annuario e c'era la tua foto: Caroline Babich. Sei tu», insistette Denis.

La donna si rivolse di nuovo all'amico in cerca di aiuto, come un criceto intrappolato in un labirinto, ma anche lui non poteva negare l'evidenza.

«Okay, ci sono stata, ma... ma...» Prese a vagare con lo sguardo nel vuoto in cerca di un appiglio, ma tutto quanto stava diventando sbiadito, privo di dettagli, come se sopra vi fosse scesa una coltre di nebbia. «Io non mi sono diplomata», mormorò di nuovo.

«Ma ci sono le fotografie» , ripeté Denis.

Carrie sudata, sbottò: «Ho saltato l'ultimo anno». La testa le ronzava e la nebbia che aveva avuto dinanzi, ora era stata sostituita da una coltre scura attraversata da piccole saette di luce che fuggivano a destra e a sinistra prima di dileguarsi.

«Scherzi? Chi rinuncerebbe all'ultimo anno?»

Al limite delle forze, butto fuori ciò che l'opprimeva: «Una ragazza incinta con l'obbligo di rimpatrio!»

Denis rimase a bocca aperta. Andrea calò la testa sul petto. Carrie non aveva urlato, ma era come l'avesse fatto. Una falsa quiete popolò il grave silenzio. Il castello di carte era imploso, niente sarebbe stato più come prima.

Carrie sentì il battito del cuore pulsare nelle tempie. Lentamente la luce ritornò a colorare la stanza. Respirò a pieni polmoni spaventata alla sola idea di aprire di nuovo bocca.

Andrea appoggiò i gomiti alle ginocchia, intrecciò le mani e vi premette la fronte.
Denis girò attorno alla scrivania e si lasciò sprofondare nella poltrona girevole. Allargò le gambe e abbandonò le braccia sui poggioli. Iniziò a ruotare su sé stesso e a rimirare i quadretti appesi alle pareti color biscotto dell'ufficio. C'erano immagini con uomini in giacca e cravatta e donne in abiti da sera, che si stringevano le mani davanti all'obiettivo, ritagli di articoli di giornali con titoli alti almeno due centimetri, la pergamena di una Laurea in Scienze della Comunicazione, un attestato di un Master in Public Speaking e l'impronta vuota di quello che Carrie ricordava essere lo spazio di una fotografia in cui appariva con la moglie alla cerimonia di inaugurazione della loro Agenzia. Incassato nella sedia, trascinando le parole a fatica, cercò di esprimere un barlume di lucidità.

«È un successo. Perché discuterne? Ho lavorato per te, per tutti quanti.»

Carrie cercava ancora di respirare e non rispose. Andrea avanzò verso la scrivania, strisciando la sedia sul pavimento.

«Cosa hai fatto?» tuonò. «Ti sei venduto? E per cosa?»

«Per soldi.» Sussurrò e si fece piccolo, con la voce come quella di un bambino.

«Non ne avevi abbastanza?»

«Sono al divorzio, non mi resta che la metà o forse meno. Questo contratto mi serve. Louis regge il mio bilancio da mesi.»

«E cosa fai per lui? Passi scoop scandalistici?» Il ragazzo strinse gli occhi e si fece acido: «Rende bene distruggere vite?»

«Rende, quanto serve.» Denis era serio.

«Ma non abbastanza.» Andrea alzò la voce. «Come avete fatto a piazzare Carrie nei vostri inciuci? Cosa ci rimette?»

«Niente.»

Andrea si alzò di scatto e si piegò in avanti sbattendo i pugni sulla scrivania. Denis sobbalzò.

«Niente, lo giuro! Io non lo so come è andata. Louis mi ha detto che aveva tra le mani una cosa grossa tra Carrie e il figlio di Cohen. Mi ha detto che bastava incontrare il produttore una sola volta, che Manuel avrebbe pensato a tutto. Non so altro.»

«Stiamo parlando di ricattare un'industria del cinema. Ti pare una cosa da niente?»

«La cena con l'avvocato e l'amministratore ...» suggerì Carrie, alzandosi in piedi.

«Sì, esatto. Per questo ero nervoso quella sera, temevo succedesse qualcosa, ma è andata bene. Nessuno ha parlato. Come avete fatto a capire che c'era qualcosa sotto?»

«Ce l'hai detto tu!» Carrie si aggrappò all'avambraccio teso e vibrante di Andrea e lo strinse forte. Si fissarono complici e si girarono per andarsene.

«Aspettate!» Denis era spossato. «Cosa farete ora? In fondo, voi siete puliti. Voglio dire, insomma... io potrei non avervi detto nulla.» La sua voce continuò a inseguirli. Non voleva arrendersi. «Carrie, avanti... Hollywood! Il sogno di una vita! Quando ti ricapita?»

La ragazza ruotò a stento la testa:

«Proprio non ci arrivi, eh? L'hai appena trasformato in un incubo.»

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