19. Albarella:
Giugno 2017
Carrie giunse al controllo ingressi dell'isola nel tardo pomeriggio. Era sola, con la Sportster 883 e la propria ombra che si allungava sull'asfalto come un presagio infausto. Mauro la calpestò per raggiungerla.
«Ciao.»
Carrie sobbalzò e arretrò con le spalle ma, appena volse il capo, le labbra si spalancarono in un sorriso.
«Non ti avevo visto», ridacchiò.
Mauro sorrise di rimando. Allungò la mano colto da un'improvvisa ondata di tenerezza e le sfiorò la guancia con una carezza. Si accostò e vi posò un bacio. La pelle profumava ancora di docciaschiuma e i capelli di shampoo. Doveva aver abusato con le quantità. Quando stavano ancora insieme, al rientro dagli hotel, le portava campioni di prodotti da bagno con la scusa di volerli testare. Così, li mischiavano tutti assieme e sparivano per ore intere in vasca, tra la schiuma densa come panna montata.
Carrie passava molto più tempo a lavarsi che a truccarsi. Tanto non ne aveva bisogno, pensò ammirandola.
«Sbrighiamo le formalità.» Carrie gli girò le spalle per appoggiare il casco, che aveva ancora in mano, sulla sella. I capelli fluttuarono regalandogli qualche altro secondo di estasi.
***
La luce stava oltre le loro spalle, quando uscirono dall'ufficio registrazioni.
«Puoi guidare fino a casa per il primo accesso, poi niente mezzi a motore.»
«Come sempre», tagliò corto la ragazza.
Mauro si lasciò sfuggire un ghigno e calò lo sguardo a terra. Era nervoso. Era evidente, dato che la stava subissando di spiegazioni inutili.
«Sali?»
Carrie tolse il cavalletto alla motocicletta e si accomodò sul davanti della sella.
Mauro accettò con un cenno del capo e montò. La vita sottile, sopra i glutei tondi stretti tra le sue ginocchia, lo tentava, ma optò per reggersi alle rigide maniglie ai lati. Appena fu in posizione, Carrie partì.
Si era dimenticata di dargli un casco. Forse aveva pensato che fossero solo pochi metri di strada, oppure aveva sbagliato. Forse anche lei era tesa. Allora, perchè era venuta? Non si trattava di un'ondata di improvvisa passione, ma di trascorrere ore e ore guardandosi negli occhi fin dentro l'anima.
Strinse più forte le mani sui sottili ferri. Rifuggiva quella voce che suggeriva fosse venuta per completare un discorso mai iniziato. La resa dei conti era l'incubo delle sue notti e il delirio dei suoi giorni. Cercò di distrarsi con l'aria calda e umida che gli arruffava i riccioli. Era una sensazione sconosciuta. Non riusciva a classificarla. Era piacevole e frizzante sulla pelle, ma il senso di colpa per essere fuori legge, gli impediva di apprezzarla a fondo.
Carrie si fermò di fronte al cancelletto in legno blu e spense il motore. Scesero dal mezzo. Mauro aprì e l'aiutò a spingere la motocicletta fino alla tettoia in canne di bamboo. Ogni passo era schematico, dettato dalle abitudini.
Forse era venuta per risolvere i loro problemi, ma Mauro non aveva idea di quali fossero. Cosa l'aveva condotta lontano, ancora non l'aveva capito. Era convinto di essere stato un perfetto fidanzato. Romantico, attento, rispettoso dei suoi spazi. Non si riconosceva un solo difetto. Non le aveva mai imposto nulla. Non aveva recriminazioni da farsi. Quindi spettava a lei parlare. Ma cosa aveva da rivelare se non le proprie colpe?
Aggrottò la fronte e raddrizzò la schiena.
La motocicletta era in posizione. Incrociò le braccia al petto. Carrie era a pochi passi, croce e delizia. Cosa stavano facendo in quell'isola? Quella storia era già finita. Non erano gamberi. Mauro non sapeva camminare all'indietro e Carrie, confessando le sue debolezze, non avrebbe che peggiorato la situazione. L'unica cosa che avrebbe potuto fare era scusarsi. Ma non poteva certo aspettarsi che tutto passasse con due parole: mi dispiace.
Gli rimbalzava in testa la frase di uno storico film: "Love story". Chi non l'aveva trovata almeno una volta nei biglietti dei cioccolatini a San Valentino? "Amare significa non dover mai dire mi dispiace." Calzava proprio a pennello.
«Puoi lasciare le tue cose in casa», recitò per seguire il programma che aveva organizzato.
«Perché dove andiamo?»
«Ho prenotato in pizzeria. Al lido.»
Carrie si illuminò, gli occhi le brillarono. «Gita in bicicletta?»
Però, Mauro non se ne accorse, la considerava, ma mai oltre le guance. «Sì, al solito.»
«Dovrei cambiarmi...» Aprì la mano e indicò gli stivali da motociclista sopra i jeans skinny.
Mauro sorrise in preda ai ricordi.
«Ogni volta che arrivi qui, non azzecchi mai le scarpe!»
Si guardarono. Carrie aveva le guance più smunte di come la ricordava. Era pallida nonostante la stagione calda inoltrata. Provò ancora più malinconia per i giorni passati, quando le sue gote tonde e lisce riflettevano il sole come due piccole pesche mature e i suoi occhi azzurri avevano più sfumature della superficie del mare.
Le allungò le chiavi della porta. «Fai pure. Mentre ti sistemi, preparo le biciclette».
***
Mezz'ora dopo erano in pizzeria. Terrazza sulla spiaggia. L'odore di pesce fritto e le voci dei bambini che giocavano vicino all'altalena, riempivano l'aria di un'atmosfera che le era poco familiare. Carrie si perse a guardarli con la coda dell'occhio. I bambini non erano mai soli. Una dopo l'altra, le madri facevano la spola dall'interno all'esterno. Spesso c'erano dei capricci tra i fratellini.
Una brezza umida le attraversava gli abiti. Una madre prese tra le braccia una bambina in lacrime e riuscì a trovare una soluzione per i turni di gioco. Carrie trasse un respiro. Sarebbe mai stata capace di tanta abilità?
Si accorse che Mauro la stava fissando, come cercasse di leggere i suoi pensieri, così si concentrò su altro.
«Le esalazioni di salsedine qui sono più intense che in tutti i posti dove sono stata», commentò spostando le posate per giocare con un angolo del tovagliolo.
«Forse perchè siamo in una laguna», rispose lui. Si lisciò la camicia e arrotolò meglio le maniche, guardandosi attorno.
Il cameriere si avvicinò allungando due liste. Era un ragazzotto in carne, dai colori mediterranei e dai modi piuttosto pratici.
Carrie rifiutò la carta e fissò Mauro.
«Grazie, ma io ho già deciso. E tu?»
«Anche io. Possiamo ordinare subito?»
Il ragazzotto, sorpreso, ripose i menù sotto un'ascella e prontamente estrasse una penna e un taccuino dal marsupio stretto in vita.
Mauro fece un cenno del capo a Carrie perchè cominciasse.
«Una pizza americana e una piccola rossa alla spina.»
L'uomo reclinò la testa, nascondendo un sorriso dietro gli indici sollevati delle mani fino ad allora intrecciate sotto il mento.
«Embè? Che c'è?» chiese la ragazza con un tono giocoso.
«Niente, niente», si schernì.
«Tu non prendi la solita margherita doppia mozzarella e panache media?»
«Sì, esatto», rispose rivolto al cameriere. Tornò a guardarla, compiaciuto. «Ti ricordi bene...»
«Ogni cosa», ribatté lei prendendo il tovagliolo e accomodandoselo sulle ginocchia.
Come due funamboli camminarono su un filo di seta tutta la sera. Parlarono senza dirsi niente, o quasi. Due passi avanti e due indietro, in un equilibrio precario che non li portava da nessuna parte.
Carrie raccontò di essere stata a Los Angeles, per questioni di lavoro, con Andrea e Denis. Ma si guardò bene dal nominare Manuel Del Vescovo. Come se la cosa non fosse nota. Mauro invece parlò della vittoria del Summers Festival. Ma senza accennare alla chiusura del contratto con Louis. Sembrava quasi che potesse funzionare, ma poi rientrarono a casa.
C'era una notte di aspettative davanti a loro, testimoniato dallo zainetto di Carrie sul pavimento accanto agli stivali impolverati dalla strada. Mauro accese i faretti dell'ingresso e quelli sopra il piano della cucina a vista. Con la voce avviò una playlist in filodiffusione. L'atmosfera si fece più calda, sulle note di James Blunt, dei Cold play e di Adele.
La casa conservava un vago odore di chiuso, nonostante sul tavolo del salottino campeggiasse un legno di mare decorato con del pot-pourri e qualche rametto di lavanda. Mauro sorpassò Carrie e raggiunse il frigorifero.
«Vuoi dell'acqua? La pizza era salata.»
«Sì, grazie.» La cantante si accomodò al ripiano che faceva anche da piano bar.
L'uomo riempì due bicchieri colorati a onde azzurre e li posò tra di loro. Appoggiò i gomiti sul legno del piano e, dopo aver bevuto e accarezzato distrattamente una nervatura aperta in tutta la lunghezza, prese a ticchettare le unghie sul vetro della bottiglia.
«Quanto pensavi di fermarti?»
«Fino a mercoledì.»
«Quattro giorni...»
«No, tre. Il pomeriggio devo essere già a casa. Riparto la sera stessa.»
«Dove vai?»
«Tour in Spagna. Qualche data e poi giro di interviste. Solita routine. Non ricordo bene il plane.»
«Albergo o camper?»
«Camper. È un minitour, ma le tappe sono distanti tra loro. Dormiremo in viaggio, per lo più. E tu?»
«Io? Ancora non abbiamo finalizzato il programma estivo», rispose vago.
«Sei in ritardo.» Carrie sgranò gli occhi, incredula. Louis Martinez era un metodico. Strano non avesse già previsto ogni cosa. Tutti sapevano che la sua era una tra le migliori agenzie. Arricciò le sopracciglia e si mordicchiò un labbro, finché sbottò.
«Ti sei preso una pausa?»
Mauro fermò le dita. Carrie trattenne il fiato. Un soffio di insicurezza attraversò la stanza e fece tremare il filo al quale entrambi erano appesi.
Il ragazzo strinse la bottiglia, si alzò e la ripose in frigorifero.
«No», dichiarò richiudendolo. «Dopo la vittoria dell'altra sera, Louis ha detto di voler apportare dei cambiamenti all'itinerario. Vorrebbe sfruttare al meglio la nuova situazione.»
Carrie tornò a respirare.
«Ah, capisco.» Per un attimo aveva temuto di essere la causa del problema, per via della lite pubblica che i due avevano avuto alla residenza Nemi.
Non voleva, in alcun modo, compromettere il suo futuro.
Mauro si girò e la puntò con gli occhi scuri e quello sguardo profondo che sapeva spiegarsi da sé.
Un brivido l'attraversò. Era l'unico uomo al mondo capace di sedurla senza parole. Lasciò che girasse attorno al tavolo e ruotò sullo sgabello per accoglierlo. Mauro le si sedette di fronte. Appoggiò il gomito al banco e con l'altra mano la cercò. Le dita le sfiorarono la schiena, rincorrendosi l'una dopo l'altra, dalla vita alla pelle nuda al disopra del top senza spalline. Con una leggera pressione sulla nuca, la spinse a sé in cerca delle sue labbra, per accarezzarle con le proprie. Carrie trasalì di piacere e ricambiò il bacio. Mauro si fece strada dentro di lei.
Era appassionato, ma troppo trepidante, quasi pretenzioso. Alla ragazza parve che il tutto si stesse svolgendo in fretta. Si ripeté, che era venuta per quello, no? Perché dunque stupirsi di tanta passione? Realizzò di essere scontata. Come un fantasma scappato da una vecchia soffitta di ricordi, la paura di essere usata solo per uno scopo erotico fece capolino in lei.
Mauro, come l'avesse sentita arrivare, fece marcia indietro.
«Vuoi andare in bagno? Ti aspetto qui», le suggerì.
Carrie annuì e abbandonò rapida la stanza, per poter zittire i propri mostri.
***
Nell'attesa, Mauro tornò al frigorifero. Aveva bisogno di qualcosa che sciogliesse la tensione e facesse da carburante.
Era riuscito ad allontanare lo spettro di Louis dalla mente di lei, ma non dalla propria. E se Anna avesse avuto ragione? Se ritornando un signor nessuno, Carrie l'avrebbe scordato in fretta? Carpe diem. Doveva cogliere l'attimo. Godere di quei pochi giorni, anche se quel pensiero lo teneva in scacco. Davvero la ragazza era tanto materiale? A letto, con lui, si accendeva. Era certo della sua autenticità. Era certo della propria mascolinità. Ma gli toccava sempre la prima mossa. Mai che lei prendesse l'iniziativa facendolo sentire indispensabile.
Si aprì una birra e la bevve direttamente dalla bottiglia. Appena la sentì tornare, la ripose in frigorifero, come avesse potuto nasconderne il sapore dentro la propria bocca.
Carrie aveva raccolto i capelli in uno chignon improvvisato, che le lasciava le spalle scoperte.
Era ancora più seducente tra le luci e le ombre della stanza. La raggiunse. Le cinse la vita con entrambe le mani e si chinò a baciarle il collo che, assieme alla schiena, erano il suo punto debole.
La fece rabbrividire con piccoli morsi. Carrie lo abbraccio, dando una scossa ai loro sensi. Mauro la spinse verso la camera da letto.
Lei si girò nel buio, strisciando i piedi, incerta. A memoria, il ragazzo individuò e accese le luci del letto a baldacchino. La camera brillò di una luce soffusa, come uno struggente pugno di stelle. Mauro si piazzò sul bordo del letto e la invitò a raggiungerlo. Le affondò il viso tra i seni per inebriarsi del contatto lussurioso con la pelle vellutata e la carne arrendevole. Respirò quel profumo che gli faceva sembrare tutto più sobrio. Con le mani cercò la zip sul retro e la liberò dal top. Il bustino a balconcino in pizzo blu, che comparve sotto, era ancora più intrigante.
Mauro sorrise piacevolmente sorpreso.
Carrie sapeva quanto adorasse la biancheria intima femminile.
Si passò un dito tra le labbra, bagnandolo con un movimento lento, poi lo fece scorrere dentro una delle due coppe per tutto il bordo, fino a pizzicare la turgida punta del capezzolo. Carrie chiuse gli occhi e inclinò il collo all'indietro. Il giovane le slacciò i jeans skinny e li lasciò scivolare a terra. L'ombelico era scoperto e un paio di slip alla brasiliana completavano la mise. Mauro si lasciò cadere ai suoi piedi. Appoggiò le labbra sul ventre e roteò la lingua nell'incavo al centro, che era profondo quanto il mistero stesso della vita.
«Vuoi che continui?» chiese con la voce tremula e lo sguardo non più lucido. Carrie arrossì e si limitò ad annuire.
Mauro le fece scivolare le mutandine a terra. Portò le mani aperte dietro le sue cosce e le strinse, finché le sentì proprie. Appoggiò il volto alla sua parte più intima e la baciò con dolcezza. Quando avvertì le sue dita sfiorargli le spalle, divenne più spregiudicato e appassionato. Al ritmo dei suoi gemiti intraprese una danza di corteggiamento, fatta di azzardi e ritiri.
Il suo desiderio più grande era superarsi nell'arte amatoria. Sognava che un giorno, Carrie lo desiderasse a tal punto da supplicarlo di amarla. Avrebbe voluto sentire vibrare sulle sue labbra frasi come "senza di te, non posso vivere", e sguardi colmi di sottintesi maliziosi. Ma non dette a letto, bensì alla luce del sole, in pieno giorno.
Quando sentì aumentare la pressione alle spalle, capì che era al limite. Si staccò e si alzò in piedi.
Carrie si levò le scarpe da tennis lavorando con le punte dei piedi. Lasciò a terra i blue jeans e scivolò sulla trapunta, facendosi spazio tra le lenzuola. Mauro la inseguì. Niente era più seducente dello sguardo eccitato della propria donna. Si slacciò la camicia scura. Il petto brillava ricoperto da un velo di sudore. Gli effluvi dei loro corpi si stavano espandendo, elettrizzando anche l'aria.
L'uomo si levò la cintura e lasciò cadere i pantaloni di lino bianco. Salì sul letto, strisciando in ginocchio con un incantevole sorriso intrigante, che lasciava presagire le sue intenzioni.
Per gioco, Carrie si nascose, sollevando le lenzuola sino a coprirsi il volto. Mauro le prese le mani, costringendola ad abbandonare la stoffa. Le intrecciò con le proprie e le portò in alto, sopra le loro teste. Con un bacio la spinse giù, poi si sollevò, sulle ginocchia aperte alla misura dei fianchi e le sfilò il bustino per ammirarla ancora.
Gli occhi si dilatarono, incantati dalla scena, la bocca dischiusa. Si passò la lingua sulle labbra bagnate.
«Per te», sussurrò consumato dal desiderio, «mi metterei in ginocchio ogni giorno».
Aveva il fiato corto. Si maledì tra sé e sé per avere addosso ancora la biancheria intima. Tergiversò con un sorriso carico e ambiguo. «Dimmi che sei solo mia o non avrai altro da me, stanotte.»
Carrie assunse un'espressione stranita, tra il contrariato e l'incredulo. Con una mano lo prese dietro la nuca e si allungò, per piegarlo a sé con un bacio.
Ma Mauro resistette a quell'attacco con affascinante superbia. Sentiva di detenere un potere arcano e antico quanto il mondo.
Carrie ricambiò con un mugolato implorante, per poi arrendersi dinanzi a tanta determinazione.
«Ti amo», sussurrò perduta.
Mauro strabuzzò gli occhi.
Come un innesco, quelle due parole lo fecero esplodere. Tutto quello che aveva desiderato era lì, tra le sue mani. Gli pareva quasi impossibile che un corpo umano potesse contenere tanta felicità.
Le strinse il volto tra i palmi, vi si avvinghiò con le dita e la soffocò con un bacio profondo.
Aveva bisogno di condividere la sua gioia, perchè diventasse la loro gioia. Aveva bisogno che colei che l'aveva acceso, domasse e spegnesse quell'incendio.
Allungò una mano per abbassarsi i boxer e regalargli tutto sé stesso, quando Carrie gli puntò le mani sul petto e lo arrestò.
«Dobbiamo usare delle precauzioni. Le ho portate con me. Sono nello zaino.»
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