16. Niente da salvare:
Giugno 2012
Carrie si guardò allo specchio. La matita nera sotto gli occhi era marcata e il rossetto compatto. Si aprì i riccioli con le dita e si infilò un paio di orecchini in acciaio anodizzato. Non c'era niente che luccicasse, né dentro, né fuori di lei. Tirò le stringhe del crop top che le rinchiudeva le curve, fin quasi a farsi mancare il respiro. Si infilò un paio di jeans skinny a vita alta e si sedette sul fondo del letto per calzare i rigidi stivali da motociclista. Raggiunse l'ingresso, prese il giubbino in pelle dall'armadio e raddrizzò la schiena per rimirarsi nell'ultima parete a specchio.
C'era una donna arrabbiata, schiacciata su quella fredda superficie. Una donna che aveva indossato un'armatura. Una donna pronta a tutto, che non avrebbe perso un solo metro di terreno. Una che pochi avevano conosciuto. Prese le chiavi della Sportster 883 e uscì.
Era in anticipo. Si sprofondò in una poltrona, nella hall al dodicesimo piano. Incrociò le gambe e appoggiò i gomiti alle sponde. Due giovani camerieri si fermarono a commentarla a distanza. Carrie sollevò il mento e li sfidò finché, in soggezione, si rivolsero altrove.
Quando Manuel fece capolino dall'ascensore in un completo blu in fresco di lana, camicia bianca e iniziali ricamate a mano sul taschino da pochette, fu palese che avessero dato due chiavi di lettura diverse al loro incontro.
«Buonasera Carrie.» Manuel allungò una mano aiutandola ad alzarsi e ne approfittò per accarezzarle le forme con lo sguardo.
«Buonasera Manuel.» Carrie lo trattò parimenti per provocarlo. Era soddisfatta di sé. Uno a zero, palla al centro. L'aveva spiazzato con il look a tal punto, che il povero Dongiovanni non era riuscito a pescare una sola lusinga dal proprio repertorio. Quella sera non l'avrebbe trascorsa con l'ingenua ragazza di cui si era preso gioco la scorsa uscita.
Manuel incassò con un sorriso sghembo che rinforzò le speranze di Carrie. Un simile narcisista sarebbe caduto nella trappola. Eccitato dall'ansia di prevaricare nell'arte della seduzione, si sarebbe lasciato sfuggire qualcosa di utile, prima o poi.
L'uomo si rivolse al desk.
«Ho prenotato per due. Del Vecchio.»
L'addetta all'accoglienza consultò la lista, annuì e alzò un dito. Un cameriere rapido accorse per accompagnarli in terrazza. Manuel aveva acquistato un posto in prima fila sullo skyline milanese. Carrie trattenne il respiro, mentre la luce morente del sole incendiava i profili scuri dei grattacieli, fino a replicarsi in mille piccoli puntini vibranti tra le facciate a vetri. Il giovane sapeva come fare colpo. Quando il senso artistico fu appagato, Carrie si accorse che Manuel la stava fissando con un sopracciglio rialzato e una mano abbandonata nella tasca del pantalone.
«Ti piace la scelta del locale?»
«Sì», dovette ammettere.
«Ne sono lieto. Non solo la vista, ma anche la cucina e, spero, la compagnia potrebbero stupirti stasera.»
Le prese la mano, la sfiorò con le labbra accennando un bacia mano e la condusse al tavolo. La lasciò solo per precederla e spostarle la sedia
«Prego.»
Carrie chiuse gli occhi e sospirò. Gli ospiti dei tavoli accanto li avevano notati. Erano una coppia atipica. Lui il classico beccamorto, ma lei non era una miss Italia in gonnella. Se l'intento era di metterla in imbarazzo, c'era riuscito. Pareggio. La partita era riaperta.
Manuel si accomodò la giacca, aprì il menù e glielo allungò.
«Ti consiglio di assaggiare il pesce. È ottimo.» Poi, raccolse la lista dei vini.
«Posso suggerire dello Château d'Yquem?»
«Niente vino per me, grazie. Devo guidare.»
Manuel continuò imperterrito.
«Insisto. Il pesce va esaltato da una degna compagnia, proprio come una bella donna.»
Carrie tornò a nascondersi dietro la lista. Quindi lei un pesce come un altro e lui un vino pregiato? Che scivolone! Davvero alta classe, pensò. Le labbra le tremavano. Strinse forte le dita per trattenersi. Avrebbe voluto dirgli quanto disprezzasse quello strisciare come un serpente velenoso. Avrebbe voluto umiliarlo con parole appropriate, che nessuno pareva avergli mai detto, ma non aveva ancora avuto ciò che voleva.
«Hai rintracciato il paparazzo di Los Angeles?» Cercò di mantenere la concentrazione.
«Sì. Ho chiesto informazioni tra i giornalisti freelance. È stato piuttosto facile, in realtà. Ho la memory card con il servizio completo.»
«Me la daresti?» Carrir allungò la mano con il palmo rivolto verso l'alto. Manuel ripose la lista, incrocio le dita sotto il mento e vi si appoggiò. «Godiamoci la serata. Non c'è fretta.»
Un cameriere, con un panno ripiegato sul braccio e i guanti bianchi, si avvicinò reggendo una bottiglia dall'incavo del fondo per mostrare l'etichetta. Manuel fece un cenno di approvazione e l'uomo levò il tappo in sughero. Un filo di vapore alcoolico fuggì fuori, spandendo un dolce aroma fruttato. Il sommelier armeggiò con la ciotola argentata che portava al collo con una catenella e si versò un sorso. Con aria sicura ne mescé un assaggio all'ospite.
Manuel distese la ruga tra le sopracciglia e annuì.
L'esperto servì il vino in ugual misura e ripose la bottiglia nel portaghiaccio. Manuel attese che fossero soli per sollevare il calice.
«Al tuo debutto nel cinema. Che sia un altro grande successo!»
Carrie strinse il bicchiere brinato tra l'indice e il pollice. Tentennò. Il vino era stato servito senza ordinarlo. Manuel doveva essere un habitué. Seguiva un rituale di corteggiamento e lei era la farfalla nella rete del ragno. Contrasse le sopracciglia e bevve. Ora desiderava molto di più di un solo calice di vino.
La cena continuò. Manuel amava la bella vita. Descrisse, con dovizia di particolari, i tanti luoghi visitati: locali privati, ma anche gallerie d'arte e palazzi storici ove aveva collaborato nella creazione di eventi spettacolari. Sull'onda dell'entusiasmo lavorativo, diveniva brillante. Carrie ascoltava incantata. Doveva riconoscere che, pur partendo da qualche gradino sociale di vantaggio, il successo doveva averlo raggiunto grazie al suo essere estroverso, ricettivo, ma soprattutto sagace nel cogliere nuove opportunità. Unica pecca era farne una bandiera, come se non avesse altre qualità da esibire.
A fine cena, Manuel si bloccò con il cucchiaino a mezz'aria, mentre un soffio di cacao amaro abbandonava il tiramisù scomposto per raggiungere la tovaglia.
«Notizie sull'esito del provino?»
«Ancora niente.» Carrie sorseggiò il caffè amaro, osservandolo di sottecchi.
«I tempi delle produzioni sono sempre lunghi, ma vedrai che ti prenderanno.»
Pareva esserne certo. Un campanellino di allarme le risuonò dentro. Aggrotto le sopracciglia. Appoggiò la tazzina e fissò gli occhi nei suoi: «Come mai, così ottimista?».
«Perché, no? Non credi in te stessa?»
«Ovvio che sì, ma sembra che tu non abbia dubbi.»
Manuel si passò il tovagliolo sulle labbra e lo ripose sul ginocchio.
«Ho una grande considerazione di te. Ricordi che ti dissi la prima volta? Sono un tuo fan. » Appoggiò le mani una sopra l'altra sul tavolo. «Denis mi ha detto che ti sei diplomata alla Juilliard. È un'ottima scuola.» Il ritmo della voce si fece più lento e il timbro più profondo. Carrie sentiva le nuvole addensarsi sopra la sua testa. «Una garanzia.» L'uomo fece una pausa quasi impercettibile e poi riprese: «Come ci sei arrivata?»
La cantante deglutì. Le pupille fuggirono per la terrazza in cerca di una distrazione che potesse placarle i battiti nel petto. Quanto sapeva di lei? Quel ragazzo le piaceva sempre meno.
«In realtà, l'ho frequentata solo qualche anno», si sforzò di rispondere, dopo essere tornata a respirare in modo regolare. Fissò gli occhi nei suoi. «In ogni caso non sono certa di volere la parte. Se le cose andassero per le lunghe, potrei avere problemi con le date dei prossimi tour».
Manuel si accigliò. Carrie lo scrutò. Era più interessato al suo futuro che al suo passato. Perché? Cosa sapeva di lei? In cosa la stavano infilando? La situazione aveva anche un risvolto della medaglia. Il ragazzo si era scoperto e le aveva suggerito un'arma da usare. Sé stesso. Poteva lavorarselo. Non era solo un corteggiatore egocentrico. C'era molto di più. Ora era certa che l'avesse incastrata apposta a Los Angeles con quelle foto e ne avrebbe scoperto il motivo.
«Invece tu, come sei riuscito a candidarti tra i finanziatori? Conoscevi qualcuno?»
Manuel tossì e bevve un sorso di amaro digestivo. «Come corri. Stiamo ancora trattando.»
Carrie corrugò la fronte. «Sì, ma... a Los Angeles eri già in confidenza con la produzione.»
Manuel si immobilizzò. Carrie trattenne il fiato. Per qualche secondo tutto sembrò statico, anche l'aria. Poi, l'uomo tornò sereno come se una nuvola gli avesse attraversato la mente e si fosse diradata al vento di una nuova idea. Allungò una mano tra i bicchieri fino a sfiorare quella di Carrie.
«La curiosità è sinonimo di intelligenza. Spero ne riserverai un poco per il dopocena.»
Carrie spalancò gli occhi. Manuel fece cenno al cameriere che si avviò a preparare il conto.
«Ho prenotato un tavolo in un localino davvero unico.»
Carrie ritrasse la mano e si sistemò una ciocca di fluttuanti ricci ribelli dietro l'orecchio. Il maître di sala tornò con un astuccio di cuoio che ripose alla destra del commensale. La ragazza lesta, l'agguantò.
«Mia cara, il conto spetta all'uomo», protestò Manuel.
«Non se l'idea è stata mia.»
Carrie non si curò dello scontrino, infilò la carta di credito nell'apposito taschino e richiamò l'addetto. Manuel lo incenerì con lo sguardo, ma non osò contraddire la donna.
«Allora, sarai mia ospite per il resto della serata. L'avevo detto che ti avrei sorpresa. Vedrai, ti piacerà» Manuel assaporò l'ultimo goccio di amaro offerto dalla casa e aggiunse: «Ne sono certo.»
Carrie tentò di defilarsi. «Sono venuta in motocicletta. Sarebbe un problema lasciarla qui fino a tardi. Magari potremmo fare un'altra volta...»
«Non preoccuparti ho il codice di accesso al garage.» Manuel si alzò e si infilò la giacca. «Sono un cliente speciale» insinuò, ostentando un sorriso malizioso. Chapeau, pensò Carrie, ma Manuel si illudeva se credeva di aver vinto la partita. Accondiscendeva solo per seguire i propri propositi.
«A Milano è sempre difficile trovare parcheggio. Da qui in poi, ci sposteremo in taxi.»
L'avvicinò per aiutarla, ma Carrie si era già rizzata in piedi.
***
La sorpresa era un posto esclusivo sotto il palco del Blue Note. In scaletta, un gruppo jazz. Manuel ordinò due Piramide che furono serviti con ghiaccio a parte e scaglie di cioccolato fondente.
Carrie lo osservava come un felino in gabbia pronto a balzare sul nemico appena avesse mostrato il fianco. Manuel sedeva con un braccio ripiegato al tavolino e l'altro abbandonato sulle ginocchia. La camicia sbottonata. Dallo scollo si intravvedeva il petto lucido con un accenno di peluria in ricrescita. Nessun tatuaggio, né catenine. Alla luce delle piccole lampade verdi, unico accenno ai gloriosi anni venti, appariva a proprio agio.
Con la musica di fondo, chiacchierare era diventato complicato. Di questo passo, lo scopo della serata rischiava di vanificarsi. Manuel si approssimò con la sedia e le sfiorò un orecchio con le labbra. «Ti piacciono?»
Irritata dall'eccessiva confidenza, Carrie inarcò un sopracciglio e ruotò verso di lui con il piglio di una vecchia zitella indispettita. Ma quando si ritrovarono vis-a-vis, l'uomo dischiuse languido le labbra e le bagnò con la lingua per provocarla. Carrie avvampò di rabbia. Era un giocatore sordido. Strinse i denti e fissò lo sguardo, sforzandosi di non sbattere le ciglia neppure una volta. Un pensiero sfrontato le vibrava dentro: Non sei nessuno. Avrebbe voluto urlarglielo. Invece, tacque; ma aveva un'espressione che era una chiara dichiarazione di intenti: mai e poi mai, avrebbe chinato la testa dinanzi a un essere tanto abietto. Risalire dalla strada, le aveva insegnato quanta feccia stava anche sotto le giacche. Così, sollevò il mento con aria di superiorità e si ritrasse. «Abbastanza...»
Anche Manuel si ricompose e fece aderire la schiena alla seduta. Sul volto un ghigno divertito. Era un cacciatore. Più dura era la battuta, più si divertiva.
A fine serata, il gruppo jazz si unì alla platea.
Manuel andò loro incontro, dopo aver invitato Carrie a seguirlo. Le presentò l'intera formazione. L'uomo del contrabbasso si fece innanzi con la mano tesa. Era alto almeno un metro e novanta e aveva le guance rigonfie, come il giro vita. Sorrise, mostrando una fila di denti che apparivano più bianchi di quanto fossero, per via del contrasto con la pelle ebano. Carrie ricambiò la stretta di mano con lo stesso entusiasmo. Era stato bello ascoltarli. Manuel offrì il primo giro di gin tonic. Quando arrivarono al momento del congedo, il locale era ormai vuoto.
In taxi, di ritorno al parcheggio del ristorante, Carrie non aveva più voglia di conversare. L'ultimo bicchiere l'aveva assopita. Manuel le si accostò, spalla a spalla, relegandola alla portiera. Approfittò della prima curva, per toglierle anche l'aria.
Carrie alzò un braccio per respingerlo.
«Non sono così ubriaca!», dichiarò. Per tutta risposta, il ragazzo si passò il dorso della mano sulle labbra.
«Forse lo sono io. Ubriaco d'amore!» Manuel era ormai spoglio di inibizioni.
«Non credo che tu sappia cos'è l'amore», ribatté Carrie. Erano giunti ai ferri corti.
«Non so se definirti più aspra o pungente.» Manuel si lisciò la camicia.
Carrie sbuffò.
«Spiegami cos'è l'amore, tesoro.» Il giovane si accomodò all'angolo opposto del sedile, con un braccio sullo schienale e le gambe aperte. «Non aspetto altro» disse melenso.
Carrie alzò lo sguardo verso la bocchetta dell'aria condizionata e vi armeggiò. Se non si fosse distratta, e avesse preso aria, sarebbe esplosa. «Non essere ridicolo» bofonchiò, poi si rivolse all'autista alzando il tono: «Si fermi pure, qui. Mi troverò un altro taxi.»
«Fino a Bergamo?» commentò Manuel con un guizzo di luce nello sguardo.
Solo allora Carrie si ricordò del parcheggio chiuso e del codice di accesso. «Se necessario... », mentì a denti stretti.
Il taxi accostò. Manuel allungò il braccio e avvinghiandosi al sedile di fronte, ruotò il busto per porsi frontale. «Stavo scherzando. Non prendertela», la rabbonì.
Estrasse una minuscola memory card dal taschino interno della giacca e gliela passò davanti al naso: «Mi arrendo. Ecco il tuo trofeo. Pace?»
Carrie l'agguantò al volo e si rivolse al finestrino in cerca di una luce nel fitto buio. Non aveva idea di dove fossero. Aveva bluffato. Se fosse scesa dal taxi, non avrebbe saputo come spiegare all'operatore della centrale dove inviare un mezzo per recuperarla.
«Può ripartire! Grazie.» Manuel aveva parlato con un tono schietto e una nota di colore euforica nella voce. Carrie si rifiutò di guardarlo.
Dieci minuti dopo, il tassista riscuoteva la corsa. Manuel raggiunse la donna, scesa per prima, al cancello del garage.
«Sono stato antipatico, lo so. Ma...»
Carrie non fiatò.
Manuel scandì i secondi ticchettandoli sulla tastiera dell'allarme. Quando il cancello in ferro si sbloccò con un fastidioso beep, la anticipò e le ostacolò l'ingresso.
«Tu mi sconvolgi», disse in un alito di vento caldo e con un dito le sollevò il mento. «Sei troppo bella. Resisterti è impossibile.»
Carrie si fece scura in volto. Gli poggiò una mano aperta a scudo sul petto e un ginocchio alzato tra le gambe. «Non costringermi a farlo», ringhiò a testa bassa.
Manuel tentennò. I tempi di reazione erano dettati dall'alcol che aveva in corpo, ma quando comprese, si scansò.
Varcato l'ingresso, la cantante dandogli le spalle, sfuriò: «Un complimento sulla bellezza è un complimento con la data di scadenza!» Raggiunse la motocicletta, si infilò il casco e rollò il motore. Niente era più rock di una volata in solitaria.
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