Parte terza: passano altri cinque anni
CAPITOLO VENTICINQUE
Chissà perché non sono felice. Cosa ho fatto di sbagliato per arrivare a questo? Mi sono persa e non capisco dove, quando è accaduto, camminavo nella mia vita sicura e precisa e poi all'improvviso devo aver preso una strada sbagliata ed ora mi trovo in una palude. Si, ora la mia vita è una palude, ne più ne meno, lavoro come una schiava nello studio degli avvocati Capasso, quegli amici di mio padre, ma non riesco a mettere da parte un soldo, perché tutto ciò che guadagno non ha nemmeno il tempo di depositarsi in banca che viene abilmente prelevato per una spesa importante o improcrastinabile, tipo il nuovo motorino, il Tom Tom con il software aggiornato, un abito di rappresentanza o l'iscrizione alla palestra più fica della città. Si, Luca si è rivelato una delusione, è un bel ragazzo, da mostrare in giro agli aperitivi ed alle cene, ma nulla più, e più passa il tempo più trovo il vuoto in lui, non ha un lavoro vero, di quelli che portano soldi, finge di averne uno come agente - ma comincio a dubitare anche di questo - che lo costringe a svegliarsi la mattina alle nove, a fare colazione al bar tutti i giorni, giocare al fantacalcio e curare la sua immagine alla perfezione con il meglio della cosmetica per uomo. Mentre io mi sveglio all'alba, a stento mi lavo la faccia prima di uscire, e mi devo dividere tra tribunale, clienti e studio fino alle dieci di sera, poi arrivo a casa morta e lo trovo rilassato e sorridente che gioca alla play station con gli amici. Può essere divertente le prime sere, ma poi ti cominciano a girare le palle, soprattutto quando la banca ti chiama, ti dice che il conto è in rosso e tu non sai cosa rispondere perché sei sicura che fino ad una settimana prima i soldi c'erano, ma poi torni a casa e vedi che lui ha posato nel mezzo del salotto, in bella mostra un casco nuovo Shoei, una giacca Fay che prima non aveva e due CD con gli ultimi giochi usciti. Se non fosse ancora abbastanza, alla mia immancabile domanda che chiede se tutta quella roba fosse indispensabile lui mi guarda con aria quasi sprezzante, da giovane aristocratico, e mi liquida facendomi notare che lui non può certo andare in giro combinato come un pezzente, come invece faccio io, lui ha un lavoro che lo costringe ad essere elegante. Soprassedendo sull'eleganza dei videogiochi, ormai ho capito, Luca, mio marito, è questo, e non può essere altro, non posso nemmeno dire di essere stata fregata, lui è sempre stato così, anche quando eravamo solo fidanzati, la sua leggerezza, la sua tranquillità, la sua positività mi avevano attratto, dopo l'esperienza traumatica con Diego, ma non avevo voluto capire che in fondo erano solo lo specchio della sua inconsistenza, della sua ignavia, adesso però è troppo tardi. Ed ora non so che fare, non sono il tipo di persona che si lascia andare alla depressione o alla tristezza, non lo sono mai stata, fin da quando ero piccola e le amiche di mia madre mi dicevano che non sarei mai stata capace di fare niente, che avrei dovuto prendermi un diploma magistrale e fare la maestra, perché non ero in grado di fare di meglio. Ed io invece mi sono laureata ed ora faccio l'avvocato in uno dei maggiori studi della città, mentre i figli di quelli che mi denigravano sono dei nullafacenti. Comunque, resta il fatto che questa vita non mi piace e non so come uscirne, divorziare sarebbe un duro colpo per la mia famiglia e soprattutto per mio padre, ma forse capirebbe, se gli parlassi in modo franco ed onesto. Non lo so, proprio non lo so. Certo, io non sono stata proprio una brava bambina, ma che avrei dovuto fare? Quando a casa hai un vegetale ed intorno a te ci sono tante persone interessanti ed interessate a te, certo, non ad amarti o a giurarti fedeltà per tutta la vita, ma magari per farsi una scopata, per una distrazione o solo per un bicchiere di vino parlando di qualcosa che non sia l'ultima partita del Napoli. Ho avuto le mie storie, certo, lo ammetto e non ne sono orgogliosa, anzi, ho ancora un ragazzo, Giacomo, che mi chiama e che ogni tanto mi viene a trovare allo studio quando tutti se ne sono andati, verso le nove di sera, e si presenta con una bottiglia di bianco bella fredda, ai bicchieri ci penso io, quella mezz'ora sto bene, non penso a niente, beviamo, e poi lo facciamo sulla scrivania, senza trasporto, senza amore, anzi, io lo faccio quasi con rabbia per punire Luca e per punire me forse, perché più tradisco più mi accorgo di fare un passo in più verso l'abisso della perdizione. Si, la perdizione dell'anima, quella che io avevo consacrato ad un uomo con il matrimonio e che adesso è stropicciata e malandata come i vestiti che ho addosso, per colpa mia e sua, e di una scelta sbagliata di un uomo sbagliato. Giacomo non vuole altro se non il sesso, io lo so bene, è bello, intelligente, un avvocato di successo, di uno studio concorrente, conosciuto proprio durante una causa che io vinsi nei suoi confronti. Dopo la sentenza lui mi avvicinò, mi fece i complimenti e mi invitò a bere un caffè, il caffè si sa è poco impegnativo, lascia le porte aperte, è quasi uno speed date, se uno si trova bene può proseguire, altrimenti tanti saluti. Il caffè divenne aperitivo e poi cena, e poi finimmo a casa sua, quasi per ridere, quasi per capire dove potessi arrivare, dove potessi spingermi, ma lo sapevamo tutti e due, facemmo l'amore, senza parlare, senza baciarci, strappandoci i vestiti da dosso e quando finimmo mi rivestii e me ne andai, le fotografie della moglie e dei figli erano in bella mostra in tutta la casa. Non ce lo siamo mai detti ma entrambi sapevamo di essere sposati. Qualche volta, quando ho tempo dopo essermi incontrata con Giacomo vado in piscina a farmi una nuotata, per lavarmi il corpo e la coscienza, e soprattutto i cattivi pensieri che mi assalgono prima di tornare a casa da Luca, ma molto spesso non ho tempo e rientro così come sono. Lui mi guarda quando apro la porta ancora con l'odore del sesso e del vino, ma non mi fa domande, mi saluta con un bacio sulle labbra senza nemmeno guardarmi in faccia, sempre allegro e sereno come il primo giorno e torna alle sue occupazioni fondamentali. Ed io mi arrabbio e faccio sempre di peggio, torno più tardi, quasi ubriaca, sudata, col profumo dell'altro addosso, una volta decisi di tornare addirittura con la sua camicia, ma quello niente, come se non si fosse accorto di niente, o come se non gli fosse mai interessato. Non lo so. Io rischio di impazzire, non posso continuare così, io non sono questo tipo di persona, io voglio amare, io so amare e mi merito di amare un uomo ed essere amata. Perché è così difficile, perché sono così infelice? Vorrei parlarne con mio padre per chiedere un consiglio, lui è l'unico di cui mi fido, ma non ne ho il coraggio, lui è un uomo all'antica, anziano, non so se capirebbe, poi sta combattendo ancora con il cancro, sembra stia vincendo lui, ma ha perso molto del suo smalto, è più spento e stanco, mangia poco e con meno piacere. Non voglio farlo soffrire. Le uniche due persone che sanno quello che sto vivendo sono Luisa, la mia migliore amica ed Eugenia, una ragazza che ho conosciuto qualche mese fa in piscina, nuota con me, spesso abbiamo condiviso la corsia, nuota bene, è veloce, ha un buon stile libero, un po' peggio come ranista, ma ci sta lavorando su. Mentre io nuoto per sfogare la rabbia ed i pensieri lei lo fa perché le piace l'istruttore, un tale Alberto, un ragazzo più giovane di lei di un paio di anni, stempiato ma muscoloso, che fa gli occhi dolci a lei come a tante altre ragazze del corso, lei non si rende conto che è uno stronzo, ma se ne accorgerà. E' una brava ragazza, anche carina, ma dimentica sempre lo shampoo e così sotto la doccia più volte abbiamo chiacchierato con la scusa di condividere il sapone, e mi ha raccontato di Alberto, è simpatica, anche se un po' timida ed impacciata, così ho deciso di darle una mano con gli uomini, soprattutto per riconoscere gli stronzi da quelli meno stronzi, merce rara e spesso già impegnata. Una sera, tra un bicchiere di vino ed un succo di frutta, perché lei non beveva alcol, almeno all'inizio, ci siamo raccontate un po' le nostre vite, ed io le ho parlato di Luca e dei miei casini, mi sono fidata, ho pensato che tanto lei non conosceva le mie amicizie, e non avrebbe avuto motivo di raccontare i fatti miei ad altra gente. In cambio le ho dato qualche dritta su come trattare con i maschi, e le ho fatto anche provare un bicchiere di vino rosso, un Morellino di Scansano, è stato un successo, dopo il primo sorso si è ubriacata ed ha baciato uno sconosciuto che era al tavolo di fianco. Abbiamo dovuto sospendere il test per evitare ulteriori danni e possibili denunce per molestie. Le ho detto tutto, dei soldi, di Giacomo, del mio lavoro, del suo e soprattutto dei dubbi su come e se continuare il mio matrimonio, non che mi aspettassi un consiglio utile, ma credo che parlare di un problema sia già un primo passo per trovarne una soluzione. In effetti a pensarci bene, come forse mi aspettavo, nessuna delle due amiche mi ha aiutato particolarmente anche se ognuna ha colto qualcosa che io non avevo considerato, Luisa, mi ha suggerito di continuare a fare la mia vita e divertirmi con Giacomo, così come con chiunque altro, tanto probabilmente a mio marito le cose andavano bene così, probabilmente anzi sicuramente il suo era stato un matrimonio di interesse, ha sposato una ragazza di buona famiglia con un buon lavoro ed in effetti, fa il mantenuto di professione, praticamente è successo quello che accadeva cinquanta anni fa quando le belle ragazze cercavano un buon partito per farsi sposare e fare la moglie del signore, solo che i ruoli si sono invertiti. D'altra parte, Luisa, per convincermi che non fosse una cosa di cui vergognarsi particolarmente mi ha aggiunto che quasi tutte le sue amiche hanno un amante fisso o qualcuno che vedono saltuariamente, ed infine mi ha confessato, che anche lei non aveva disdegnato qualche scappatella con l'istruttore di tennis e con qualcun altro che non ha voluto specificare. Mal comune mezzo gaudio si dice, ma io mi sento comunque una merda, anche se il punto di vista di Luisa potrebbe non essere sbagliato, non è escluso, che sia proprio così, anzi guardando indietro, sembra che tutto sia stato organizzato per arrivare a combinare il nostro matrimonio perfetto per lui. Eugenia invece l'ha presa molto a cuore e vorrebbe salvarmi, vorrebbe salvare la mia anima, mi ha suggerito di confessarmi, di andare in chiesa, di parlare con un sacerdote per avere un consiglio. Ma cosa dovrei dire ad un sacerdote? Lo farei inorridire, mi scomunicherebbe prima ancora di arrivare a metà. No, non lo so, non lo so, mi guardo indietro e mi dico dove ho sbagliato, dove o preso la strada chiusa, il binario morto, se solo potessi farmi due chiacchiere con qualcuno che stimo veramente, se solo potessi tornare indietro. Qualche volta, di notte, quando tutto sembra ancora più nero mi guardo le foto di cinque, dieci anni fa e vedo la mia faccia diversa, spensierata, felice, vedo le foto in montagna con Diego e Lorenzo, ricordo le risate che ci facevamo insieme, vedo le vacanze al mare, quando tutto mi sembrava possibile, ho rivisto la laurea, tutti vestiti eleganti, con Lorenzo in piedi alla mia destra in un vestito blu che lo faceva sembrare buffo e goffo, e poi le foto del mio matrimonio, quelle non ufficiali, scattate dagli amici e che ho messo in un album diverso, come eravamo belli, e che ingenuità, tutto mi sembrava perfetto, patinato, mi sentivo come in una fiaba, rivedo i compagni di università, ed il mio tavolo degli sposi, con le persone più care a me. Ecco, vorrei tornare a quei momenti, vorrei rivedere Andrea, mio cugino e Lorenzo, la vita ci ha separato, ci ha portato lontano, ma io li ho sempre nel cuore, nonostante Andrea sia all'estero perché si è sposato con una Barbie danese ed è andato via con lei e Lorenzo, chissà, l'ultima volta lo sapevo a Roma, ma potrebbe essere dovunque. Dovrei chiamarlo, si, dovrei fargli una telefonata, tanto per fare due chiacchiere e sapere come sta.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top