Capitolo 31


CAPITOLO TRENTUNO

Lorenzo era tornato alla sua vita di sempre, alla ricerca della felicità che non trovava nelle donne con cui andava a letto quando Cinzia non era in città, che non trovava sui tornanti del monte Pellegrino, quando li scalava con la sua mountain bike, e non trovava nemmeno nei Negroni che buttava giù al bar del Moro. La sua vita era piena di inquietudine, di insoddisfazione, di senso di incompletezza, alternava giornate al top della forma ad abissi bui, nei quali sprofondava come se una mano nera lo tirasse giù all'improvviso. Non si era liberato di Cinzia, in fondo gli faceva comodo, anche se la sopportava sempre meno, soprattutto quando lei, con la scusa di farlo riposare cucinava preparava per lui manicaretti a base di formaggi, panna ed insaccati che gli davano il voltastomaco. Claudia invece, era ossigeno per lui, quando la sentiva al telefono viveva un momento di gioia, tutte le volte, gli piaceva giocare con lei, stuzzicarla, fantasticare insieme e raccontarsi i loro sogni, in fondo era un gioco innocuo, erano lontani e lui non aveva intenzione di lasciarsi coinvolgere. Non perché non le piacesse, anzi, lei lo attraeva oltre ogni limite, si eccitava al solo pensiero di lei, anche immaginandola vestita, e poi tra loro c'era un'intesa speciale, che non aveva mai provato con nessuna. Proprio per questo aveva cercato di tenere a freno i suoi sentimenti, perché aveva paura, si, paura di poter perdere il controllo, di non essere in grado di mantenere la propria identità, di soffrire per una donna, insomma, aveva paura di innamorarsi ed affidarle il suo cuore. Cosa che lui non aveva mai fatto.

Eppure la curiosità di spingersi al limite per scoprire fino a che punto poteva arrivare era forte, e così aveva continuato per un po' a sentirla, a mandarle messaggi ed email, anche in piena notte, dopo una serata particolarmente faticosa, sapeva che a lei non avrebbe dato fastidio, anzi probabilmente gli avrebbe risposto immediatamente. Fu proprio una di quelle sere, dopo un servizio particolarmente lungo, con gli ultimi clienti che avevano lasciato il ristorante verso l'una di notte solo per bere un bicchiere di rum sui divanetti del bar sulla spiaggia, forse perché il desiderio di vederla era tanto, o forse perché aveva bisogno di incontrare un volto amico, o forse ancora una volta per testare fino a dove poteva spingersi senza farsi male, che decise di prendersi un fine settimana libero ed andare a Napoli. Mentre decidevano la data, si assicuravano l'un l'altro che si sarebbero visti solo per chiacchierare un po', aggiornarsi sui rispettivi partner, e per vedere uno spettacolo che alcuni suoi amici avrebbero messo in scena in teatro, ma probabilmente entrambi sapevano perfettamente di volere ben altro, semplicemente non erano autorizzati ancora a confessarselo. Come è sciocco prendere in giro la propria coscienza.

Alla fine venne il giorno della partenza, lui ebbe grosse difficoltà a dissuadere Cinzia dal seguirlo poiché lei era caparbiamente decisa ad incontrare la sua famiglia, dovette inventarsi che sarebbe andato a trovare un amico malato, e che comunque sarebbe stato via un paio di giorni, ed infine che magari se avesse voluto si sarebbero organizzati per un fine settimana lungo più in là. Alla fine lei desistette, dietro rassicurazioni che si sarebbe impegnato per una bella vacanza breve tra le isole campane: per quel fine settimana lei sarebbe rimasta a Palermo con i suoi amici di sempre.

La notte in nave fu veloce quasi come un soffio, era il bello del traghetto, se avevi la fortuna di dormire, il viaggio passava in un attimo, tutto si concludeva poco dopo l'imbarco, verso le otto di sera, quando i motori si mettevano in movimento, e la gente si sistemava sui tavolini al bar o nei salotti, oppure tentava di mettere qualcosa sotto i denti al self service. Lui aveva preferito una soluzione diversa ma non meno piacevole, si portò un panino fatto per bene, sapendo che il bar produceva solo mattoni al prosciutto, comprò una birra e poiché l'aria era dolce come un assaggio d'estate, mangiò sul ponte esterno, in compagnia della brezza e dei gabbiani, osservando il sole che moriva dietro al Monte Pellergrino e oltre, fino a Capo Gallo, poi si fumò una sigaretta tanto per avere una vertigine di trasgressione, scrutando le facce degli altri passeggeri, soprattutto uomini, autisti di camion a rimorchio, e fissando in mente i volti delle ragazze che alla sera erano tutte belle, sistemate e truccate, ma che il mattino dopo avrebbe rivisto stropicciate e trasformate dalla notte. Si ritrovò quasi in porto, con la città pronta ad accoglierlo, ancora mezza addormentata, decise di non fare colazione nel bar della nave, perché il cappuccino era composto quasi esclusivamente da schiuma ed il cornetto era di plastica, se avesse resistito alla fame per una mezz'ora avrebbe mangiato di gran lunga meglio al bar del porto o in qualunque altro posto. Allo sbarco trovò Claudia che lo aspettava, non fu una sorpresa, così erano rimasti d'accordo la sera prima di partire, lei era mattiniera come lui e non aveva avuto difficoltà a svegliarsi presto per cominciare immediatamente a godersi quel sabato mattina. Fu felice di vederla col suo casco colorato e la vespa centoventicinque primavera, era bella e sorridente come sempre, e la giornata perse immediatamente la foschia tipica dell'alba. Mangiarono di gusto al primo bar che trovarono, brioche morbide e profumate e due cappuccini comediocomanda, ed alla fine il caffè che non poteva mancare. Fecero colazione con calma, godendosi ogni morso di brioche ed ogni sorso di caffè, quello era il loro momento, andava assaporato. Era una mattina calda anche se erano solo le sette, erano soli, avevano la città a loro piedi, e potevano fare quello che volevano, decisero di andare lontano dal rumore, dagli occhi della gente e dal traffico, scelsero il bosco di Capodimonte, attesero ancora un po' per assicurarsi di trovare aperti i cancelli e poi si misero in sella e Lorenzo guidò quella sgangherata vespa che a stento riusciva a governare nel traffico della città, lo sterzo era storto, i freni non tenevano, se non quello a pedale che sgommava appena lo toccava, ed il motore emetteva delle vibrazioni tutt'altro che rassicuranti. Lui che era abituato a guidare una Speed Triple, precisa ed affidabile, in effetti si sentì come su una vecchia bicicletta del nonno. Ma non gli importava, aveva le braccia di Claudia che gli cingevano i fianchi, i seni piccoli che gli premevano alle spalle ad ogni frenata e le risate di lei che lo accompagnavano alla guida: era tutto perfetto.

Non ricordava di essere mai stato a Capodimonte, o meglio, sapeva che da piccolo ogni tanto lo portavano a casa dello zio che aveva una casa da quelle parti, ma erano passati tanti anni, e comunque non era mai stato nel parco, che era enorme e doveva essere meraviglioso. Lasciarono la vespa sulla strada, legata alla bene e meglio ad un palo, ed entrarono in un'altra dimensione, il tempo si fermò, e loro rimasero a camminare per un tempo imprecisato, con i caschi penzolanti in mano, sotto gli alberi, tra le aiuole e nei vialetti, senza fermarsi mai, lontani da sguardi indiscreti e dalle urla della città, parlarono di Luca, del fatto che era tornata a casa dei suoi, del padre di lei, che probabilmente avrebbe dovuto subire un intervento a breve, arrivarono quasi senza accogersene davanti alla reggia, enorme, maestosa, che li guardava con aria bonaria, quasi condiscendente, accarezzandoli con i suoi particolari in rosso porpora ed in grigio scuro tipici degli edifici storici napoletani. Girarono intorno al palazzo ed all'improvviso si trovarono davanti il piazzale del belvedere, quasi deserto ancora, accelerarono, passando avanti agli addetti alle pulizie ed i giardinieri che facevano la ronda, quasi non si accorsero della fontana in marmo bianco che avevano davanti, erano attratti soltanto dalla vista mozzafiato che si scorgeva oltre le siepi. Superarono la vasca dei pesci e finalmente arrivarono ad affacciarsi: avevano tutta la città ai loro piedi, potevano guardare da sinistra a destra e senza soluzione di continuità potevano poggiare lo sguardo sul Vesuvio, andare per mare verso Capri e la penisola sorrentina, per poi tornare a Mergellina e raggiungere Posillipo. La perfetta cornice per quella giornata.

Parlarono di Cinzia, del lavoro al ristorante, del teatro, di come fosse difficile la felicità alla loro età, dei sogni che avevano da ragazzi, di quelli infranti e di quelli che ancora li accompagnavano di notte, ricominciarono a camminare fianco a fianco, ogni tanto le loro mani si sfioravano e i loro sguardi si incrociavano, si inoltrarono in un vialetto con la vegetazione fitta, Lorenzo sentiva che stava camminando su un filo di rasoio, le bocche parlavano, ma i corpi dicevano ben altro, poi arrivarono sotto una quercia, erano sbucati in un'area isolata, non c'era nessuno, niente voci, o rumori, solo la ghiaia sotto i loro piedi ed il canto degli uccelli. Si fermarono, gli argomenti erano finiti, i caschi caddero a terra all'unisono, e fu l'ultimo suono che sentirono, tutto intorno a loro fu cancellato, le mani, le braccia, le bocche, li portarono in un'altra dimensione, gli anni di parole non dette, di tentativi falliti, di gelosie represse, di incomprensioni, di giochi, battute e fidanzati reciproci vennero cassati con un solo colpo, rimase un bacio che parve contemporaneamente eterno ed effimero. Passò un'ora, forse due, senza che dicessero una parola, l'erba e le foglie erano il loro letto, avevano fame e sete l'uno dell'altra, e non si sarebbero saziati così facilmente. Finalmente lei disse: "Voglio fare l'amore con te!", valutarono rapidamente le possibilità per evitare di essere scoperti e denunciati lì nel parco del museo di Capodimonte, lui non aveva detto alla famiglia che sarebbe venuto a Napoli per non rimanere bloccato in un tour di saluti e spiegazioni, e non aveva intenzione di farlo, quindi non poteva chiamare nessuno dei suoi, poi lei si illuminò, casa sua era libera, i genitori erano in montagna e sarebbero tornati il giorno dopo. Fece una telefonata per assicurarsi che non avessero pensato di tornare all'improvviso e poi corsero a riprendere la vespa. Percorsero la strada che li divideva da casa di Claudia ad una velocità non compatibile con la vita, ma nessuno dei due ebbe la minima idea di rallentare, dopo quasi quindici anni che si conoscevano non c'era più nemmeno un attimo da perdere, l'urgenza bruciava, e le ruote traballanti della vespa rischiavano di schiantarsi ad ogni buca, per fortuna qualcuno sopra di loro li stava accompagnando ed arrivarono sani e salvi. Non c'era più tempo, cominciarono a spogliarsi in ascensore, presi dall'onda dell'eccitazione, si tolsero le giacche per non perdere nemmeno un secondo, come se da un momento all'altro tutto dovesse svanire, come se fossero in una bolla di sapone che di li a poco sarebbe scoppiata lasciandoli nudi e bagnati. Le mandate della porte sembravano infinite, uno, due, tre, quattro, finalmente erano dentro, si chiusero il mondo alle spalle e non esitarono più, ormai erano al sicuro, si strapparono letteralmente il resto dei vestiti di dosso, che per la foga, il caldo e l'eccitazione erano fradici di sudore, erano nudi finalmente, lui la guardò, era bellissima, muscolosa e sexy allo stesso tempo, l'addome scolpito da migliaia di esercizi, la pelle bianca ed i capezzoli che lo sfidavano irriverenti. Finalmente i due corpi si toccavano e si esploravano, centimetro per centimetro, le bocche si univano per un momento e poi si dedicavano a scoprire un angolo di piacere dell'altro, sarà stata la violenza del desiderio represso per anni, dell'arco di Ulisse teso fino allo spasimo, la forza con la quale lei si impossessò del sesso di Lorenzo, che lui venne quasi subito, ma nessuno dei due vacillò minimamente, lei lo guardò con una certa curiosità notando che l'erezione non ebbe il benché minimo cedimento, lui pulì velocemente le tracce del desiderio e continuò come se nulla fosse accaduto, la abbracciò, e la fece salire sulle sue gambe per avere tutto il suo corpo su di lui, e tornò dentro di lei, erano un fiume in piena, erano una diga che crollava, erano scintille e lapilli e lava, il viso di Claudia era atteggiato in una smorfia di piacere, madido di sudore, bollente, liberato dalle ansie e dalla finzione della vita precedente, lui per la prima volta era corpo e anima dentro ad una donna, dentro di lei, e si stupiva di quanto la desiderasse. Alla fine l'acme del piacere li raggiunse e li tramortì, lasciandoli ansimanti, sudati, con i muscoli intorpidìti, rimasero sdraiati sul divano abbracciati, l'uno nell'altro, incuranti del mondo esterno, dei vestiti sparsi per la stanza, del forte odore di sesso che impregnava i divani e l'aria, non dissero niente, perché non c'era niente da dire ormai. La doccia lavò via i segni esterni dell'amplesso, ma niente potette fare su quelli indelebili che rimasero nelle loro anime. Entrambi sapevano che il giorno dopo tutto sarebbe dovuto tornare come prima. Lui sarebbe andato via, avrebbe ripercorso al contrario lo stesso tratto di mare che lo aveva portato a lei, al suo arrivo avrebbe ricominciato la vita che aveva temporaneamente sospeso, avrebbe lavorato al ristorante sul mare, avrebbe tirato tardi tutte le notti, e sarebbe andato a dormire da Cinzia, che, ignara di tutto lo avrebbe accolto come al solito. Certo, probabilmente non la avrebbe più guardata come prima, ma in fondo lui non aveva mai nascosto a se stesso che non l'amava, infatti non aveva mai accettato di vivere insieme a lei, come per mantenere sempre una certa distanza, gli era piaciuta perché era intelligente, spigliata e gli dava del filo da torcere quando facevano le gare di Sudoku, e poi era innegabile che gli facesse comodo avere una persona che anche alle tre di notte gli aprisse la porta e gli offrisse il suo letto senza troppi giri di parole e soprattutto senza troppe domande. Dalla sua Claudia, si godeva il momento, erano anni che fantasticava su come sarebbe stato, ma ogni volta o per colpa sua o per qualche evento inaspettato, la verità non era mai venuta fuori, e non sarebbe successo se lei non avesse deciso di tentare il tutto per tutto scrivendogli il messaggio galeotto appena partita. In effetti anche per lei, a pensarci bene, era stato comunque inaspettato, perché ormai era convinta che le loro due vite fossero lontane, non solo geograficamente, in fondo lui era stato una fantasia, una curiosità, anche all'università, ma non si era mai resa conto di quanto forte fosse il legame con lui.

"Che cosa è successo?" gli chiese a bruciapelo, mentre lui era ancora perso nei suoi pensieri.

"Non lo so, è successo qualcosa?" rispose lui evasivo, sorridendo un po' per non apparire scontroso, ma evitando di scivolare nel romantico.

"Boh, vedi tu." rispose lei indicando i vestiti sparsi per terra ed i cuscini ancora sofferenti, "Qui sembra un campo di battaglia!". Risero di gusto scambiandosi ancora qualche bacio, lui si sentiva come uno scalatore che avesse appena conquistato la vetta più difficile, era sdraiato, ma si sentiva levitare a mezz'aria, era andato a letto con Claudia, peccato che non potesse dirlo in giro, non potesse raccontarlo a nessuno, avrebbe voluto, solo per far morire di invidia i suoi amici. Pazienza, andava bene anche così. Si voltò verso di lei, la mirò per qualche istante e poi con sapiente scelta di tempo le disse semplicemente quello che ogni donna vorrebbe sentirsi dire: "Sei bellissima!", veramente lui sapeva perfettamente che ciò che lei avrebbe voluto sentire era un TI Amo, il classico dei romanzi rosa, ma non poteva permetterselo, nemmeno per finta, lui non era il tipo da innamorarsi come un cretino, solo perché era andato a letto con una ragazza, si certo, lei era Claudia, la bellissima Claudia, che aveva tutto quello che a lui piaceva, anche di più, lo faceva stare bene, lo rallegrava, era una forza della natura, insomma era perfetta per lui, ma proprio per questo era pericolosa, molto pericolosa. Che sapeva di lei? Era sposata, si era separata, e chi sa che altro aveva combinato prima di incontrarsi con lui. No, non poteva fidarsi, e se poi lui le avesse dato il suo cuore e lei lo avesse messo sotto i piedi? Non se lo sarebbe mai perdonato. Non era il tipo da soffrire per amore, non lo aveva mai fatto. Mentre la guardava scacciava con forza anche la minima possibilità di lasciarsi sorprendere dai sentimenti, non voleva e non poteva innamorarsi, anzi, si sforzava di ragionare come tutti gli squallidi maschietti della sua età che volevano solo aggiungere una bandierina al loro Risiko personale. Beh lui ne aveva aggiunta una bella grossa.

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