Un lieto fine...
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All'improvviso, mentre la famiglia appena riconciliata faceva colazione, ridendo e giocherellando, qualcuno suonò alla porta.
"Dev'essere il postino. Jul, vai tu ad aprire?"
Julius annuì e si alzò per andare a controllare. Una volta arrivato difronte alla porta però si bloccò inspiegabilmente: fu colto da un'aura di terrore, il cuore cominciò a battere sempre più forte, la fronte sudava. Non se lo sapeva spiegare.
Che fosse l'emozione per quel lieto fine?
Allora perché aveva paura?
Julius allungò la mano verso la maniglia in ottone della porta blindata, e aprendo la serratura con l'altra, spalancò la porta.
Julius rimase pietrificato, sbalordito ancora una volta. Sembrava di aver visto un mostro!
Una figura umanoide, alto quanto lui, gli si parò di fronte, immobile, senza dirgli nulla. Alle sue spalle era tutto buio, non vi erano tracce di case, fiori, strade, persone... nulla. C'era solo questa figura misteriosa.
Ma la cosa peggiore era che questo uomo ambiguo era vestito da una tuta da astronauta, con casco e bombole di ossigeno!
Julius rimase incredulo, impaurito, morto dentro. Il suo viso terrorizzato e tremante si rifletteva sulla visiera dell'astronauta misterioso, e lì si perdeva, nel vuoto di un uomo senza anima.
Julius iniziò ad indietreggiare spaventato, e nel mentre, la figura iniziava a camminare a passo lento, respirando affannosamente come se l'ossigenatore fosse guasto.
La moglie si avvicinò di soprassalto con dietro i figli, e rimase scandalizzata.
"Julius, cosa sta succedendo?!?!"
"Io..."
Julius riusciva a malapena a parlare, e voleva evitare di guardare quella persona ambigua.
Voleva difendersi, ma non ci riusciva. Era come bloccato: riusciva a muoversi, ma non trovava la forza e il coraggio per sferrare un colpo.
Intimò alla famiglia di rifugiarsi si sopra, così Carol portò di scatto i bimbi di sopra.
Improvvisamente comparvero orde di individui, tutti uguali all'astronauta di prima, che si dimenarono e ruppero i vetri di tutto il piano, irrompendo in casa, costringendo Julius a indietreggiare sempre di più, fino ad arrivare in cucina, che fu subito circondata da quelle creature.
Julius non sapeva cosa fare, avrebbe voluto scaraventare una sedia contro quegli astronauti, eppure non riusciva a farlo! Era come se qualche forza misteriosa gli impedisse di difendersi.
"Chi diavolo siete?!?", urlò infuriato.
D'un tratto si sentirono delle urla provenienti da una stanza vicina: erano quelle della moglie e dei figli.
Dopo qualche secondo la famiglia di Julius fu portata sul posto da un gruppo di astronauti.
"Carol! Bambini!"
Cercavano di liberarsi scalciando e urlando, ma la loro foga non servì a nulla.
Julius era spaventato, addolorato, preoccupato per la famiglia, ma non si avvicinò, non ci riusciva.
Misteriosamente Julius e la famiglia si ritrovarono vestiti con una tuta spaziale, la stessa degli invasori, come per magia. Che diavolo stava succedendo?
Julius continuava a chiederselo, a tormentarsi, mentre la famiglia era in ostaggio da parte di quella massa di loschi figuri, ammassati come se fossero degli zombie, che fissavano allo stesso modo Julius, con sguardo impenetrabile e cupo.
Carol e i bambini furono strattonati e furono portati davanti a Julius, e immobilizzati da quelle... cose.
"Julius, salvaci!"
"Papà, non lasciarci!"
I familiari continuavano ad invocare il nome di Julius, che si propagava in tutta la stanza infestata.
Con grande forza, degli astronauti allungarono le braccia verso i caschi dei tre, e con decisione, sganciarono il casco dal resto della tuta.
La famiglia di Julius iniziò a soffocare: si sentiva l'ossigeno sibilare, e le rauche voci dei poveretti strillare.
Dopo nemmeno un minuto di agonia, la prima a morire fu la piccola Julia, seguita poi dal fratello Carl e infine, dalla madre, che si schiantarono a terra senza vita, con gli occhi sgranati e la bocca aperta; una visione disgustosa.
Julius gridò dal dolore, iniziò a piangere per la fine violenta e ingiusta della sua famiglia. Guardare i propri cari morire di asfissia non è certo una bella cosa.
Stramazzò al suolo e si concentrò su quei tre corpi inanimati, ancora circondati da quegli esseri.
"Chi siete? Cosa volete da me?", domandò il tormentato Julius.
Loro però non risposero, non dissero nulla.
Di colpo si fermarono, forse la loro missione era compiuta, forse il loro scopo era stato raggiunto.
Dopo ciò, tutti quegli astronauti portarono le loro mano al casco, e lo sfilarono nello stesso modo con cui l'avevano fatto alla famiglia di Julius, senza però levarlo del tutto, tenendo nascosta la faccia.
Ma al contrario di loro, non emisero alcun gemito, non si lamentarono, non urlarono; si accasciarono sul pavimento come dei pupazzi e rimasero fermi.
Julius sentì la terra tremare e il pavimento sgretolarsi.
Colmo di dolore, voleva svelare, a tutti i costi, il volto di uno degli aguzzini.
Si fiondò d'istinto sul corpo di un cosmonauta morto, e scosso, aprì il visore...
Julius era, per l'ennesima volta, colpito, logorato, distrutto. Il volto del mostro era terrificante, orribile, ma non perché era deforme o brutto, ma perché era proprio la faccia di Julius! Identica!
Stessi capelli castani, stessi occhi marroni, stesse occhiaie, stesso naso allungato e stessa barbetta incolta. Era lui.
"No, che merda è questa? Che cazzo sta succedendo?!"
Come un fulmine si mise a controllare i volti di tutti i morti: erano lui! Tutti quelli che riusciva a controllare.
"Stupefatto" sarebbe riduttivo! Julius provava più di questo: era arrabbiato, addolorato, distrutto, a pezzi.
E per lui non sarebbe finita.
Ci fu un'altra scossa, ancora più grande, e un grosso terremoto iniziò a smuovere tutto. I muri e l'intero soffitto iniziarono a sgretolarsi sopra il suo naso, e Julius iniziò a fluttuare in aria assieme ai cadaveri, mentre la casa si disintegrava completamente. L'abitazione scomparve, e il panorama cupo e nero si rivelò: sembrava di essere nello spazio, ma ancora più tenebroso e privo di stelle luminose.
Lo sguardo di Julius si perdeva nel nulla, nel sangue, nella vergogna; quella di non aver potuto salvare la famiglia, di non aver reagito.
Ma non avrebbe potuto fare nulla.
Rimase interamente paralizzato, mentre il suono terrificante dello spazio lo circondava.
Come un magnete fu attratto lentamente in avanti, fino a quando dal nulla comparve una specie di pianeta, enorme, e rosso, somigliante a Marte.
Si avvicinava sempre di più, fin quando una parte del pianeta si sgretolò, creando un'immensa voragine in cui Julius veniva attratto, senza che potesse fare nulla.
Tutto iniziava ad offuscarsi, l'aria della tuta diventava irrespirabile, le ossa non si muovevano, e il pianeta continuava a risucchiare il povero comandante.
Julius chiuse gli occhi, non pensava più nulla, e non voleva farlo.
Si lasciò dondolare nel vuoto, ascoltando ormai rassegnato quelle vibrazioni inquietanti.
Era finita, tutto si faceva nero, come lo spazio.
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