Trame tra le stelle

Dopo l'incidente, la squadra Asimov si radunò ancora scossa davanti al portellone della nave, saldamente collegato alla stazione.
Tra lo sportello della Columbus e i membri del DSG si trovava la camera di decompressione.

Julius si avvicinò ad un pannello accanto allo sportello, e schiacciò un pulsante.
Un piccolo allarme fischiò, e dopo due secondi lo sportello si aprì, lasciando intravedere la camera: quadrata, angusta, alta 7 metri, grigia.
Dall'altro lato vi era un altro sportello, da cui sarebbero usciti i membri della DSG.

Il Team Asimov fluttuò dentro la camera e sigillò la Columbus.
"Qui Asimov, pronti per la decompressione." - disse Julius, interagendo con un interfono.

Sopra allo sportello si trovava una piccolissima spia che emanava un forte colore rosso.

Si udirono numerosi e intensi sibili, che riportavano alla memoria degli astronauti i terribili minuti della perdita. Il primo incidente della Columbus.
Chissà quanti altri impedimenti ci sarebbero stati, da lì al pianeta rosso.
Quello sciagurato evento aveva già messo in allarme l'equipaggio, che ora si sentiva molto a disagio.
Ma ancora non si poteva dire niente. Ora dovevano soltanto riposare. Non potevano sprecare quell'unico attimo di riposo che avrebbero avuto.

I sibili terminarono, e la spia da rossa divenne verde, rilasciando un leggero allarme.
Victor si avvicinò ad un pannello e lesse i valori indicati.
"Ossigeno e pressione ok. Via libera."
La porta della stazione si aprì e si intravide un gruppo di uomini in tuta blu.
Un uomo giovane e sbarbato che si era appostato all'angolo li accolse con fare disinvolto, come se non fosse successo nulla.
"Benvenuti sul Deep Space Gateway! La porta per l'ignoto! Da qui, tutto inizia!"
"Risparmiati i motti, Neil. Non è il momento." - sbottò Julius.
La squadra oltrepassò la porta e strinse la mano agli uomini in tuta blu, uno ad uno.
Poi, Neil accompagnò i cinque al centro di comando, fluttuando tra i corridoi.

La stazione era grande, ma angusta. Era suddivisa in tanti piccoli stretti corridoi appena più grandi di un essere umano, su cui poggiavano le varie stanze.

Il DSG era composto da diversi reparti: il reparto di ristoro, adibito all'intrattenimento e alla soddisfazione dei bisogni primari dell'equipaggio; il reparto di ricerca, dove si effettuavano ricerche scientifiche; il reparto medico, per curare i feriti e visitare regolarmente gli astronauti; il reparto di attracco, per agganciare le navicelle; il reparto abitativo, dove erano collocati gli alloggi comuni; il reparto delle scorte, dove tenere tutti i rifornimenti per la stazione; e il centro di comando.

Gli astronauti levitavano tra i corridoi utilizzando le maniglie e i poggiamani attaccati alle pareti, o dandosi la spinta con le braccia e con le gambe afferrando tutto ciò che incontravano.

"Per fortuna siete riusciti a risolvere il guaio. Abbiamo già inviato tutti i nostri tecnici a controllare da cima a fondo la vostra nave, rimetterla in sesto e imbarcare i rifornimenti. Faranno sì che non ci siano più problemi." - riferì Chester.
"Grazie mille, vi siamo riconoscenti." - disse Julius.
"Esserci riconoscenti di cosa? Fa parte del protocollo!"
"Sì, scusa, ma lo spazio mi sta svalvolando il cervello..."
"Non preoccuparti, ora vi portiamo al centro di comando per fare rapporto. Dopodiché vi accompagniamo nel reparto di ristoro."
Nonostante le buone maniere di Neil, Julius sapeva benissimo che lui fosse soltanto una persona falsa, meschina e antipatica, o almeno, lo aveva sempre considerato tale.

Il gruppo finalmente arrivò alla fine del corridoio e valicò una porta metallica, entrando così nel centro di comando.
Un posto piccolo e pieno di computer, con uno schermo medio di fronte a tutti.
Sullo schermo era proiettata una figura umana che stava parlando. Era Foster.

"Signore, ecco Asimov!"
Il duro Foster fissò la squadra con un grosso broncio sul viso e si mise a brontolare, come al suo solito.
"Siete appena partiti e già succede un casino?! Assurdo! Sapevamo che sarebbe successo qualcosa, ma non prima dell'attracco alla stazione! Sono davvero deluso! Che diavolo è successo?!"
Julius si avvicinò allo schermo e affrontò il superiore a testa alta.
"Signore, è stato un'incidente. Il computer non funzionava, quindi abbiamo dovuto effettuare la manovra manualmente. Durante la procedura di aggancio una delle paratie di protezione degli oblò non è stata sigillata e si è creato un foro, da noi tappato alla svelta. Non succederà più."
"Lo spero. Davvero! Non possiamo permetterci altri incidenti del genere. Siamo in una missione pericolosissima, e non c'è spazio per gli errori! Alla prossima potreste non essere così fortunati."
"Capisco... signore."

Foster chiuse la comunicazione senza nessun cenno.
Lo schermo divenne nero, un po' come Julius, arrabbiato e stressato per la faccenda.
"Pallone gonfiato..." - pensò, schernendo Foster.

Neil si avvicinò a Julius e lo provocò.
"Vada come vada, voi avete firmato per questo. Sapevate che ci sarebbero stati problemi, e sapevate che vi era la possibilità di rimanerci secchi! L'incompetenza la si paga a caro prezzo!"

Julius guardò con rancore Chester, in segno di sfida, aspettandosi un intervento del genere. Seppur arrabbiato con Erik, Julius non lo reputava affatto un incompetente. La verità era che Julius e Neil erano da sempre rivali, su tutto, e non perdevano occasione per pizzicarsi a vicenda.
E Julius non era il tipo da farsi mettere sotto.
"Noi intanto andiamo su Marte, mentre tu te ne rimani qui, in questo pezzo di metallo pronto a cedere."
Neil lo fissò a sua volta rancoroso.

"Yushima, scorta i signori nei loro alloggi." - ordinò stizzito Neil.
Un uomo molto alto dai tratti asiatici si tuffò di fronte a loro e gli indicò la strada.

Nel frattempo, sulla Terra, la NASA era in fermento. Erano passate all'incirca sei ore dalla partenza della Columbus e gli operatori si erano presi una piccola pausa dopo la tensione del lancio e dell'incidente.
Tutti gli appassionati di spazio dell'intero globo erano in agitazione per la missione epocale: ovunque si distribuivano foto e omaggi riguardanti l'equipaggio, e i grandi cantanti del tempo (non molti, in realtà) dedicavano interi testi agli Asimov: alcuni di essi, come "Singing in the Stars" o "Marzian Rhapsody" citavano i nomi di vecchie canzoni di successo celebrando al contempo la spedizione NASA, come se stesse nascendo una nuova era che necessitasse di nuovi testi di riferimento, come lo fu Bohemian Rhapsody nel 1975.
Ma ora si era nel 2035, bisognava pensare al futuro, anche se i classici del passato non erano tramontati.

In questo momento di euforia collettiva, Bridestine fu convocato nell'ufficio del segretario Foster.
Jim si aspettava solamente qualche resoconto finanziario, rapporti sulla missione, fatture, qualche lettera di minacce...
Ma quando Jim attraversò la porta vetrata dell'ufficio del superiore, si bloccò di colpo.

Di fronte alla bianca e ordinatissima scrivania dove Foster era seduto col suo solito sguardo freddo e calcolatore, due uomini vestiti di nero stavano discutendo di affari importanti.
Alla presenza di Jim, smisero di parlare e si girarono compostamente. Erano i due uomini in camicia che stavano parlando con Foster nel sito d'imbarco qualche ora prima.

"Signor Bridestine, la stavamo aspettando!" - disse uno della coppia, ostentando un finto tono di cordialità.

Foster si alzò per guardare meglio il suo sottoposto e lo invitò a sedersi accanto a quegli uomini.

Bridestine li fissò uno ad uno con una certa diffidenza, come se sapesse che quegli uomini portassero guai, e si sedette accanto a loro.

"Bene signori, possiamo ricominciare da dove ci siamo interrotti." - riferì Foster, per poi proseguire.
"...Io e i nostri amici del governo stavamo parlando del futuro della Terra..."
Jim ne rimase alquanto sorpreso. Pensava che stesse scherzando, o enfatizzando qualcosa, tant'è che ignaro com'era non poté far altro che dire:
"Diavolo signore, sta scherzando no?"

Alla domanda di Bridestine, uno dei due uomini sghignazzò con gusto.
"Che hai da ridere tu?"

Foster premette un pulsante su un'interfaccia digitale collocata sulla scrivania e le tendine dell'ufficio si chiusero completamente, oscurando lievemente la stanza, ancora parzialmente illuminata dalle luci dei computer e dei dispostivi elettronici.

Poi si alzò dalla sedia e gironzolando nei pressi di essa si mise a parlare e a gesticolare.

"Qui si parla di futuro, mio stimato collega. Le sorti del nostro pianeta.
La missione Asimov è ancora agli inizi, eppure le circostanze ci costringono a riflettere sull'immediato futuro. Su ciò che succederà quando il primo umano toccherà la sabbia di Marte.
Scommetto che non ci ha mai pensato, vero? Fatto comprensibile, del resto. Perché pensare al futuro, quando si è impegnati a far sì che il presente funzioni? Lei ci ha messo anima e corpo per contribuire a questa impresa, non aveva tempo per pensare al dopo. Ed era ignaro di tutto... lo è sempre stato."
"Ignaro di cosa? Che cosa sta succedendo?"
"Vede, mentre lei era impegnato con il progetto Asimov, qualcuno, nei piani alti del mondo, pensava a come avrebbe dovuto far rigare questo pianeta dopo la missione. Perché puoi dire tutto dei padroni del mondo: che siano dei guerrafondai, delle viscide arpie che tengono sotto scacco il pianeta e che pensano solo al proprio tornaconto... Ma non che non siano intelligenti. Vedi, loro sono andati oltre la scienza! Nessun popolo rimane fermo, niente è statico e duraturo per sempre. Dopo ogni scoperta, tutto cambia! La storia ce lo insegna!"

Jim era sempre più confuso, sempre più intimorito dalle parole di Foster.
"Ma diavolo, sembra un complottista! Che cosa vuole dirmi?!"

Miller non perse tempo e rispose immediatamente.
"Intende dire che dopo la missione Asimov tutto cambierà, ecco cosa! E che i nostri governanti hanno in mente qualcosa di davvero grande per la nostra società globale!"
"Che sarà mai?!"
McGough sorrise.
"Oh, non te lo immagini nemmeno. In fondo, è impossibile immaginare l'evento più importante dell'intera storia umana, no?"

"Ma che cosa state dicendo? Non starete mica affermando che gli alieni ci invaderanno o cazzate simili?!" - gridò infastidito Foster.
"Qui gli alieni non c'entrano nulla, Bridestine. Vede, c'è un motivo per cui il governo non si fida di lei... non cogli i concetti con la giusta lucidità." - disse Miller.

"Cavolate! Non è colpa mia se state parlando in modo così generico!"
Foster riprese a parlare.
"Il mondo cambia Jim, non lo possiamo evitare.
Il punto è che quando arriveremo su Marte, nulla sarà più lo stesso... per noi, per quei cinque astronauti e per la Terra.
Cose grosse stanno per accadere figliolo, tienilo a mente. Il mondo che conoscevi sparirà per sempre, e te ne farai una ragione.
Il governo ha in serbo qualcosa di enorme. Speriamo di vivere abbastanza per poterlo vedere con i nostri occhi... Ma è inutile tenerti all'oscuro di tutto! Ehi, tanto succederà comunque, no?"

Foster e Bridestine discussero per ore, e Jim non poteva non essere completamente ammutolito.
Non si trattava di semplici deliri di qualche squilibrato qualsiasi... si trattava delle parole di un uomo importante e lucido...
Bridestine ne era certo: doveva prepararsi al peggio.
Ma ciò che lo arrabbiava di più era il fatto che gran parte del mondo era all'oscuro di tutto, che nessuno poteva prevederlo, che i potenti erano disposti a fare di tutto, anche a giocare con le vite delle persone... come se esse fossero intrecciate in una enorme ragnatela di bugie... e le vittime, pur coscienti di ciò, preferissero chiudere gli occhi e assecondare il destino imminente e coloro che lo tengono prigioniero, perché debole... E Jim si sentiva proprio dentro questa ragnatela.

Questa era l'impotenza dell'essere umano.
Si vorrebbe fare di tutto eppure non si può fare niente, perché la vita scorre inesorabile e non c'è tempo per cercare di cambiarla quando essa è già sul filo del rasoio.

Chiaramente, Foster non raccontò tutto a Bridestine, ma ciò era sufficiente.

Tutto sarebbe cambiato per sempre.

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