Potere alla stampa
16 settembre 2035, Missione Asimov - 1 ora al lancio della Columbus
Ore: 6:00.
"Ci siamo, ragazzi. Ci siamo..."
Julius continuava a fissare lo specchio limpido del bagno.
Su di esso si rifletteva la sua figura, che indossava una tuta spaziale un po' biancastra e piena di piegature e lacci. Il volto era coperto dal casco, che copriva completamente la faccia.
Il grande giorno era arrivato, e Julius era sicuro di sé è pronto a guidare la sua squadra. Ma in quel bagno, ancora si interrogava su ciò che avrebbe passato, su come si sarebbe dovuto comportare se si fosse presentato un pericolo... non un ruolo facile, quello del comandante.
Tutta la squadra Asimov intanto era su di giri: mancava un'ora alla partenza, e tutti erano pieni di ansia, di eccitazione, di pensieri che si accavallavano l'uno sull'altro senza lasciar trasparire alcuno spiraglio di lucidità.
Persino Victor, per quanto cercasse di nasconderlo, era nervoso.
Ma il più agitato di tutti era Henry: si era rannicchiato tremebondo sul divano, mentre Erik lo guardava inspiegabilmente compiaciuto, con fare beffardo.
"Forza, Hen, non essere così ansioso. L'importante è partecipare. Anche se poi muori." - disse con fare derisorio Erik.
"Molto divertente, davvero! C-come l'Olocausto!" - balbettò Henry.
"L'Olocausto fu una tragedia, ma non vedo perché sia più importante dell'Holodomor. Sono morti milioni di fratelli ucraini!"
Sbucò anche Antony, con indosso la sua tuta da astronauta e il telecomando in mano. Aveva accesso la TV.
"Che ti guardi?" - chiese Erik.
"Il TG, per l'ultima volta." - rispose.
La carrellata di prima pagina del TG presentò varie notizie.
"Finalmente, la Sagrada Familia, la famosa basilica cattolica spagnola di Barcellona in costruzione dal 1882, è stata ultimata, dopo 152 anni. L'immensa opera architettonica doveva essere ultimata nel 2026, ma dopo la rivolta catalana e la guerra di secessione avvenuta nel medesimo periodo, i lavori vennero interrotti, e durante la Battaglia di Barcellona tra l'esercito spagnolo e la milizia popolare per la liberazione della Catalogna è stata danneggiata più volte. Papa Francesco II presenzierà alla cerimonia di iniziazione."
Poi fu presentata un'altra notizia.
"Tempi difficili! Mentre gli astronauti della NASA si preparano al lancio verso Marte, il nostro pianeta vive una situazione difficile. Siamo ormai in 8 bilioni e le risorse iniziano seriamente a scarseggiare: i paesi africani lottano per campi agricoli e fiumi, Stati Uniti, Cina e Russia aumentano la produzione militare, in Ucraina la guerra divampa ancora, milioni di persone vengono sfruttate e il riscaldamento globale supera la soglia del 2030. La calotta artica è ad un terzo di vent'anni fa, e decine di specie sono ormai in balia del cambiamento di habitat. Lo scioglimento dei ghiacciai ha aumentato il livello del mare, specialmente nel Pacifico, ma anche nell'Atlantico si registrano fenomeni allarmanti, come l'espansione del fiume Potomac e vari allagamenti nei Caraibi e in Florida. Si stimai inoltre che nel 2100 Venezia affonderà negli abissi. La domanda è: siamo davvero pronti per lasciare questo pianeta? E se non ci fosse alcun margine di sopravvivenza su Marte, cosa succederà alla Terra?"
Antony spense seccato la TV.
"Ecco perché non guardo mai la televisione." - disse Erik.
"Sono contento di andarmene."
Antony sospirò.
"Maledizione, stanotte non ho dormito..." - mormorò Henry, mentre si toccava la faccia.
"Grave errore, Henry. Il sonno è importante per una missione del genere, e rimanere lucidi durante il decollo è fondamentale. Una mente stanca potrebbe non reggere la pressione gravitazionale di una nave che parte a 5 G." - rispose con accortezza Victor.
D'un tratto, una voce in movimento li raggiunse.
"E se pensi che potrai contare sui tuoi compagni ti sbagli di grosso!"
Julius si presentò con la tuta e il casco retto sulla vita, e tutti scattarono sull'attenti, rigidi come scope.
"Signore!" - gridò immobile Henry, seguito dal resto del gruppo.
L'unico motivo per cui tutti si erano messi dritti come dei soldatini era soltanto perché il codice lo esigeva.
Prima della missione, era obbligatorio salutare marzialmente il proprio superiore, e mantenere questo comportamento fino al decollo, per poi continuare la missione in modo più formale per instaurare un rapporto più benefico, anche se gli ordini rimanevano comunque ordini, da eseguire senza fiatare.
Julius fece un altro passo avanti e arringò i suoi uomini.
"Signori, siamo giunti fino a qui, che ci crediate o no. Il nostro viaggio sta per iniziare, così come la nuova era per la nostra gente. Presto i nostri figli e nipoti potranno dirigersi verso lo spazio profondo, e colonizzare nuove terre! Fatevi valere, uomini! Fatelo per la Madreterra! Urrà!"
"Urrà! Urrà!" - replicarono all'unisono e turgidi i membri della squadra.
Subito dopo, Julius si spostò verso l'enorme finestrata che illuminava la stanza, e si mise ad ammirare il paesaggio, dominato dalla sagoma della Columbus in lontananza, rimasta ferma sotto il timido sole mattutino che non accennava a liberarsi del tutto.
"Piccola lattina bastarda... fatti valere pure tu!" - disse a bassa voce.
"Boss, siamo pronti." - bisbigliò Antony.
Julius ingoiò la saliva e si girò.
"Bene."
Si avvicinò velocissimo al gruppo e li guardò uno ad uno.
"Signori, si va."
Il Team Asimov abbandonò la stanza e si diresse verso la sala stampa, dove avrebbero rilasciato un'ultima intervista ai giornalisti di tutto il mondo.
I cinque si fecero strada per il complesso Vanguard, mentre gli impiegati della NASA si accalcavano ai margini dei corridoi per far spazio agli indomiti astronauti e salutarli. Tutti gli sguardi erano puntati su quei messianici uomini dalla tuta bianca.
In quel momento, molte belle donne guardavano interessate gli astronauti, che arrossivano ad ogni sguardo.
Sopratutto Henry, mentre Erik sbavava, ed era pronto a rinunciare alla missione solo per strappare qualche cuore!
Victor figurati, guardava avanti disinteressato, come se niente fosse, mentre Antony si limitava a salutare.
"Ehi capo, guarda quanto ben di Dio! C'è una ispanica da paura che ti sta guardando, e chissà cosa le starà passando per la testa!" - disse l'eccitato Erik a Julius.
"Salutamela!" - gli rispose Julius.
"Andiamo, so che ci faresti un pensierino!" - continuò sorridente Erik.
"Ragazzo... malgrado tutto, sono un uomo sposato!"
Erik aveva colto quel "malgrado tutto", e gli venne in mente di fare una battuta sulla moglie, salvo poi ripensarci, per evitare che il capo si arrabbiasse. Scelta saggia.
Dopo una trionfante marcia eroica, il gruppo solcò l'entrata della sala stampa, e subito tutti i giornalisti si alzarono agitati dalle sedie, e tutte le telecamere puntarono su di loro.
Uno scrosciante applauso unanime e migliaia di flash li accompagnarono verso il palco, dove si era posizionata tutta "l'aristocrazia" della NASA: funzionari del governo, tecnici di alto grado, politici, progettisti e finanziatori erano tutti lì, assieme a Bridestine e a Foster, il segretario della NASA.
Strinsero la mano ai propri colleghi e si misero in fila accanto a loro.
Subito dopo, il segretario Foster si fece avanti e parlò davanti alla folla e alle telecamere. Era un uomo basso, pieno di rughe e antipatico, anche se davanti alla stampa cercava di apparire come un gentiluomo. Un classico.
"Signori e signore che mi state ascoltando da tutto il mondo. L'ora decisiva è arrivata.
Nessun essere umano, fino ad almeno una ventina di anni fa, riteneva possibile tutto questo. Eppure, eccoci. Lo abbiamo sognato, e ora lo faremo: raggiungeremo Marte, e incoroneremo il desiderio di verità che accomuna tutte gli uomini e le donne della NASA e non solo.
Sapete, un uomo, due secoli fa, affermò che "il sole, la luna e le stelle sarebbero scomparse da tempo, se fossero state alla portata delle mani predatorie degli uomini".
Per noi, però, queste risultano solo falsità appartenenti ad un'epoca triste e lontana, che non ha nulla da spartire con noi.
Noi varcheremo le stelle per esplorare, ricercare e creare vita, non distruggerla.
Noi andremo su Marte per studiare la complessità di questo nostro grande e incompreso universo, visto che più andiamo avanti, e più ci sentiamo soffocare. Soffocare dai nostri limiti, dalle nostre debolezze, dalle nostre afflizioni. Da questa assenza di ulteriore vita che sembra permeare la nostra galassia.
E ringrazio tutti coloro che renderanno possibile tutto questo, a partire dai nostri tecnici, ai nostri coraggiosi astronauti."
Dopodiché, Foster allargò un enorme sorriso.
"Io ho finito. Sono tutti vostri!"
Foster si allontanò e il pubblico applaudì, poi si rivolse aspro agli astronauti, che si stavano avvicinando al palco.
"Vedete di non dire cazzate."
Gli astronauti si misero in posizione, e furono assaliti dalle domande.
"Uno alla volta, per favore! Uno alla volta!" - urlò Julius.
Erik intanto ridacchiava, vedendo tutta quella folla dimenarsi per attirare l'attenzione del comandante.
Julius non sapeva proprio come comportarsi con quella gente.
"Tu, bionda! Sì, tu! Parla pure!"
Foster si portò la mano sul viso per coprirlo, in segno di sgomento, per via della figuraccia di Julius.
"Come si sente?" - domandò la giornalista.
"Alla grande! Siamo tutti entusiasti di questa missione, e non vediamo l'ora di imbarcarci! Un altro prego."
I giornalisti ancora una volta gridarono e chiesero al comandate di interloquire con loro.
Nel frattempo, la squadra era ancora in agitazione.
"Ts, fatemi capire: questa gente si sveglia alle 5 di mattina per venire fin qua e pregare in ginocchio che qualcuno risponda ad una loro domanda? Ma siamo seri?" - farfugliò Erik.
Antony avvicinò la testa a Erik e rispose.
"I giornalisti sono come degli avvoltoi: sono sempre a caccia!"
"Ma anche degli avvoltoi dovranno andare in letargo, no?!"
"No. Gli uccelli non vanno in letargo, tendono ad emigrare." - precisò Victor.
"Sì, sì... grazie..."
"Signor Orwill, ho una domanda per lei."
Erik alzò stupito il capo in direzione del giornalista che l'aveva chiamato.
"Oh, ehm. Sì." - balbettò, per poi farsi avanti.
"Come ha fatto un meccanico automobilistico a diventare il pilota della più avanzata nave spaziale mai costruita?"
"Oh... beh... secondo me, ci vuole un po' di fortuna. Certo, puoi essere bravo quanto vuoi, ma se non hai la fortuna dalla tua, combini ben poco."
Erik sfoggiò un grande sorriso divertito.
"Per esempio, qui abbiamo uno scienziato asociale, un ex combattente depresso e un ragazzino dalla dubbia utilità!"
La giornalista si contorse perplessa, ed Erik ritornò al suo posto col sorriso ancora stampato sul viso.
Mentre Antony fissava interiormente attonito il suo compagno, un operatore tecnico lì vicino gli si avvicinò con fare ilare, chinandosi di lato leggermente.
"Ma parla sempre così dei suoi compagni?" - chiese l'uomo paffuto.
"No, ma quando lo fa, si rende sempre odioso. Come in questo caso, davanti a decine di giornalisti e milioni di persone in tutto il mondo..." - rispose un crucciato Antony.
"Un bel modo per iniziare la missione!" - replicò il tecnico.
"Senza dubbio." - rispose ancora una volta Antony, ma in realtà avrebbe voluto dire "ora lo strozzo".
Ma Erik non ci pensò, e il suo sorrisetto sparì in un lampo: continuava ad osservare le tribune in modo preoccupato e deluso.
"Ma dov'è?!" - disse a bassa voce, ma Henry sentì; aveva capito di chi stesse parlando, e anche lui si mise a fissare le tribune e a pensare la sua stessa cosa: "Dove sono?!".
Un altro giornalista, stavolta ancora rivolto a Julius - ma in realtà la faccenda interessava tutti - azzardò una domanda alquanto dolorosa.
"Signor Gallagher, com'è possibile che non si sia presentato nessun vostro parente?"
Julius e i suoi rimasero muti, perplessi, addolorati. Nella sala calò il silenzio, e le facce degli astronauti si fecero affrante e angosciate.
Julius sospirò a lungo, poi si decise a rispondere.
"Io... beh... Non sono potuti venire."
Bridestine, affranto, si mise di fronte a Julius e intimò ai giornalisti di andarsene.
"Signori, il tempo per l'intervista è finito. Ora i nostri astronauti si devono preparare!"
Poi guardò Julius.
"Quanto odio i giornalisti. Così insensibili!"
Ecco perché Erik ed Henry erano così sconfortati: i loro genitori non si erano presentati, così come quelli di Antony e Victor, e i parenti di Julius.
Julius rimase scioccato per qualche secondo. Insomma, sapeva che Caroline non sarebbe venuta, ma l'intervento del giornalista aveva reso il tutto più doloroso e faticoso da sopportare.
E uno shock emotivo prima della missione sarebbe stato molto controproducente.
Ma per il bene di tutti, bisognava dimenticarsene e andare avanti, ma nonostante ciò, l'amarezza rimaneva su tutti gli interessati: come potevano i loro parenti essere assenti in un momento come quello?
Erano le 6:15, e tra meno di un'ora tutto sarebbe cambiato... per sempre.
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