E una questione in sospeso...

14 settembre 2035, Missione Asimov - 41 ore al lancio della Columbus

Si sentirono continui spari e sibili, che si alternavano disordinatamente per pochi secondi l'uno.
Coperto da una vetrata trasparente, un uomo alto, segnato visivamente da numerose cicatrici e dallo sguardo concentrato sull'arma, contribuiva ad arricchire i rumori degli spari. Sembrava di essere in una autentica guerra.

L'uomo continuava a sparare dei colpi a cadenza di pochi secondi, su un unico bersaglio fisso con un segnalino rosso sulla testa.
Non si fermava, svuotava i caricatori e li ricaricava senza pausa, e li svuotava di nuovo.

Per lui era una sorta di svago, un sano passatempo per passare il tempo... o tenere a bada lo stress.
In mano impugnava saldamente una pistola Makarov, segnata dal tempo ma perfettamente funzionante.
Lungo il carrello dell'arma vi era incisa la frase "Зніміть безпеку" mentre alcune parti metalliche presentavano una lieve presenza di ruggine.

Gli spari andarono avanti per almeno un'ora, quando una nuova figura aprì le porte principali della struttura e si avvicinò di soppiatto al pistolero, ancora concentrato nello sparare ai bersagli accanto, ad altri tiratori divisi da una piccola barriera di vetro, arrivando a pochi centimetri dalla sua schiena.
Subito lo prese alle spalle e cercò di immobilizzarlo, ma lui non sembrava affatto il tipo che si lasciava paralizzare in quel modo, e con una combo di mosse, spinse l'aggressore e lo fece cadere con uno sgambetto, allarmando le altre persone accanto.

Dopo averlo fatto cadere, si avventò su di lui per finirlo con un pugno, allungandolo in direzione del viso e stendendo il braccio, dandosi la spinta per colpirlo, ma prima che il colpo potesse raggiungerlo, il tiratore guardò il viso dell'assalitore e lo riconobbe: aveva un viso lungo, con qualche ruga sul viso e due occhiaie abbastanza profonde, ma non gonfie, come se avesse spalancato allungo gli occhi.

Vedendo quel volto, il pugno a mezz'aria che aveva rivolto verso l'individuo si sciolse, e il tiratore sbuffò imperterrito, ma comunque sorpreso, dopodiché commentò ironico.
"Quando la smetterai di cercare di incularmi, Julius?!"
Si abbassò e lo aiutò a rialzarsi.
"Fino a quando non ci riuscirò!"
"Non cambi mai!"
I due si diedero fraternamente una stretta di mano vincente, il tiratore si tolse le cuffie anti-rumore e i due si misero a parlare accanto ad un distributore automatico.
"Antony, finalmente ci siamo!"
Ecco chi era l'uomo strano abile nel tiro e nel combattimento.
Antony, rifacimento all'inglese del nome Antonin, un militare di natura, ucraino. Un tipo in grado di farti saltare la testa solamente guardandoti e mimando il gesto di una pistola.
Era stato forgiato dalla guerra in Ucraina, tra il fango, le
bombe, le grida dei cannoni e dei soldati; una promettente carriera da medico stroncata da una guerra che i medici li voleva in prima linea, a combattere...
Un'esperienza drammatica, che porterà con sé per tutta la vita, sotto forma di cicatrici... e ricordi.

In quella guerra perse molti amici, compagni, molti parenti, e perse sopratutto la sua vita, cioè la gioia, la voglia di vivere. Tutto il suo mondo crollò, e si portò appresso quelle ferite - sia fisiche che emotive - in America, e ne uscì distrutto, frustrato.
Era destinato a passare il resto della sua vita spiaccicato sul balcone di un bar, consolato solamente dall'alcol, per poi ricevere una sepoltura di comodo una volta morto ed essere dimenticato da tutti, con un nome illeggibile ed estraneo inciso in un cippo consumato e piegato dal vento, in cima ad una rupe sperduta...

Ma il Destino aveva altri progetti per Antony: Julius presentò il suo curriculum alla NASA, i suoi precedenti medici e militari furono notati, e gli fu proposto di partecipare al Programma Asimov, di cui Julius faceva già parte, e Julius stesso incalzava Antony per far sì che si unisse anche lui.
Alla fine decise di accettare, nel ruolo di medico di bordo e primo ufficiale, ed eccolo lì, a far scoppiare degli ultimi spari prima di iniziare l'epopea.
I due erano grandi amici, si conoscevano da molto tempo, e Julius non poteva permettere che Antony sprecasse la sua vita a bere ai margini della strada; con impegno, lo ha aiutato a superare - almeno in parte - la depressione, e vivere più serenamente, anche se mentre parlava con gli altri, mentre andava a qualche festa o si divertiva - cose molto rare in realtà - non riusciva a non pensare al fatto che in quel momento la guerra nel suo Paese continuava, senza tregua, a spezzare vite e sorrisi, accompagnato anche da continui flashback e incubi riguardanti il conflitto...

"Allora, An, passi il tempo così?" chiese Julius.
"E come dovrei passarlo?"
"Non saprei, magari facendo un giretto all'aria aperta, una partitina a pallacanestro o una seduta in palestra, che ne so!"
Antony scoppiò a ridere.
"Haha! Con tutti gli esercizi che ho dovuto fare durante l'addestramento, se provo a fare soltanto una flessione scoppio come se fossi un cazzo di peluche! Mi escono tutte le budella, blah!"
I due si misero a ridere insieme, come due fratelli, mentre si stappavano delle lattine di birra.
"E dimmi Julius, come ti hanno accolto ieri sera?"
Julius non ci arrivò subito, e lo guardò perplesso, ma quando Antony si mise a parlare, iniziò a capire...
"Uhm?"
"La famiglia, intendo..."
Antony non sapeva cosa fosse successo, quindi era ovvio che si dimostrasse ingenuo e ancora ignaro dell'accaduto.
Julius tentennò, ma si fece forza e rispose, mentre sorseggiava la birra assieme al compagno.
"Una merda... Ho litigato con Carol, pesantemente, e non so nemmeno cosa abbiano potuto pensare i miei figli in quella situazione! È normale che una madre trovi il coraggio di litigare così difronte ai figli? Le ho fatto davvero così tanto male?"
Antony, nel suo modo piuttosto rozzo, cercò di consolarlo.
"Mah! Guarda, una donna è come un cannone: ha grande impatto su di te, e inserire il colpo in canna ti piace pure..."
Julius si mise a ridere, facendo cadere gocce di birra per terra.
"Usarlo ti piace, finché a causa del tempo non ti scoppia in faccia..."
Antony accompagnò il divertimento di Julius ridendo assieme a lui.
"Ah beh, paragone un po' contorto, ma ha senso!"

Dopo un po', Julius e Antony tornarono seri, e iniziarono a discutere in modo pensieroso sulla loro missione... o almeno ci provarono!
"Sai, chissà cosa ci riserverà quel dannato pianeta..." pensò Julius, poi continuò.
"Se penso che questa dannata missione ha già spaccato la mia famiglia ancor prima di cominciare..."
"Io non ho nulla da perdere, e lo sai meglio di me. Sinceramente, preferisco morire spiaccicato sulla crosta marziana anziché sul ciglio di qualche marciapiede! Nessuno mi piangerà!"
"Io ti rimpiangerei!"
"Ma se muoio durante l'atterraggio, muori pure te!"
"Non è detto che dobbiamo per forza saltare in aria, eh! Magari mentre atterriamo ti spacchi la testa e muori di emorragia!"
"Sempre positivo, comandante!"
Il clima ritornò sereno e scherzoso, come prima, e si dimenticarono della missione, visto che quell'argomento era abbastanza pesante e difficile da affrontare; i due ufficiali decisero semplicemente di lasciare tutti i discorsi sullo spazio una volta lasciata la Terra. Una volta su, sarebbe venuto tutto spontaneamente!

Il duo gettò nel cestino le birre, e Antony mise la sua pistola nella valigetta di sicurezza.
Julius si stiracchiò soddisfatto, e pronto all'azione, prese coraggio; coraggio di dire la frase chiave...
"Bene subcomandante, andiamo?"
Antony sospirò e anche lui si fece coraggio.
"Pronti a partire!"
Julius lo guardò e gli diede amichevolmente una pacca sulla schiena.
"Bene..."
Sbuffò e mosse lentamente la testa in su e giù per qualche secondo.
"Andiamo..."

Il comandante scortò il veterano fuori dal poligono di tiro, facendolo salire sulla sua BMW.
Entrambi erano pronti. Mancavano ancora un paio di giorni, ma si trovavano a pochi chilometri dal mezzo che li avrebbe trasportati verso Marte.
Non si tornava più indietro: famiglia o non, Marte attendeva...

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