Destinazione civiltà

Un bip insistente sopraggiunse da una spia a intermittenza posta nei comandi del rover, svegliando Erik, che era steso privo di sensi sopra al volante.
Erik respirò affannosamente e si guardò attorno scosso. Con le poche forze che gli rimanevano scivolò dal veicolo, cadendo sul terreno roccioso.
"Santo Kubrick... che male."

Gli altri suoi compagni erano tutti a terra, ansimanti, cercando con tutte le energie di rialzarsi e continuare la missione.
"Mio signore! Che cazzo è successo?" - disse spaesato Antony.
"La... la tempesta ci ha completamente disorientati... state bene?" - gridò Victor.

La squadra si prese il tempo per ricongiungersi e ristabilire forze. Il paesaggio, prima tormentato dalla sabbia, era sempre ardente e aspro come prima, soltanto con qualche duna in più.

Julius fissò i suoi sottoposti, ancora affaticato e scosso.
"Ok squadra, riprendiamoci... Victor... controlla la nostra posizione, Antony ispeziona il carico, Erik, Henry, controllate il motore, io cerco di mettermi in contatto col QG."
I ragazzi obbedirono e si recarono alle rispettive postazioni, ma Henry, non appena si voltò per raggiungere il motore, notò in lontananza un grande palo in acciaio, coperto da alcune montagne ma alto abbastanza da rendere visibile il faro dalla luce verde posizionato in cima, e capì.

I suoi occhi si spalancarono come se avesse visto Gesù Cristo in persona, e non poté far altro che gridare.

"La base!! La base!! Siamo vicini!!"
La squadra lo raggiunse immediatamente e scrutò l'orizzonte.
"Sì, è proprio quella! Se la vediamo, vuol dire che dista meno di un chilometro!" - urlò Victor.

Allora gli astronauti si precipitarino sul rover pronti per superare le alture.

"Abbiamo ancora un goccio di carburante, dovremmo farcela!"

Ripartirono immediatamente superando una salita frastagliata di rocce e fenditure, ma riuscirono ad arrivare fino ad un ampio territorio pianeggiante e finalmente avvicinarsi alla base.
La base era composta da un insieme di strutture miracolosamente rimaste intatte dalla sabbia: vari impianti fotovoltaici, moduli adibiti ad un compito preciso, tutto collegato attraverso tunnel d'acciaio ad una struttura a cupola molto estesa che fungeva da abitazione e centro di controllo, il nucleo principale di Foundation Site.

Gli astronauti guidarono fino ad un piccolo box separato dal resto dei moduli, grande abbastanza per contenere il veicolo con lo spazio e le attrezzature necessarie per le eventuali riparazioni.
Il portone in acciaio si aprì, e gli astronauti guidarono dentro. 

Piano piano gli astronauti scesero dal veicolo, alquanto stanchi ma galvanizzati dall'impresa.

Antony ispezionò brevemente la stretta struttura, dando un'occhiata agli attrezzi che erano inseriti in contenitori fissi, per poi accedere ad un pannello digitale e controllare lo status della struttura.
"Ok, tutto sembra in ordine."

La squadra si diresse all'esterno, ancora incredula di essere arrivata sul pianeta rosso.
Antony avvicinò il palmare collocato sul polso al viso e lo sincronizzò con il box, per poi chiudere attraverso un tocco sullo schermo la porta.

Erik si sentì in vena di battute, anche in quella situazione. Si avvicinò sorridente ad Antony e gli mise una mano sulla spalla.
"Signori e signore, ecco a voi la tecnologia americana al suo splendore! Cose che in Ucraina vi sognate!"

Antony sorrise ma non ci fece troppo caso, non vedeva l'ora di entrare nel nucleo abitativo nonché cuore strategico della base, così come gli altri.
La squadra si mosse subito verso l'entrata, una normale porta blindata e sigillata, che portava ad una camera di depressurizzazione.
Julius accese il terminale a fianco e inserì il codice di accensione.
Una volta terminato il sibilo la porta si aprì e gli astronauti entrarono uno alla volta.
La porta dietro di loro si richiuse e la camera sibilò ancora una volta, per adeguare la pressione della camera con il resto della struttura e rilasciare l'ossigeno per respirare.

Non appena il segnale fu dato, gli astronauti si tolsero i caschi e la tuta, sentendo finalmente una completa sensazione di libertà e leggerezza dopo mesi passati su un razzo con una tuta ingombrante addosso.
Alcuni caddero a terra, in lacrime, doloranti, finalmente la terra ferma.

Finalmente Marte.
Iniziava una nuova era.

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