Atto II: "Odissea nello spazio" Ascensione

«La Terra è la culla dell'umanità, ma non si può vivere per sempre in una culla» (Konstantin Ėduardovič Ciolkovskij)

Una volta finita la mega intervista, i giornalisti si dileguarono e si piazzarono all'esterno, accanto al sito di decollo, dove già migliaia di persone si erano radunate per assistere al lancio della Columbus, o come la chiamava l'Internet, "Mars dynamite", o "Icaro", con intenti tutt'altro che celebrativi.
Attorno al sito di lancio vi era una folla che si disperdeva per chilometri; tende e stracci occupavano il resto dello spazio. Erano le baracche improvvisate e i picnic dove le persone più fanatiche si erano rannicchiate per tenersi il posto e vedere da vicino il lancio della bestia d'acciaio. Oltre ai cronisti e cameraman, vi erano scienziati rimasti fuori dal progetto, ricercatori, ingegneri, professori di scienze, semplici cittadini curiosi e i contadini della zona, che per anni dovettero sopportare il rumore della costruzione del cosmodromo Vanguard e dei test missilistici.
Molta gente si era stabilità lì da giorni, visto che al momento del decollo non ci sarebbe stato più posto. Insomma, peggio di quando esce il videogioco del secolo o quando aprono un ristorante di lusso in pieno centro.

La squadra intanto si concesse qualche minuto per riprendersi dalle interviste e raggiungere il blocco "L" - banalmente, il blocco di lancio -, dove si trovava un'immensa torre metallica che collegava una passerella all'esterno dell'astronave, coperta da numerose tende e ganci.

Si fecero le 6:20, e gli astronauti raggiunsero il blocco di lancio del cosmodromo: un'enorme specie di hangar metallico coperto che si trovava ai piedi della torre d'imbarco. Persino la torre fu etichettata con un soprannome, a tratti dispregiativo: "Hell's Gate", la porta per l'inferno.
Ma ufficialmente, la torre fu ribattezzata "Stargate", in onore del vecchio film fantascientifico di Roland Emmerich e Dean Devlin.

Il Team Asimov si riunì in una stanza di 100 metri quadri fatta d'acciaio, dove una decina di persone in tuta da ingegnere maneggiavano dei computer e controllavano varie apparecchiature.
In fondo alla stanza si trovava un'enorme corridoio che conduceva all'ascensore.
Alla sola vista di quel posto gli astronauti rabbrividivano.

Ad attenderli vi erano Jim e Foster, che stavano discutendo di "affari" con un emissario del governo. Sembravano molto tediati dal misterioso figuro in giacca e cravatta. Come se il federale stesse impartendo loro un monito, o un ordine.
Ad ogni modo, una volta notati gli astronauti, il governativo sfrecciò verso l'uscita, lasciando Foster e Bridestine ammutoliti.

Julius si allontanò dal gruppo e si mise a parlare con i due boss, mentre il team se ne rimaneva immobile ad osservare.

"Non si torna indietro." - avanzò Julius.
Foster non era in vena di parlare, e in quel momento dimostrò tutto il suo pessimo carattere.
"Ascoltami, tu non mi sei mai piaciuto, Julius..." - disse Foster con rabbia.
"Dovrebbe sorprendermi?" - commentò Julius.
"Esatto, anche per questo! Tu e i tuoi siete solo dei poppanti che indossano dei costumi da adulti in una cazzo di festa in maschera! Non dovevate partecipare a questa operazione, ma ringraziate che vi siano persone in alto che serbano piani per l'umanità che vanno oltre la vostra comprensione!"
La faccia di Julius si irrigidì, così come la sua voce, e capì che quell'uomo era lì per qualcosa, qualcosa di importante.
"È stato il federale, vero?"
Foster lo guardò con sprezzo e si mosse per andarsene.
"Cosa ti ha detto?" - domandò.
"Non sono affari tuoi!"
Julius si innervosì di più, lo prese per la spalla e rifece la domanda con voce più rigorosa.
"Che cosa ti ha detto?!"
"Nulla che ti interessi!"
Foster ritrasse la spalla e si rimise in moto, ma Julius non si scoraggiò e lo seguì, mentre Jim li guardava ansioso.
"Non credo che quell'uomo abbia fatto gli auguri di buon viaggio, James! Era qui per qualcosa, e sono sicuro che noi ci siamo in mezzo fino al collo!"
Foster si fermò di colpo infuriato e strattonò Julius.
"Non puoi capire, Julius. No, non puoi. E ora stammi alla larga o ti butterò nel modulo di propulsione e ti lasciò sciogliere nel plasma!"
Foster se ne andò definitivamente senza nemmeno fare gli auguri ai cosmonauti.

Julius tornò da Jim impensierito e irato.
"Che diavolo sta succedendo, Jim?"
Jim spirò, gesticolando a Julius di stare calmo.
"Ascolta amico, sono affari del governo. Il vostro compito è andare su quel cazzo di pianeta, nient'altro. Chiaro?"
Julius non sapeva più cosa dire: era inutile continuare.
Annuì e stese la mano verso il collega.
"Va bene, ma almeno augurami buona fortuna, Jim."
Jim strinse la mano di Julius con sicurezza.
"Non hai bisogno di fortuna. Ce la farai!"
I due riposero le mani.
"Ma andiamo Asimov, è il momento!"

Jim chiamò a raccolta gli astronauti e strinse la mano ad ognuno di loro, poi li salutò.
"Ora mi dirigerò al centro di comando per supervisionare l'operazione di lancio, il capo ingegnere vi dirà cosa fare! Ci sentiamo tra poco!"
Jim se ne andò, e il suo posto fu preso dal capo del reparto ingegneria, tale William, grande amico di Erik.

William strinse la mano ai cinque, sopratutto ad Erik, e diramò la procedura con grinta.
"Ok ragazzi, stiamo rimuovendo l'ultimo telaio del pannello solare. L'ascensore è pronto e il sangue mi sta arrivando fino al cervello! Quindi sbrigatevi a partire o perderete il vostro capo ingegnere!"
Il Team Asimov si allineò in fila lungo l'entrata del corridoio, e aspettò il segnale.
Mentre attendevano, potevano sentire i rumori dei meccanismi e gli echi di migliaia di ingegneri lavorare assiduamente.

William si piegò verso un'interfono e contattò il centro di comando.
"Comando, qui blocco L, procedura preliminare completata. Chiediamo il permesso per imbarcare l'equipaggio."
Una voce dalla radiolina rispose quasi immediatamente.
"Qui comando, permesso accordato."

William si sollevò e batté le mani ripetutamente, entusiasta.
"Forza Asimov, si vola! All'ascensore, forza, forza, forza!" - gridò.

La squadra si mise a camminare velocemente verso l'ascensore, mentre una minicamera più avanti filmava la loro storica camminata.
I cuori battevano forte, si tremava e si sudava.
Ad Henry scivolava persino il casco dalle braccia.

La squadra arrivò fino all'ascensore.
La porta scorrevole si aprì, e in un lampo la squadra vi entrò.
Una volta richiusosi, l'ascensore scricchiolò, fece sbalzare gli astronauti e salì sempre più in alto.

Oltre al caldo che faceva lì dentro, la tensione era alle stelle. Erano tutti preoccupati.
"Dio che ansia." - disse Erik.
"Shhh, zitto, zitto! Fa' silenzio!" - supplicò agitato Henry.
"State calmi, state calmi. Siate come me." - disse Victor.
"In questo momento essere come te non sarebbe la soluzione!" - rispose Antony. 
"Però ha ragione, state calmi!" - ordinò Julius.

L'ascensore intanto stava ancora salendo, oltre i 50 metri.
"Ragazzi, spero che questo ascensore non sia lo Space Vertigo di Gardaland, altrimenti la nostra avventura finirà qui!" - ironizzò ancora una volta Erik.
"Garda che?!" - urlò Antony.
"Sta' zitto Erik!" - ribadì Julius.

All'improvviso, l'ascensore si fermò: aveva raggiunto la destinazione.
La porta si aprì e lo sportello d'entrata della nave si intravide.
Una voce li raggiunse dall'interfono: era William, che voleva incoraggiarli.
"Avanti, la passerella è sicura! Buona fortuna!"
La squadra allora attraversò la passerella metallica a testa alta, di certo non perché si sentivano sicuri, bensì perché non volevano guardare il paesaggio.

Lì, in aria, gli astronauti potevano vedere tutto il panorama, e sentire il vento e il suo fragore, che sembravano far traballare la passerella.
L'entrata dell'astronave era stata appena aperta, e gli avventurieri ci si infilarono dentro. Era grande quando una botola, e gli astronauti dovevano entrarvi uno a uno.

I cinque Asimov passarono tra piccoli condotti e scaline d'ogni sorta, cercando di stare attenti a non colpire tubi e apparecchi di prossimità, fino ad arrivare al ponte superiore, ancora più alto.
Era uno spazio abbastanza ampio e con dei grandi sedili pieni di cinture e lacci, rivolti verso le finestre di prua, del tutto uguali a quelle presenti nella cabina di guida di un aereo di linea.

Ognuno si sedette al proprio posto: Erik davanti a sinistra, ai comandi; Julius a destra come comandante; Antony dietro a sinistra e Victor a destra, come semplici passeggeri. Henry era al centro, dietro a tutti.

Erik accesse i sistemi di comunicazione e Julius confermò l'imbarco col comando.
Jim rispose, e diede le istruzioni.
"Ok, qui centro di comando, vi riceviamo. Avviare procedura di lancio!"
Nel centro di comando vi erano una cinquantina di persone che gestivano una serie quasi infinita di computer, mentre Jim, Foster e altri osservavano l'enorme schermo che proiettava tutto il necessario, dalle informazioni strutturali fino alle immagini.

I cinque esploratori si misero il casco e si allacciarono per bene ai sedili.
Erano tutti tesi, sia per le cinture estremamente strette e sia per il momento particolarmente snervante.
Erik nel frattempo schiacciava pulsanti e attivava i sistemi.

Julius poi tirò dal taschino un pezzo di carta malconcia inserito in una bustina di plastica e lo attaccò sul pannello sopra di lui: era il disegno che i suoi figli avevano fatto qualche giorno prima.
L'aveva messo lì come portafortuna, per far sì che tutto andasse bene.
E ne avrebbe avuto bisogno, visto che i rischi da lì in poi sarebbero stati onnipresenti.
Ma non si portò quel disegno solamente per attirare la fortuna, ma anche per guardarlo durante una possibile crisi e ritrovare la speranza; per ricordarsi che tutto quello che stava facendo aveva una ragione più grande.
Sarebbe servito? Chissà.

Ma il tempo non si fermava, e il lancio era imminente.
Il canale radio non stava zitto nemmeno un secondo.

"Qui missione. Sistemi interni attivati e nella norma. Sportello sigillato, pressione stabile, energia ok."
Questo doveva dire Erik, colui che in quel momento aveva il compito più difficile di tutti. Doveva controllare ogni minimo parametro e riferirlo alla svelta al centro di comando. Una minima svista poteva compromettere il lancio, quindi  ricontrollava più volte gli indicatori per non tralasciare niente.

Stessa cosa per gli operatori della NASA, anche loro stressati e tesi come delle corde. Da lì in poi parlarono soltanto gli operatori.
"Sistemi di puntamento ok, computer ok."
E si aggiungevano altre voci.
"Sistemi di beccheggio e rollio ok, moduli ok, carburante ok, strumenti ok."
"Ok, qui 1-3, GLS* attivato."
"Qui controllo, tutto nella norma. Via libera per l'accensione del vettore Valkyrie."

"Oh sì, baby!" - gridò euforico Erik.
Julius diede forza ai suoi uomini.
"Si comincia, signori! Tutti pronti per il
grande ballo!"

"Accensione motori!"
Dai piedi dell'astronave fu rilasciata una gigantesca coltre di fumo e plasma che oscurò tutto ciò che si trovava in basso.
La squadra sentì i motori accendersi e la struttura traballare e vibrare sempre più velocemente.

"Qui controllo, nessuna traccia di gas stagnanti. Tutto nella norma."
"Booster ok!"
"Razzi laterali ok!"
"Conto alla rovescia!"
Il cuore di tutti, astronauti e ingegneri, spettatori e osservatori, iniziò a battere senza mai fermarsi.
Era il punto di non ritorno.

Ma prima che l'operatore potesse iniziare il conto alla rovescia, dagli altoparlanti della nave iniziò ad echeggiare una melodia che si faceva sempre più intensa e riconoscibile.
"10."
"La cavalcata delle valchirie?" - domandò perplesso Henry.
"9."
"Signore, stiamo sentendo un rumore di sottofondo insolito..." - riferì un operatore NASA rivolgendosi a Jim. Tutti quanti rimasero sbigottiti.
"Missione, che sta succedendo?" - chiese furibondo Jim.
"8."
Fu Erik a rispondere:
"Ops, mi sono scordato di dirvi che ho collegato l'album musicale al timer del computer di bordo. Sapete, per fare scena!"
"7."
La squadra ridacchiò, mentre la celebre composizione di Wagner si faceva sempre più intensa. Jim si sedette e iniziò a ridere pure lui.
"6."
"Spero che siate andati in bagno prima!" - scherzò Antony, agitato come non mai.
"5."
Tutti si misero a pregare e sperare che il lancio avvenisse completamente.
Tutti gli operatori erano in piedi e rigidi, con le facce incollate allo schermo.
"4."
"3."
"2."
Gli astronauti si strinsero forte e chiusero gli occhi.
"Inizia la cavalcata!"
"1."
"Lancio! Lancio! Lancio!"

La nave smise di traballare e tutto si fermò per un singolo istante, che per tutti sembravano interi minuti.
Tra sudore, sospiri e battiti, gli astronauti sentirono come se stessero cadendo nel vuoto, dopodiché, sbalzarono furiosamente in aria, e la navicella si sollevò in pochi istanti, sprigionando fiamme da tutte le parti, mentre tutto il mondo la fissava a mezz'aria, stupefatto da come una navicella di quelle dimensioni potesse alzarsi da terra come una piuma.
Dopo pochi secondi, la nave salì ancora più in cima e si inclinò, fino ad oscurare parte della struttura e tagliare a metà il sole, per poi ricoprirlo interamente.
Gli spettatori videro il velivolo diventare totalmente scuro e circondarsi di una sagoma lucente che lo faceva apparire come una sorta di oggetto divino, intriso di solennità e di magia.

Ma dentro la Columbus, nulla era così: in pochi secondi la navicella aveva raggiunto i 2 g, e l'alta velocità aveva letteralmente fatto affondare le schiene degli astronauti nei sedili.

"Velocità attuale: 1.6000 chilometri orari, in costante accelerazione. Altitudine: 11 chilometri."
Jim, gonfio di entusiasmo, contattò i suoi viaggiatori.
"Asimov, Asimov! Tutto bene?"
Julius fece fatica ad aprire la bocca, ma riuscì a dire qualcosa, striminzito.
"A... mera...viglia..."
"Perfetto! I booster del primo stadio hanno esaurito il carburante, ora lo sganciamo! Reggetevi!"
"Avvio rilascio del primo stadio."
"Preparatevi, ora ci sentiremo 3 volte più pesanti, ma solo per qualche secondo, quindi niente panico!" - urlò Victor.

La parte inferiore del razzo iniziò a smettere di rilasciare fiamme e in un millisecondo si sganciò dalla nave, e contemporaneamente si attivarono i propulsori secondari, spingendo la nave ancora più velocemente.

"La Columbus ha raggiunto i 3,5 g. Nessun problema rilevato!"
"Jim batté le mani e incalzò.
"Sì, avanti così!"

Intanto, all'interno della Columbus gli astronauti iniziarono a parlare per cercare di intrattenersi.
"Allora, tra quanto esplodiamo?!" - ironizzò Erik.
"Se continui, spero presto!" - rispose Victor, mentre traballava con forza.
"Dannazione, possiamo spegnere questa dannatissima radio?!" - chiese infuriato Antony.
"Spiacente, è collegato al computer. Quando la procedura di lancio sarà terminata la musica cesserà! Non capisco cosa abbiate contro questa opera d'arte!" 

"Qui comando, rilasciamo il secondo involucro, state attenti!"
Il secondo stadio terminò il carburante e fu rilasciato, e il terzo e ultimo propulsore vettoriale si attivò, stavolta ad una velocità maggiore.

"Velocità: 12350 chilometri orari. Altitudine: 230 chilometri."
"Ci siamo quasi, ragazzi! State raggiungendo l'orbita! Mancano 4 minuti."

"Ehi ragazzo, tutto apposto?" - domandò Julius ad Henry, che se ne stava ancora con gli occhi chiusi.
"Ehm, ehm, forse..."
"Non ti preoccupare, siamo quasi arrivati!"
Nel frattempo, Antony continuava ad imprecare.
"Avanti lattina, avanti!"

All'improvviso, le gambe degli astronauti iniziarono a sollevarsi dal pavimento, e i loro corpi furono attraversati da solletichi.
"Cosa sta succedendo?" - chiese esterrefatto Henry.
"Mi sembra ovvio." rispose Erik.
"Siamo in orbita!" - confermò Victor.

Dalla radio partirono delle interferenze, poi la voce si fece nitida.
"Missione, qui comando. Mi ricevete?"
"Forte e chiaro!" - rispose Julius.
"Perfetto! Benvenuti nello spazio!"

Il terzo e ultimo stadio si staccò dalla navicella e i propulsori principali si attivarono.

Nel centro di comando ci fu un esplosione di felicità, di gioia e applausi, ma tutti sapevano che era troppo presto per festeggiare.
Jim si complimentò con tutti e poi ritornò pacato.
"Avete raggiunto lo spazio, complimenti. Ma ora, ecco cosa dovrete fare: dovrete effettuare  un giro di assestamento per indirizzare la Columbus verso la rotta del Deep Space Gateway, attraccherete nella stazione, imbarcherete i rifornimenti e da lì, vi dirigerete su Marte. Ricordate l'addestramento, ragazzi!"

La cavalcata delle valchirie terminò, e gli astronauti poterono slacciarsi dai sedili. Si diedero una leggera spinta con le braccia e cominciarono a fluttuare come delle foglie durante una folata di vento. Una sensazione davvero strabiliante.

Erik si mise a controllare tutti i sistemi.
"Ok, tutto apposto, nessun danno. Pressurizzazione iniziata. Sistemi vitali attivati. Guida automatica impostata. Al mio segnale, potrete rimuovere il casco... Ora."
Gli astronauti rimossero il casco, sospirando, ancora visibilmente eccitati.

Henry non ebbe la forza di alzarsi, e ancora tremava.
"Cristo, che mal di testa."
"Riposatevi, signori. Ci aspetta una viaggio lungo." - disse Julius, ma poi aggiunse altro.
"Ragazzi, è una missione importante. Siete la miglior squadra che abbia mai avuto, non deludetemi!"
I suoi sottoposti annuirono.

Julius poi notò il disegno che aveva appeso prima. Stava fluttuando tutto stropicciato.
Lo raccolse e lo mise nella tasca.

Eccoli, che finalmente abbandonarono il pianeta.
Subito si misero a fissare gli oblò e ciò che lasciava intravedere: tutto oscuro ma ricco di stelle, come una camera buia dove la luce si concentrava soltanto al centro: e ora, come un lampo, Julius, Antony, Henry, Victor ed Erik si sentivano al centro di quella luce, al centro dell'universo, come se tutte le stelle sorridessero soltanto a loro. Come se fossero i padroni degli astri.
Rimasero incantati dalle miriadi di puntini lucenti, e da quel profondo nero intoccabile e deprimente.
Lo spazio era proprio bello.


*GLS: Ground Launch Sequencer, software avanzato utilizzato per arrestare la sequenza di lancio in caso di problemi.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top