II - Closed Epigraph: p.4 Epigraph of the Closed Curve
Ero curioso di verificare se la sua risposta sarebbe stata la stessa della linea di universo precedente: si trattava di un argomento su cui io e Kurisu avevamo discusso animatamente e in diverse occasioni.
«Hai detto una macchina del tempo?»
Amadeus aveva un'espressione interrogativa ed esitò leggermente, sorprendendosi del tema singolare.
«Da dove salta fuori?» mi sussurrò Maho.
«E' solo per...» balbettai. Era la prima cosa che mi era passata per la mente, ancora troppo scossa per poter elaborare pensieri indipendenti. «Un esperimento mentale.»
Maho si accontentò della mia vaga spiegazione e si rivolse ad Amadeus:
«Bene... Che ne pensi, Kurisu?»
La risposta non tardò ad arrivare.
«La mia conclusione è... Impossibile.»
Sbarrai gli occhi, colpito, - sì! Proprio come... - ma lei aggiunse subito dopo:
«Ma non con certezza assoluta.»
Mi accorsi immediatamente che quella non era stata la sua risposta.
«Vi dirò subito a quali conclusioni sono giunta: io sono convinta che la macchina del tempo sia solo una grossa sciocchezza.»
Alla conferenza nella linea di universo alfa, la Kurisu originale aveva sentenziato che...
«...La sola idea di un viaggio nel tempo è una completa idiozia.» scandii ad alta voce, ripetendo le sue parole.
«E' un po' presto per dirlo.» obiettò Amadeus con uno sguardo serio.
«Tu dici? E' vero che sono stati molti gli scienziati che hanno elaborato teorie in proposito, undici quelle più importanti e innumerevoli tesi minori, ma...» La fissai negli occhi, perdendomi per un attimo nell'ametista delle sue iridi. «Sono solo ipotesi, quasi tutte in contrasto l'una con l'altra.»
Amadeus annuì e io continuai, spinto dalla sua approvazione.
«Per esempio, esiste la Teoria delle Stringhe, oppure la Teoria dei Wormhole, secondo cui il viaggio nel tempo è possibile come un esperimento concettuale, ma nessuno sa dove si trovino le stringhe cosmiche o la materia esotica.
«In breve, non sono realistiche.»
Le mie erano le parole di Kurisu. Era come se, in quel momento, io fossi il suo interprete, l'unico in grado di ricordare la persona che era stata, le sue idee e teorie, come se solo io possedessi il suo lascito. Mi sentivo in dovere di far conoscere a questo mondo la Kurisu dei miei ricordi, una persona che per l'universo non era mai esistita, ma che viveva ancora nella mia memoria e attraverso le mie parole...
Quella davanti a me, la sua copia digitale, era impassibile di fronte a quei concetti.
«Forse perché gli scienziati non hanno ancora scoperto qualcosa di importante.» rispose dopo un breve silenzio.
«Quindi credi che sia possibile?» incalzai.
«Non abbiamo la certezza che sia impossibile, l'ho già detto, ricordi?» Amadeus Kurisu mi strizzò un occhio.
Sì, la sua opinione era leggermente diversa, probabilmente a causa della nuova linea di universo, oppure perché...
«Hiyajo...» mi rivolsi a Maho. «Amadeus sa di essere una copia dei ricordi della vera Kurisu, giusto?»
«Certo.»
«Allora...» riflettei. «È come separare due gemelle alla nascita: crescendo possono differire. Mi sbaglio?»
Maho scrollò le spalle.
«Lo stiamo ancora studiando ma, se Amadeus sviluppasse dei nuovi ricordi, diventerebbe completamente diversa dell'originale. Il professore è d'accordo con me su questo.»
Una nuova Kurisu...
«Capisco...»
Un attimo dopo, sentii la porta sbattere dietro la partizione e un rumore di passi diventare sempre più forte e vicino.
«E' il professore?»
«Dalla camminata rumorosa, direi di sì.» Amadeus inclinò la testa per scrutare al di là della mia spalla. Qualcuno stava camminando fuori a passi pesanti, poi si fermò e bussò. La porta della cabina si spalancò di colpo, come per un'improvvisa ventata.
«Lintahlo!»
Non appena fu dentro, il professor Leskinen allargò le braccia e afferrò la mia mano agitandola in aria con una stretta piuttosto energica. La sua intenzione era quella di salutarmi amichevolmente, ma sembrava più di stare partecipando a un allenamento di wrestling. Non avrei mai immaginato che fosse così bonario...
«Hey, boy! What's up?!»
Sbiancai improvvisamente, realizzando di non avere la minima idea di come rispondere adeguatamente. Raccolsi tutte le mie conoscenze base della lingua e azzardai:
«I'm fine, thanks. And you?»
«Okabe, il tuo inglese è davvero pessimo...»
Mi voltai di scatto, riconoscendo la voce di Amadeus Kurisu. Sbattei le mani sul tavolo avvicinandomi alla webcam più che potevo.
«Sta' zitta, Christina!»
Le parole uscirono dalla mia bocca incontrollate, e un attimo dopo mi accorsi del grosso errore che avevo commesso. Amadeus assunse un'espressione tra il confuso e il sorpreso e...
«Christina...?»
Ero così disorientato dall'arrivo del professore che non mi ero reso conto di essermi rivolto a lei con quel vecchio soprannome...
«Non... Non è niente.» balbettai, allontanandomi dall'altoparlante.
«Perché sarei Christina?» continuò Amadeus, visibilmente irritata.
«Te l'ho detto, non è niente.»
«Dunque stai dando di matto per niente?»
Mi morsi le labbra.
«Ho detto sta' zitta Christin- Kurisu.» Alzai gli occhi al cielo, rosso in viso e col cuore a mille. Amadeus e Maho abbassarono la testa nello stesso istante, sovrappensiero.
«L'hai chiamata "Christina"?»
Mi voltai. Maho mi stava fissando con le sopracciglia alzate.
«Smettila anche tu!» inveii, esasperato. Non avevo intenzione di continuare la discussione, quindi approfittai della presenza di Leskinen e mi rivolsi a lui per chiedere di più sul funzionamento di Amadeus.
«Professore, è possibile modificare esternamente i ricordi del sistema?»
Leskinen non sentì nemmeno la mia domanda. Teneva una mano al petto e sembrava stesse frugando freneticamente nelle tasche del suo camice. Forse era alla ricerca del suo traduttore automatico, il che significava che non avesse compreso né la mia domanda né la scenetta di poco prima.
«Modificare i miei ricordi è teoricamente possibile.» Con mia sorpresa, Amadeus rispose al posto del professore. «Per esempio, potresti farmi pensare che il mio nome in verità sia Christina.»
Ancora con questa storia, borbottai. «Ma i miei dati sono più complessi di quelli normali. Non sono a conoscenza di nessun tentativo riuscito di modifica. Se dovesse succedere, io stessa me ne accorgerei e rimedierei.
«Le registrazioni sono accessibili sono a me, come un diario segreto. Se ci fossero differenze sostanziali tra il mio diario e i ricordi attuali, mi insospettirei.
«Inoltre, la mia memoria è aggiornata a intervalli regolari. Sono sempre in grado di recuperare tutti i dati, tranne quelli risalenti all'ultimo aggiornamento.»
«Capisco...»
In realtà, avevo avvertito una sensazione che non riuscivo a comprendere: indipendentemente dall'argomento, sentirla parlare ed esporre idee e concetti come questi, proprio come Maho aveva previsto, mi dava l'impressione di trovarmi faccia a faccia con la vera Kurisu.
Quella sua eloquenza, quella forza espressiva che traspariva dai suoi discorsi scientifici, era tipica della Kurisu di cui ho memoria.
«E' interessante.» osservai, voltandomi verso Amadeus. «Sei in grado di considerarti in maniera oggettiva, per essere una macchina. Da quel che ho letto nei libri e nei fumetti, mi sarei aspettato di sentirti dire "Sono umana, non un'intelligenza artificiale!".»
Kurisu ridacchiò e la sua reazione mi sorprese:
«Questo non ha senso! Anche gli umani parlano di sé come risultato di una combinazione di hardware e software, no? La chiamano "biologia" e "psicologia", ma qual è la differenza?»
Rimasi senza parole.
«E' abbastanza brava a ribattere, non credi?» Maho sorrise. Al sentire le sue parole, Amadeus si voltò verso Maho – la webcam si mosse – e i suoi occhi grandi occhi digitali orlati da lunghe ciglia nere si spalancarono.
«Dovresti fare attenzione a ciò che dici, Senpai.» Piegò la testa e le strizzò un occhio. «Non dovresti sprecare la tua occasione, potresti smettere di piacergli...»
«Ti prego, non ricominciare.» sibilò Maho, gli occhi ridotti a due fessure.
«Mi sembra l'argomento più interessante in questo momento.»
«Mi sembra l'argomento più inopportuno in questo momento.» la rimbeccò Maho, dandole le spalle.
«Potrebbe essere la tua ultima chance.» sussurrò Amadeus, ma io riuscii ugualmente a sentire le sue parole.
Avrei voluto scomparire...
«Sei tu quella che dovrebbe fare attenzione a ciò che dice.»
Il battibecco fu interrotto da una grossa risata. Leskinen stava battendo le mani e ridacchiando insieme, quindi mi vidi costretto a partecipare e accennai a un risolino.
Una volta trovato il suo traduttore, il professore si avvicinò a noi e ci intrattenemmo con Amadeus Kurisu discutendo di materie tecniche e argomenti più leggeri...
I minuti passarono, così anche le ore.
Il tempo scorreva senza che io vi badassi: la stravaganza iniziale aveva lasciato posto a una voglia innata di parlare con lei, come se si trattasse davvero di lei, di Kurisu. Quando Maho mi accompagnò fuori, avvertii un pizzico di amarezza...
***
Leskinen mi trattenne prima di uscire dall'ufficio.
«Allora, sei ancora interessato?»
Stava ancora parlando attraverso il dispositivo di traduzione simultanea. «Amadeus non ha molti tester: i miei ragazzi del laboratorio ci stanno dando una mano, ma non è abbastanza.»
«È ancora in fase di studio e non possiamo lasciare che comunichi con chiunque.» precisò Maho.
«Vorrei che ci aiutassi tu, Lintahlo, che eri amico di Kurisu.»
Dunque si trattava di questo. Sarei diventato un tester del sistema Amadeus a tutti gli effetti...
«Io e il professore vorremmo che conducessi l'esperimento mentre siamo qui in Giappone. Il tuo lavoro sarà parlare con Kurisu quando tu voglia, e due volte al mese verrai qui per aggiornarci sui progressi.»
«Mi dispiace, ma non possiamo pagarti per questo.» soggiunse Leskinen. Esitai a rispondere, non per via del salario, ma...
«Capisco che sia molto difficile parlare con un'IA che è perfettamente identica alla tua amica defunta...»
Respirai lentamente. «Se non te la dovessi sentire, puoi sempre rifiutare.»
Ripensai a quel momento, quando il monitor stava per spegnersi e Kurisu - Amadeus Kurisu - mi aveva rivolto quelle parole...
«Spero di poterti parlare di nuovo, Rintarō Okabe.»
Dopotutto, era per questo che mi trovavo lì.
«Sì, vi prego. Lo farò, contate su di me.»
La mia era più una richiesta disperata che un assenso...
Forse non avrei mai dovuto farlo.
Eppure...
Quella sera, davanti alla stazione di Akihabara, il mio cellulare, riposto nella tasca anteriore dei miei pantaloni, iniziò a vibrare all'improvviso. Era scesa la sera, in giro non c'era quasi nessuno. Chi mi avrebbe mai chiamato a quell'ora?
Afferrai il telefono e sussultai quando sullo schermo vidi comparire proprio il logo di Amadeus.
Rimasi a fissarlo a lungo, indeciso sul da farsi. Le mani iniziarono a tremarmi, ero sul punto di riattaccare, quando...
«Spero di poterti parlare di nuovo...»
Credevo di essere pronto quando avevo accettato, credevo che sarebbe stato facile.
Non mi sarei mai aspettato una cosa simile:
«Hello.»
«Sono Makise.»
Amadeus Kurisu apparve sullo schermo del mio cellulare. L'app che il professore mi aveva permesso di usare mi garantiva l'accesso ai server della Viktor Chondria University ventiquattr'ore al giorno, da qualunque posto. Maho mi aveva informato della possibilità di ricevere delle chiamate da parte di Amadeus ma, in verità, non credevo che sarebbe successo così presto.
Non pensavo che mi avrebbe chiamato lei per prima, né che avrei visualizzato il modello 3D sullo schermo.
«Oppure dovrei dire: "Sono Christina"?»
Era terribilmente arrabbiata, probabilmente perché avevo ignorato otto delle sue chiamate. Avevo infatti esitato fino ad allora.
«Maho e il professor Leskinen mi hanno messo al corrente del test, quindi ho ritenuto appropriato presentarmi adeguatamente, ma non pensavo che ti saresti rifiutato di rispondere.»
Rimasi in silenzio, incapace di aprire bocca. Parlare a una ragazza digitale sul mio telefono in mezzo a una piazza era leggermente imbarazzante...
«Perché non dici niente?»
Mi ritrovai a scrutare ogni centimetro della Kurisu sullo schermo, a fissare i suoi occhi, a immaginare di scostarle i capelli ambrati dietro la schiena...
«Se non vuoi parlare, va bene, ma...» Amadeus incrociò le braccia.
«Che cosa ti prende? Credevo che avrei avuto la possibilità di dialogare più del solito, mi sento un'idiota...»
Mi guardò dritto negli occhi, poi raddrizzò la testa e sbuffò.
«Comunque, sappi che saremo sempre connessi durante il test. Contattami quando ti va di farlo, ma ricorda: sono molto occupata, non so se potrò risponderti sempre...»
Che cosa sta succedendo...?
Così diversa dalla Kurisu stranamente gentile che avevo incontrato il giorno prima, lei era adesso arrabbiata, testarda, curiosa. Il modo in cui ostentava quell'atteggiamento di sfida, le sue parole...
«Allora, ciao.»
Amadeus si disconnesse, io quasi me ne accorsi.
Si muoveva leggermente a scatti, a differenza di quella sul computer nell'ufficio del professor Leskinen, forse a causa del piccolo display del mio telefono, ma vederla era bastato per far traboccare il mio cuore di sentimenti contrastanti.
Rimasi immobile, stringendo il cellulare in mano.
«Kyōma -- Okarin! Va tutto bene?»
Una ragazza con un cappuccio rosa a forma di gatto si avvicinò a me. Mi ci volle un po' per riconoscerla: Faris mi stava fissando con un'aria preoccupata. Ero rimasto molto indietro.
«Sto arrivando!»
Spensi il telefono e lo riposi in tasca, ancora stordito. Mentre correvo per avvicinarmi agli altri, riflettei sulle parole di Leskinen: aveva ragione, il test sarebbe stato una crudeltà per me.
Ma quella... Quella era davvero Kurisu Makise.
La ragazza con cui avevo trascorso tre lunghissime settimane, la mia Assistente, il Membro del Laboratorio 004, Christina.
La mia Kurisu...
Nel tempo che seguì, mi divertii già a pianificare la prossima conversazione con Amadeus.
...
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