I - Absolute Zero: p.2 Open the Missing Link


Alcune ore dopo, la convention stava andando avanti come previsto. Concluso il seminario del professor Izaki, la maggior parte degli studenti della mia università tornò a casa, ma io rimasi nei dintorni per ascoltare la conferenza della Viktor Chondria.
Mi diressi verso l'atrio con grande anticipo e scorsi Maho Hiyajo mentre usciva dalla stanza dello staff. Era con uno straniero, un uomo molto alto dal viso scavato e i capelli biondastri.
Alexis Leskinen non suonava come un cognome americano ma forse il professore, proprio come Kurisu, era discendente da immigrati.
Le loro espressioni erano alquanto serie, tanto che non potei fare a meno di origliare la loro discussione. Non riuscii a cogliere molto poiché parlavano in inglese ma, da quel che intuii, non doveva essere una chiacchierata di piacere.
Poi, una parola in particolare attirò la mia attenzione.

Makise.

Non capire la lingua era frustrante. Se avessi saputo prima che mi sarebbe servito, avrei partecipato a delle lezioni...
I due si diressero verso la sala d'aspetto per conferenzieri, che si trovava proprio accanto al teatro UPX.
Cercai di mettere insieme i frammenti della discussione che avevo ascoltato...

"Incendio nella casa di Kurisu", "la signora Makise sta bene", "rapina ", "la polizia ha rinunciato alle indagini", "perché c'era l'FBI?", "non ha senso"...
La casa di Kurisu? Forse quella in cui viveva in America?
Sua madre dovrebbe essere ancora all'estero... L'incendio era avvenuto lì?
Avrei voluto saperne di più...
Restai lì ad aspettare finché non iniziò la conferenza. A quel punto mi diressi verso il teatro.

***

Avevo immaginato una tale affluenza, a giudicare dalla folla diretta dentro, ma gli spettatori si dimostrarono più energici di quanto pensassi. L'atmosfera era molto diversa rispetto al seminario di Izaki, che era stato seguito principalmente da studenti che si trovavano lì per ottenere crediti. Il posto era quasi tutto pieno di scienziati e curiosi in cerca di informazioni sulla nuova tecnologia d'avanguardia.
I ricercatori della Viktor Chondria avevano pubblicato numerosi scritti su Science di recente e attirato in particolare l'attenzione dei media, motivo di tanta partecipazione.
Trovai un posto libero a un lato del teatro ma, appena riconobbi chi era seduto accanto a me, emisi un gemito soffocato.

Di nuovo tu.

Moeka Kiryū era lì, assorta nel suo frenetico digitare sulla tastiera del telefono, a quella velocità supersonica per cui si era guadagnata il soprannome "Shining Finger".
Con chi stava parlando? Non osai nemmeno immaginare, invece mi guardai intorno per cercare un'altra sistemazione.
Nello stesso istante in cui presi posto, il professor Leskinen raggiunse il podio, accompagnato da un'ondata di applausi. Quando però una ragazzina si accostò a lui, il battimani sbiadì in mormorii confusi. Maho doveva aspettarselo, infatti mantenne la stessa espressione concentrata quando afferrò il microfono e si guardò intorno come se quel teatro fosse casa sua.

«Ladies and gentlemen...»
Leskinen iniziò a parlare in inglese e, dopo aver fatto un cenno a Maho, lei prese a interpretare.

«Grazie a tutti per essere qui al mio seminario.» tradusse, «Il mio nome è Alexis Leskinen dell'Istituto di Neuroscienze della Viktor Chondria University. Mi occupo dello studio del sistema di elaborazione dei segnali neurali e della teoria sull'intelligenza artificiale.
«E io sono la sua assistente, Maho Hiyajo, ricercatrice dell'Istituto.»
Il professore smise di parlare e lei si presentò a sua volta. «È un piacere incontrarvi.» La platea rispose con altri mormorii, proprio come avevo fatto io quando l'avevo vista per la prima volta.
C'era da aspettarselo...

«Mi piacerebbe iniziare presentando alcune delle nostre ultimissime ricerche. L'argomento di oggi è la 'Rivoluzione dell'Intelligenza Artificiale', ma credo che ciò che vi dimostreremo tra poco superi di gran lunga le vostre aspettative.»
Il professor Leskinen iniziò a digitare qualcosa sul computer che era stato posizionato di fronte a lui.
«Questo dispositivo è collegato a uno dei nostri supercomputer del laboratorio... Oh, no, non accendete il proiettore, non ancora.»
Un membro dello staff stava per esporre lo schermo del computer sul proiettore di fronte, ma fu fermato da Maho Hiyajo. Doveva trattarsi di un programma importante, a giudicare dal tono alterato della ragazza.
«Chiedo scusa. Lo schermo è pieno di programmi non molto gradevoli da guardare. Preferirei che vedeste me nudo piuttosto che quegli affari... Se tra voi ci fossero ingegneri, sapreste di cosa sto parlando.»
Non riuscii a trattenere una risata. Sembrava una persona molto gioviale.

«Mentre aspettiamo che sia pronto, spiegherò l'idea generale del sistema.» continuò il professore e Maho tradusse per gli spettatori.
C'era un altro proiettore al centro del palco e sullo schermo apparve un diagramma:

'Un'analisi degli impulsi neurali relativi ai ricordi immagazzinati nel lobo temporale'

Trattenni un sussulto.
Conoscevo bene quel titolo, non avrei mai potuto dimenticarlo.
Era il nome di un articolo pubblicato su Science da una diciassettenne...
Aveva analizzato minuziosamente i percorsi degli impulsi neurali che controllano la memoria umana e li aveva usati per trasformare i ricordi stessi in dati. Grazie a questo aveva realizzato la macchina per il salto temporale proprio di fronte ai miei occhi.

«Questo saggio è apparso su Science, molti di voi potrebbero già averlo letto...» continuò Maho. «Si tratta di una teoria proposta e finalizzata da un brillante membro giapponese del nostro gruppo.»
Ascoltavo con stupore e curiosità crescenti...
«I ricordi umani sono immagazzinati nella corteccia cerebrale, in particolare nel lobo temporale. Sono un po' come la memoria flash. La parte del cervello che scrive e legge la memoria flash si chiama paraippocampo.»
Il professor Leskinen indicò i diagrammi del cervello e dell'ippocampo sullo schermo.
«Il cervello funziona grazie a impulsi elettrici tra cellule chiamate neuroni. I ricordi sono solo le trasmissioni di questi segnali elettrici e sono controllati proprio dall'ippocampo. In altre parole, i ricordi sono creati da impulsi che vanno e vengono dal paraippocampo.

«Dunque, Kurisu Makise...»
Il respiro mi si mozzò nel petto e anche Maho sembrò per un attimo scossa, ma si riprese subito dopo e continuò:
«La scienziata che ha scritto questo saggio, la signorina Makise, ha elaborato un'idea... Segnali elettrici... Percorsi neurali... La corteccia cerebrale...»
Maho sembrava avere problemi con la traduzione: era entrata in confusione. Fare da interprete per così tanto tempo doveva essere difficile, indipendentemente dalla bravura del traduttore. Avevo letto su un articolo su Internet che anche un professionista non può farlo per più di venti minuti. Le conferenze internazionali e le trasmissioni oltreoceano dal vivo sono infatti gestite da un gruppo di interpreti che si danno il cambio a vicenda.
O forse... Era in difficoltà per via del nome di Kurisu?
Il professore se ne accorse e si fermò.

«Scusate...» Maho respirò a fondo e proseguì:
«La signorina Makise si è concentrata sullo studio dei percorsi neurali riguardanti il giro ippocampale e, grazie a un'attenta analisi, ha ottenuto dei dati molto convincenti riguardo alla memoria della corteccia cerebrale a cui corrispondono.
«Grazie a ciò ha potuto formulare la teoria alla base del progetto, che ci permette di prendere la memoria e trasformarla in una combinazione digitale di impulsi elettrici. Il risultato è stato il saggio pubblicato su Science. Adesso la nostra squadra sta lavorando per trasformare i ricordi di una persona in dati digitali.»
Il teatro si riempì di sussurri confusi.
«Il che significa che possiamo avere accesso ai ricordi umani su un computer.» concluse Maho. I mormorii crebbero improvvisamente in un brusio di voci.

Anche dopo la morte di Kurisu, la sua ricerca era stata portata avanti, com'era naturale: si trattava della teoria di base per il salto temporale che avevo sperimentato io stesso, anche se non avrei mai potuto dimostrarlo, nella linea di universo alfa. I miei ricordi erano stati effettivamente trasformati in dati e immagazzinati in un computer. Era successo davvero.
Ciò di cui Leskinen stava parlando era proprio la tecnologia necessaria per quel procedimento.
«Ci sono due progetti principali a cui stiamo lavorando. Uno riguarda l'applicazione di questo sistema in campo medico...»
La diapositiva cambiò.
«Questo progetto è condiviso con un laboratorio di psicofisiologia: l'idea è di utilizzare il paraippocampo per riportare i ricordi dal computer al cervello.»

«Incredibile!» esclamò qualcuno dal pubblico. Sembrava uno studente universitario. Leskinen non si scompose e Maho continuò:

«Incredibile, dici? Posso capire il tuo entusiasmo...» commentò il professore, «Se fossi al tuo posto mi sentirei allo stesso modo. Noi pensiamo che la ricerca stia facendo grandi passi. Non sarebbe fantastico farlo funzionare?
«Immaginate come sarebbe utile per combattere i problemi legati all'Alzheimer... Si tratterebbe di una terapia sintomatica: salveremmo i ricordi del paziente come dati digitali cosicché, se dovesse perderli, potrebbe semplicemente ricaricarli dal computer. Sarebbe un modo per evitare la perdita di memoria.
«Speriamo, dunque, di fare in modo che i dati dei ricordi nel PC siano sempre accessibili attraverso il giro ippocampale. Questo significherebbe lasciare intatta la funzionalità cerebrale anche in caso di danneggiamento, come una sorta di memoria esterna.»
Una strana sensazione invase il teatro, un misto tra l'entusiasmo di stare assistendo all'annuncio di un'incredibile tecnologia, e un'ombra di scetticismo e repulsione all'idea di giocare con il cervello umano in quel modo...
Il professor Leskinen alzò una mano per incoraggiare gli spettatori.
«Sembra che ci siano delle domande. Risponderò ad alcuni di voi prima di passare al prossimo progetto.» Tra i presenti alzarono la mano sia giovani che adulti e Leskinen indicò un uomo seduto davanti a me.

«Una campionatura sarebbe utile quando si digitalizzano ricordi. Significa che alcune informazioni andrebbero perse?» Il professore annuì ascoltando la domanda in giapponese e aspettò che finisse per rispondere in inglese. Forse riusciva a capire la lingua ma non a parlarla fluentemente.

«Per porre la sua domanda in un altro modo...» rispose Leskinen, tradotto da Maho, «Lei dice che quando si salva una registrazione dal vivo di un'orchestra in WAV, è impossibile registrare tutto... Sì, è uno dei problemi che stiamo affrontando. Se il reticolo all'interno del cervello fosse formato solo da neurotrasmettitori che si accendono e spengono, come succede per lo scambio dei dati binari, la soluzione sarebbe semplice, come avere a che fare con i dati digitali di un computer.
«Ma noi sappiamo che i neurotrasmettitori e gli impulsi elettrici costituiscono una rete analogica dentro il cervello. L'unico modo che abbiamo per risolvere questo problema è prelevare campioni a una maggiore frequenza.
«Per continuare sulla melodia del nostro esempio musicale, invece di campionare a 44. 1kHz, useremmo 48 kHz e, invece di 48 kHz, 96kHz. Questo ci permette di creare dei dati simili a quelli originali.»
A poco a poco, l'atmosfera all'interno del teatro si fece carica di tensione. Gli spettatori stavano iniziando a pensare che fosse solo una bella teoria senza nessuna possibile applicazione pratica.
Le domande divennero più insistenti, scettiche e quasi provocatorie. Io iniziai a scaldarmi.
Si trattava della ricerca del professore ma, prima di tutto, di Kurisu. Sapevo più di chiunque altro che poteva funzionare, e vedere così tanti diffidenti mi infuriava. Erano davvero scienziati? Che diritto avevano di contestarla?
Cercai di mantenere il controllo delle mie emozioni e mi sforzai di spostare lo sguardo verso il palco.

Maho sembrava irrequieta, quasi delusa. Il professore rispondeva con calma anche alle domande più sgarbate, riconoscendo i problemi della teoria, ma lei era molto diversa: il suo disappunto trapelava perfettamente dall'interpretazione. Sentivo una certa affinità con lei... Mi sarei comportato allo stesso modo.
Le domande continuarono:

«Da un punto di vista medico, tutto ciò è assurdo. E' impossibile riportare dati digitali nel cervello. E' ridicolo.»

«Ho letto l'articolo su Science e, sinceramente, non credo a una parola di quello che c'è scritto. Dato che l'autrice è una diciassettenne, poi...»
Questo no...
Non potevo ignorarlo.

«Ascolti...» iniziò Maho, ma io ero già in piedi...

«Obiezione!»

— Angolo dell'autrice
Questa parte è stata una delle più faticose da tradurre, colpa dei termini tecnici, ma ci ho rimediato una lezione gratuita di neuroscienze.
Sono rimasta piacevolmente sorpresa dai parallelismi con la conferenza del primo episodio dell'anime (anche lì Okabe aveva urlato "Obiezione!") e trovo particolarmente interessante il personaggio del dr. Leskinen, di cui vedremo l'evoluzione più avanti nella storia.
Non resta che scoprire quale sia il grande progetto dei ricercatori della Viktor Chondria...

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