Le scarpette magiche
L'uomo strappò il foglio dalle mani del bambino e lo accartocciò, poi glielo tirò in testa.
-Hai tappezzato tutte le pareti, dei tuoi disegni cretini!- Lo rimproverò con durezza e disprezzo. -Per non parlare della porta del frigo. Rimpinzato della tua arte da quattro soldi! Devi smetterla!-
Santino lo guardò con occhi grandi e con le lacrime già arrivate ai bordi, pronte per scaraventarsi giù, lungo il suo viso chiaro e candido, spruzzato solo da piccole lentiggini. Due enormi iridi color cioccolato si incastonavano nelle folte ciglia umide che presto il piccolo asciugò, per non dar soddisfazione a Rosario, il nuovo compagno di sua madre.
L'uomo si avvicinò al muro e staccò diversi disegni lì attaccati, provando gusto nel farlo, proprio come un bambino dispettoso. Li lanciò in aria e li guardò volteggiare e posarsi presto sul pavimento.
-Ora pulisci!- Disse prendendoli a pedate e spargendoli.
Uscì calpestando i disegni e macchiandoli delle sue impronte, chiudendo poi Santino nel suo piccolo mondo, ora deturpato dalla crudeltà di un adulto senza cervello.
Il bimbo si lasciò cadere sulle ginocchia e allungando le sottili braccia, si apprestò a raccogliere ogni singolo disegno, mettendolo in pila uno sull'altro. Seppur rovinati, provava enorme dispiacere nel gettarli via. Dopotutto, disegnare la sua passione, era l'unica cosa bella che gli era rimasta. Strinse tra le mani l'ultimo foglio raccolto e lo fissò, bagnandolo con alcune delle lacrime trattenute prima.
Le goccioline di tristezza, si confusero con le onde increspate del cielo, nel quale viaggiava un razzo azzurro a strisce gialle. Nel disegno c'era anche lui. Era nel razzo, quello stesso che tanto desiderava per andar via da una vita aspra, amara, arida, qual era la sua.
Meno male che c'era il nonno! Lui era l'unico in grado di capirlo ed incoraggiarlo, perché nemmeno a scuola aveva amici. Dopotutto un bimbo di sei anni timido ed introverso, non piace molto agli altri e così si ritrovava spesso solo, in particolar modo alla ricreazione ed all'uscita.
Abitava a pochi isolati dalla scuola, perciò sua madre, che era sempre molto impegnata con il lavoro, gli aveva insegnato come tornare a casa.
Lui solo sapeva quanto gli costava percorrere quelle poche decine di metri, in compagnia di nessuno. Col capo basso e un berretto blu notte, filava dritto, a passo svelto, tanto che arrivava presto a casa, con i muscoli praticamente in fiamme!
Il dolore alle gambe passava in secondo piano, nel momento in cui il nonno veniva a trovarlo. Salvatore, un simpatico vecchietto sui settanta, seppur con tutti gli acciacchi che l'età comportava, e con la fatica nello spostarsi da casa sua per andare a trovare il nipote, era sempre presente.
Abitava anche piuttosto lontano, ma non mancava di farsi vivo il più possibile. Dopotutto sapeva che il piccolo aveva bisogno di un punto fermo, di un adulto che gli desse sicurezza e che lo aiutasse anche in tante piccole cose: fare i compiti, farsi il bagno, asciugarsi i capelli...
Aveva parlato tante volte a sua figlia Carmela, madre di Santino, di quanto fosse importante non abbandonare il piccolo per tutto il giorno ad arrangiarsi da solo, e a nulla era servito ricordarle che aveva un bimbo bisognoso di una mamma e di cure, nonché di coccole. Lei, stizzita, continuava a sostenere che per poterlo mantenere, doveva lavorare.
E così Santino si era abituato a stare solo o in compagnia del nonno. Solitamente mangiava ciò che tirava fuori dal freezer, scongelandolo nel microonde.
Vedeva la madre di sfuggita, solo la sera, quando rincasava dopo la lunga giornata di lavoro anche se, stanca com'era, filava subito a letto.
Per Carmela la carriera era tutto, e lei, alla sua boutique di alta moda, teneva molto, più degli affetti. Ecco com'era naufragato il suo matrimonio. Un giorno il marito, padre di Santino, le disse che non poteva più andare avanti in quel modo e che il loro rapporto era distrutto. Si era poi trasferito all'estero per lavoro e quindi il bambino, oltre a non avere una mamma premurosa, non possedeva nemmeno un papà presente.
Santino era ormai rassegnato a vivere così, caricato soltanto dall'attesa che arrivassero presto le 16:00 orario in cui suo nonno, puntualmente, passava a trovarlo.
Difatti, anche quel giorno, non mancò all'appuntamento.
-Hai tolto tutti i disegni? Dove sono finiti tutti quei pianeti, i razzi, le stelle e la luna? Come mai non ci sono più?- chiese al nipote.
Come sempre, lui non rispose nulla che facesse capire quanto Rosario lo maltrattasse.
-Mi ero stancato... Ne farò altri nuovi.- Sorrise forzatamente il piccolo.
-Ma senti, vogliamo andare a farci una passeggiata? Le giornate si sono scaldate, ci rechiamo al porto e ti faccio vedere le vele, vuoi? Poi non appena imbrunisce, stiamo attenti a scrutare bene il cielo, e cerchiamo di individuare qualche pianeta, che ne pensi? - domandò il nonno, sperando che per una volta dicesse di sì.
La risposta invece fu sempre la stessa. Santino abbassò gli occhi e scosse la testa. La sua estrema timidezza unita all'insicurezza, gli impediva di uscire di casa, di camminare per strada, di fare qualsiasi cosa che comportasse uscire all'aperto o andare in luoghi dove ci fossero persone.
Il nonno, non volle insistere, piuttosto, conoscendo la fobia di Santino, tentò di incoraggiarlo.
-Ne sei proprio sicuro?- continuò con un sorriso rassicurante.
Ancora, lui mosse il capo, questa volta annuendo.
Passarono il pomeriggio e la sera a guardare la TV, a giocare a dama e a fare biscotti, avendo cura di riordinare tutto, per non sentire le urla della mamma. Carmela poi rientrò e nonno Salvatore se ne tornò a casa, ma non prima di aver abbracciato Santino e avergli fatto una promessa.
-Domani accadrà una cosa bella.- Disse baciandogli la fronte. Gli scompigliò i capelli castani ramati e tornò a sorridere con l'espressione da bravo nonnino con qualche dente mancante.
Santino non capì bene perché ma una strana energia gli pervase l'animo e si sentì più forte, sorretto da quella figura stabile che mai era venuta meno alle promesse.
Lo strinse forte.
-Nonno, non mi lasciare mai...!- esclamò il piccolo.
-No che non ti lascio. Ho solo intenzione di andare a prenderti una cosa nello spazio.-
-Nello spazio? E cosa prenderai?- domandò curioso.
-È una sorpresa. Domani vedrai.
-Gli posò una mano sulla guancia e poi strizzò l'occhio, confermando l'appuntamento per l'indomani.
La nottata passò velocemente e quando Santino si svegliò, ricordò subito le parole di suo nonno.
Carmela lo chiamò per la colazione e si apprestò a scendere, prima del solito, quel giorno.
-Santino, da bravo, finisci il latte e vestiti, poi chiudi la porta e dai la chiave alla nostra vicina, come fai quando io non ci sono. Infine vai dritto a scuola. Oggi non posso accompagnarti, devo correre a fare una commissione importante, ok?-
Il piccolo non rispose, si limitò a guardarla, mentre agitata, indossava la giacca e correva via.
Seguì alla lettera quanto detto dalla madre. Niente avrebbe potuto rovinare quella giornata. Il nonno gli aveva assicurato che sarebbe accaduto qualcosa di bello e lui credeva fermamente ad ogni parola che usciva dalla sua bocca.
Lungo la strada iniziò a piovigginare, ed anche se lui era senza ombrello, non si scoraggiò: nemmeno il cattivo tempo e quell'aria umida e buia, avrebbero potuto rovinare quella giornata speciale.
All'uscita pioveva a dirotto e per questo c'era Rosario ad attenderlo nella sua auto. Santino storse il naso e si apprestò a salire tentando di ignorare le lamentele dell'uomo, seccato delle impronte bagnate sul tappetino del suo Suv da chissà quanti soldi.
Lo portò a casa sua e chissà per quale motivo restò con lui, addormentandosi sul divano. Santino si ritirò in camera sua, guardando attentamente le lancette dell'orologio. Scorrevano troppo piano quel giorno, ma, anche se a fatica, giunsero le 16:00. Il nonno di lì a poco, sarebbe arrivato da lui.
Restò ad attenderlo ore, e poi quelle ore si trasformarono in giorni, e i giorni in settimane...
Salvatore non venne più a trovare il nipote.
Questo influì molto negativamente sul bambino che si richiuse ancor più in se stesso. Si tormentava ogni giorno, tentando di capire cosa avesse fatto di male e perché il nonno non gli volesse più bene.
Non riusciva a trovare alcuna risposta. Immaginò che forse nonno Salvatore se l'era presa perché non voleva mai uscire con lui e chiudendo gli occhi, promise che se fosse tornato a trovarlo, avrebbe fatto tutto ciò che gli avrebbe chiesto.
A nulla valse tutto ciò... Passarono infatti due mesi ma nessuna traccia di nonno Salvatore, nemmeno una telefonata.
Nei suoi pensieri di bambino, Santino rifletteva guardando le lancette, sulla promessa che gli aveva fatto, e provava risentimento perché si rendeva conto che gli aveva mentito. A cosa si riferiva parlando di una cosa bella? Al fatto che l'avrebbe abbandonato?
Quella volta l'aveva deluso. Anche lui l'aveva lasciato solo...
Nonostante ciò, continuava ad attenderlo. Era domenica e l'orologio segnava le 16:00. Il piccolo sentì la porta della sua cameretta che si apriva.
Si voltò di scatto, con gli occhi lucidi ed un grande sorriso che si faceva spazio tra le guance paffute, ma non era il nonno.
Si affacciò Carmela invece, con una strana espressione. Per una volta non era tesa o nervosa, pareva dolce e premurosa nei confronti del figlio, che si apprestò a prendere in braccio, dopo aver posato una scatola sul letto.
-Santino, tu lo sai cos'è successo al nonno? Lo hai capito?- disse commossa.
Il piccolo scosse la testa.
-Be', un giorno, non si è più svegliato. Mentre dormiva, il suo cuore ha semplicemente smesso di battere e lui... e lui ora non c'è più...-
-Dov'è andato?-
Carmela sollevò un dito verso il cielo, lasciandosi scivolare una lacrima sulla gota arrossata. -È andato nello spazio?- chiese il piccolo innocentemente. Lei lo assecondò.
-Sì, diciamo di sì... Ma...- portò il dito sul piccolo petto del figlio. -...in un cero senso è qui. Dentro di te. Per sempre.-
Santino si toccò il cuore e poi guardò sua madre che prendeva la scatola posata sul letto.
-Guarda che cosa aveva preparato il nonno per te.-
Santino aprii il coperchio e vide che all'interno della scatola c'erano un paio di scarpette da ginnastica bianche.
-C'era anche questa lettera per te. Vuoi che te la legga io?-
Lui annuì e Carmela lesse quel biglietto.
"Il nonno è andato fin nello spazio per prenderti queste scarpette. Ho attraversato le nebulose, ho camminato tenendomi in equilibrio, sugli anelli di Saturno. Ho dovuto evitare tanti buchi neri che volevano risucchiarmi e poi ho saltellato sulla Luna, sospeso dalla poca gravità. Ma per te, Santino, farei qualsiasi cosa, anche gettarmi in un cratere lunare! Ed è lì che ho trovato queste scarpette. Sai perché sono andato nello spazio a prenderle? Perché non esistono sulla terra scarpe così. Infatti queste, e solo queste, sono magiche! Sì hai capito bene. Una volta che le indossi, diventi più forte e coraggioso, e non hai più paura di niente e di nessuno. Indossale e vedrai se non ho ragione. Ti ho mai detto una bugia? La risposta la conosci bene, piccolo. E ricorda, dal momento in cui le metterai ai piedi, sarai un bambino nuovo! Un bambino speciale!
Il tuo nonno,
ti voglio bene piccolo, tanto."
Santino sorrise con gli occhi colmi di lacrime poi guardò la madre.
-Voleva dartele quel giorno... Poi non si è più svegliato. Teneva la scatola tra le braccia mentre dormiva, forse si è stancato molto lassù... Ma tu non devi sentirti in colpa, tu sei sempre stato la cosa più preziosa che lui abbia posseduto.-
-Ma lui adesso non c'è più...ed io resterò da solo.- fece il bambino con voce tremante.
-No, no... Non resterai solo, io farò il possibile per restare sempre con te, ok? Te lo prometto.-
Santino sorrise e prese le scarpette.
-Posso metterle?-
-Ma certo! Il nonno ha fatto un lungo viaggio per prendertele, no? Devi metterle subito!-
Santino le indossò, e posando i piedi a terra, si sentì già più forte. -
Ti stanno benissimo! Il nonno sapeva tante cose di te... Come la tua passione ad esempio... Ma... Che fine hanno fatto i tuoi disegni?- domandò Carmela guardando le pareti e accorgendosi solo in quel momento che non vi era più alcun foglio incollato.
Santino ricordò quando Rosario glieli aveva staccati tutti. Abbassò lo sguardo sospirando. Con gli occhi volti in giù, guardò le sue scarpe e queste gli infusero coraggio.
-A Rosario non piacciono i miei razzi.- Disse tutto d'un fiato.
-Cosa?- chiese lei sorpresa.
-Sì, me li ha staccati tutti e li ha buttati sul pavimento.-
-Non ci posso credere... Perché non me l'hai detto?-
-Non lo so...-
-Ok, tranquillo tesoro. A lui ci penso io, va bene?-
Santino annuì sentendosi veramente più forte. Aveva avuto persino il coraggio di riferire alla madre il comportamento sbagliato del compagno.
Le scarpette erano davvero magiche! E ora Santino sapeva che nonno Salvatore non aveva mentito ma, come sempre, aveva mantenuto la sua ultima promessa, sacrificando se stesso per il bene del nipote.
Santino crebbe e diventò un uomo tutto d'un pezzo. Non perse mai la speranza di avere una vita migliore, da affrontare di petto e a testa alta.
Conservò quelle scarpe con cura, finché arrivò il momento di regalarle a suo figlio. Gli raccontò che suo nonno Salvatore, aveva raggiunto lo spazio per prenderle, e che erano quindi scarpette magiche.
In realtà erano semplici scarpe da ginnastica bianche, ma nella mente di un bambino vale molto più non il regalo in sé, ma il gesto d'affetto e di amore nascosto dietro a quel pensiero.
Qualsiasi dono, fatto con il giusto motivo e con tanto amore, può trasformarsi in qualcosa di veramente speciale!
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