Fame di sorrisi

Eccolo là, l'oggetto dei suoi desideri... Doveva solo resistere un altro po' e sarebbe stato suo. Era impaziente, per troppo tempo aveva aspettato quel momento e finalmente era arrivato. Non stava più nella pelle.

- Giorgia, stai quasi sbavando. Datti un contegno. - La riprese la madre. Sapeva benissimo quanto amava il cibo, eppure ogni volta le diceva di andarci piano. Ma perché poi?

- Te lo ripeto. Rimetti dentro la lingua e chiudi la bocca. Non stai morendo di fame. 

- "Mamma dammi quel maledetto pasto", avrebbe voluto dirle Giorgia. "È cotto ormai, non vedi come sfrigola?" Ma lei, mamma Cinzia continuava a guardarla con quegli occhi fissi sul suo panciotto. Giorgia abbassò la testa e diresse lo sguardo esattamente dov'era quello della madre. Non era proprio in forma, lo sapeva ma ogni volta ricorreva alla solita scusa: "Devo crescere, sono ancora una bambina, ho bisogno di pasta, patatine fritte, pane... E dolci, tantissimi dolci, così non sarò acida come la zia Rosa!".

"Mi dai il cibo?", continuava a suggerirle il suo cervello, insistendo affinché pronunciasse quelle parole, ma lì, a due passi, c'era suo fratello maggiore, Bruno, che aspettava solo che lei aprisse bocca per iniziare a prenderla in giro sulla sua stazza. Lui che non aveva un filo di adipe! Lui, che con il metabolismo veloce che aveva, poteva permettersi di divorare tre piatti di cannelloni, senza che si vedesse lo stomaco prenderne forma. Lui, lo stesso che continuava a ripeterle che doveva mettersi a dieta o si sarebbe trasformata in una mongolfiera!

Tutti uguali i maschi, pensava Giorgia, anche se a scuola pure le bambine non scherzavano ad insulti. 

Ne aveva sentite ormai di tutti i colori. L'avevano chiamata balenottera, botte, montagna, palla di lardo... E tanto altro. Aveva solo sette anni, ma pesava già 58 kg.

"Non è colpa mia se il cibo è il mio migliore amico! E così buono, così soddisfacente... Forse è l'unica cosa che mi fa stare bene." Ripeteva lei in continuazione e mentre lo stomaco brontolava, ecco che senza rendersene conto, riprendeva a guardare quella portata succulenta, come il suo papà guardava la mamma quando si vestiva tutta elegante. 

Nascose lo sguardo "famelico" e intanto diede un colpetto al braccio della madre per incoraggiarla a muoversi. 

Finalmente il piatto era nelle sue mani e si avviava al tavolo, dove avrebbe fatto sposare quel buon piatto, con le due metà di un panino croccante, già pronto ad accoglierla.

Le salse erano tutte in fila, disposte in ordine di colore e com'era suo solito, le usava tutte, nonostante le minacce di sua madre che spinta dai sensi di colpa, prometteva ogni volta che quella era l'ultima bottiglietta di maionese che le comprava. 

Il pediatra era disperato. Non sapeva più quali termini usare per interrompere quel circolo vizioso che ormai aveva preso una rincorsa inarrestabile. 

Nulla. Giorgia amava troppo il cibo, le restava solo quello, diceva. Si consolava per le frustrazioni, riempiendo il vuoto che si portava dentro, con il cibo.

***

Giorgia si lasciò accarezzare dalla brezza tiepida di un pomeriggio di fine primavera. Aspettava al bar da un quarto d'ora, ma le sue amiche non erano in ritardo. Era lei che aveva preferito uscire un po' prima per godersi quella bella giornata di sole. 

Finalmente vide arrivare le sue due compagne di università. Erano in macchina con un ragazzo che a lei parve subito familiare. Lo invitarono a scendere, probabilmente per sdebitarsi del passaggio che gentilmente si era prestato a dar loro. 

Man mano che si avvicinavano, Giorgia fissava quel tipo, piuttosto carino che ricambiava lo sguardo. 

- Giorgia, lui è Stefano, ti spiace se si unisce a noi? -

La ragazza scosse la testa e con un gesto della mano, indicò la sedia su cui lui poteva accomodarsi. Invece quest'ultimo scelse quella di fianco a lei e prese quella mano ancora sospesa, per stringerla nella sua. 

- Piacere di conoscerti. - Le sue parole. La faccia da "piacione", le sopracciglia inarcate, e il mezzo sorriso da conquistatore... Giorgia non aveva più dubbi: era lui! 

Stefano, il ragazzo più bello della scuola, ma anche il più bullo. Aveva frequentato con lui, tre anni di scuola media, più cinque di liceo e per tutto quel tempo, ne era stata innamorata.

Inutile dire che per Stefano, lei nemmeno esisteva, se non quando c'era da sfogare le sue frustrazioni su qualcuno. Allora Giorgia, era il perfetto capro espiatorio, la valvola di sfogo. L'unica della classe a non avere il fisico perfetto, e ad avere un punto debole su cui fare appiglio per divertimento personale e di chi assisteva. 

Giorgia non aveva dimenticato, ma a quanto pareva, lui sì. 

- Giorgia... bel nome! - Attaccò bottone.

- Grazie. - La prima parola di lei. 

- Hai dei bellissimi occhi... - Proseguì lui, mentre le due compagne di Giorgia entravano nel bar per andare in bagno. 

Lo sguardo del ragazzo, scivolò sulla scollatura e poi continuò a scendere sulle sue gambe ancora bianche. 

- Grazie, - ripeté la ragazza, il suo tono poi si fece ironico. - Ma gli occhi sono un po' più su. - Con un dito sollevò il mento del ragazzo e lo fissò assottigliando i suoi. 

Stefano, vergognandosi, farfugliò qualcosa sorridendo. Il viso spruzzato di qualche lentiggine, si fece rosso e fu costretto a scusarsi. 

Giorgia si sentì soddisfatta. In un certo senso si era presa la sua rivincita. Era evidente che a lui piaceva, e non poco. Ma se lei era dimagrita ed aveva ora un fisico perfetto e palestrato, lui non era rimasto il fascinoso ragazzo che stendeva al primo sguardo. Pareva più aggobbato, e quella pancetta lo invecchiava di qualche anno.

- Che corso frequenti? - Cambiò discorso lui, ancora visibilmente imbarazzato . 

- La facoltà di giurisprudenza. -

- Caspita! -

- E tu? - Si finse interessata lei. 

- Pedagogia. -

La ragazza dovette ammettere a se stessa che non se lo sarebbe mai aspettato. Lui intanto sorrideva, e sembrava quasi un'altra persona da quella che Giorgia era abituata ad incontrare ogni giorno a scuola per otto lunghi anni. 

Marina e Loretta tornarono con loro al tavolino e il pomeriggio passò così, tra chiacchiere e risate. Alle 18:00 Stefano accompagnò tutte e tre le ragazze, e il caso volle che Giorgia fosse proprio l'ultima. 

Si fermarono di fronte la sua abitazione e lei si apprestò a salutarlo per scendere. Lui la bloccò, prendendola delicatamente per la mano. 

- Ti rivedo? - Le chiese.

- Se capita... - 

Fu vaga lei. -Non voglio che capiti. Posso chiamarti? -

Giorgia sospirò, ma ciò che si vide fu più uno sbuffo di malcelato malcontento. 

- Ah... - Sospirò lui a sua volta, ma con espressione delusa. 

- No, no, non fraintendermi...! - Tentò lei di addurre una spiegazione. - Sono troppo impegnata con i corsi e lo studio... non posso permettermi distrazioni di nessun genere. E poi ho degli esami e... -

-Tranquilla. - Fece lui rassegnato. 

Giorgia sbuffò di nuovo, questa volta per i sensi di colpa. 

- Questo è il mio numero. - Disse mostrandoglielo sul display del cellulare. Lui immediatamente lo copiò sul suo, mentre gli sbocciava un sorriso. - Ma non chiamarmi, o i miei iniziano a farmi domande. Scrivimi, ok? -

- Ok. -

Giorgia non lo vide più da quella sera, ma non perché lui non si facesse vivo, piuttosto era lei che manteneva le distanze. Gli concedeva però di scriverle. Infatti passavano ore ed ore a messaggiare e a scambiarsi faccine. Era anche piacevole e divertente stare quegli attimi con lui, ma tutto terminava quando si davano la "buonanotte".

Tre mesi dopo, Giorgia ricevette la solita lettera che giungeva a casa sua ogni anno. La professoressa del liceo, proprio non voleva saperne di smetterla di organizzare quelle riunioni a cui invitava tutti i suoi ex studenti! 

Giorgia non aveva mai partecipato. Perché avrebbe dovuto? Quelli non erano suoi amici, non lo erano mai stati. Parlavano con lei solo quando avevano bisogno di copiare o per prenderla in giro per il suo peso. 

- Cara, le persone crescono, maturano, e cambiano. Stai sempre in casa a studiare, perché non ti prendi questa serata per passarla diversamente? -

Sua madre aveva ragione. Tranne che per una cosa. 

- Non tutti cambiano, mamma. Guarda Bruno. -

Il fratello si sentì chiamato in causa e voltandosi verso di lei con il suo solito sguardo sufficiente, abbozzò un sorriso. 

- Vero grassona. Resterai sempre la mia cara megatterina. -

- Vai, che ti costa? - Continuò la madre ignorando il figlio.

- E va bene. - La accontentò lei, ancora riluttante. 

- Perfetto. Domani si fa shopping! Devi essere la più carina! -

Giorgia scosse il capo. Non le interessava essere la più carina. Voleva solo vedere se effettivamente le persone cambiano o se sua madre era solo un'illusa.

La riunione, si teneva in un locale piuttosto ristretto per il numero di invitati. Era questa l'impressione che si aveva una volta entrati e dopo aver avuti i primi cenni perdita di fiato.

I lunghi tavoli imbanditi ai lati della stanza, erano invitanti, e ricordavano a Giorgia quanto le piacevano i buffet. Scacciò dalla mente quei pensieri di un tempo che le mettevano solo tristezza ed iniziò a scrutare i visi dei presenti. Alcuni li riconobbe subito, non erano cambiati per niente. Certo, non era passato troppo tempo dalla fine del liceo, ma si aspettava di non riconoscere alcuni di loro. Difatti molti avevano un look completamente diverso da quello che avevano un tempo. Poi c'era chi era ingrassato, chi era diventato più alto. Una sua ex compagna era in evidente stato di gravidanza. 

Giorgia era diversa a quanto pareva. Qualcuno l'aveva fissata ma non l'aveva riconosciuta. 

Era imbarazzante stare lì in quel luogo affollato e sentirsi così sola. L'istinto la invitò a fare dietro front e uscire per quella porta da cui era appena entrata. E lei gli diede ascolto. 

Si voltò ed iniziò a camminare, ma in quell'esatto istante vide entrare Stefano. Sbarrò gli occhi. Non aveva pensato che ci sarebbe stato anche lui, nonostante fosse logico arrivarci, visto che avevano frequentato lo stesso liceo. 

Si mimetizzò tra la folla come meglio poté, sperando che lui non la vedesse e che riuscisse a sgattaiolare via inosservata. 

Stefano, gli passò davanti senza notarla, con altri due che Giorgia conosceva bene, e si fermò proprio lì vicino, mentre lei, girata di spalle, attendeva il momento propizio per dileguarsi.

- Hai visto Sabrina come si è ingrossata?! - Rise Matteo, il mingherlino della scuola, a quei tempi.

- Ma dai. - Disse Stefano. - Non vedi che aspetta un bambino? È così carina... -

- Carina? Ma se sembra un pallone! - 

E giù a ridere come un imbecille. Jonathan, il rosso "sciupa femmine", lo accompagnò nelle risate. Parevano solo dei dementi ragazzini mal cresciuti. Solo buoni da prenderli a sberle e calci. Stefano continuò a difendere Sabrina per quanto servisse. Poi capì che di fronte all'ignoranza di mente, spesso è meglio tacere.

Giorgia sorrise, fu felice di aver compreso che forse il ragazzo che sentiva ogni sera su Whatsapp, non era lo stesso stupido e superficiale di un tempo.

Per nessun motivo però avrebbe voluto che scoprisse che lei fosse lì. In un secondo fece così tanti passi svelti da arrivare all'ingresso e fu proprio in quell'istante che sentì la voce di Matteo urlare scavalcando qualsiasi altro rumore o vocio.

- Il buffet non è tutto tuo, lascia qualcosa anche per noi! - Le sue parole, seguite dalla risata dei presenti. 

Giorgia restò pietrificata. Alle sue spalle, sentiva chiacchierare, fare allusioni sprezzanti e sarcastiche. Voleva girarsi ed urlare a tutti di andare a quel paese ma mentre prendeva coraggio, le passò di fianco una ragazza che correva verso l'uscita, con il viso bagnato dalle lacrime. Capì che Matteo non parlava con lei, ma con Valeria che aveva messo su parecchi chili.

Si voltò verso quegli stupidi che niente avevano fatto per prendere le difese di quella ragazza, colpevole solo di non avere un fisico perfetto e vide la professoressa che iniziava a rimproverare Matteo. Qualcuno però la precedette, sferrando sul viso del ragazzo, un destro degno di un pugile. Stefano l'aveva colpito e si apprestava a correre fuori, inseguendo Valeria. 

Giorgia corse dietro di lui e si fermò ad osservare come tentasse di consolarla. Quando vide che l'abbracciava, le si strinse il cuore.

- La mamma ha ragione, si cresce, si cambia... - Sussurrò. - Non tutti... ma alcuni sì. -

Stefano e Valeria, tornarono dentro, mentre Matteo fu cacciato e tutti gli altri, dispiaciuti per l'accaduto, si strinsero intorno alla ragazza. Giorgia fu felice di questo e con un pizzico di gioia in più si decise a tornarsene a casa.

Solo che presa dall'emozione, si voltò di scatto e finì goffamente contro qualcuno. 

- Uh, scusa... - Alzò gli occhi e si ritrovò Stefano.- Giorgia! Ma che ci fai qui...? -

Il ragazzo era sorpreso di vederla e non ci volle molto per ricollegare il presente al passato e capire che quella ragazza che aveva di fronte, fosse la Giorgia che aveva frequentato le scuole con lui.

- Ma tu... -

- Sì, sono io. Dispiaciuto? -

- Sì. -

Lei lo guardò aggrottando la fronte. 

- Sono dispiaciuto per aver fatto il cretino con te... per averti trattato male per tanto tempo e... -- E...? -

- E desidero tanto che tu mi perdoni. -

Giorgia sorrise. 

- Ad una sola condizione: che mi porti immediatamente via di qui! -

- Non devi nemmeno chiedermelo. - Le prese la mano e fuggirono da quel posto per dirigersi al parco, dove sotto un albero che gli procurava ombra dal bianco faro del lampione, si scambiarono il primo bacio.

L'amore è più forte dell'orgoglio.

Non sempre. Ma in questa storia sì.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top