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Lo aveva fatto davvero. Margherita se n'era andata. Per colpa sua. Izumi ancora non riusciva a credete di aver causato ai suoi amici e la sua famiglia tutto il dolore che provava in quel momento, e sapeva che non era minimamente paragonabile a quello dell'uomo che le gridava contro:
-Tu e la tua mania di fuggire dalla realtà. Margherita è ingenua, e ho sempre saputo che sei solo una pessima compagnia per lei! Ma tuo fratello e il resto della squadra ti ha sempre difeso senza motivo! Se tu non fossi scappata due anni fa lei non avrebbe avuto questa stupida idea!-
-Yuuto, calmati!-
-Tu stanne fuori, Paolo! Sempre pronto a difenderla anche quando sai che ha torto, vero?!-
Paoli digrignò i denti e lanciò uno sguardo a Izumi, che era rimasta in piedi poco dietro di lui. Otonashi superò il fratello avvicinandosi alla castana, ma quando fece per sfiorarle una spalla lei fece un passò indietro, inciampando e rischiando di cadere.
-L-lei... È andata via?-
Izumi alzò lo sguardo, incrociando quelli rossi di pianto di Otonashi e scorgendo dietro di lei il viso furioso di Yuuto. Le sembrò di perdere tutta l'aria che aveva nei polmoni, gli occhi le si inumidirono e il respiro si fece sempre più corto. Paolo si precipitò abbracciarla, mentre Yuuto perdeva piano piano tutta la sua rigidità e Izumi si portava le mani a coppa sulla bocca.
"Che cosa ho fatto?"
•
Il resto della settimana, Izumi la passò sotto le coperte, e neppure Paolo sapeva come tirarle su il morale. Aveva provato a chiederle se voleva parlarne, se avrebbe dovuto chiamare Maya o Ryuuji o Ichirota ma Izumi rispondeva mugugnando, e il povero Paolo non sapeva che fare.
Fino a che, il settimo giorno, prima che Paolo uscisse per andare ad allenarsi con la squadra, qualcuno suonò alla porta. Demoralizzato, Paolo andò ad aprire e quasi non vide la persona dall'altro lato della porta, perché questa era già entrata e si dirigeva a passo sicuro per le scale. Paolo sorrise e prima di uscire ringraziò Maya, che rispose con un gesto della mano e sparì al piano di sopra. Paolo sospirò, sperando che Maya migliorasse la situazione, ed uscì.
Maya aveva ricevuto la notizia solo pochi giorni prima (e indirettamente), da Jirou, in chiamata con Kido. Aveva provato a chiamarla, ma Izumi non le rispondeva e perciò, quel giorno, aveva avvertito velocemente il suo ragazzo che sarebbe tornata presto ed era corsa fuori. Sapeva esattamente cosa passava per la testa della sua migliore amica e tutto ciò che poteva fare era andare ad assicurarsi che non fosse ridotta troppo male. Non era così.
-Izumin?-
La chiamò, cercando di capire dove si trovasse esattamente in quel groviglio di coperte blu. Qualcosa si mosse, senza dire nulla, e Maya sbuffò:
-Izumi, lo sai che non è colpa tua.-
Izumi tirò su con il naso, e il bruco di tessuto si alzò lievemente, facendo apparire dal nulla il viso stanco della ragazza. Maya le si sedette accanto, togliendole la coperta dai capelli e sistemandosi in modo da avere un braccio sulla sua spalla. Aprì la bocca per parlare, ma Izumi la precedette:
-Come hai fatto?-
Maya inarcò le sopracciglia:
-A fare che?-
Izumi si pulì il naso sulla manica del pigiama e Maya fece del suo meglio per non storcere il naso disgustata:
-A perdonarmi! Ti ho fatto passare due anni così, e guarda come sono ridotta io dopo neanche una settimana! Andarsene è stato diverso... Sapere di averti... Di avervi fatto passare tutto questo, io...-
Izumi singhiozzò e si nascose il viso con le mani. Non aveva mai pianto così tanto liberamente davanti a Maya. Rimasero in silenzio per pochi minuti, poi, con fare risoluto, Maya prese il telefono, digitò qualcosa e tornò a guardare Izumi.
-Vestiti, questa sera usciamo.-
•
C'era voluto un bel po' per convincere Izumi a lasciare la sua depressione, la sua musica triste e le calde coperte del suo letto, ma alla fine ce l'avevano fatta, e le due erano sedute al tavolo di un ristorante chiacchierando tra loro, in attesa di un'ospite a Izumi sconosciuto. Non che Izumi stesse una favola, ma stare un po' in mezzo alla gente l'avrebbe fatta tornare normale. Almeno per un po'.
-Eddaiii, perché non vuoi dirmi chi è?-
-Se te lo dicessi non sarebbe più una sorpresa, Izumin!-
Ripeté di nuovo Maya, cercando di cambiare nuovamente argomento. Ma non ci riuscì, perché proprio in quel momento il suo cellulare squillò. Maya rispose, poi chiuse la chiamata e si alzò:
-Torno subito!-
E si avviò verso l'entrata, attirando (ovviamente) l'attenzione di tutti i tavoli. Dopotutto, se passavi del tempo con lei dovevi essere pronto a sorbirti tutti gli sguardi ammirati e invidiosi che la seguivano perennemente. Izumi sorrise al pensiero di quando fosse stato difficile, per lei, ricominciare a girare in sua compagnia dopo quasi due anni passati nell'ombra di se stessa in paesi a lei sconosciuti. Chissà dove si trovava ora, Marghe. Probabilmente in Italia, conoscendola. E se avesse chiesto alla sorella di Paolo di...? No, ma cosa andava a pensare? L'Italia è grande, non l'avrebbe mai trovata "per caso". Alzando gli occhi al cielo per trattenere le lacrime, Izumi si sentì chiamare e Maya riapparve. Accanto a lei, c'era Fujisaki Kotomi.
•
Da quando era tornata, tutti i racconti e le notizie che fuoriuscivano dalle labbra di Maya contenevano una volta su sette il nome "Kotocchi". Per carità, Izumi ne era più che felice. Era felice che Maya avesse altre amiche. Ma allo stesso tempo era tremendamente a disagio per lo stesso motivo. E se si fosse stufata di lei? Chi poteva assicurargli che non avrebbe preferito "Kotocchi"?
Fu soprattutto questo il motivo per il quale Izumi aveva preso in antipatia Fujisaki. E si sentiva in colpa per questo.
-Eccoci, Izumin! Kotocchi, Izumin. Izumi, Kotocchi.-
Disse velocemente Maya sedendosi a destra di Izumi. Izumi deglutì e si sforzò di sorridere quando Kotomi si sedette timidamente davanti a lei.
-Piacere di conoscerti, Fujisaki.-
-P-piacere mio, Kazemaru.-
Il silenzio seguì per diversi minuti, ed Izumi era certa di non essere l'unica in imbarazzo. Il viso arrossato di Kotomi, insieme allo sguardo rivolto verso il basso. Tutto ciò che riusciva a pensare era racchiuso in imprecazioni di almeno cinque lingue diverse (le uniche parole che aveva imparato durante i suoi viaggi), e avrebbe tanto voluto strangolare Maya. Non era più la ragazzina socievole e iperattiva di quando era partita due anni prima, ormai Maya avrebbe dovuto saperlo. Ma lei se ne rimaneva lì, in silenzio, alternando lo sguardo tra le due. Ci volle il cameriere per spezzare quel silenzio, che si avvicinò e chiese se erano pronte per ordinare. Maya gli rifilò un sorriso e il cameriere arrossì vistosamente, abbassando gli occhi sul block notes.
-Una tisana ai frutti di bosco, grazie~.-
Izumi si riprese improvvisamente e si voltò verso il cameriere:
-Un tè menta e liquirizia!-
-Temo di non averlo, signorina.-
Le rispose il cameriere, nascondendosi il viso dietro il blocco per non incrociare lo sguardo di Maya:
-Allora un caffè.-
-E-e per me una cioccolata.-
Sussurrò Kotomi, e poiché il cameriere non sentì fu Maya a ripeterglielo. Quando il cameriere se ne andò il silenzio riprese. Maya capì che combattere il fuoco con il fuoco non aveva senso in quella situazione e, sospirando, capì che la sua presenza non le avrebbe aiutate a parlare. Perciò, quando arrivarono le loro ordinazioni, Maya bevve velocemente la tisana e si alzò sorridendo, scusandosi per il poco preavviso e dicendo che doveva andare. Izumi spalancò gli occhi sorpresa, ma Kotomi si limitò ad abbassare lo sguardo. Probabilmente lei già sapeva. Così, senza dire altro ne abbracciare nessuna della due, uscì velocemente dal locale e sparì dalla loro vista. Nonostante ciò, il silenzio continuò per un po'. Izumi sfruttò questi momenti per cercare di capire il comportamento della sua migliore amica mentre mescolava il té, aggiungendo zucchero su zucchero, sovrappensiero, e arrivando alla conclusione del perché Maya le avesse presentato Kotomi.
-Ho capito.-
Sospirò, mettendosi le mani tra i capelli. Kotomi non disse nulla, prese la tazza di cioccolata e se la portò alle labbra. Izumi sospirò e si mise composta.
-Scusa per la pessima accoglienza, Fujisaki. Dovrei essere un po' più socievole con la persona che ha cercato di salvare la sanità mentale di quella pazza.-
Kotomi ridacchiò, sputacchiando un po' di cioccolata e facendo ridere anche Izumi.
-È stato un piacere. Ci ho guadagnato anche io.-
Sussurrò poi, timidamente. Izumi abbassò lo sguardo, ma stranamente non abbandonò il sorriso.
-Ti ha parlato male di me?-
La blu scosse la testa.
-Neanche una volta.-
-E che ti ha detto, esattamente?-
-Beh...-
Kotomi prese a parlare, un racconto pieno di pause imbarazzate e silenzi, ma Izumi non la interruppe nemmeno una volta. Maya non aveva voltato pagina, raccontando la sua esperienza a Kotomi: si era trovata una roccia a cui appoggiarsi e a cui fare da appoggio a sua volta. Kotomi non era una sua sostituita, era una corda in più a cui aggrapparsi.
-Ed è tutto ciò che mi disse su di te. Anche se da quando sei tornata i racconti non sono diminuiti.-
Izumi annuì, allargando il sorriso nel notare come Kotomi potesse sembrare così insicura e allo stesso tempo così tranquilla e a proprio agio. Anche se probabilmente non la era davvero. Però le faceva piacere che non mostrasse il proprio disappunto verso quella che aveva fatto soffrire la sua migliore amica.
-Se può farti sentire meglio, quando è con me, Maya parla spesso di te. L'hai aiutata molto.-
Kotomi sembrò avvampare ancora di più:
-T-te l'ho detto, è stato un piacere, Kazemaru.-
Izumi allungò una mano sul tavolo stringendo il polso pallido della ragazza e attirando la sua attenzione:
-Non ti ringrazierò mai abbastanza, per averla tenuta a galla.-
Cogliendola di sorpresa e sorridendole, Kotomi le strinse la mano a sua volta.
Maya, che aveva osservato tutta la scena dall'esterno, decise di non intromettersi oltre, nonostante la forte tentazione, e se andò.
Quando quella sera, dopo aver incredibilmente chiacchierato ancora un po' con Kotomi, Izumi tornò a casa con le idee più chiare e il cuore più leggero. Ma come prima cosa, fece l'ultimo tentativo della giornata: digitò il suo numero e la chiamò. Ovviamente, Margherita non rispose, ma questa volta Izumi non scoppiò in lacrime pensando a dieci modi per bruciarla viva. Anzi, spense il cellulare e prese a dirigersi verso casa sua. Paolo sarebbe tornato solo qualche ora dopo, quindi appena arrivò si prese qualche secondo per pensare, seduta sul divano, con gli occhi chiusi. "Margherita se né andata", si disse. "Non tornerà tanto presto, no. È colpa tua? Sì. Ma, forse, è anche merito tuo. Quando te ne sei andata, davi per scontato che la tua presenza non fosse poi così importante, e hai rovinato due anni di vita alle persone a te più care. Ma da quando sei tornata, anche se ti sei resa conto di quanto possa essere stata dura per tutti, hai capito che non è stato affatto un errore. Ora sai chi sei. E anche Margherita, quando tornerà, sarà una persona diversa. Ne ha bisogno." Izumi prese un bel respiro e, colta da un momento di creatività, si mosse verso il mobiletto, tirando fuori carta e penna:
Cara Margherita,
ci manchi già.
Non scrisse solo ciò che aveva pensato, ma tutte le cose che avrebbe voluto dirle in quel momento: quanto la rattristasse la sua partenza, ma anche il fatto che capisse e rispettasse la sua scelta; raccontarle di come la città sembrasse non notare il cambiamento mentre all'interno di casa sua il vuoto sembrava non finire mai. Non scrisse della visita di Kido e Otonashi, non aveva senso tirarli in mezzo. Quella lettera era solo per loro. La chiuse in una busta e se la strinse al petto:
Buon viaggio, amica mia. Io ti aspetto. E, nel frattempo, ricomincio da qui.
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