Look into my eyes, it's where my demons hide
– Mamma non c'era bisogno che mi accompagnassi – guardo fuori dal finestrino e sento già lo stomaco chiudersi in una morsa. L'entrata del liceo Benjamin Franklin sta proprio di fronte a me, e credo di non essere mai stata tanto nervosa in vita mia.
– Cosa? E perdermi il primo giorno di liceo della mia bambina? –
– Isebelle, le distanze prego – evito uno dei suoi spassionati abbracci e scendo immediatamente dalla macchina, onde evitare di finire di nuovo nella sua morsa. – Ci vediamo a casa –
– Non vuoi che ti accompagni dentro? O che ti venga a prendere? Non conosci ancora bene la strada! –
– Meglio perdersi, fidati – mi volto velocemente scontrandomi con qualcuno. Ottimo inizio Rose. – Oddio scusami tanto... – mi si gela il sangue quando noto che, la persona in questione, è Daniel. Perfetto, come iniziare bene la giornata.
– Sei davvero un disastro – roteo gli occhi al cielo, decisa a superarlo e a pregare di non avere nessuna lezione in comune con lui. Tuttavia, i miei tentativi di fuga vengono stroncati dal ragazzo stesso, che avvolge le dita intorno al suo polso e mi trascina vicino a lui. – Almeno sai da che parte devi andare?
– No, ma è sempre meglio che restare qui e farmi insultare da te – un sorriso furbo compare sul suo volto e, senza tante cerimonie, comincia a trascinarmi verso l'interno della scuola, senza curarsi delle mie proteste.
– Ciao ragazzi – rivolge un saluto a Daisy, Audrey, Diana, Albus e Chris, che guardano la scena divertiti. Tranne Diana, ovviamente. Lei sta sperando che mi colpisca un fulmine. O un meteorite. O qualsiasi cosa che possa farmi scomparire all'istante. – Ho voce in capitolo in questa storia? –
– No bambolina, e poi voglio solo divertirmi un pochino. Sei così remissiva, non ti ribelli. –
– Perché so che perderei in partenza...e poi, non vorrei passare per pazza il primo giorno di liceo. –
– Già, perché essere trascinata per tutta la scuola come un sacco di patate è molto meglio, devo dire – Daniel mi lascia andare di colpo ed io perdo l'equilibrio. Voglio tornare a San Francisco. – Questa è la segreteria, potrai trovare tutte le informazioni che ti servono, sempre se prima non urti contro qualcosa, credo che sia meglio che foderino l'intero edificio di gomma piuma –
– Perché mi aiuti? – si stringe nelle spalle per poi scoppiare a ridere di gusto.
– Non ti sto aiutando, sono solo annoiato, e vederti annaspare per la qualsiasi mi diverte parecchio – mi dà un colpetto al mento, mi fa l'occhiolino e se ne va.
– Questo ragazzo è totalmente fuori di testa – borbotto.
– Dolcezza ti serve aiuto? – sussulto sentendo una voce femminile alle mie spalle. Una vecchietta dai capelli argentei mi guarda, sorridendo. Ma hanno tutti il vizio di spuntare all'improvviso in questa città?
– Oh ehm sì, avrei bisogno dell'orario delle lezioni e del numero del mio armadietto, mia madre mi ha iscritto da San Francisco una settimana fa, quindi non ho nessun indicazione – la signora spinge delicatamente gli occhiali dorati lungo il naso adunco, apre un cassetto ed inizia a percorrere con le dita i vari fascicoli posti al suo interno.
– Nome e cognome. –
– Rosebelle Everly Greyson – ne estrae uno, lo sfoglia e, infine, mi porge il foglio che era attaccato ad esso da una graffetta.
– Armadietto 102, questo è il tuo orario per tutto il semestre, se hai bisogno di aiuto non esitare a chiedere. –
– La ringrazio – le sorride e me ne vado, ritrovandomi nel corridoio principale.
La Benjamin Franklin High School è enorme e abbastanza diversa dalla scuola che avrei dovuto frequentare fino a qualche settimana fa. L'edificio, all'esterno, è totalmente marrone e verde tiffany, probabilmente per rispecchiare, in parte, i colori della scuola (bianco, verde e arancione). I corridoi sono giallognoli e, l'interno, abbastanza moderno. Credo, comunque, di essermi persa di nuovo. Perfetto. Sospiro, la mia prima lezione è letteratura, nella stanza 106. Guardo l'orologio, sono le otto, non ho il tempo di andare a cercare il mio armadietto, ottimo. E non so nemmeno dove andare.
– Rose! –sollevo velocemente lo sguardo, facendo cadere gli occhiali. Vedo Albus, che cammina verso di me col suo solito sorriso stampato sul viso. – Attenta, potresti usarli come arma impropria –li raccoglie dal pavimento bianco e li adagia delicatamente sul mio viso. Sento di essere diventata rossa come un peperone, spero che non se ne sia accorto.
– G-grazie. –
– Nessun problema...che lezione hai ora? –
– Letteratura, aula 106 – osserva il foglio col mio orario, dà una rapida occhiata in giro e poi mi sorride.
– Vieni, cerchiamola insieme – poggia una mano sulla mia schiena e mi sospinge leggermente, incamminandosi con me verso la mia destinazione. – Ho visto Daniel che ti trascinava via prima –
– Beh sai, c'è gente che parla di 'amore a prima vista', io in questo caso, direi 'odio a prima vista', più che altro – saliamo le scale ed io mi soffermo ad osservare quanti studenti ci siano, nonostante, da quel che ho capito, si acceda attraverso test (da quel che mi ha detto mia madre io, essendo già stata accettata, sempre mediante lo stesso espediente, dalla Lick non ho dovuto farlo).
– Lui è fatto così, ha qualche problema a casa e si sfoga sulla persona che vede più debole rispetto a lui, e la suddetta, in questo caso, sei tu – lo guardo scoraggiata, il suo braccio non si sposta dalla sua posizione, e non posso negare che mi faccia piacere. Fino all'anno scorso i ragazzi si avvicinavano solo per chiedermi i compiti. – Non devi rimanerci male, davvero, e soprattutto non devi isolarti –
– Neanche a Diana piaccio tanto –
– Lei odia qualsiasi essere vivente femminile che entri nel raggio d'attenzione di Daniel, che sia per un motivo positivo oppure no – storco leggermente la bocca. E' davvero necessario che mi detesti? – E poi, Daisy, Audrey, Chris ed io ti adoriamo. Sei una bambolina • mi strizza una guancia con fare dolce, le mie gambe sembrano cedere sotto il peso del mio corpo. –Ecco, questa è la tua aula –
– Non hai anche tu lezione qui? – lo guardo corrucciata, i suoi grandi occhi azzurri brillano, insieme a quella strana aura che sembra avere attorno.
– No io ho geografia ora, nell'aula. –
– Ma è al piano di sotto e arriverai in ritardo...perché mi hai accompagnato? –
– Diciamo che volevo farmi perdonare per quel che è successo l'altra volta con Daniel e perché mi fa piacere passare del tempo con te – abbasso lo sguardo, visibilmente imbarazzata. Con la coda nell'occhio, lo vedo chinarsi e schioccarmi un bacio sulla guancia. – Adesso però devo proprio andare, ci vediamo più tardi bambolina – rimango appoggiata allo stipite, ammirandolo mentre se ne va elegantemente. Per certi versi, sembra quasi non toccare il terreno.
– Hai già lo sguardo innamorato –la testa di Daniel fa capolino sulla mia spalla. Mi volto verso di lui, ha sempre quel dannato ed irritante sorriso stampato sulle labbra. Mi fa venire voglia di prenderlo a pugni.
– Non è vero –
– Oh sì, è l'effetto che fa Albus – adocchio un ultimo banco vicino alla finestra e mi ci fiondo, il posto migliore per passare inosservata. – Io spezzo il cuore alle ragazze e lui lo cura –
– E ne vai fiero, suppongo – prende posto accanto a me. Perché lo sta facendo? Circa dieci minuti fa mi ha praticamente detto che gli do sui nervi.
– Dipende dai giorni. –
– Come mai ti sei seduto proprio qui, con me? –
– Voglio divertirmi un pochino, devo pur far passare queste sei lunghe ora no? – sorride sornione. Mi chiedo se si renda conto che sono una persona e non il suo nuovo giocattolino.
Mentre sto intensamente pensando a ciò, un uomo abbastanza giovane fa il suo ingresso in classe. Ha i capelli ricci e scuri e un paio di occhi verdi penetranti, che posso perfettamente vedere dal mio ultimo banco.
– Ragazzi posso avere un attimo la vostra attenzione? – batte le mani e tutti si zittiscono, osservandolo. –Buongiorno a tutti e benvenuti alla Benjamin Franklin High School. Io sono il professore James Holden e starò il vostro insegnante di letteratura –
– Ma quanti anni ha, diciotto? – Daniel borbotta incrociando le braccia al petto. L'uomo, tuttavia, sembra averlo sentito, perché si volta immediatamente verso di noi.
– In realtà ne ho ventiquattro, ma è sempre bello passare per più giovane – guarda il registro e lo percorre con il dito fino alla fine. – E tu invece sei...? –
– Daniel Christopher Manson. –
– Oh, che nome altisonante e pomposo – tutta la classe, compresa me, scoppia a ridere fragorosamente. Daniel mi dà un pizzicotto al fianco ed io sussulto. Come si permette? –E suppongo che tu sia il classico duro della situazione...se così si può definire un ragazzino di quattordici anni-
– Non credo che questo le interessi o sia di sua competenza. –
– Daniel ma che stai combinando? – sibilo al ragazzo accanto a me. Lui, per tutta risposta, mi dà un altro pizzicotto al fianco. Adesso mi arrabbio.
– Wow, che risposta insolente, si vede che sei ancora un bambino. –
– Disse quello che si sta mettendo a tu per tu con uno studente del primo anno. –
– Danny adesso... –
– Sta' zitta Rose e smettila di chiamarmi così – roteo gli occhi. Comprendendo che si tratti, in realtà, di una battaglia persa in partenza, prendo dalla cartella il mio quaderno nero ed inizio a scriverci sopra. Alla fine sono fatti suoi, niente che debba interessarmi.
– Scommetto che tu mi darai molte grane, vero? –
– Beh se lei continua a prendermi per il culo in questo modo... – James sogghigna divertito, inforcando un paio di occhiali rotondi, di un giallo sbiadito, quasi slavato.
– Va' dal preside, così conosci anche lui...o forse dovrei dire lei – Daniel si alza senza troppe cerimonie, attirando su di sé lo sguardo sognante delle altre ragazze. Non capisco perché ne vada tanto fiero, o per quale motivo un gesto simile catturi tanta attenzione. Noi essere umani siamo proprio una specie strana.
– Va bene, ma sappia che me ne vado da eroe – un applauso si leva, dalle retrovie fino ai primi banchi, simile ad una marcia trionfante con, proprio davanti, il proprio leader. Io, dal canto mio, rimango inerme, senza muovere un muscolo, neanche quando lui mi rivolge un ultimo sguardo e mi sorride, con la bocca curvata in quel modo canzonatorio che tanto lo contraddistingue. Dio, perché esiste tanta stupidità nel mondo?
– Ti sei beccato un'ammonizione? Il primo giorno?! Dannazione Daniel, di questo passo non arriverai all'ultimo anno sano e salvo – Albus rimprovera il biondo che, dal canto suo, continua tranquillamente a mangiare, mentre Diana lo guarda innamorata, sbattendo le lunghe ciglia dei suoi occhi scuri.
– Quella specie di surrogato di un professore ha tentato di umiliarmi davanti all'intera classe! Diglielo anche tu Rose –alzo la testa di scatto, ritrovandomi chiamata in causa per qualcosa che nemmeno mi riguarda. Ma Albus mi sta sorridendo quindi, per un attimo, sembro dimenticarmene.
– Avete esagerato entrambi, vi siete punzecchiati a vicenda – sollevo le spalle, consapevole che, tra circa cinque minuti, risponderà in un modo non troppo dolce o gentile.
– Ero sicuro che mi avresti dato una delle tue solite del cazzo. –
– E cosa vorresti sentirti dire allora? Che avevi ragione? –
– No, ma magari avere l'opinione di una persona intelligente, non di una timorata di Dio che si spaventa di esprimere la propria opinione o di prendere una posizione. –
– Okay, adesso basta voi due – Daisy si mette in mezzo, mentre io e Daniel continuiamo a lanciarci occhiatacce, sperando che l'altro prenda fuoco seduta stante o, quantomeno, che scompaia. – E' assurdo che non facciate altro che litigare –
– Mi fa salire il nervoso. –
– E tu sei un maleducato. –
– E voi mi avete fatto venire il mal di testa – Chris si massaggia le tempie, socchiudendo le palpebre. Ma perché mia madre mi ha dovuta trascinare qui? Voglio tornare a San Francisco. – Non possiamo continuare ad andare avanti così, dico sul serio –
– Beh in teoria non è colpa di Daniel, è Rose quella nuova. –
– Se è questo il problema, so benissimo come risolverlo –prendo il mio zaino e mi alzo, uscendo dalla mensa. Negli anni ho imparato a capire quando non sono desiderata, e questo è uno di quei momenti. D'altronde non mi aspettavo di trovare degli amici, quindi posso tranquillamente continuare ad essere un lupo solitario (almeno fino a quando mia madre non lo scoprirà e comincerà a farmi la ramanzina.)
– Rose, Rose aspetta un attimo – mi volto indietro, notando che Daisy ed Albus mi hanno raggiunto. – Lascia stare Diana, è fatta così –
– Lo so, lo so, se le toccano Daniel esce pazza. Ma sto bene, non c'era bisogno che mi seguiste. –
– Volevamo solo assicurarci che fosse tutto okay – esclama Albus, passandosi una mano tra i capelli scuri.
– Non scoppierò a piangere per quel che è successo, ma ora vorrei rimanere sola, scusatemi – faccio un ceno con la testa e riprendo a camminare. La verità è che non voglio che mi vedano piangere, non voglio fornirgli altri motivi per considerarmi una debole.
Non sapendo bene dove andare, mi dirigo verso l'aula di scienze, la mia prossima lezione e prendo posto, di nuovo, nell'angolo più nascosto della classe. Non sarò mai una persona che sta in prima linea, una di quelle che fa sentire la propria voce, una di quelle che vengono notate e che, in qualche modo, riesce a cambiare il mondo. Sarò sempre e solo la povera e patetica Rose.
Metto gli auricolari nelle orecchie, clicco sull'icona della musica e seleziono la riproduzione casuale. E' uno dei pochi modi che conosco per far tacere tutte queste voci che ho in testa, tutto questo aggrovigliarsi di pensieri che, di tanto in tanto, non mi fanno respirare.
Scrivo sul mio quaderno nero frasi sconnesse, non riesco più a concepire una storia di senso compiuto, non riesco più a collegare le parole tra di loro, viene fuori sempre e soltanto un accozzaglia di sentimenti che nessuno vorrebbe mai leggere o riuscirebbe a capire. Anche io, a volte, faccio fatica a ricollegarmi al filo conduttore da cui ho disciolto tutta la matassa.
Non so dopo quanto tempo sento qualcuno togliermi una cuffietta e svegliarmi dal mio torpore momentaneo. Mi sembrano passate ore, eppure l'orologio segna solamente le tre.
– Che ci fai qui? – Daniel getta malamente i libri accanto a me sedendosi senza troppe cerimonie. Non è possibile che abbia tutte le lezioni in comune con lui, questa è una vera e propria maledizione.
– Non sapevo dove altro andare, volevo stare un po' da sola –metto in pausa, consapevole che, vista la sua presenza, mi sarà difficile riprendere sia a scrivere sia ad ascoltare la musica.
– Non intendevo farti andare via a pranzo, dico sul serio. –
– Ha ragione Diana, sono io quella nuova, quindi se tu hai un problema con me... –
– Rose – mi zittisce posando una mano sulla mia bocca. – Non dobbiamo per forza farla diventare una storia drammatica. Diana è ossessionata da me e oggi ha sbagliato a parlare...poi, se tu non vuoi stare con noi, è un'altra faccenda. Ma credimi, non dovevi prenderla così male, anche se capisco che possa essere difficile ricominciare in una nuova città- appoggia il viso sul tavolo, sbatte le ciglia dei suoi grandi occhi azzurri e mi sorride. E' stranamente docile, non riesco a capire se mi stia prendendo in giro oppure no.
– Perché mi guardi così? –
– Perché mi diverti, sei strana, diversa. –
– Ah è una vita che me lo sento dire – suona la campanella e la classe comincia a popolarsi di studenti.
– Hai lasciato molti amici a San Francisco? –
– Macché, solo uno in realtà – sento l'amaro in bocca, la mia vita sociale fa davvero schifo, ha ragione mia madre e volersi ostinare a mandarmi dallo psicologo, ci deve essere per forza qualcosa di sbagliato in me.
– Non avevi nemmeno una migliore amica? Nessuno? –
– Non mi va di parlarne – taglio corto, cercando di sorvolare sulla mia difficoltà a socializzare e sugli anni passati alle medie. A parte Luke, nessuno voleva passare del tempo con me e ciò mi ha causato non pochi complessi. –Ma tu perché ti siedi sempre con me ad ogni lezione che abbiamo insieme? –
– Perché sono convinto che, col passare del tempo, mi farai fare le migliori risate bambolina – mi strizza una guancia, per poi farmi l'occhiolino. In quel momento, un vecchio professore, con i capelli bianchi ed un papillon blu, entra in classe. Sembra reggersi in piedi a fatica, tanto è magro ed esile, come se un soffio di vento potesse farlo volare da un momento all'altro.
Notando che i ragazzi stanno ancora parlottando tra di loro, graffia la lavagna con le unghie, causando gridolini e fastidio. Io, invece, mi tappo le orecchie, mi è appena venuta la pelle d'oca.
– Bene così almeno voi, branco di scimmie ammaestrate, mi darete un po' d'attenzione – mi volto verso Daniel, che sta già partendo all'attacco. Istintivamente, gli poso una mano sul braccio e lui si gira verso di me, sospirando. – Io sono il professor Johnson. Non mi aspetto che mi amiate o che vi rivolgiate a me con epiteti come 'Capitano, mio capitano', non sono qui per questo, ma per riuscire a riempire, almeno un pochino, quelle menti vuote che vi ritrovate –
– E' quasi più dolce di te – Daniel mi guarda con le palpebre ridotte e due fessure, prima di sorridere e passarsi la lingua sulle labbra.
– Questa era buona, te lo devo concedere bambolina – per tutto il resto della lezione, io e Daniel non facciamo altro che rimanere stupiti dai discorsi del professore, che sembra odiare gli studenti più di qualsiasi altra cosa.
Quando la campanella, finalmente, suona, ci fiondiamo fuori dal laboratorio, abbastanza scossi da ciò a cui abbiamo assistito.
–E' assurdo, se detesta noi alunni perché ha scelto di diventare insegnante? –
– Beh sai come si dice, 'chi non sa fare, insegna'– Daniel si stringe nelle spalle, ed io mi limito a ridacchiare. – Hai notato che abbiamo appena trascorso un'ora senza insultarci? –
– Hai ragione, è stato assurdo – mi avvicino all'armadietto, abbiamo avuto pure la sfortuna di averli vicini.
– Perché avevamo un territorio comune: Johnson – sgrana gli occhi, io rido di nuovo. Anche lui fa lo stesso e, per la prima volta, noto due fossette sulle guance.
– Sbaglio o voi due non vi state scannando? – Chris si avvicina a noi grattandosi la testa confuso, i lunghi capelli rossi gli ricadono sul viso pieno di lentiggini.
– Abbiamo sotterrato l'ascia di guerra per l'ultima ora e mezza, ma non posso garantirti una pace duratura – Daniel mi lancia uno sguardo di sfida, c'è uno strano luccichio nei suoi occhi, e sono convinta che non prometta niente di buono.
– Bene, io ora devo andare, devo tornare a casa a piedi e vorrei arrivarci prima che faccia buio, visto che non conosco la strada. –
– Buona fortuna allora, ne avrai bisogno – faccio una smorfia a Daniel, benché io sappia che ha perfettamente ragione. Come, d'altro canto, sono consapevole che mia madre chiamerà la polizia se non mi vedrà rincasare entro mezz'ora.
– Ehi sei sopravvissuta – vedo Albus venire verso di me, sorridente come sempre.
– Ehi – gli rispondo. –Sì, diciamo che prendere in giro il professor Johnson è l'unica cosa su cui io e Daniel andiamo d'accordo –
– Posso capirti, è dura stargli accanto –abbassa per un attimo lo sguardo, posso quasi percepire una nota di tristezza nella sua affermazione precedente. –Ma comunque, tu dove stai andando? –
– In teoria a casa, in pratica ovunque il mio pessimo senso dell'orientamento mi porterà – scoppia a ridere ed io lo seguo poco dopo, la sua risata è cristallina, allegra, come quella di un bambino.
– Se vuoi ti accompagno io, anche per non farti fare la strada da sola. –
– E Daniel e Chris? – ci voltiamo verso di loro per notare che il biondo ha instaurato una discussione con una ragazza che non ho mai visto prima ma che, quasi sicuramente, è più grande di noi.
– Beh io sarei più preoccupato per il mio pel di carota preferito, ma Daniel...che posso dire, Daniel sta scoprendo le gioie del liceo – rido scuotendo la testa, chissà se c'è veramente qualcuno in questo mondo che riesce a sopportare il carattere mutevole e scorbutico di quel ragazzo perché, in tal caso, vorrei conoscerlo.
Albus, dal canto suo, invece, mi sta tendendo una mano, sorridendo sotto i baffi. – Allora, mi concede l'onore di riportarla a casa, mademoiselle? –
– Certamente –afferro, tentennante, l'arto che mi ha proteso e mi stupisco di trovarmi pienamente a mio agio in quell'atto, come se non avessi fatto altro per tutta la vita.
– Finito pure voi? –Daisy, Audrey e Diana si voltano sorridendo, Albus molla la mia mano ed una strana sensazione mi attanaglia lo stomaco, un debole senso di nausea. Sicuramente si vergognerà di me, d'altronde lui è un bel ragazzo, perché rischiare che la gente fraintenda? Io non sono niente di che, non sono abbastanza.
– Sì ora stavamo pensando di andare a fare merenda da qualche parte...voi che fate, vi unite a noi? – gli occhietti vispi di Daisy passano velocemente da me ad Albus, in attesa di una risposta positiva.
– Daniel non sarà certo dei nostri, ha incontrato una ragazza prima e credo che si stia dando da fare, potreste chiedere a Chris, vi sarebbe eternamente grato se lo salvaste dalla situazione di terzo incomodo in cui si è ritrovato. –
– Vado io, non preoccupatevi –Diana sfodera il sorriso più falso di questo mondo e, a grandi falcate, si dirige verso il povero malcapitato.
Tutti e tre, quasi contemporaneamente, portiamo lo sguardo su Audrey.
– Ho capito, ho capito, vado io per evitare che uccida qualcuno – sorridiamo, mentre la osserviamo entrare dentro con passo flebile e stanco. Il sole, di fronte a noi, sta cominciando la sua discesa.
– E voi due? – io ed Albus ci guardiamo, senza sapere bene cosa rispondere.
– Io devo tornare a casa, o a mia madre verrà un infarto. –
– Ed io non posso lasciarla da sola, voglio dire, avete visto che non si orienta totalmente – il ragazzo mi fa l'occhiolino, sembra quasi che stia usando questa storia come una scusa. Ma è impossibile, insomma, prima ha mollato la mia mano, sicuramente mi sto immaginando ogni cosa.
– Oh va bene, allora sarà per la prossima volta, ma guardate che ci conto! –
– Promesso – esclamiamo all'unisono, riuscendo finalmente ad allontanarci dalla scuola.
– C'è voluto davvero tanto ma, alla fine ce l'abbiamo fatta. Non avevo alcuna intenzione di rinunciare a un po' di tempo solo con te –e mentre le mie guance diventano sempre più rosse e calde, le dita di Albus cercano le mie e le stringono, come se fossero state fatte solo per questo.
– Beh spero che tu non rimanga deluso, credo di essere uno spreco di tempo. –
– Woah woah woah, questa espressione non mi piace – la sua mano si avvolge di più alla mia, è così piccola in confronto. –Dobbiamo lavorare sulla tua autostima –
- Lo credo anch'io – abbasso lo sguardo, notando come anche i nostri piedi sembrano muoversi all'unisono. E' surreale. –Credo che sia una reazione al fatto che sono abbastanza timida come persona. Sai, quando sono sola, non entro nei negozi e spero sempre che la gente non mi fermi per strada per chiedermi indicazioni. Entro nel panico, la mia lingua si intreccia e comincio a balbettare cose senza senso. E' una cosa strana, vero? –
– E' una cosa da Rose, direi – si stringe nelle spalle, per poi voltarsi verso di me, sorridendo. – Dovresti provare a vederla come una tua caratteristica, non come un tuo difetto –
– Una mia caratteristica? – domando, confusa, chinando leggermente la testa di lato.
– Sì. Ognuno di noi è diverso dagli altri, ha dei tratti tipici che lo differenziano dal resto del mondo, e non sempre bisogna assopirli. A volte, basta soltanto metterli a nudo, lasciarli liberi nell'aria, magari portano a qualcosa di buono, chi lo sa. –
– I-io sono davvero senza parole – lo guardo estasiata, il sole illumina il suo profilo, facendo brillare gli occhi chiari.
– Beh, almeno spero che sia per un buon motivo che le tue guance sono diventate di questo bel rosa tenue – sfiora lentamente la mia pelle con i polpastrelli, una sensazione di calore mi invade il corpo. – Tranquilla Rose, le cose si aggiusteranno, e ti piacerà stare qui a New Orleans – e, tutto sommato, potrebbe essere anche vero.
Sbaaaaam!
Buon sabato e buona serata a tutti, finalmente sono riuscita a pubblicare il secondo capitolo della storia, non potete immaginare quanto ci tenga, è da più di un anno che sto lavorando a tutta la serie e spero di riuscire a finirla presto.
Anyway, ringrazio tutti quelli che la stanno leggendo e seguendo, davvero, non sapete quando sia importante per me. Grazie di tutto.
Ci vediamo presto,
un bacio
G xoxo
29.11.20 dopo 4 anni (e qui mi scende la lacrimuccia) ho revisionato anche questo capitolo, spero che vi piaccia!
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