Capitolo 5.

Canzoni per il capitolo:

Sleeping At Last - Light

"Prima di valutare se una risposta è esatta si deve valutare se la domanda è corretta" - Immanuel Kant.

<<Maledetto condominio che non ha più disponibili appartamenti. Non sapete quanto darei per poter vivere più vicina a voi. E anche per poter mangiare le lasagne cucinate da Ale! Sei troppo bravo>> lo elogiò Noemi.

Capitava spesso di passare a casa di Ale per mangiare tutti insieme a pranzo, e di solito eravamo solo io, Noemi e il nostro amico. Quel giorno no. C'erano anche Ethan e Nico. Fin dalla mattina sapevo che quella giornata non sarebbe andata avanti bene, ma non pensavo che addirittura Ale avesse intenzione di peggiorarla in quel modo, invitando la persona che non doveva essere invitata. Quel pranzo sembrò infinito.

<<... e quando ho saputo che quest'anno non ci sarebbe stato un nuovo album, mi sono sentito morire dentro. Ne avevo bisogno quasi quanto l'aria che respiro. Quella band è l'unica cosa che mi salva dalla roba commerciale che girano sempre in televisione o alla radio>> si lamentò Ale, facendo ovviamente riferimento agli Arctic Monkeys. Ricordo il giorno in cui sentì per la radio la notizia... Ero più che sicura di aver visto una lacrimuccia rigargli il volto.

<<Lo so, amico. Ma almeno ci consoliamo con gli album vecchi, dai. Li suonate?>> domandò Ethan prendendo una forchettata di lasagna.

Non riuscivo nemmeno a guardarlo negli occhi da quanta rabbia mi faceva. Certamente non avrei mai avuto il coraggio di restituirgli il foglio... Ero testarda, e sapevo benissimo che se mi ero messa in testa di non rivolgergli parola, l'avrei fatto.

<<Sono l'unico che non ci sta capendo assolutamente nulla?>> sussurrò all'improvviso il povero Nico, guardandoci preoccupato. A quanto pare, non ero l'unica a sentirsi a disagio in quella situazione.

<<No, tranquillo, siamo in due>> lo consolai.

<< Allora, Ethan... >> disse ad un certo punto Noemi, appoggiando la forchetta sul tavolo. << Come mai proprio astronomia?>>

Noemi ce la stava mettendo tutta per attirare l'attenzione di Ethan, e si vedeva benissimo che era rimasta molto colpita da tutto quello che ci aveva raccontato durante quel pranzo, soprattutto nel punto in cui aveva spiegato il motivo della sua scelta della facoltà in questa città. Trattenere le risate era stato davvero difficile... Aveva detto di aver scelto proprio questo posto perché aveva delle cose in sospeso da risolvere con una persona che aveva conosciuto in passato. Ero più che sicura che il riferimento fosse indirizzato a me! Era l'unica persona che conosceva da tantissimo tempo. 'Aveva delle cose in sospeso', certo, e allora perché aveva fatto finta di non conoscermi? Perché non si era messo in azione fin dal primo momento?

<< La studio da parecchio tempo. è sempre stata la mia più grande passione, e non penso sia un modo migliore dell'università per poter approfondire tutto!>> spiegò. << Da piccolo mi piaceva pensare di poter conoscere ogni singola stella. Volevo saperne la storia, perché ero sicuro che ciascuno di quei puntini luminosi avessero un motivo di stare in quella determinata posizione e magari di possedere anche quel nome. E poi, mi affascinava anche il modo in cui alcune di loro si potessero incontrare per dare forma a qualcosa di incredibile, come il sistema binario, ad esempio>>

Non potei fare a meno di guardarlo in quel momento, e dallo sguardo che mi lanciò capii che il riferimento a quel tipo di sistema non era per niente stato casuale anzi, era più che voluto.

<< Peccato che per arrivare a quello serve lo studio di altre tante materie che non sono così piacevoli come si pensa, ma va bene lo stesso>> concluse.

Finii di mangiare la lasagne con così tanta fretta che quasi quasi mi andarono di traverso, ma non mi importò nulla. Volevo uscire da quella dannata stanza e così avrei fatto. Non ce la facevo più a sopportare quella voce e nemmeno a sopportare lo sguardo che ogni tanto mi rivolgeva, come se stesse cercando, in qualche modo, di attirare la mia attenzione.

Mi alzai da tavola, in silenzio, cercando di attirare meno possibile l'attenzione di tutti, ma fu impossibile.

<< Davvero buono, grazie per il pranzo>> dissi e me ne andai cucina per appoggiare il piatto nel lavandino. Fu in quel momento che sentii dei passi nella stanza e poi la porta del frigorifero aprirsi all'improvviso.

<<E così, hai scelto filosofia, eh?>> sì, era proprio lui. Stava parlando proprio con me e io non sapevo che diavolo dirgli. 'Gli rivolgo parola, o no?' pensai tra me e me, e la risposta mi fu subito chiara. Certo che non gli avrei rivolto parola. Dopo tutti quegli anni, risultava difficile guardarlo, figuriamoci addirittura parlargli. << Sai, in un certo senso me l'aspettavo. Eri parecchio chiacchierona alle medie. Non stavi zitta nemmeno per un secondo.>>

<< Chiacchierona?>> domandai infastidita. Ecco lo sapevo , avevo ceduto. Gli avevo parlato. Ma come poteva pensare anche di prendermi in giro? Forse era lui troppo taciturno e solitario. Io ero una ragazzina normalissima che aveva solo voglia di conoscere nuove persone, che gli aveva anche dato la possibilità di legare con qualcuno e di non starsene in un angolino della stanza, a guardare i suoi coetanei socializzare.

<< Sì, non stavi zitta nemmeno un secondo. Me lo ricordo molto bene, sai? >> si appoggio con la spalla sulla porta del frigorifero e mi osservò mentre cercavo di riporre il piatto sporco nel lavandino di Ale, cercando soprattutto di fare in modo da non farlo cadere a terra. Le mie mani tremavano per l'imbarazzo, l'ansia, la paura, la rabbia... Dovevo cercare di mantenere la calma.

<< Wow, addirittura ricordi le cose? >> ironizzai.

<< Ricordo molte cose. Cerchi ancora di farti nuovi amici con la galassia Andromoida? >> Non era per niente male come battuta, soprattutto detto con la sua voce soave e profonda.

<< E tu giri ancora con il tuo quadernetto pasticciato di stelline?>> domandai.

<< Tu incolpi ancora le persone senza alcuna ragione?>> la situazione precipitò quando queste parole uscirono dalla sua bocca.

Noi due non potevamo stare chiusi nella stessa stanza perché ero più che sicura che, prima o poi, sarebbe venuta fuori una lite sul passato, cosa che io assolutamente non volevo dato che mi ero lasciata tutto alle spalle e non volevo nemmeno riportare alla memoria ricordi dolorosi.

<< E tu vai ancora a dire in giro le cose che le persone ti confidano? >> domandai uscendo velocemente dalla stanza, senza lasciargli nemmeno il tempo di rispondergli. L'odio che stavo provando per lui in quel momento, era uguale a quello che avevo provato il giorno in cui mia madre mi disse che avrebbe divorziato da papà. Il mio battito cardiaco aumento, la mia respirazione divenne irregolare e il mondo attorno a me sembrava oscillare mentre attraversavo il corridoio del condominio.

Non avevo salutato nessuno, me n'ero solamente andata via... Forse perché la necessità di passare qualche ora in completa solitudine stava avendo la meglio su tutto. Strinsi forte il manico della mia borsa quando salii sul solito autobus che mi portava nel mio focus amoenus. Ci avrei messo un bel po' ad arrivare dato che avevo scelto la fascia oraria peggiore per viaggiare, ma non mi importò.

Osservai il mondo scorrere sotto al miei occhi, solo dal piccolo finestrino: persone felici, tristi, ferite, arrabbiate si alternavano ogni cinque minuti. Spesso mi capitava di guardare qualcuno e di far finta di immaginare la sua vita... In un certo senso mi aiutava a staccare per qualche minuto da quelli che erano i problemi della mia vita. Prendevo anche il mio quadernetto e appuntavo una storia. Una storia che poi si allungava per tante e tante pagine. Le parole venivano fuori una dopo l'altra, quasi come avessero vita propria. Erano loro a scriversi da sole.

Utilizzavano la penna e la mia mano come strumento. Era diventato inevitabile farlo dopo gli eventi che si erano susseguiti in terza media. Scrivere era diventato un metodo di evasione dalla realtà. Era una porta che aprivo ogni singola volta che volevo vivere una vita diversa dalla mia. Sapevo di potermi trovare al sicuro dentro quel piccolo mondo che spesso mi costruivo da sola... Un mondo in cui tutto andava bene. Un mondo che non era il mio.

L'autobus si fermò per far salire altre persone, e tra queste, solo una riuscì ad attirare la mia attenzione. Tra la massa di studenti, distinsi un uomo alto e palestra, con addosso una giacca in pelle nera... I capelli neri, occhi azzurri, volto squadrato, chitarra in spalla... Era il mio professore di filosofia!

Passò con lo sguardo tutti i posti a sedere, fino a quando non notò che accanto a me ce n'era uno libero:<< Buongiorno prof>> lo salutai entusiasta.

<< Ciao tu sei la matricola che dà sempre belle risposte, vero?. Questo posto è libero? >> domandò indicando il posto accanto a me.

<< Sì sono proprio io. Certo>> risposi immediatamente. Il famoso 'professore strambo' era seduto esattamente accanto a me. Appoggiò la pesante chitarra a terra e tirò fuori dalla tasca della sua giacca un piccolo manuale di filosofia sull' estetica trascendentale. Mi fece sorridere l'incredibile contrasto che si creò in quel momento... Metallaro filosofo... Come potevano due mondi, così diversi, essere racchiusi nell'anima di una singola persona?

Sfogliava le pagine e divorava quelle righe con gli occhi... Sì, era strambo, ma anche parecchio affascinante dal punto di vista della personalità, oltre che dall'aspetto. Mi sarebbe piaciuto prendere il mio quadernetto e cominciare a scrivere qualcosa sul mio professore e sul suo modo di essere particolare, ma purtroppo non avevo avuto abbastanza tempo, dato che dopo poco tempo dovetti scendere per non perdere la mia fermata. Salutai il prof senza avere nemmeno il tempo di parlargli.

Quando finalmente imboccai l'ultima via prima del mio piccolo posto segreto, sentii un peso levarsi dal mio stomaco. Passeggiare in mezzo alla natura, stare in silenzio e lasciare che la mia testa potesse viaggiare per conto suo grazie ai tantissimi libri che spesso mi portavo dietro. Leggere, scrivere... Quelle erano le attività che mi facevano sentire meno sola di quanto realmente lo fossi.

Certo, non ero completamente giù di morale perché per mia grandissima fortuna avevo accanto due amici che, sapendo bene del rapporto che ho con i miei genitori, cercavano di farmi stare il meglio possibile. Ma il problema era proprio quello : i miei genitori. Mio padre era uno dei motivi principali.

Pensavo spesso a come sarebbero andate le cose se lui avesse scelto noi, e non quella donna, perché anche se non avevo voluto sapere più nulla né da lui né da mia madre, sapevo che era andata così. Sicuramente anche mia madre sarebbe stata più felice. Non che non lo fosse, ma ero sicura che il dolore che avesse provato per non essersi sentita abbastanza per papà, fosse grande. Ed era proprio questa la cosa che mi preoccupava... Il dolore di mia mamma.

Mi dispiaceva non avere la possibilità di starle accanto a causa dei miei studi. Ma per tenerla d'occhio, avevo deciso di farle fare una promessa: due volte al mese doveva venire a trovarmi nel mio appartamento. Ed era stato così da quando mi ero trasferita. Era sempre una gioia vederla gironzolare per il mio appartamento, anche perché mi faceva tornare in mente il mio ultimo anno del liceo in cui lei sembrava essere tornata la mamma allegra e serena che avevo conosciuto quando ero molto piccola.

Il divorzio da papà ormai era in parte superato, e lei aveva imparato ad apprezzare il tempo che le era rimasto da passare con me! Avevamo un bel rapporto, sì, tipo come quello tra Lorelay e Rory di 'Una mamma per amica', con la differenza che noi non vivevamo nella stessa casa e che ci vedevamo una volta a settimana, ma ci bastava eccome.

Mi stesi per terra, sopra i fili d'erba che solleticavano il mio volto, e tirai fuori dalla mia borsa penna e quaderno, e quando aprii la prima pagina, trovai il disegno che Ethan aveva perso. Passai molto tempo a cercare di capirci qualcosa, ma nulla. Quelle stelle disegnate ovunque sul foglio erano state messe in secondo piano per rendere evidente l'importanza della stella centrale, quella che sembrava avere un moto tutto suo e distaccarsi dalle altre.

In quel momento desiderai con tutta me stessa di sapere almeno un minimo di astronomia... Forse sarei stata in grado di decifrare quei disegni.

Il mio indice scorreva il contorno di ogni singolo elemento del disegnato, immaginando come Ethan potesse essere arrivato a disegnare una cosa del genere. Mi bloccai e piegai di nuovo quel foglio per riporlo nella borsa. Non dovevo pensare a lui. Ero venuta nel mio locus amoenus proprio per evitare di sentire di nuovo quel nome gironzolare per la mia testa...

Tornai alla mia penna e al mio quaderno e cominciai a scrivere. Non sapevo cosa sarebbe venuto fuori! La mia mano si muoveva da sola. Stavo per concludere quando sentii un ramoscello spezzarsi vicino a me...

Mi voltai per controllare che non ci fosse qualcuno, e quando ne fui sicura, tornai a concentrarmi sul mio quaderno.










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