chapter twenty-three
"Spencer, adesso siediti e rilassati." Sbuffò Steve Rogers passandosi una mano tra i fini capelli biondi e prese posto sulla poltrona del salotto del suo modesto appartamento a Washington D.C. La ragazza eseguì il suo ordine come un automa e si accomodò sul divanetto rosso, un po' sgualcito.
Si fissava intorno come un animale in pericolo ed impaurito. Si era svegliata qualche ora prima, in un letto che non le ricordava minimamente quello della sua cella d'isolamento alla base dell'Hydra tanto era comodo.
Il ragazzo biondo, Steve, era sdraiato accanto a lei e dormiva beato. Lo aveva scrutato per qualche secondo, indecisa se scappare o meno, ma poi lui si era svegliata e la aveva guardata con i suoi occhi azzurri e famigliari e Spencer aveva capito che di lui si poteva fidare.
Lui si era alzato ed aveva preparato la colazione per entrambi, la giovane Stark l'aveva seguito in silenzio fino alla piccola cucina pulita ed ordinata.
Tipico di Steve, l'ordine - aveva pensato alzando impercettibilmente l'angolo della bocca. Perché sì, forse non si ricordava proprio tutto della sua vita, ma da quando era entrata in contatto con quel ragazzo, piccoli particolari le erano tornati alla mente.
Si chiamava Spencer Stark, era figlia di Tony Stark e Pepper Potts. Aveva una gemella di nome Stacy. 25 anni. Viveva a New York. L'Hydra l'aveva rapita.
Inoltre, sapeva di potersi fidare di quel ragazzo biondo dall'aria gentile. L'aveva salvata e portata al sicuro nel suo appartamento. Avrebbe potuto consegnarla allo S.H.I.E.L.D. o alla polizia, o peggio ancora riportarla alla base dell'Hydra, ma lui era suo amico perciò Spencer si rilassò ed iniziò a parlare con voce bassa e cauta, le spie dell'associazione nazista potevano essere a portata d'orecchi e lei non voleva ritornare da Brock Rumlow e le sue torture barbare.
"Grazie per avermi portata qui, al sicuro." Lo fissò con riconoscenza negli occhi azzurri ed un po' torbidi, avevano perso quella loro limpidezza che li contraddistinguevano.
"Mi sembrava il minimo che potessi fare." Le sorrise dolce e si passò ancora la mano tra i capelli dorati. "Ma adesso mi devi dire cosa ti è successo in questi mesi. Ci siamo tutti preoccupati per te, soprattutto Scott. Ti devo riportare dalla tua famiglia al più presto, Tony e Stacy ti cercano disperati da quando sei sparita."
"Ti manca Scott, non è vero?" Azzardò poi Steve, ma gli girava da troppo tempo quell'unica domanda: perché la ragazza non aveva ancora minimamente accennato al suo fidanzato?
Spencer spalancò gli occhi e poi li chiuse, non voleva rivivere ancora il dolore che aveva provato nella base nemica.
Quel nome, pronunciato con tanta sicurezza dal giovane uomo, le frullava in testa ed all'improvviso il cuore iniziò a batterle all'impazzata.
"Chi è Scott?" Domandò stanca, poi appoggiò la testa contro lo schienale del divano.
Steve rimase interdetto per secondi che sembrarono eterni, poi si schiarì la voce: "Ma come? Scott Lang è il tuo fidanzato."
La ragazza alzò la testa, sbalordita e boccheggiò un paio di volte. Fu come un lampo a ciel sereno, riuscì a collegare il volto dello sconosciuto a quel nome ed un ricordo la colpì in pieno.
Era seduta ad un tavolino del bar in cui faceva colazione tutte le mattine prima di recarsi al lavoro.
Stava parlando frivolamente con una ragazza dei lunghi capelli biondi e gli occhi magnetici di un azzurro chiaro. La sua amica ben presto si alzò e la salutò, lasciandola così da sola.
Spencer fece vagare il suo sguardo per tutto il piccolo locale che era un po' annebbiato nei suoi ricordi, così come il volto della ragazza bionda. I suoi occhi si posarono su una figura mascolina che risultava nitida nella sua mente, in netto contrasto con tutto il resto che le appariva sfocato.
Lo guardò per qualche istante, imprimendosi nella mente il suo volto dai lineamenti dolci.
Purtroppo non poteva passare tutta la mattina al bar così si vide costretta ad alzarsi e a raggiungere la cassa per pagare il conto.
Prima di uscire, si girò un'ultima volta verso il ragazzo al tavolo. Era semplicemente stupendo; non uno di quei ragazzi che si notano facilmente per strada, ma in quel momento il cuore di Spencer smise di battere per un secondo.
Era perfetto nelle sue imperfezioni.
Gli occhi ed i capelli di un castano caldo, il naso proporzionato e le labbra sottili. Con il viso del ragazzo stampato in mente, uscì dal locale pronta per affrontare un'altra giornata di lavoro.
"Scott." Mormorò, assaggiando con la lingua quel nome che le sembrava tanto sconosciuto ma che riusciva a farle battere il cuore all'impazzata.
Aprì gli occhi, riprendendosi dal suo stato di trance e soffermò l'attenzione su Steve che non aveva smesso di fissarla in attesa di una risposta.
"Mi hanno fatto l'elettroshock talmente tante volte che non riesco a contarle sulle dita di una sola mano." Rabbrividì, ricordandosi il dolore che le provocavano le scosse elettriche. Si fece forza, doveva farsi forza. "Mi hanno cancellato la memoria. Io non mi ricordo quasi niente. Appena ti ho visto, mi è apparso nella mente il primo incontro che abbiamo avuto e da allora piccole cose sono venute alla galla, ma di Scott non ricordo niente. Ho avuto un flashback adesso, però ho paura che sia uno scherzo del mio subconscio malato."
Era la prima volta che parlava così tanto da quando era stata rinchiusa in isolamento dopo gli eventi a casa di Sanchez.
Le faceva male la gola che si era infiammata e bruciava come l'inferno.
Si strinse il labbro tra i denti, ingoiò il groppone che aveva sulla gola e continuò a parlare, con voce vacillante e rauca: "Mi devi aiutare. Io ho paura di tornare alla mia vecchia vita perché mi hanno trasformato in un mostro."
Alzò di scattò le braccia e le maniche della felpa larga che Steve le aveva prestato scivolarono lungo gli avambracci fino ad arrivare ai gomiti.
I bracciali di ferro che le stringevano i polsi rifletterono i pochi raggi del sole che entrava dalle finestre, delle pesanti tende impedivano a troppa luce di infiltrarsi nell'appartamento.
"Cosa sono quei bracciali?" Chiese Steve, si sedette sul divano accanto alla bionda e le sfiorò lentamente quei pezzi di metallo legati intorno ai suoi polsi.
Spencer si sottrasse di scatto al tocco delicato del giovane e prese posto lontano da lui.
Il cuore le batteva forte e delle gocce di sudore le imperlavano la fronte.
Chiuse gli occhi ed un altro ricordo le inondò la mente.
Un dolore lancinante le pervase tutto il corpo.
Poi un'altra scarica elettrica la investì in pieno.
Degli strani pesci avvolti da fasci di filamenti scintillanti nuotavano intorno a lei e si strusciavano sulla sua pelle provocandole dei dolori lancinanti.
Spencer cercava di gridare, ma dalla sua bocca uscivano solo suoni gutturali che andavano a mischiarsi con lo strano rumore che provocata l'erogatore d'ossigeno a cui era attaccata. Aprì gli occhi, ma l'acqua e l'oscurità le impedivano di vedere qualsiasi cosa, fatta eccezione per quei pesci luminosi che le nuotavamo intorno.
Li richiuse e, dopo un tempo che le parve infinito per via del dolore, una luce investì il suo viso.
Due paia di braccia l'afferrarono e la tirarono fuori dall'acqua.
Non fece in tempo a mettere a fuoco ciò che la circondava che subito un sacco nero le venne messo sulla testa, respirava a fatica ma un refolo d'aria passava attraverso il tessuto spesso.
Le braccia la trascinarono da qualche parte. Erano in due, lo riusciva a capire dal rumore dei respiri che la circondavano e da quello dei passi. Una terza persona si aggiunse a loro e disse con autorità: "Portatela nella Stanza Nera."
Venne trascinata per qualche altro minuto, finché non sentì una porta sbattersi alle sue spalle.
Le tolsero il sacco dalla testa ed una luce abbagliante ed innaturalmente bianca la colpì in volto.
Sbatté le palpebre qualche secondo, finché non si adattò al nuovo ambiente e poi mise a fuoco ciò che la circondava. Tre pareti completamente nere illuminate da una potente luce appesa al soffitto ed una fatta interamente di vetro. Si guardò intorno spaesata, non era mai stata in quella stanza.
Si girò verso la vetrata e vide che c'erano quattro uomini ad osservarla. Uno grosso come un armadio e pelato con una strana cicatrice sul volto, Ryan Ivanov. Un uomo abbastanza giovane ad attraente dai capelli castani, Robert Vinogradov. Un uomo dal viso severo e la muscolatura evidenziata dalla maglietta attillata nera, Brock Rumlow. Per ultimo, quello che sembrava uno scienziato, indossava un camice e dei piccoli occhiali, il dottor Hans.
"Avanti, facci vedere cosa sei in grado di fare con i tuoi nuovi poteri." Disse l'uomo dalla maglietta nera, lo stesso che aveva parlato prima. Molto probabilmente era il capo. La sua voce era un po' gracchiante e giungeva da un microfono, ma era la stessa che aveva già sentito.
Spencer lo fissò con un ghigno sul viso ed incrociò le braccia al petto: "Perché, Rumlow?"
L'uomo le sorrise beffardo, ma non fece altro.
Un manipolo di uomini entrò nella stanza, indossavano tutti delle strane tute nere ed avevano in testa una maschera simile a quelle antigas.
"Perché saranno loro ad obbligarti." La voce di Rumlow rimbombò ancora per la stanza e contemporaneamente gli uomini l'attaccarono.
Erano venti, armati di lunghi bastoni di metallo con cui colpivano a ripetizione la ragazza.
Spencer si accasciò a terra, stava per perdere i sensi ma nessun osso si era ancora rotto, complice il potenziamento del siero del Super Soldato.
"Non avere paura di attaccarli con le scariche elettriche, le loro tute sono ignifughe." Rumlow parlò ancora, il suo tono era altezzoso ed arrogante.
Spencer tirò un calcio ad un uomo e ne colpì altri due con dei pugni potenti. Lentamente, gli individui indietreggiarono lasciandole spazio per poter utilizzare i suoi poteri. Seguivano alla lettera gli ordini di Brock.
La giovane Stark chiuse gli occhi e cercò di incanalare la quantità enorme di elettricità che sentiva scorrerle nel sangue alle mani. Li riaprì e vide che le sue dita erano circondate da una leggera patina biancastra.
Puntò le braccia verso un uomo e lo colpì con una leggera scossa.
"Più forte!" Urlò Rumlow da dietro il vetro.
Spencer pensò a tutto quello che le avevano fatto da quando era arrivata, una rabbia repressa iniziò ad inondarle i sensi e ad accecare la sua ragione.
La patina intorno alle dita si era estesa ed era diventata una potente palla di energia pura. La scagliò contro gli uomini, una decina caddero tramortiti.
Il senso di rabbia però cresceva in lei e si ritrovò a scagliare una potentissima scossa contro gli altri, talmente potente che caddero a terra carbonizzati.
Gli occhi le si riempirono di lacrime ed un pensiero ai formò nella sua mente.
Sono un mostro.
"Sono un mostro, Steve." Ripetè al ragazzo, non riusciva più a trattenere i singhiozzi che le uscivamo convulsivamente dalle labbra. "Ho ucciso delle persone."
"Purtroppo capita se sei un agente dello S.H.I.E.L.D., anche se non vorresti." Ribatté lui, con un sorriso sarcastico.
A lui non piaceva che ci fossero delle vittime tra i civili, ma era un effetto collaterale del salvare il mondo dai cattivi.
"Tu non capisci, li ho carbonizzati. L'Hydra mi ha trasformato in arma letale, mi hanno iniettato nelle vene il siero del Super Soldato e mi hanno dato un potere, quello dell'elettricità. Mi hanno messo questi bracciali ai polsi perché non riesco a controllarlo e così non sarei stata in grado di fuggire da loro. Steve, io sono un mostro!" Urlò disperata la ragazza. Si lasciò andare in un pianto isterico.
Rogers si avvicinò cauto a lei e la strinse tra le sue braccia forti. Spencer lo lasciò fare e rimasero abbracciare per una decina di minuti.
Non riparlarono più dell'Hydra e di quello che era successo alla Stark, per il resto della giornata. Ma entrambi sapevano che sarebbero ritornati in argomento.
Spencer doveva tornare dalla sua famiglia.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top