Spencer si chiuse la porta alle spalle. Il silenzio e l'oscurità del suo nuovo appartamento l'avvolsero come una coperta nera.
Si era trasferita a vivere da sola da poco. Sua sorella Stacy aveva fatto lo stesso qualche settimana prima, lei e Steve avevano acquistato una piccola villetta in un quartiere residenziale di New York. Là le case erano tutte uguali ed i vicini sorridenti, il posto perfetto per mettere su famiglia. Spencer aveva fatto visita alla sorella molte volte, accompagnata da Scott, e si era innamorata di quel posto.
Però aveva scelto di vivere a stretto contatto con i grattacieli e la vita frenetica del centro città. Aveva trovato un piccolo ma accogliente e moderno appartamento nello stesso palazzo del padre, la coppia che ci abitava prima si era trasferita dopo aver avuto una bambina, preferendo la vita di campagna lontano dai fumi nocivi e dal caos della Grande Mela.
A Tony era dispiaciuto perdere entrambe le figlie in così poco tempo ma era giunto il momento che entrambi si facessero una propria vita e continuava a vederle ogni giorno al lavoro anche se non era la stessa cosa averle che gironzolavano per casa.
Spencer sbadigliò stanca, era andata con Scott e Cassie al cinema a vedere un film su dei buffi pupazzetti gialli chiamati Minions, che le avevano rubato il cuore. Insieme alla bimba si era ritrovata d'accordo sul fatto che ne volesse uno.
Era passato poco più di un mese dalla missione con i Noche Roja e da allora la gang non aveva fatto più parlare di sé, così allo S.H.I.E.L.D la situazione era abbastanza calma ma tutti attendevano con trepidazione la prossima mossa dell'associazione criminale. Era la cosiddetta calma prima della tempesta.
Né Scott né la giovane Stark erano stati coinvolti in altre missioni così avevano passato la maggior parte del tempo insieme, a volte c'era anche la figlia del supereroe a fargli compagnia.
Spencer non si era mai sentita così felice in tutta la sua vita: aveva finalmente trovato un uomo che l'amava veramente e si sentiva un po' come una mamma per la piccola Cassie. I due Lang erano diventati una famiglia per lei e passare del tempo con loro la faceva sentire al settimo cielo.
Si tolse le scarpe e le lasciò accanto alla porta d'ingresso, cercò a tentoni l'interruttore per accendere la luce. Una volta che il piccolo salotto fu illuminato, per poco non lanciò un urlo.
C'era un uomo seduto sulla sua poltrona preferita e sembrava aspettarla. Lo scrutò per qualche secondo, portandosi una mano automaticamente alla cintura dei jeans. Si maledì quando non trovò una pistola con sé, d'altronde non era solita portare in giro armi quando non era in servizio per lo S.H.I.E.L.D.
"Chi diavolo sei?" Il suo istinto d'agente le fece mantenere un tono di voce calmo e gli occhi aperti, sulla difensiva.
L'uomo non disse nulla.
Spencer lo fissò per qualche istante. Aveva i capelli neri come la pece e lunghi fino alle spalle, gli ricoprivano la maggior parte del viso che era già nascosto di suo da una specie di museruola nera e da degli strani occhiali dello stesso colore.
Ma la cosa che la fece sussultare fu il braccio sinistro dell'uomo, era fatto interamente di metallo lucido che risplendeva nella penombra della stanza. Sull'arto bionico era dipinta una stella rossa. La ragazza provò ad associarla a qualcosa ma non le venne in mente niente a cui potesse ricollegarla. L'uomo indossava una casacca nera rinforzata sul busto da una specie di giubbotto antiproiettile e dei pantaloni militari scuri.
"Chi sei e cosa vuoi da me?"
Domandò ancora cercando di non farsi assalire dalla paura. Continuava a fissare il braccio metallico dell'uomo ed in particolare la stella rossa. Una volta, Natasha Romanoff gli aveva parlato di un mercenario con le esatte sembianze di quell'uomo. Le aveva raccontato che per molti era una leggenda ma lei stessa aveva avuto la prova che in realtà fosse vero ed aveva pure tentato di ucciderla. Si chiamava Soldato d'Inverno.
Con la consapevolezza di chi avesse davanti, la pelle di Spencer si ricoprì di brividi ed il sangue le si gelò nelle vene. Un assassino spietato, un mercenario che non si arrendeva davanti a niente e nessuno.
Rimase immobile al centro della stanza. Il suo cervello le urlava di indietreggiare fino alla porta del suo appartamento - doveva assolutamente scappare dal Soldato - ma le gambe non ne volevano sapere di muoversi e rimasero inchiodate al pavimento.
L'uomo si alzò dalla poltrona e le si avvicinò minaccioso.
"Ti prego, non uccidermi." Sibilò Spencer con il cuore che le batteva all'impazzata nel petto, sembrava che anche quell'organo volesse uscirle dalla cassa toracica e scappare dal salotto.
Una lacrima le solcò la guancia destra, quando si ritrovò davanti a sé il Soldato d'Inverno. Chissà quante suppliche aveva sentito nel corso della sua esistenza, una ragazza indifesa non doveva di certo fargli pena.
L'uomo si porto una mano alla cintura dei pantaloni neri ed estrasse qualcosa dalla tasca.
Spencer, come se fosse stata risvegliata da quel gesto, cercò di tirargli un pugno sul volto. Pessima mossa.
Il Soldato non solo parò il colpo ma si fiondò anche sul suo corpo, immobilizzandola sul pavimento di legno.
Spencer cercò di disarcionarlo da lei ma era bloccata dal braccio metallico che le stringeva entrambi i polsi sopra alla testa e dalle gambe del mercenario che erano chiuse intorno alle sue cosce come una morsa d'acciaio.
Iniziò a dimenare il corpo, ma l'uomo non si mosse di un millimetro rimanendo impassibile alle suppliche di Spencer e alle lacrime che gli scendevano a fiotti sulle guance. Con la mano umana, ricoperta da un guanto di pelle nera, prese l'oggetto che stava cercando prima nei pantaloni ed estrasse dalla tasca una lunga siringa contenente uno strano liquido verde.
Gli piantò l'ago nel collo, Spencer strinse i denti e l'ultima cosa che vide fu il volto mascherato del Soldato d'Inverno, poi si fece tutto nero come la notte.
*
Il rumore della pioggia giunse ovattato alle orecchie di Spencer. Sentiva solo lo scrosciare delle gocce d'acqua sul tetto, un tintinnare ripetuto che le dava fastidio. Cercò aprire gli occhi, la testa le pulsava terribilmente.
A primo impatto non vide nulla, ma quando i suoi occhi si furono abituati all'oscurità riuscì a distinguere i contorni di una sagoma davanti a lei.
Sobbalzò, il suo corpo invece che muoversi rimase perfettamente immobile. Riusciva solo a muovere il capo. Il rumore del suo battito cardiaco rimbombava per tutta la stanza buia, però - forse - lo percepiva solo lei.
Si guardò intorno cercando famigliarità nell'ambiente circostante a lei. Non era a casa sua, l'aveva capito dal primo momento perché nel suo appartamento non si sentivano i rumori della pioggia ma solo i clacson delle macchine ed il frastuono di una caotica New York.
Si accorse di essere in una stanza dalle pareti ricoperte da una squallida carta da parati a fiorellini, che in più punti si stava staccando dal muro e pendeva verso la moquette marrone e sudicia.
Il letto su cui era appoggiata aveva una trapunta beige, macchiata in più punti.
Spencer rabbrividì davanti a tutta quella sporcizia ma la sua vera preoccupazione era la sagoma scura che aveva visto a fianco del letto.
Girò la testa in quella direzione, le tempie le pulsavano terribilmente e gli occhi iniziavano a pizzicarle.
La silhouette era ancora nella stessa posizione di prima, sembrava quasi una statua di marmo. Spencer lo riconobbe subito e piano piano riuscì a focalizzare cosa fosse avvenuto nelle ultime ore.
Aveva trascorso una fantastica serata con scott e Cassie, prima erano andati ad un fast food e poi al cinema a vedere un film.
Era ritornata a casa ed aveva trovato un uomo ad aspettarla... il Soldato d'Inverno.
Iniziò a dimenarsi, riacquisendo sensibilità alle gambe ed alle braccia ma si accorse di essere immobilizzata.
Una spessa corda sfregava contro la pelle dei suoi polsi ed era avvolta anche intorno al busto, arrivando poi alle caviglie. Era legata come un salame.
Il Soldato la guardò, intanto si era tolto gli occhiali e la strana museruola lasciando allo scoperto il suo viso mascolino. I suoi occhi luccicavano in mezzo alla stanza talmente tanto erano azzurri ma di una tonalità fredda e glaciale. Le sue guance erano ricoperte da un leggero strato di barba, che metteva in risalto le labbra carnose e color ciliegia. È bello - si ritrovò a pensare Spencer - ma di una bellezza glaciale. Infatti la sua espressione era vuota e priva di emozioni, sembrava quasi una maschera. Gli occhi scrutavano la giovane Stark vacui e privi di vitalità.
La ragazza sostenne il suo sguardo, calmandosi e cercando di ristabilizzare sia il battito del suo cuore che il respiro. Era in trappola.
Lasciò andare sconsolata la testa contro il cuscino pulcioso ed iniziò a piangere in silenzio. Le lacrime scendevano calde lungo le sue guance. Aveva paura, non le era mai capitato. Neanche quando era in missione con lo S.H.I.E.L.D perché sapeva che poteva contare sui suoi compagni, sempre pronti a coprirle le spalle. Ma adesso era sola, completamente in balia del suo rapitore. Non poteva contare su suo papà, su Stacy, su Steve e su Scott.
Scott, dove era il suo Scott. Il suo eroe, il suo amore, il suo salvatore... dove era Scott? Aveva un disperato bisogno di sentire il suo corpo caldo accanto a sé e la sua voce dolce rassicurarla che non le sarebbe accaduto nulla di male e che lui era lì con lei, a proteggerla da qualunque male. Ma Scott non c'era e Spencer era legata a quel letto con il Soldato d'Inverno che la fissava senza pietà.
Sembrava che le lacrime ed i singhiozzi della ragazza - che da muti, erano diventati violenti e rimbombavano in tutta la stanza - non scatenassero in lui nessun tipo di reazione. Il suo viso impassibile la fissava, studiando i movimenti della giovane Stark.
"Ti prego, lasciami andare." Singhiozzò con la voce rauca e la gola secca come un deserto. "Non ti ho fatto niente, ti prego, liberami."
Il mercenario non disse nulla, si limitò solo a rimanere immobile.
"Posso almeno bere?" Bisbigliò Spencer dopo qualche minuto di silenzio, disturbato solo dallo scrosciare insistente dell'acqua.
Ancora silenzio. Il Soldato però si alzò, prese una bottiglietta da un grosso zaino nero che si trovava ai piedi della poltrona su cui era seduto e si avvicinò al letto. La ragazza era sicura di non aver notato nessuno zaino, quando lo aveva trovato nel suo appartamento. Non badò a questo particolare ed accettò volentieri l'aiuto dell'uomo. Il braccio umano le afferrò la spalla e la appoggiò alla testiera malmessa del letto con un movimento brusco. L'arto robotico le avvicinò la bottiglia alle labbra. Spencer bevve lunghi sorsi d'acqua e poi allontanò il viso dal collo di plastica.
"Grazie." Mormorò a denti stretti. "Puoi slegarmi? Tanto non vado da nessuna parte."
Si era arresa all'evidente: disarmata non sarebbe riuscita a scappare dal suo aguzzino. Fisicamente era più forte di lei e doveva essere armato, anche se non aveva usato niente contro Spencer.
Il Soldato annuì impercettibilmente, tanto che Spencer pensò di essersi immaginata la sua testa muoversi, e tirò fuori dalla testa dei pantaloni un coltello dalla lama affilata e lunga. L'arma risplendette nel buio della stanza.
Tagliò la corda all'altezza del busto e la usò per legarle i polsi alla testiera, permettendole di muoversi anche se in modo limitato.
Spencer apprezzò questo gesto. Poi il mercenario ritornò a sedersi sulla poltrona.
Se Spencer voleva scappare, avrebbe dovuto usare l'astuzia e cogliere l'attimo in cui si sarebbe distratto.
Si accucciò sotto la trapunta, con le gambe strette al petto, e cullata dal tintinnare della pioggia si addormentò con la speranza che al suo risveglio il Soldato d'Inverno non ci fosse più. Sperava con tutto il cuore che quello fosse solo un brutto sogno e di svegliarsi nel suo letto, accanto a Scott.
*
Spencer aprì gli occhi molte ore più tardi. Anche se le tende oscuravano il vetro, un raggio di sole faceva capolino nella stanza attraverso la piccola finestra.
Si mise seduta sul letto, le braccia le formicolavano per via della scomoda posizione in cui aveva dormito per tutta la notta. I suoi polsi erano ancora legati stretti alla corda, tanto che alcuni lividi avevano iniziato a formarsi sulla sua pelle pallida.
Si guardò intorno spaesata per qualche secondo, il Soldato d'Inverno era ancora seduto sulla sua poltrona. Sveglio. Dalle occhiaie violacee che gli contornavano gli occhi, si capiva che non avesse dormito neanche per un misero minuto ma che era rimasto a fare la guardia alla giovane Stark per tutto il tempo.
Spencer lo osservò per qualche istante, chiedendosi come facesse ad essere sempre così glaciale e privo di emozioni. Sembrava quasi che non si fosse mosso di un millimetro da quando aveva aperto gli occhi e lo aveva visto la sera prima.
"Ho fame." Disse pacata, appoggiando poi la testa contro il muro e chiudendo gli occhi. Non doveva farsi prendere dal panico, l'importante era mantenere la calma e sangue freddo come le avevano insegnato durante gli addestramenti dello S.H.I.E.L.D. Prima o poi, avrebbe trovato il modo di scappare dalle grinfie del suo aguzzino.
Il Soldato non disse nulla, tanto che la ragazza si chiese se gli avessero tagliato la lingua, ma si limitò a lanciare un pacchetto sul grembo di Spencer.
Lei lo aprì immediatamente, dentro al sacchetto di carta c'era una ciambella ricoperta di glassa al cioccolato.
La addentò con voracità ed ingollò un paio di morsi prima di fermarsi e chiedere all'uomo: "Ne vuoi un po'?"
Lui non rispose, così fece spallucce e divorò il resto.
Perché era gentile con il suo rapitore? Non lo sapeva neanche lei, però gli faceva pena quel ragazzo poco più grande di lei. Sembrava un involucro di carne umana senza sentimenti. Un guscio riempito dalle idea di menti malate. Era sicura che dietro al suo rapimento non ci fosse il Soldato d'Inverno ma qualcun altro, lui era solo una marionetta messa nelle mani delle persone sbagliate.
"Come ti chiami?" Gli chiese, senza guardarlo. Mantenne lo sguardo fisso davanti a sé, il muro tappezzato da quella abominevole carta da parati a fiori era la cosa più interessante in quella stanza. Gli faceva quasi paura l'espressione vuota del mercenario, perciò cercava di guardalo per lo stretto necessario.
Silenzio, Spencer non si sorprese così decise di parlare lei al suo posto.
"Beh, so che sei il Soldato d'Inverno," un brivido le attraversò il corpo, era la prima volta che diceva quel nome ad alta voce. "però penso che tu abbia un nome, tutti ne hanno uno. Io sono Spencer Stark, alcuni però mi chiamano Spencey."
Attese qualche altro secondo ma nessuna parola uscì dalla bocca dell'uomo.
Spencer sbuffò, capendo che quella conversazione non avrebbe avuto altro interlocutore che lei stessa. Forse gli avevano davvero amputato la lingua.
Chiuse gli occhi, cercando di riaddormentarsi per scacciare la noia ed il silenzio opprimente che aleggiava nella camera.
"Non ho un nome." La voce dell'uomo era talmente bassa che quasi non lo sentì parlare. Voltò la faccia nella sua direzione, fissandolo cauta. L'espressione era fredda ma Spencer parve leggerci una vaga malinconia.
Gli sorrise timida, rispondendogli poi: "È impossibile, tutti hanno un nome."
Ma non ricevette più risposta, anzi - per quanto possibile - il volto dell'uomo diventò più freddo e glaciale di prima. Proprio come l'inverno.
Il resto della giornata trascorse molto lentamente e nel totale silenzio, le fu concesso di andare in bagno per farsi una doccia e quando uscì dalla piccola stanzetta senza finestre, il mercenario non la legò. In ogni caso non sarebbe riuscita a scappare. Una valanga di pensieri le martellavano la testa. Cosa voleva il Soldato da lei? Perché l'aveva rapita? Cosa ci facevano in quella squallida stanza di un motel sudicio? Ma la più assillante era: cosa ne sarebbe stato di lei?
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top